martedì 11 Novembre 2025
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La NATO aumenta contingente militare in Europa orientale

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Secondo quanto comunicato sul proprio sito internet, la NATO starebbe aumentando il contingente militare nell’Europa orientale. Lo scopo sarebbe quello di costituire un deterrente per eventuali attacchi, nel contesto delle crescenti tensioni tra Russia e Ucraina. Numerosi Paesi, tra i quali Spagna, Francia, Paesi Bassi e Danimarca stanno inviando mezzi navali e aerei militari e truppe verso gli Stati orientali, mentre gli USA hanno dichiarato di essere intenzionati ad aumentare la propria presenza nell’area. La presenza di dispiegamenti militari dell’Alleanza Atlantica nelle zone dell’Europa Orientale si registra a partire dal 2014, in seguito all’annessione della Crimea da parte della Russia.

“In tax we trust”: la protesta dei ricchi che contestano il neoliberismo

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tasse ricchi

“Per favore, tassateci di più”. No, non è uno scherzo. È l’appello che 102 milionari e miliardari – super ricchi insomma – hanno rivolto ai leader politici, durante il Forum economico mondiale di Davos. L’iniziativa, battezzata con il nome “In Tax We Trust”, è stata formulata attraverso un manifesto, una specie di lettera aperta. “Come milionari sappiamo che l’attuale sistema fiscale non è equo”, si legge tra le righe. Per i ricchi il sistema è “manipolato” a loro favore e deve essere rivisto per rendere la tassazione più giusta, più equa, al fine di “ristabilire la pace sociale e ripristinare la fiducia nella politica”.

Chi sono questi miliardari che hanno aderito all’appello? I sostenitori provengono soprattutto dagli Stati Uniti. Molti altri invece dal Regno Unito, dal Canada, dalla Germania, dalla Danimarca, dalla Norvegia, dai Paesi Bassi. Tra loro c’è anche Abigail Disney, erede della Walt Disney Company, che insieme ai “colleghi” – auto definitisi “milionari patriottici” – ha chiesto che il Governo delle rispettive città introduca delle tasse fisse sul suo (e loro) patrimonio. La pandemia ha accentuato molto le disuguaglianze economiche e sociali mondiali: per questo motivo una tassazione permanente aiuterebbe lo Stato a migliorare e potenziare i propri servizi pubblici, come l’assistenza sanitaria.

È di recente pubblicazione il rapporto Oxfam sulla pericolosità delle disuguaglianze. Nel report si legge che dall’inizio della pandemia, i 10 uomini più ricchi del mondo hanno raddoppiato (anzi, più che raddoppiato) i loro patrimoni. Significa che negli ultimi due anni il loro patrimonio complessivo è cresciuto al ritmo di 1,3 miliardi di dollari al giorno. In quegli stessi anni il 99% degli individui ha avuto entrate più basse del solito e 163 milioni di persone sono cadute in totale povertà.

Non è la prima volta che i ricchi della terra avanzano ipotesi di questo tipo. Nel 2014 Nick Hanauer, un miliardario uomo d’affari americano tra i fondatori di Amazon, aveva detto che il 99.9% delle persone “comuni” non avrebbe nemmeno potuto immaginare il suo tenore di vita. Nella sua lettera rivolta ai grandi capitalisti mondiali Nick Hanauer si era presentato così: «Probabilmente non mi conoscete, ma come voi sono uno degli 0,1%, un fiero capitalista. E come voi sono stato oscenamente ricompensato per il mio successo. Nessuna società può tollerare una tale disparità. Ecco perché gli investimenti nella classe media funzionano, e i tagli delle tasse ai ricchi invece no».

“In tax we trust” non si discosta molto dalle riflessioni di Hanauer. Una società capitalistica che in sostanza basa il suo potere sulla forza lavoro della classe media, è destinata a soccombere senza di essa. Soprattutto se questa arriva al punto di non sopportare più che nel mondo ci sia tanta disparità.

“La fiducia – nella politica, nella società, l’una nell’altra – non si costruisce in minuscole stanze laterali accessibili solo ai più ricchi e potenti. Non è costruito da viaggiatori spaziali miliardari che fanno fortuna con una pandemia ma non pagano quasi nulla in tasse e forniscono salari bassi ai loro lavoratori. La fiducia si costruisce attraverso la responsabilità, attraverso democrazie ben oliate, eque e aperte che forniscono buoni servizi e supportano tutti i loro cittadini. Ascoltiamo la storia e scegliamo con saggezza”, conclude la lettera.

[di Gloria Ferrari]

La Liguria ha ordinato l’abbattimento di maiali e cinghiali

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La Regione Liguria ha imposto una vera e propria uccisione di massa di maiali e cinghiali in nome del contenimento della peste suina africana. Tramite la recente ordinanza n. 4/2022, infatti, è stato disposto nei territori colpiti dal morbo, ovvero le province di Savona e Genova, l’immediato abbattimento di suini e cinghiali allo stato brado o semibrado, prevedendo inoltre il divieto di ripopolamento per i 6 mesi successivi all’ordinanza. Non solo, le stesse misure sono state decise anche per i suini detenuti in allevamenti familiari, ovvero allevati in piccole stalle. Si tratta, fuor di metafora, di uno sterminio generalizzato, che porterà alla morte non solo degli esemplari che hanno contratto il virus ma anche di quelli sani.

Non solo: secondo quanto stabilito dall’ordinanza, nei “territori infetti” dovranno essere abbattuti anche gli animali ospiti dei rifugi, ovvero quelli sotto la custodia di cittadini o associazioni animaliste. Un punto che non è sfuggito alla Rete dei santuari di Animali Liberi, che sta invitando i cittadini ad inviare una mail di protesta a diverse figure istituzionali della Regione Liguria, a cui si chiede esplicitamente di bloccare gli abbattimenti. La recente ordinanza emanata dalla Regione é infatti giudicata «inaccettabile», in quanto «per tutelare gli interessi degli allevatori e di chi continua a nutrirsi dei corpi di altri animali, ordina di uccidere tutti i maiali e cinghiali» ad eccezione di «quelli rinchiusi negli allevamenti intensivi», che a causa delle condizioni in cui versano spesso non fanno altro che esacerbare una trasmissibilità già di per sé elevata. «Ciò che stanno iniziando a fare è portare avanti un genocidio, iniziando da Liguria e Piemonte», conclude la Rete dei santuari di Animali Liberi.

La Liguria non è infatti l’unica regione per la quale sono state previste misure del genere: c’è anche il Piemonte. L’ordinanza ligure infatti fa seguito ed attua con alcune specifiche le disposizioni del ministero della Salute, che tramite un decreto direttoriale – successivo ad una ordinanza atta a controllare la diffusione della peste suina africana – ha disposto negli scorsi giorni ulteriori misure con il fine di fermare il focolaio riscontrato proprio tra Piemonte e Liguria. Il decreto prevede ad esempio per l’area infetta (78 Comuni in Piemonte e 36 in Liguria) proprio quanto contenuto nell’ordinanza della Regione Liguria in tema di abbattimento/macellazione degli animali. L’uccisione di massa di maiali e cinghiali, come si può facilmente intuire, riguarderà dunque non solo la Liguria ma anche la Regione Piemonte, la quale il 21 gennaio ha fatto sapere che «nella zona infetta definita dal Ministero verrà avviato il depopolamento dei suini domestici degli allevamenti allo stato brado e famigliari maggiormente a rischio di contatto con i suini selvatici», mentre non vi sarà alcun intervento nei confronti degli allevamenti convenzionali, che «garantiscono sufficienti condizioni di biosicurezza».

Importante sottolineare come tali misure non siano state messe in campo di fronte ad una emergenza che ponesse a rischio di contagio gli esseri umani. La Peste suina africana è infatti una patologia virale che colpisce esclusivamente i suidi, per i quali è altamente contagiosa, e non è in nessun caso trasmissibile agli uomini. Lo scopo, in buona sostanza, è quello di proteggere un sistema economico all’interno del quale gli animali contano nulla più di un ingranaggio di produzione. In questa logica centinaia di esseri senzienti possono essere uccisi senza nemmeno accollarsi l’antieconomico costo di verificare se effettivamente siano infetti o meno, il tutto all’unico fine di causare il minor danno possibile all’interesse delle aziende che operano nel settore della carne.

[di Raffaele De Luca]

Quirinale, al via prima giornata elezioni Presidente della Repubblica

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Inizieranno oggi alle 15 a Montecitorio le votazioni per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica, successore di Mattarella. Tra le forze politiche di maggioranza non vi è accordo su un candidato, quindi è prevedibile che la votazione di oggi si concluda in un nulla di fatto. Per tale motivo in mattinata si terranno vertici politici tra i leader dei principali partiti. Affinché il possibile candidato sia scelto come Presidente, deve raggiungere i 2/3 dei voti nei primi tre scrutini, mentre dal quarto sarà sufficiente la maggioranza assoluta. Sono 1008 i grandi elettori chiamati a votare: 321 senatori (tra i quali 6 senatori a vita), 629 deputati e 58 delegati regionali. Non è prevedibile determinare il numero di sedute necessarie al raggiungimento di una votazione decisiva.

Bruxelles: scontri durante manifestazione contro misure anti-Covid

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Oggi pomeriggio a Bruxelles si sono verificati attimi di tensione durante una manifestazione contro le misure anti Covid alla quale – secondo le stime della polizia – hanno partecipato 50.000 persone. A riportare la notizia è stato il quotidiano belga Le Soir, il quale ha fatto sapere che nell’area del Parco del Cinquantenario (nei pressi delle istituzioni europee) i manifestanti hanno lanciato oggetti contro le forze dell’ordine, che a loro volta hanno reagito utilizzando gas lacrimogeni e idranti. Il quotidiano, oltre a rendere noto che alcuni edifici e veicoli sono stati danneggiati in seguito ai disordini, ha altresì fatto sapere che la polizia è successivamente riuscita ad evacuare il Parco.

Nuove forme di lotta: il “disaccoppiamento sociale” al tempo del green pass

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Se è vero che la storia si ripete, stiamo per assistere a periodi di grandi cambiamenti. È già successo negli anni tra il 1830 e il 1848, nel 1917-1924, negli anni ’60, e sta accadendo di nuovo oggi. Il clima che sta attraversando il pianeta, nell’ultimo decennio in particolare, è teso: caratterizzato da movimenti sociali e continue proteste. Dal 2020, come si è potuto notare dalle immagini settimanali che arrivano sui social delle piazze di varie Nazioni, la pandemia da coronavirus ha accentuato i disordini. Lo dimostra anche il “World Protests”, uno studio sui movimenti di protesta avvenuti tra il 2006 e il 2020.

Mai come ora in Italia stiamo vivendo questa situazione. Le manifestazioni contro il Green Pass sono la testimonianza contingente di un disagio e di un’inquietudine più profonda verso il governo Draghi e verso gli stessi capisaldi su cui esso si fonda. Le proteste sono organizzate da parte di una fetta di italiani che c’è ma che si fatica a vedere perché, oltre ad essere priva di leader e partito di riferimento, viene del tutto ignorata dai media del mainstream. Un esempio è il caso di Studenti Contro il Greenpass: un’associazione di ragazzi che ogni settimana organizza proteste in tutta Italia, per far sentire il proprio grido non solo tramite i social. La situazione, tuttavia, non viene percepita da tutti in questo modo: la narrazione convenzionale e tradizionale sembra aver abbandonato ogni volontà di raggiungere “il grande pubblico”, ignorando questa parte della società e definendola con caratteristiche e stati d’animo, quali accettazione, solitudine e rassegnazione, che però non caratterizzano chi porta avanti queste proteste.

https://www.studenticontroilgreenpass.it/

Il Social Decoupling

Cosa succederà, se già non è successo, quando troppo grande sarà ormai la distanza tra chi identifica la realtà in ciò che ogni giorno raccontano i media mainstream e chi, invece, vive una realtà completamente diversa sul territorio e sulla propria pelle? Sarà possibile trovare un punto di contatto tra due visioni del mondo e della nazione apparentemente inconciliabili tra loro?

Ecco così che nasce il Social Decoupling, termine inglese che deriva dalla cosmologia e che tradotto letteralmente significa disaccoppiamento sociale. Esso rappresenta una fase in cui una minoranza, in questo caso quella dei no pass, che rifiuta di adeguarsi all’ordine stabilito durante questo periodo di pandemia, si organizza per cercare di creare una società parallela, che permetta ad individui attualmente esclusi, di continuare a vivere in una comunità. Un’alleanza alternativa, capace di sopravvivere attraverso reti interpersonali e ramificate sul territorio. Ma come potranno passare dalla teoria all’azione?

Parola d’ordine: organizzazione e autosufficienza

C’è un’enorme differenza tra un 10% coeso ed organizzato ed un’equivalente porzione di società frammentaria, priva di riferimenti e obiettivi. Chi si oppone, ma non può contare su una rete organizzata, presto o tardi sarà costretto a cedere. Non per volontà, ma per mancanza di soluzioni.

Se non venisse trovato un punto d’incontro, insomma, l’unica alternativa sarebbe organizzarsi. Queste minoranze quindi, dovranno reinventarsi, prendendo spunto o addirittura legandosi a comunità, già “disaccoppiate dalla società”. Sono varie le realtà autosufficienti, presenti già da diversi anni in Italia. Si tratta di abitanti che hanno scelto di assumersi la responsabilità di una vita in comune, lavorando per soddisfare i bisogni dei componenti del gruppo e che insieme praticano, tra le altre cose, agricoltura per l’autosufficienza e homeschooling.

Esempi già in cammino

Con la mission di “essere il cambiamento che vogliamo vedere nel mondo”, sorge tra gli  Appennini romagnoli, l’Azienda Agricola biologica e Agriturismo, La Fattoria dell’Autosufficienza. Un possibile luogo di ispirazione per uno stile di vita basato sull’equilibrio, la salute, la resilienza e la sostenibilità; costituito, nel gennaio del 2009, da Angelo Francesco Rosso, la sua famiglia e Macrolibrarsi. L’azienda, pensata per funzionare in maniera autosufficiente per le prossime sette generazioni, svolge innumerevoli attività in tutta sintonia con la natura: la coltivazione di ortaggi, frutta, erbe aromatiche, cereali, legumi, silvicoltura e apicoltura. Inoltre, mette in pratica bioedilizia e bioarchitettura con materiali naturali (calce, canapa, paglia, legno) ed offre un’attività formativa per chi desidera intraprendere corsi di agricoltura, sostenibilità, consapevolezza e contatto con la natura.

             

E’ questa la direzione dell’alternativa si intende percorrere: una vita fatta da persone autosufficienti, a contatto con la terra e alle prese con una quotidianità non sempre comoda ed immediata, ma sicuramente più libera ed autentica. Una comunità intenzionale, uno spazio in cui le persone, intenzionalmente appunto, decidono di abitare. E lo fanno insieme, condividendo.

Istruzione, le scuole differenti

Una comunità alternativa deve comprendere senz’altro l’istruzione: tassello fondamentale per qualsiasi collettività. Tra le opzioni che stanno avendo più successo, troviamo Homeschooling e scuola parentale e sebbene i termini possano essere confusi, si parla di due realtà distinte. Nel primo caso, i genitori si prendono la responsabilità dell’educazione dei figli senza delegarla ad una struttura; nel secondo invece, è previsto un luogo fisico e la frequenza del bambino. Andando nello specifico, tale forma d’istruzione vede più genitori riunirsi al fine di creare una dimensione comunitaria basata su un progetto educativo riconosciuto.

Entrambe le realtà sono già presenti nella penisola e non solo. Basti pensare che dal 2018/19 – ultimo anno scolastico pre-pandemico – al 2020/21, gli “studenti casalinghi” sono pressochè triplicati, passando da 5.126 a 15.361. Con i figli in DAD, infatti, molte famiglie hanno deciso di fare un passo in più, rendendosi autonomi da esigenze, richieste e valutazioni della scuola.

Oltre alle realtà appena descritte, ne esistono altre più piccole che stanno sviluppando lentamente metodi formativi innovativi, come la scuola nel bosco, la scuola biocentrica basata sulla concezione dell’esperienza del vivere come processo di apprendimento, la scuola senza zaino (presente anche nella scuola pubblica) e molte altre piccole realtà che non hanno un orientamento specifico e ne combinano diversi insieme. L’offerta è indubbiamente variegata.

I primi passi avvengono online

Il ventunesimo secolo ha permesso di affiancare al mondo reale quello digitale. Fare rete è ciò che di più facile resta alle minoranze, perché basta un clic per raggiungere un’attivista che si trova dall’altra parte della città. Ma questa non è una novità: il mainstream non ha mai smesso di far notare come i no-vax/no-pass abbiano iniziato ad organizzarsi tramite i Social. Telegram, denigrata già dagli albori della pandemia a causa della teoria americana QAnon, è diventata ormai la piattaforma ufficiale di quelli che i media definiscono, generalizzando, “sfegatati complottisti”. Prima con IO APRO, durante il lockdown, poi con Basta Dittatura e ora con tante piccole realtà che stanno nascendo in tutta la penisola. Ogni regione ne ha almeno una, ma non c’è nulla ancora di troppo concreto. Il loro scopo è fare rete tra persone con idee comuni, cercando di aiutarsi a vicenda: i genitori si organizzano per il trasporto dei figli (con l’ultimo decreto non possono più salire sui mezzi per andare a scuola), si trovano amici con i quali non serve sentirsi diversi e ci si incontra per sapere di non essere soli. Ci si sostiene, proprio come dovrebbe essere in una comunità di persone.

In questo articolo non verrà espresso il nome di nessuno di questi nuovi gruppi poiché gli amministratori e i componenti preferiscono prevenirne ulteriori repressioni da parte dei poteri forti.

Anche su Facebook stanno prendendo piede iniziative importanti, nate con lo scopo di “sostenere chi resiste” non solo a livello sociale ma soprattutto lavorativo, aspetto fondamentale per la vita di tutti. Organizzati per regione e qualche volta addirittura per provincia, i gruppi offrono la possibilità di trovare e offrire lavoro a persone che condividono le stesse idee e che non vogliono rendersi la vita difficile a vicenda. Ma non solo, le offerte comprendono di tutto: affitti, attività sportive, alimentazione, istruzione e vacanze. Insomma, queste iniziative provano a dare la possibilità a tutti di avere una vita normale, senza vincoli, ricatti o obblighi.

Da una situazione di disagio e malcontento popolare, spesso le persone sviluppano pensieri nuovi, mettendo in pratica logiche e regole che portano al cambiamento: una vita sicuramente diversa, che soltanto chi ha una sensibilità profonda e coraggio può capire e condividere. Le soluzioni esistono e molte persone non si sono arrese al corso del destino. Con un briciolo di follia e tanta forza di volontà hanno iniziato a muoversi, prendendo la propria vita in mano e credendo nell’opportunità che questo periodo storico, di cambiamento forzato, sta offrendo.

[di Iris Paganessi]

Popolazione mondiale, Neodemos: superata quota 8 miliardi

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Secondo quanto riportato dal contatore del sito Neodemos, animato da illustri demografi italiani tra cui Massimo Livi Bacci, Gianpiero Dalla Zuanna ed Alessandro Rosina, la popolazione mondiale ha toccato e superato gli 8 miliardi di persone. Precisamente tale cifra, come sottolineato da Neodemos, è stata toccata mercoledì 19 gennaio alle ore 15:00, mentre attualmente il demometro riporta che la popolazione mondiale è di circa 8 miliardi e 866mila persone. Tuttavia le Nazioni Unite, ritenendo possibile il raggiungimento degli 8 miliardi solo all’inizio del 2023, potrebbero giudicare la notizia «vera ma prematura». In realtà, però, «nessuno può conoscere con esattezza l’ammontare della popolazione, il cui valore reale è compreso, presumibilmente, in una forchetta di più o meno 100 milioni rispetto alle stime», motivo per cui Neodemos «potrebbe anche aver ragione».

La mafia più sottovalutata è la quarta? Cos’è la Società Foggiana

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In Puglia, il 2022 si è aperto nel peggiore dei modi. Solo a Gennaio, sono state ben nove le bombe piazzate dalla mafia nel territorio di Foggia e provincia, la maggior parte delle quali esplose davanti a negozi e attività commerciali. In questo zona, intrisa di omertà e complicità, ancora oggi la maggior parte degli imprenditori e dei commercianti paga il pizzo ai mafiosi, perché una vera protezione non gliela garantisce nessun altro.
A differenza della gran parte delle altre organizzazioni mafiose italiane, le quali, al fine di ampliare il raggio dei propri affari e penetrare più efficacemen...

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Usa: inviato carico di aiuti militari all’Ucraina

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Gli Usa hanno inviato un carico di aiuti militari all’Ucraina: lo si apprende dall’ambasciata statunitense in Ucraina, che lo ha annunciato su Twitter nella giornata di ieri. Il carico, che rappresenta la prima tranche di aiuti decisa recentemente da Washington, include 90 tonnellate di materiale tra cui munizioni ed è stato consegnato da un aereo cargo statunitense. Questa mossa, ha sottolineato l’ambasciata, dimostra «il forte impegno degli Stati Uniti nel rafforzare le difese dell’Ucraina di fronte alla crescente aggressione russa».

Trasporto di animali vivi: il Parlamento UE vota una normativa deludente

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Il Parlamento europeo ha recentemente adottato, con 557 voti favorevoli, 55 contrari e 78 astenuti, una risoluzione non legislativa atta a migliorare le condizioni degli animali trasportati vivi: il contenuto della stessa, però, ha ricevuto ampie critiche da parte di diverse associazioni animaliste, le quali ritengono che con tale voto gli eurodeputati non si siano realmente mossi in direzione di una effettiva tutela del benessere animale. Certo, nel testo gli eurodeputati chiedono provvedimenti volti a proteggere gli animali, quali norme che limitino la durata del viaggio per quelli che vanno al macello o che favoriscano il trasporto di carcasse e carne anziché di animali vivi, tuttavia secondo gli animalisti si tratta di misure che non tutelano gli animali a 360 gradi.

Per capire il motivo di tale accusa bisogna però innanzitutto contestualizzare la votazione andando a ritroso nel tempo. In tal senso, bisogna ricordare che il testo adottato dal Parlamento è frutto di un’inchiesta di quest’ultimo, avviata nel giugno 2020 per indagare sulle presunte violazioni del regolamento dell’UE sul trasporto degli animali e portata avanti dalla Commissione d’inchiesta sulla protezione degli animali durante il trasporto (ANIT). Essa ha realizzato un report e relative raccomandazioni, che sono state fornite in quanto le norme dell’UE sul trasporto di animali sono state ritenute «obsolete, fuorvianti e scarsamente applicate». Tuttavia, come denunciato ad esempio dall’associazione Essere Animali, tali raccomandazioni «non propongono nessuna soluzione ad alcune problematiche urgenti evidenziate nel report, e per molte di esse si limitano a suggerire dei miglioramenti insufficienti invece di chiedere con fermezza urgente un cambiamento concreto».

È all’interno di tale contesto, dunque, che si inserisce la critica al recente voto del Parlamento, dato che queste raccomandazioni sono state «adottate così come presentate nel testo approvato lo scorso dicembre, senza intervenire sulle criticità e migliorare i contenuti proposti» e non solo, in quanto su alcuni punti «si sono fatti persino dei passi indietro». In tal senso, ricorda Essere Animali, gli europarlamentari hanno respinto una serie di emendamenti migliorativi, come ad esempio la richiesta di vietare il trasporto di animali in stato di gravidanza avanzato (inteso come +40% della gestazione) e l’invito a formulare una definizione di “durata del viaggio” che si riferisca all’intero periodo di movimento, incluso il tempo di carico e scarico degli animali, cosa che fa sì che anche il limite di 8 ore previsto dalle raccomandazioni – solo per il trasporto su strada di animali destinati al macello – risulti indebolito.

Sono questi dunque alcuni dei motivi per cui Essere Animali – così come altre organizzazioni animaliste – ritiene che sia stato indebolito un testo già pieno di lacune. «Il Parlamento europeo ha perso un’occasione importante per rafforzare e migliorare le raccomandazioni della Commissione ANIT e mettere il benessere degli animali al centro della revisione della normativa sul trasporto», afferma in tal senso Essere Animali, sottolineando che adesso la speranza è che nel processo di revisione del regolamento sui trasporti le istituzioni europee, in particolare la Commissione Europea, superino i limiti delle raccomandazioni votate in Parlamento. A tal proposito, infatti, bisogna ricordare che la Commissione dovrà rivedere il regolamento sui trasporti e lo farà con una nuova proposta legislativa, attesa nell’autunno del 2023. Ad ogni modo però, come sottolineato dall’organizzazione Animal Equality, ciò che al momento appare chiaro è che il Parlamento abbia consegnato nelle mani della Commissione un voto che va in direzione opposta a quella di una reale tutela del benessere animale.

[di Raffaele De Luca]