Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia-Romagna ha accolto l’istanza sospensiva avanzata dalla consigliera regionale Valentina Castaldini (Forza Italia) per sospendere le delibere regionali sulla regolamentazione delle pratiche di accesso all’eutanasia. La richiesta era pervenuta tra i banchi del TAR, lo scorso 11 marzo, e chiedeva l’annullamento delle delibere regionali approvate a febbraio 2024. Queste intendevano attuare la sentenza 242/2019 della Corte Costituzionale sul suicidio medicalmente assistito, e stabilivano che le strutture sanitarie pubbliche regionali dovessero garantire ai malati il diritto di accedere al suicidio medicalmente assistito nei casi previsti dalla Corte. L’udienza collegiale è stata fissata il 15 maggio.
La Corea del Nord ha confermato per la prima volta di aver inviato soldati in Russia
La Commissione Militare Centrale della Corea del Nord ha confermato per la prima volta che il Paese ha mandato le proprie truppe in Russia per sostenere la Federazione nelle operazioni di ripresa del Kursk. La notizia arriva dall’agenzia di stampa ufficiale nordcoreana, la KCNA, che celebra il presunto successo del dispiegamento coreano in Russia. L’agenzia riprende le parole di Kim Jong-Un, citate anche dall’agenzia di stampa russa TASS. Tanto la Russia quanto la Corea sostengono di aver terminato le operazioni per riprendere il Kursk, regione russa di frontiera dove lo scorso agosto le forze ucraine avevano lanciato un’incursione, arrivando a controllare un’area di oltre un migliaio di chilometri quadrati. L’Ucraina, dal canto suo, sostiene di essere ancora presente sul territorio e di aver catturato un intero gruppo di soldati russi.
Il comunicato uscito su KCNA conferma le voci che circolano da mesi circa la presenza dei soldati nordcoreani in Russia. Sebbene l’agenzia di stampa di Pyongyang non fornisca alcun dettaglio sul dispiegamento delle truppe del Paese nel territorio russo, infatti, il breve articolo dell’agenzia di controllo statale costituisce la prima testimonianza diretta da parte della Corea del Nord del proprio coinvolgimento militare nel conflitto russo-ucraino. Il comunicato si limita a riportare le parole della Commissione Militare Centrale, che celebrano l’esito dell’operazione militare nel Kursk: «Le operazioni di liberazione della zona di Kursk per respingere l’avventurosa invasione della Federazione Russa da parte delle autoritĂ ucraine si sono concluse vittoriosamente», si legge su KCNA. «Grazie alla preziosa vittoria riportata dagli eserciti della RPDC e della Russia, è giunta al termine l’occupazione della zona di Kursk da parte dell’esercito ucraino, durata quasi nove mesi».
La Corea del Nord, si legge su KCNA, ha inviato i propri soldati in Russia invocando l’articolo 4 del trattato di partenariato strategico globale concluso tra i due Paesi e ratificato lo scorso novembre. Dopo l’uscita dei comunicati nordcoreani, Putin ha ringraziato il Paese alleato per il proprio sostegno e confermato che le truppe russe hanno ricevuto l’aiuto di quelle nordcoreane sulla base dell’articolo 4 del trattato. La notizia del coinvolgimento nordcoreano arriva due giorni dopo l’annuncio del Capo di Stato Maggiore delle Forze Armate russe, il Generale Valerij Gerasimov, che ha dichiarato la fine della «operazione per liberare la regione di Kursk dalle forze ucraine che l’avevano invasa nell’agosto 2024». L’Ucraina, tuttavia, ha smentito di essere stata cacciata dalla regione. «Mentre il Capo di Stato Maggiore dell’URSS Gerasimov riferisce sulla “liberazione” della regione di Kursk dalle Forze di sicurezza e difesa dell’Ucraina», si legge in un comunicato delle Forze per le operazioni speciali delle Forze armate dell’Ucraina, «gli operatori del 73° Centro delle Forze per operazioni speciali delle Forze armate dell’Ucraina continuano a svolgere con successo i compiti in quest’area». L’altro ieri, sabato 26 aprile, proprio in parallelo all’annuncio di Gerasimov, un gruppo di soldati ucraini presenti nel Kursk avrebbe «annientato un intero gruppo di soldati dell’810° Brigata dei Marines nemica durante delle operazioni speciali». La Russia non ha rilasciato notizie su tale presunto attacco.
Come accaduto spesso in questi tre anni di guerra, viste le dichiarazioni contraddittorie di Russia e Ucraina, non è possibile sapere con certezza quale sia veramente l’attuale situazione sul campo. Risulta tuttavia sicuro che la porzione di Kursk controllata dall’Ucraina, laddove Kiev avesse ragione, è ormai minima. Lo scorso 16 marzo, data dell’ultimo aggiornamento, l’Ucraina era in possesso di un’area di appena 110 chilometri quadrati, mentre ad oggi, secondo analisti ripresi da giornali ucraini, Kiev avrebbe il controllo solo di alcune posizioni nei centri di Gornal e Oleshnya, entrambi situati al confine con la Russia. L’offensiva nel Kursk era stata lanciata lo scorso agosto, quando le truppe ucraine erano riuscite a penetrare nel territorio russo, spingendosi fino a un centinaio di chilometri di profonditĂ . Al momento della sua massima espansione nel Kursk, l’Ucraina controllava un’area di circa 1.400 chilometri quadrati.
India-Pakistan, ancora scontri al confine
I soldati indiani si sarebbero scontrati con i soldati pakistani lungo la Linea di Controllo, il confine di fatto che separa i due Paesi. La notizia arriva da parte indiana, che sostiene di avere risposto al fuoco immotivato proveniente dal Pakistan; Islamabad non ha risposto alle accuse. Gli scontri sarebbero avvenuti ieri notte e costituirebbero così il quarto episodio consecutivo di sparatorie al confine. Negli ultimi giorni, la situazione tra India e Pakistan si è fatta sempre piĂą tesa a causa di un attentato che ha colpito la porzione indiana della regione contesa del Kashmir. L’attacco è stato rivendicato da un gruppo islamista che l’India accusa il Pakistan di sostenere.
Israele ha bombardato Beirut
L’aviazione israeliana ha lanciato un bombardamento sulla capitale libanese Beirut, nel quartiere meridionale di Dahiyeh. L’esercito ha affermato di avere preso di mira un magazzino di armi di Hezbollah, ma i quotidiani locali riportano che non ci sarebbe stata alcuna esplosione secondaria dopo l’attacco. Ancora incerta l’entitĂ dei danni e la presenza di eventuali vittime. Dall’entrata in vigore del cessate il fuoco con Hezbollah, lo scorso novembre, Israele ha attaccato Beirut diverse volte. Gli ultimi attacchi sono avvenuti il 28 marzo, quando l’aviazione israeliana ha raso al suolo un edificio nel quartiere meridionale di Hadath, e il 1° aprile, sempre a Dahiyeh, in un attacco che ha ucciso quattro persone.
Banca Mondiale: Arabia Saudita e Qatar salderanno i debiti della Siria
L’Arabia Saudita e il Qatar salderanno gli arretrati di circa 15 milioni di dollari dovuti dalla Siria alla Banca Mondiale. A dare la notizia sono i due Paesi finanziatori in una dichiarazione congiunta. Il saldo del debito apre la strada all’approvazione di possibili richieste di sovvenzione da parte della Siria. «Questo impegno aprirĂ la strada alla ripresa del supporto e delle operazioni del Gruppo della Banca Mondiale in Siria dopo una sospensione di oltre quattordici anni», si legge nella dichiarazione. Entrambi i Paesi hanno inoltre invitato «le istituzioni finanziarie internazionali e regionali a riprendere e ampliare tempestivamente il loro impegno per lo sviluppo in Siria».
Gli USA mediano tra Repubblica Democratica del Congo e Ruanda e mettono le mani sulle risorse
La Repubblica Democratica del Congo e il Ruanda hanno firmato un accordo preliminare per giungere a una pace. Il documento è stato siglato a Washington in presenza del Segretario di Stato USA Marco Rubio e arriva qualche giorno dopo la firma di una tregua tra il movimento ribelle dell’M23 e la RDC, in Qatar. L’accordo tra la RDC e il Ruanda impegna i Paesi a rispettare la reciproca sovranitĂ e i confini internazionalmente stabiliti, a risolvere le controversie con la diplomazia, a rilanciare la cooperazione bilaterale e a valutare l’istituzione di un meccanismo congiunto di sicurezza. Con la firma dell’accordo, inoltre, RDC e Ruanda stabiliscono il 2 maggio come data limite per la presentazione di un accordo di pace definitivo e di risolvere eventuali controversie con la mediazione degli stessi USA. L’iniziativa pacificatrice di Washington, come era nell’aria, sembra tutto tranne che disinteressata: il tanto ricercato accordo prevede infatti che i Paesi collaborino sul fronte energetico, infrastrutturale e — soprattutto — minerario, «in collaborazione con il governo degli Stati Uniti e gli investitori statunitensi».
L’accordo preliminare tra la RDC e il Ruanda è stato firmato venerdì 25 aprile. Esso si divide in sei punti e apre la strada alla stesura di un accordo di pace da sottoporre alla reciproca revisione entro il 2 maggio. L’accordo prevede: il riconoscimento reciproco della sovranitĂ , dell’integritĂ territoriale e dei confini stabiliti dei Paesi; la facilitazione del ritorno «sicuro e volontario» degli sfollati nelle proprie case; la promozione e il sostegno alla missione internazionale MONUSCO delle Nazioni Unite; una collaborazione sul fronte della sicurezza, limitando «la proliferazione di gruppi armati non statali all’interno e attraverso i reciproci confini», astenendosi «dal fornire supporto militare statale a gruppi armati non statali» e, nel caso fosse necessario, istituendo un meccanismo di sicurezza congiunto. Riguardo a quest’ultimo punto, va notato che l’accordo non cita in maniera esplicita l’M23. L’accordo prevede infine il rilancio dei rapporti commerciali ed economici tra i Paesi, favorendo lo sviluppo di un «quadro di integrazione economica».
«Questo quadro», si legge nell’accordo, «sarĂ accompagnato dall’avvio o dall’espansione di investimenti significativi, inclusi quelli agevolati dal governo statunitense e dal settore privato statunitense, volti a trasformare l’economia regionale a vantaggio di tutti i Paesi partecipanti». I due Paesi si impegnano poi «a esplorare opzioni per collegare questo quadro ad altre iniziative di sviluppo economico internazionali o regionali, anche nell’ambito di progetti infrastrutturali», da portare avanti attraverso «partnership e opportunitĂ di investimento reciprocamente vantaggiose». RDC e Ruanda, infine, «si impegnano ad avviare e/o ampliare la cooperazione su prioritĂ condivise quali lo sviluppo idroelettrico, la gestione dei parchi nazionali, la riduzione del rischio nelle catene di approvvigionamento minerario» e, soprattutto, il collegamento delle catene minerarie end-to-end (dalla miniera al metallo lavorato) tra «entrambi i Paesi, in collaborazione con il governo degli Stati Uniti e gli investitori statunitensi». I Paesi, insomma, si impegnano a collaborare tra di loro, con gli USA e con gli investitori privati statunitensi in settori strategici chiave quali quello energetico, quello infrastrutturale e quello minerario.
L’annuncio dell’accordo preliminare tra RDC e Ruanda arriva due giorni dopo l’analoga tregua siglata tra Kinshasa e rappresentanti dell’M23, che la RDC sostiene essere sostenuto dal Ruanda. Questa è stata raggiunta di comune accordo con la mediazione del Qatar e, per quanto sia vaga nei termini e non sembri stabilire un cessate il fuoco permanente, impegna le parti a una «immediata cessazione delle ostilità » da portare avanti fino a che proseguono i colloqui per una «pace duratura». L’accordo tra RDC e M23 è giunto in seguito a una rapida avanzata del movimento ribelle, che nell’arco di qualche mese ha conquistato le principali cittĂ dell’area orientale del Congo. Dopo avere preso la capitale della provincia del Nord Kivu, Goma, l’M23 è arrivato fino a Bukavu, assicurandosi il controllo delle maggiori cittĂ orientali del Paese. Dopo un momento di stallo in cui sembrava avvicinarsi un accordo per una tregua, l’avanzata dei ribelli è continuata, giungendo fino a Walikale, da cui si sono ritirati dopo qualche giorno proprio per facilitare il raggiungimento di una pace temporanea. Al momento non risulta chiaro dove la tregua siglata in Qatar potrebbe portare, nĂ© se e quando si potrebbe svolgere un altro round di colloqui. Quello che sembra evidente è che, per via della sua ampia disponibilitĂ di risorse, la regione fa gola a molti e che il ruolo di mediatore tra le parti apre alla possibilitĂ di mettervici le mani. Gli ultimi accordi siglati dalla RDC erano infatti stati in un certo senso anticipati dagli ultimi incontri tenutisi a marzo, che prefiguravano l’ipotesi di mettere le risorse minerarie sul piatto per ottenere il sostegno di Washington.
Vancouver, auto sulla folla: almeno 9 morti
Nella notte tra ieri e oggi, a Vancouver, in Canada, un auto è piombata sulla folla, uccidendo almeno 9 persone e causando «diversi» feriti. L’incidente è avvenuto in occasione di un festival filippino, e il conducente, un uomo di 30 anni giĂ noto alla polizia, è stato arrestato. In una breve dichiarazione sui social media, la polizia ha affermato che, al momento, è «certa» che l’incidente non sia stato un atto di terrorismo.
Niger, “offensiva a sorpresa”: uccisi 12 soldati
Dodici soldati nigerini sono stati uccisi in un attacco nell’ovest del Paese. La notizia arriva dall’esercito nigerino, che ha comunicato che l’attacco, una «offensiva a sorpresa», si è verificato venerdì a circa 10 km a nord del villaggio di Sakoira, nei pressi del confine tra Niger, Mali e Burkina Faso, area particolarmente soggetta a incursioni da parte di gruppi islamisti. L’esercito non ha fornito dettagli circa l’identitĂ degli aggressori, ma ha affermato di avere arrestato due sospetti.
Cosa è successo tra Trump e Zelensky a San Pietro
Ai margini del funerale di Papa Francesco, ieri, il presidente americano Trump e quello ucraino Zelensky hanno avuto un breve colloquio all’interno della basilica di San Pietro. Si tratta del primo incontro di persona dopo quello avvenuto a Washington lo scorso febbraio, nel corso del quale Trump e il suo vice, JD Vance, avevano umiliato il presidente ucraino in diretta mondiale. Ieri, i toni sono sembrati molto diversi. Il dialogo, durato 15 minuti appena, aveva, almeno all’apparenza, le sembianze di uno scambio non programmato. Zelensky ha parlato di un incontro «produttivo», mentre Trump ha postato sul proprio social Truth l’immagine del loro dialogo, senza commento. Poco prima di pubblicarla, Trump aveva scritto che «non c’era motivo per Putin di sparare missili su aree civili, cittĂ e paesi, negli ultimi giorni» e che probabilmente «non vuole fermare la guerra». Sebbene il pacifico scambio tra i due potrebbe essere un buon segnale di apertura verso nuovi dialoghi di pace, i dettagli del dialogo non sono stati ufficialmente resi pubblici, nè vi erano vice o altre personalitĂ politiche ad assistervi. Dopo la fine dei funerali avrebbe dovuto svolgersi un secondo incontro, ma il presidente statunitense ha preferito rientrare a casa.
Secondo Zelensky, la portata dell’incontro è «storica». «Speriamo in risultati concreti su tutto ciò che abbiamo trattato. Proteggere la vita del nostro popolo. Un cessate il fuoco completo e incondizionato. Una pace affidabile e duratura che impedisca lo scoppio di un’altra guerra. Un incontro molto simbolico che ha il potenziale per diventare storico, se raggiungeremo risultati congiunti», ringraziando infine il presidente USA. Dal canto suo, Trump non ha utilizzato quei soliti toni minacciosi che è ormai abituato a usare con Zelensky: l’ultima volta risale a pochi giorni fa, quando Zelensky aveva dichiarato che l’ipotesi di cedere la Crimea alla Russia non era considerabile. Subito dopo le affermazioni di Zelenksy, era saltato (ufficialmente per non meglio precisate questioni logistiche) il summit internazionale per la pace in Ucraina che avrebbe dovuto svolgersi a Londra. In quell’occasione, Trump aveva definito le posizioni di Zelensky «molto dannose per i negoziati di pace con la Russia».
Subito dopo il post di Trump, pubblicato ieri su Truth, il senatore repubblicano Lindsay Graham ha fatto sapere di avere pronta «una proposta di legge bipartisan con quasi 60 firmatari che imporrebbe tariffe secondarie su qualsiasi Paese che acquisti petrolio, gas, uranio o altri prodotti russi. Il Senato è pronto a muoversi in questa direzione e lo farĂ a larga maggioranza se la Russia non abbraccerĂ una pace onorevole, giusta e duratura». Eppure, nelle stesse ore, secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa russa TASS, Putin avrebbe incontrato l’inviato speciale statunitense Witkoff, confermando piĂą volte di essere pronto a intavolare dei discorsi di pace con l’Ucraina «senza alcuna precondizione».
Con gli occhi del mondo puntati su uno degli eventi piĂą importanti, ovvero i funerali di Papa Francesco, è difficile stabilire cosa sia stato effettivamente improvvisato e cosa non sia frutto di strategie politiche studiate nel dettaglio. Non è d’altronde la prima volta che il presidente Trump mostra di avere, in questa come altre questioni internazionali e interne, un atteggiamento altalenante: nelle parole del presidente USA, Zelensky è passato piĂą volte dall’essere un solido alleato, a un «comico mediocre e dittatore non eletto» da umiliare in mondovisione, per poi tornare a essere un partner da difendere strenuamente. Si vedrĂ nelle prossime settimane se questo incontro ha una valenza che va oltre quella puramente simbolica di una foto d’effetto.