Secondo quanto comunicato sul proprio sito internet, la NATO starebbe aumentando il contingente militare nell’Europa orientale. Lo scopo sarebbe quello di costituire un deterrente per eventuali attacchi, nel contesto delle crescenti tensioni tra Russia e Ucraina. Numerosi Paesi, tra i quali Spagna, Francia, Paesi Bassi e Danimarca stanno inviando mezzi navali e aerei militari e truppe verso gli Stati orientali, mentre gli USA hanno dichiarato di essere intenzionati ad aumentare la propria presenza nell’area. La presenza di dispiegamenti militari dell’Alleanza Atlantica nelle zone dell’Europa Orientale si registra a partire dal 2014, in seguito all’annessione della Crimea da parte della Russia.
“In tax we trust”: la protesta dei ricchi che contestano il neoliberismo
“Per favore, tassateci di più”. No, non è uno scherzo. È l’appello che 102 milionari e miliardari – super ricchi insomma – hanno rivolto ai leader politici, durante il Forum economico mondiale di Davos. L’iniziativa, battezzata con il nome “In Tax We Trust”, è stata formulata attraverso un manifesto, una specie di lettera aperta. “Come milionari sappiamo che l’attuale sistema fiscale non è equo”, si legge tra le righe. Per i ricchi il sistema è “manipolato” a loro favore e deve essere rivisto per rendere la tassazione più giusta, più equa, al fine di “ristabilire la pace sociale e ripristinare la fiducia nella politica”.
Chi sono questi miliardari che hanno aderito all’appello? I sostenitori provengono soprattutto dagli Stati Uniti. Molti altri invece dal Regno Unito, dal Canada, dalla Germania, dalla Danimarca, dalla Norvegia, dai Paesi Bassi. Tra loro c’è anche Abigail Disney, erede della Walt Disney Company, che insieme ai “colleghi” – auto definitisi “milionari patriottici” – ha chiesto che il Governo delle rispettive città introduca delle tasse fisse sul suo (e loro) patrimonio. La pandemia ha accentuato molto le disuguaglianze economiche e sociali mondiali: per questo motivo una tassazione permanente aiuterebbe lo Stato a migliorare e potenziare i propri servizi pubblici, come l’assistenza sanitaria.
È di recente pubblicazione il rapporto Oxfam sulla pericolosità delle disuguaglianze. Nel report si legge che dall’inizio della pandemia, i 10 uomini più ricchi del mondo hanno raddoppiato (anzi, più che raddoppiato) i loro patrimoni. Significa che negli ultimi due anni il loro patrimonio complessivo è cresciuto al ritmo di 1,3 miliardi di dollari al giorno. In quegli stessi anni il 99% degli individui ha avuto entrate più basse del solito e 163 milioni di persone sono cadute in totale povertà.
Non è la prima volta che i ricchi della terra avanzano ipotesi di questo tipo. Nel 2014 Nick Hanauer, un miliardario uomo d’affari americano tra i fondatori di Amazon, aveva detto che il 99.9% delle persone “comuni” non avrebbe nemmeno potuto immaginare il suo tenore di vita. Nella sua lettera rivolta ai grandi capitalisti mondiali Nick Hanauer si era presentato così: «Probabilmente non mi conoscete, ma come voi sono uno degli 0,1%, un fiero capitalista. E come voi sono stato oscenamente ricompensato per il mio successo. Nessuna società può tollerare una tale disparità. Ecco perché gli investimenti nella classe media funzionano, e i tagli delle tasse ai ricchi invece no».
“In tax we trust” non si discosta molto dalle riflessioni di Hanauer. Una società capitalistica che in sostanza basa il suo potere sulla forza lavoro della classe media, è destinata a soccombere senza di essa. Soprattutto se questa arriva al punto di non sopportare più che nel mondo ci sia tanta disparità.
“La fiducia – nella politica, nella società, l’una nell’altra – non si costruisce in minuscole stanze laterali accessibili solo ai più ricchi e potenti. Non è costruito da viaggiatori spaziali miliardari che fanno fortuna con una pandemia ma non pagano quasi nulla in tasse e forniscono salari bassi ai loro lavoratori. La fiducia si costruisce attraverso la responsabilità, attraverso democrazie ben oliate, eque e aperte che forniscono buoni servizi e supportano tutti i loro cittadini. Ascoltiamo la storia e scegliamo con saggezza”, conclude la lettera.
[di Gloria Ferrari]
La Liguria ha ordinato l’abbattimento di maiali e cinghiali
La Regione Liguria ha imposto una vera e propria uccisione di massa di maiali e cinghiali in nome del contenimento della peste suina africana. Tramite la recente ordinanza n. 4/2022, infatti, è stato disposto nei territori colpiti dal morbo, ovvero le province di Savona e Genova, l’immediato abbattimento di suini e cinghiali allo stato brado o semibrado, prevedendo inoltre il divieto di ripopolamento per i 6 mesi successivi all’ordinanza. Non solo, le stesse misure sono state decise anche per i suini detenuti in allevamenti familiari, ovvero allevati in piccole stalle. Si tratta, fuor di metafora, di uno sterminio generalizzato, che porterà alla morte non solo degli esemplari che hanno contratto il virus ma anche di quelli sani.
Non solo: secondo quanto stabilito dall’ordinanza, nei “territori infetti” dovranno essere abbattuti anche gli animali ospiti dei rifugi, ovvero quelli sotto la custodia di cittadini o associazioni animaliste. Un punto che non è sfuggito alla Rete dei santuari di Animali Liberi, che sta invitando i cittadini ad inviare una mail di protesta a diverse figure istituzionali della Regione Liguria, a cui si chiede esplicitamente di bloccare gli abbattimenti. La recente ordinanza emanata dalla Regione é infatti giudicata «inaccettabile», in quanto «per tutelare gli interessi degli allevatori e di chi continua a nutrirsi dei corpi di altri animali, ordina di uccidere tutti i maiali e cinghiali» ad eccezione di «quelli rinchiusi negli allevamenti intensivi», che a causa delle condizioni in cui versano spesso non fanno altro che esacerbare una trasmissibilità già di per sé elevata. «Ciò che stanno iniziando a fare è portare avanti un genocidio, iniziando da Liguria e Piemonte», conclude la Rete dei santuari di Animali Liberi.
La Liguria non è infatti l’unica regione per la quale sono state previste misure del genere: c’è anche il Piemonte. L’ordinanza ligure infatti fa seguito ed attua con alcune specifiche le disposizioni del ministero della Salute, che tramite un decreto direttoriale – successivo ad una ordinanza atta a controllare la diffusione della peste suina africana – ha disposto negli scorsi giorni ulteriori misure con il fine di fermare il focolaio riscontrato proprio tra Piemonte e Liguria. Il decreto prevede ad esempio per l’area infetta (78 Comuni in Piemonte e 36 in Liguria) proprio quanto contenuto nell’ordinanza della Regione Liguria in tema di abbattimento/macellazione degli animali. L’uccisione di massa di maiali e cinghiali, come si può facilmente intuire, riguarderà dunque non solo la Liguria ma anche la Regione Piemonte, la quale il 21 gennaio ha fatto sapere che «nella zona infetta definita dal Ministero verrà avviato il depopolamento dei suini domestici degli allevamenti allo stato brado e famigliari maggiormente a rischio di contatto con i suini selvatici», mentre non vi sarà alcun intervento nei confronti degli allevamenti convenzionali, che «garantiscono sufficienti condizioni di biosicurezza».
Importante sottolineare come tali misure non siano state messe in campo di fronte ad una emergenza che ponesse a rischio di contagio gli esseri umani. La Peste suina africana è infatti una patologia virale che colpisce esclusivamente i suidi, per i quali è altamente contagiosa, e non è in nessun caso trasmissibile agli uomini. Lo scopo, in buona sostanza, è quello di proteggere un sistema economico all’interno del quale gli animali contano nulla più di un ingranaggio di produzione. In questa logica centinaia di esseri senzienti possono essere uccisi senza nemmeno accollarsi l’antieconomico costo di verificare se effettivamente siano infetti o meno, il tutto all’unico fine di causare il minor danno possibile all’interesse delle aziende che operano nel settore della carne.
[di Raffaele De Luca]
Quirinale, al via prima giornata elezioni Presidente della Repubblica
Inizieranno oggi alle 15 a Montecitorio le votazioni per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica, successore di Mattarella. Tra le forze politiche di maggioranza non vi è accordo su un candidato, quindi è prevedibile che la votazione di oggi si concluda in un nulla di fatto. Per tale motivo in mattinata si terranno vertici politici tra i leader dei principali partiti. Affinché il possibile candidato sia scelto come Presidente, deve raggiungere i 2/3 dei voti nei primi tre scrutini, mentre dal quarto sarà sufficiente la maggioranza assoluta. Sono 1008 i grandi elettori chiamati a votare: 321 senatori (tra i quali 6 senatori a vita), 629 deputati e 58 delegati regionali. Non è prevedibile determinare il numero di sedute necessarie al raggiungimento di una votazione decisiva.
Bruxelles: scontri durante manifestazione contro misure anti-Covid
Oggi pomeriggio a Bruxelles si sono verificati attimi di tensione durante una manifestazione contro le misure anti Covid alla quale – secondo le stime della polizia – hanno partecipato 50.000 persone. A riportare la notizia è stato il quotidiano belga Le Soir, il quale ha fatto sapere che nell’area del Parco del Cinquantenario (nei pressi delle istituzioni europee) i manifestanti hanno lanciato oggetti contro le forze dell’ordine, che a loro volta hanno reagito utilizzando gas lacrimogeni e idranti. Il quotidiano, oltre a rendere noto che alcuni edifici e veicoli sono stati danneggiati in seguito ai disordini, ha altresì fatto sapere che la polizia è successivamente riuscita ad evacuare il Parco.
Popolazione mondiale, Neodemos: superata quota 8 miliardi
Secondo quanto riportato dal contatore del sito Neodemos, animato da illustri demografi italiani tra cui Massimo Livi Bacci, Gianpiero Dalla Zuanna ed Alessandro Rosina, la popolazione mondiale ha toccato e superato gli 8 miliardi di persone. Precisamente tale cifra, come sottolineato da Neodemos, è stata toccata mercoledì 19 gennaio alle ore 15:00, mentre attualmente il demometro riporta che la popolazione mondiale è di circa 8 miliardi e 866mila persone. Tuttavia le Nazioni Unite, ritenendo possibile il raggiungimento degli 8 miliardi solo all’inizio del 2023, potrebbero giudicare la notizia «vera ma prematura». In realtà, però, «nessuno può conoscere con esattezza l’ammontare della popolazione, il cui valore reale è compreso, presumibilmente, in una forchetta di più o meno 100 milioni rispetto alle stime», motivo per cui Neodemos «potrebbe anche aver ragione».
Usa: inviato carico di aiuti militari all’Ucraina
Gli Usa hanno inviato un carico di aiuti militari all’Ucraina: lo si apprende dall’ambasciata statunitense in Ucraina, che lo ha annunciato su Twitter nella giornata di ieri. Il carico, che rappresenta la prima tranche di aiuti decisa recentemente da Washington, include 90 tonnellate di materiale tra cui munizioni ed è stato consegnato da un aereo cargo statunitense. Questa mossa, ha sottolineato l’ambasciata, dimostra «il forte impegno degli Stati Uniti nel rafforzare le difese dell’Ucraina di fronte alla crescente aggressione russa».
Trasporto di animali vivi: il Parlamento UE vota una normativa deludente
Il Parlamento europeo ha recentemente adottato, con 557 voti favorevoli, 55 contrari e 78 astenuti, una risoluzione non legislativa atta a migliorare le condizioni degli animali trasportati vivi: il contenuto della stessa, però, ha ricevuto ampie critiche da parte di diverse associazioni animaliste, le quali ritengono che con tale voto gli eurodeputati non si siano realmente mossi in direzione di una effettiva tutela del benessere animale. Certo, nel testo gli eurodeputati chiedono provvedimenti volti a proteggere gli animali, quali norme che limitino la durata del viaggio per quelli che vanno al macello o che favoriscano il trasporto di carcasse e carne anziché di animali vivi, tuttavia secondo gli animalisti si tratta di misure che non tutelano gli animali a 360 gradi.
Per capire il motivo di tale accusa bisogna però innanzitutto contestualizzare la votazione andando a ritroso nel tempo. In tal senso, bisogna ricordare che il testo adottato dal Parlamento è frutto di un’inchiesta di quest’ultimo, avviata nel giugno 2020 per indagare sulle presunte violazioni del regolamento dell’UE sul trasporto degli animali e portata avanti dalla Commissione d’inchiesta sulla protezione degli animali durante il trasporto (ANIT). Essa ha realizzato un report e relative raccomandazioni, che sono state fornite in quanto le norme dell’UE sul trasporto di animali sono state ritenute «obsolete, fuorvianti e scarsamente applicate». Tuttavia, come denunciato ad esempio dall’associazione Essere Animali, tali raccomandazioni «non propongono nessuna soluzione ad alcune problematiche urgenti evidenziate nel report, e per molte di esse si limitano a suggerire dei miglioramenti insufficienti invece di chiedere con fermezza urgente un cambiamento concreto».
È all’interno di tale contesto, dunque, che si inserisce la critica al recente voto del Parlamento, dato che queste raccomandazioni sono state «adottate così come presentate nel testo approvato lo scorso dicembre, senza intervenire sulle criticità e migliorare i contenuti proposti» e non solo, in quanto su alcuni punti «si sono fatti persino dei passi indietro». In tal senso, ricorda Essere Animali, gli europarlamentari hanno respinto una serie di emendamenti migliorativi, come ad esempio la richiesta di vietare il trasporto di animali in stato di gravidanza avanzato (inteso come +40% della gestazione) e l’invito a formulare una definizione di “durata del viaggio” che si riferisca all’intero periodo di movimento, incluso il tempo di carico e scarico degli animali, cosa che fa sì che anche il limite di 8 ore previsto dalle raccomandazioni – solo per il trasporto su strada di animali destinati al macello – risulti indebolito.
Sono questi dunque alcuni dei motivi per cui Essere Animali – così come altre organizzazioni animaliste – ritiene che sia stato indebolito un testo già pieno di lacune. «Il Parlamento europeo ha perso un’occasione importante per rafforzare e migliorare le raccomandazioni della Commissione ANIT e mettere il benessere degli animali al centro della revisione della normativa sul trasporto», afferma in tal senso Essere Animali, sottolineando che adesso la speranza è che nel processo di revisione del regolamento sui trasporti le istituzioni europee, in particolare la Commissione Europea, superino i limiti delle raccomandazioni votate in Parlamento. A tal proposito, infatti, bisogna ricordare che la Commissione dovrà rivedere il regolamento sui trasporti e lo farà con una nuova proposta legislativa, attesa nell’autunno del 2023. Ad ogni modo però, come sottolineato dall’organizzazione Animal Equality, ciò che al momento appare chiaro è che il Parlamento abbia consegnato nelle mani della Commissione un voto che va in direzione opposta a quella di una reale tutela del benessere animale.
[di Raffaele De Luca]











