venerdì 19 Settembre 2025
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La COP26 di Glasgow si è chiusa: ecco quello che c’è da sapere

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La Cop26 si è conclusa. Il testo finale è stato approvato, nasce così il Patto di Glasgow sul Clima. Confermato l'obiettivo di limitare a 1,5°C il riscaldamento globale. Nel pratico, tradotto nella promessa di ridurre le emissioni, entro il 2030, del 45% rispetto ai livelli del 2010. Con - si spera - conseguente zero netto intorno la metà del secolo. Secondo l'ottimismo del padrone di casa, Boris Johnson, si è trattato di «un accordo storico» grazie al quale «è suonata la campana a morto per il carbone». Non proprio dello stesso avviso, invece, il presidente del vertice Alok Sharma, che, visib...

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Usa: Steve Bannon si consegna all’Fbi, è accusato di oltraggio al Congresso

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L’ex stratega di Donald Trump, Steve Bannon, si è consegnato agli uffici dell’Fbi di Washington: egli, infatti, è stato accusato di oltraggio al Congresso per aver negato la sua collaborazione alla commissione della Camera, la quale sta attualmente svolgendo delle indagini sull’assalto a Capitol Hill verificatosi il 6 gennaio scorso. Bannon dovrebbe comparire nella giornata di oggi in tribunale: i capi di imputazione sono nello specifico due, uno per non aver testimoniato e l’altro per non aver consegnato i documenti che gli erano stati richiesti.

I lavoratori Amazon lanciano lo sciopero in occasione del Black Friday

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I corrieri dipendenti delle aziende associate ad Assoespressi (Associazione Nazionale Corrieri Espressi) che effettuano le consegne in Italia per conto di Amazon, sciopereranno a livello nazionale venerdì 26 novembre in occasione del cosiddetto Black Friday, ossia il giorno in cui le grandi catene commerciali offrono promozioni e sconti sui propri articoli. Ad annunciare la protesta è stato il segretario nazionale della Filt Cgil Michele De Rose che, in occasione della prima assemblea nazionale unitaria di quadri e delegati del settore delle consegne delle merci in appalto Amazon, ha dichiarato: «L’assemblea, molto partecipata, ha dato pieno mandato a Filt Cgil, Fit Cisl e Uiltrasporti a proclamare lo sciopero».

Alla base dello stesso – che coinvolgerà circa 12mila lavoratori a cui vanno aggiunti 3-4mila stagionali chiamati per soddisfare il picco di domanda delle festività – vi è innanzitutto la «richiesta di abbassare carichi e ritmi di lavoro divenuti insostenibili e di ridurre l’orario lavorativo settimanale dei driver». La mole di lavoro può infatti arrivare a prevedere la consegna di 200 pacchi al giorno, con 130-140 stop da effettuare in 8-9 ore in base ad un algoritmo che si aggiorna costantemente tracciando il viaggio più veloce in base al traffico presente e non consentendo alcuna pausa. L’orario settimanale di lavoro, invece, arriva ad essere di 44 ore.

Inoltre, si chiede anche di «dare continuità occupazionale a tutto il personale in occasione dei cambi di appalto e di contratto, ridurre la responsabilità sui driver in casi di danni e franchigie e aumentare il valore economico della trasferta, introdurre il premio di risultato e garantire la normativa sulla privacy, la gestione dei dati ed il controllo a distanza, escludendo ogni ripercussione di carattere disciplinare».

Detto ciò, Amazon ha risposto alle accuse dei lavoratori tramite una nota, con la quale ha comunicato che «nel caso si riscontri che un fornitore non stia rispettando le aspettative dell’azienda e stia violando le normative vigenti vengono adottati i rimedi contrattualmente previsti, inclusa l’interruzione del rapporto contrattuale». In tal senso, il colosso americano ha aggiunto che in questi casi la volontà è quella di far sì che i corrieri del fornitore in questione «possano comunque continuare il loro lavoro attraverso il fornitore subentrante».

[di Raffaele De Luca]

Intervista a un Navigator, esemplare di una specie in estinzione

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Il governo Draghi ha deciso di garantire nuovi fondi per il reddito di cittadinanza, tuttavia non ha mostrato alcun interesse nel rinnovare i contratti dei cosiddetti navigator, ovvero coloro che dovrebbero essere la chiave di volta su cui si regge l’intero impianto di reintroduzione al lavoro. Considerando che ANPAL, l’ente pubblico che si occupa di gestire questo genere di politiche sociali, è già stato affidato al commissario straordinario Raffaele Tangorra, molti danno per scontato che l’esperienza del reddito di cittadinanza abbia ormai i giorni contati e che il Governo italiano stia smantellando con discrezione il progetto.

Allo stesso tempo, questo ridimensionamento dalla misura cardine dei Cinque Stelle ha imposto una riflessione sul quanto sia stato fatto fino a oggi, con alcuni che lamentano l’inefficienza del reddito declassandolo a un aiuto di Stato. In tutto questo, uomini e donne che avrebbero dovuto aiutare disoccupati e inoccupati vengono frequentemente etichettati come opportunisti che si sono limitati a incassare uno stipendio governativo, esseri fondamentalmente inutili che si sono dimostrati inadatti a risolvere la crisi del settore lavorativo. Per fare chiarezza abbiamo raggiunto Flaminio, navigator che ha avuto modo di approfondire per anni le dinamiche che si muovono nei dietro le quinte del reddito di cittadinanza. Piccola nota deontologica: Flaminio è un nome di fantasia, utilizzato per preservare l’identità reale del navigator.

Complice un lancio eclatante in cui si è scenograficamente fatto notare che il reddito di cittadinanza sarebbe stato gestito da figure prese addirittura dal Mississippi (Domenico Parisi, ndr), le ultime evoluzioni in merito a competenze e scopi dei navigator hanno frustrato le aspettative… testate e personaggi pubblici hanno quindi sollevato un dubbio sul cosa stia succedendo, sul cosa stiano effettivamente facendo i navigator.

Flaminio: Subito dopo l’uscita del bilancio la situazione era chiara: si prevedeva un rinnovo per il reddito di cittadinanza, ma non per la nostra figura attuale. […] Si sono dimenticati completamente della nostra figura che, checché ne dica molta stampa, è una figura che è stata utile. I soggetti che sono stati coinvolti direttamente hanno avuto un servizio che prima non avevano: potevano contare su persone laureate che avevano una determinata competenza che andava da quella psicologica a quella giuridica a quella economica – competenze che per trattare di lavoro sono fondamentali. […]

Passando all’oggetto di quello che facciamo, noi trattiamo diverse cose. Gestiamo tutta quella che è la parte burocratica del reddito di cittadinanza – la firma di documenti, la determinazione della condizione dei soggetti, gli esoneri, le esclusioni, eventuali soggetti che devono essere trasferiti ai servizi sociali, quindi registriamo tutto questo su dei server. Questa è la parte burocratica legata a quelli che sono i percettori del reddito. Sempre legata a loro c’è anche la ricerca del lavoro, la profilazione – cioè determinare con precisione qual è la condizione del soggetto in modo da avere una modalità, una strategia, per andare verso la ricerca del lavoro e dell’occupazione.

Altra parte è quella dedicata alle aziende, cioè la ricerca vera e propria di quelle che sono le opportunità lavorative, ovvero le vacancy, che devono essere offerte ai lavoratori. Questo è il nostro macro-ambito, poi nel dettaglio ci sono molte cose più specifiche.

Quindi la ricerca della domanda di lavoro, il capire quali aziende siano interessate e a cosa, la gestite attivamente o passivamente? Siete voi che contattate le aziende o sono le aziende che contattano voi?

Siamo noi, attivamente… visto che i centri per l’impiego hanno una notevole carenza di personale, ci siamo trovati in difficoltà evidente e manifesta, da anni. […] Noi andiamo a cercare le aziende, poi c’è qualche azienda un po’ più virtuosa che oltre che a rivolgersi a privati – Adecco, per esempio – si rivolge anche al centro per l’impiego. Il nostro ruolo era quello di avere un contatto diretto con le aziende, svilupparlo, mantenerlo – che è una cosa difficile – e provare a fare un effettivo incrocio tra domanda ed offerta. Poi covid, problemi di personale e occasionali problemi fisici di server – che non funzionano nel modo idoneo – hanno creato delle limitazioni notevoli al nostro lavoro.

Ora però si parla di rivoluzionare il sistema dei navigator passando la palla – appunto – ad agenzie private, le quali trattengono una parte degli incentivi che la Regione elargisce nel caso il lavoratore venga collocato. Questi incentivi diretti non rischiano di creare dei sistemi in cui verranno fomentati turnover artificiosi per poi incassare quella percentuale?

Questo è uno dei possibili sviluppi della questione. […] La nostra esperienza ci porta al fatto che, appena possiamo approfittarne di qualcosa, lo facciamo. Questo, dal mio punto di vista, è approfittarsene, non lavorare per il lavoratore o per lo Stato.. che poi, a questo punto anche il privato lavorerebbe per lo Stato. […] Se il privato gestisce una cosa che dovrebbe essere pubblica, dal mio punto di vista, lavora per lo Stato. Quindi devi rendere conto allo Stato, non puoi essere “privato” totalmente, devi essere controllato, quantomeno.. ma se il controllore, il controllante e il controllato coincidono tutti, si solleva il solito problema.

A proposito di controlli.. notizia di questi giorni, c’è stato un giro di malaffare da 15 milioni di euro con la Romania…

Parlate con l’INPS. Fate queste domande all’INPS e chiedetegli tutto, soprattutto perché ci sono dei soggetti pensionati nei nostri elenchi, perché ci sono dei soggetti invalidi nei nostri elenchi, perché ci sono persone che lavorano da cinque anni nei nostri elenchi e perché, al contempo, non ci sono altri soggetti. Poi, aprirei un’altra questione sulle problematiche che sono i CAF e i patronati.. io non so come lavorano, ma vedo che molti [di questi] soggetti sono stranieri. […] Se si rivolgono a un CAF o a un patronato, penso che il lavoro di questi enti sia di aiutarli, ma anche di evitare a questi soggetti delle sanzioni penali. Quantomeno chiedendo dei documenti. Va bene che è un’autocertificazione, ma se l’autocertificazione espone il soggetto a conseguenze penali, civili, restituzione di soldi che non si hanno e quant’altro, questi altri enti dovrebbero adiuvare sempre lo Stato […] se ognuno fa il proprio interesse, cioè incassa quel poco che viene dato al patronato e agli altri enti per seguire il soggetto, ma poi quel soggetto non viene effettivamente seguito, viene lasciato in balia di sé stesso… cioè, ci sono soggetti che non hanno il requisito della cittadinanza. Non lo hanno! Ma lì il CAF dovrebbe saperlo subito e dire a questi soggetti “guarda, tu non hai i requisiti”.

Poi, tutti quelli che presentano personalmente [l’autocertificazione]… vai a leggere il Decreto: dov’è la Guardia di Finanza assunta, dove sono i carabinieri che dovevano essere assunti? Io parlo di legislazione non rispettata, di promesse non mantenute. Era la legge che prevedeva queste cose, poi è stato deciso anche per altre problematiche – relative al covid – di destinare i fondi da altre parti, probabilmente. Non si può dire che [il reddito di cittadinanza] è fallimentare… mancano i pezzi!

Pur tenendo conto di questa mancanza di pezzi, nel momento in cui uno di questi soggetti deve presentarsi da voi, i nodi non dovrebbero comunque venire al pettine?

Dipende. Non quelli economici, perché loro dichiarano l’ISEE e noi non facciamo un controllo fiscale. Noi verifichiamo la situazione lavorativa che viene data dalle Cob (comunicazioni obbligatorie, ndr) che sono nel sistema e le Cob sono peraltro l’unica cosa che nessuno può modificare sul server. Sono un po’ come oro colato: se quelle ci sono, così è.

Come hai accennato, molti dei percettori che avete in carico non sono occupabili, ma altri sono semplicemente inadatti ai ruoli che vi vengono richiesti. Allo stesso tempo continuiamo a sentire spingere l’idea che ristoratori e imprenditori si trovano senza personale, senza stagionali e così via.. le due posizioni non dovrebbero stonare?

Vanno separate totalmente, queste due cose. Anche perché: la legge parla di offerta congrua. Se io guadagno di più prendendo il reddito, sono legittimato dalla stessa legge a dire “datore di lavoro, no grazie”. Se il reddito prevede una soglia che ritiene dignitosa per vivere e l’opposto dovrebbe essere un lavoro che mi permette di vivere dignitosamente.. se questo lavoro, a pieno regime, 40 ore settimanali, mi da uno stipendio che è inferiore al reddito.. Il problema non è nostro, è di qualcun altro che vuole farsi le tasche gonfie.

Una cosa che c’entra meno, ma che mi ha sempre incuriosito.. il famoso software di incrociamento dei dati di cui ha molto parlato Parisi, è stato fatto?

C’è, è stato fatto. Funziona per l’85%, non è da buttare via. Andrebbero integrati meglio alcuni aspetti […]. A parte il rimando tra servizi sociali e noi, il quale dovrebbe essere gestito in un determinato modo, ma… ho scoperto che esiste un ulteriore server, che è quello di GePI, sul quale i servizi sociali si appoggiano, ma GePI e SIU (il Sistema Informativo Unitario, ndr) parlano solo per quanto riguarda la trasmissione diretta in prima istanza. Cioè: mi arriva la domanda dall’INPS, ma dove va? Servizi sociali o centro per l’impiego? Adesso non c’è la possibilità di rinviarci tra di noi le informazioni dal software, di fatto ci siamo creati noi direttamente dei contatti con quelli che sono i servizi sociali. Né il centro per l’impiego, né ANPAL hanno fatto nulla. Siamo noi che, autonomamente, ci siamo creati una linea di contatto. Il server funziona, poi.. la condizionalità, per due terzi non è stata applicabile. Per legge. Siamo in pandemia, le condizionalità non si applicano, così come non si applicano quelle relative alla NASpI (l’indennità mensile di disoccupazione, ndr), alla DIS-COLL (l’Indennità di disoccupazione per i lavoratori con rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, ndr) e a tutte le altre condizionalità del mondo legislativo italiano. […] La condizionalità non è stata applicata, però da quando siamo stati abilitati stiamo ancora aspettando una procedura definitiva che dev’essere concordata tra Regione, centri per l’impiego, ANPAL.

Però sono passati anni da che hanno imbastito il sistema dei navigator.

La condizionalità è però riapplicabile da luglio 2020.. è passato un anno. […] All’inizio c’era, ma noi non eravamo pronti ad applicarla perché il server doveva essere messo a posto, bisognava concordare la spedizione delle raccomandate con il centro per l’impiego, le modalità con la Regione.. quindi la burocrazia non è proprio velocissima..

Alla fine, c’è stato un qualche momento in cui la condizionalità è risultata attiva?

Legalmente si. In qualche punto d’Italia, dove i centri per l’impiego si sono resi disponibili ad applicarla. In altri no. Ecco.. di tutto quello che abbiamo detto, ti posso fare un quadro della mia provincia e della mia regione. Ognuno lavora a modo suo. Lombardia, Valle d’Aosta, Liguria.. i contatti li ha creati in parte ANPAL attraverso un altro sistema, Microsoft Teams, su cui abbiamo fatto le lezioni online e su cui facciamo le conferenze […]. Da Teams noi possiamo direttamente andare a recuperare dati e file che sono collegati sia alla mail che ai nostri server di ottimizzazione. Quindi ovvio, era un progetto che aveva bisogno di tre anni di preparazione e cinque anni di obiettivo. Sul breve periodo, in una pandemia, è anacronistico chiedere che funzioni. Non è forzato, non è chiedere troppo. È anacronistico. Non può funzionare. Non può funzionare, ci sono troppe modifiche da fare.

[di Walter Ferri]

Covid: anche Israele autorizza vaccinazione per fascia d’età 5-11 anni

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In seguito agli Stati Uniti anche Israele ha autorizzato la vaccinazione, con dosi Pfizer/BioNtech, per la fascia d’età 5-11 anni. A rendere nota la decisione è stato il ministero della Salute, che tramite una nota ha spiegato: «La maggior parte degli esperti ha ritenuto che i benefici di questa vaccinazione per i bambini sarebbero stati maggiori dei rischi, il che ha portato alla decisione di autorizzare il vaccino per questa fascia d’età».

Marocco e Algeria, la nuova scintilla che rischia di travolgere l’Europa

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Marocco e Algeria

In Nord Africa in questi giorni c’è una pericolosa situazione pronta ad esplodere: la tensione è di nuovo molto alta tra Marocco e Algeria, sulla questione del controllo dei territori nel Sahara Occidentale. Si tratta di zone ricche di fonti energetiche, motivo per cui da anni gli analisti consigliano di non abbassare mai la guardia. Soprattutto adesso.

L’ultima scintilla che ha nuovamente alimentato il fuoco vivo sotto le ceneri è stata l’uccisione di tre autotrasportatori algerini. Gli uomini viaggiavano dalla capitale della Mauritania, Nouakchott, diretti alla città algerina di Ouargla, lungo un tratto del Sahara occidentale da sempre oggetto di forti tensioni tra le nazioni.

Per le autorità algerine non ci sono dubbi: i camion sono stati bombardati da forze marocchine. “È un attacco barbaro che non rimarrà impunito”, dice l’ufficio presidenziale di Algeri. Non solo. Il paese ha deciso di rompere le relazioni diplomatiche con il Marocco e vietare ai suoi mezzi aerei di attraversare lo spazio algerino. Ma la decisione più importante è stata quella che riguarda proprio il mese di novembre: periodo a partire dal quale i rubinetti del Gasdotto Maghreb-Europa (Gme), che passa in territorio marocchino, sono stati totalmente chiusi.

Le ripercussioni di un’azione così forte come questa toccano anche la Spagna. Secondo i dati di Enagas, l’Algeria quest’anno ha fornito il 47% del gas importato dalla Spagna: 15 miliardi di metri cubi, più della metà dei quali provenienti proprio da quel gasdotto che attraversa il Marocco. Oltre alla rivalità con il Marocco, quindi, pare che l’Algeria voglia dare un chiaro segnale all’Europa, e non solo attraverso le sue risorse energetiche. Una nuova guerra e l’inasprirsi della crisi economica già in corso porterebbe (e sta già portando) centinaia di migranti a mettersi in viaggio, clandestinamente, verso l’Europa. Negli ultimi mesi, infatti, la Spagna ha assistito a tantissimi arrivi provenienti principalmente dall’Algeria. Ed è solo l’inizio.

Anche se pare che al momento il Marocco abbia scelto la via della diplomazia, la corsa agli armamenti, da parte di entrambi i paesi, sembrerebbe raccontare il contrario. L’Algeria si è dotata fin da subito di droni e altri strumenti per la sorveglianza aerea, prima ancora che lo facessero molte altre nazioni. Anche il Marocco tenta di rimanere “al passo con i tempi”. Solo nel 2020 ha ordinato quattro droni MQ-9B Reaper. Ma già nel 2019 si era rivolto alla Turchia per acquisire 12 droni d’attacco Bayraktar TB2 in grado di trasportare missili. Per non parlare di tutta la merce acquistata da Israele nel corso degli anni.

Per tutti questi motivi il Sahara occidentale è una zona molto delicata. Geograficamente controllata per l’80% dal Marocco, è una regione che fa gola a molti perché ricca di fosfati e vicina alle ricche acque dell’Atlantico. Ma ospita da anni molti conflitti. Tra questi, quello del Fronte Polisario, l’organizzazione fondata nel maggio 1973 che lotta per la liberazione nazionale del Sahara occidentale, rappresentando anche il volere del popolo saharawi. L’Algeria non ha mai negato aiuto e ospitalità a ribelli e rifugiati.

Conflitti che, seppur esistenti da anni, riemergono sempre nell’attualità perché figli di quel colonialismo che ha lasciato dubbi, incertezze e zone di confine poco chiare. E che continua indirettamente ad oscurare la dignità e l’indipendenza di tantissime popolazioni locali in virtù degli interessi derivanti dalle zone che occupano. Come il caso del Marocco, per il quale concedere l’indipendenza al popolo saharawi significherebbe perdere grossi traffici economici.

Al momento, il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha chiesto a Marocco e Algeria di confrontarsi dialogando, per stemperare la tensione. Tuttavia non è possibile prevedere la portata della crisi: rimarrà una questione più o meno interna o interverranno gli alleati?

[di Gloria Ferrari]

Libia, il figlio di Gheddafi si candida alle presidenziali

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Saif al-Islam, figlio dell’ex dittatore Gheddafi, si è candidato alle elezioni presidenziali che dovrebbero tenersi in Libia il 24 dicembre prossimo. La sua candidatura è permessa nonostante sia accusato di crimini di guerra e contro l’umanità, in quanto la condanna non è stata confermata in via definitiva. Secondo alcuni esperti, il figlio di Gheddafi godrebbe ancora di un certo supporto tra gli ex sostenitori del regime del padre e alcune tribù e, seppure si ritenga non abbia speranze di vincere le elezioni, la sua candidatura costituisce un importante messaggio politico. Intanto il capo dell’Alto Consiglio di Stato al-Mishri ha annunciato un probabile slittamento di tre mesi delle elezioni, in quanto ad oggi non esiste un comune consenso sulle leggi elettorali.

Il Portogallo approva la legge che norma i diritti di chi lavora da remoto

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Il Portogallo ha approvato una legge che tutela chi lavora da remoto. Un passo importante e necessario, considerando quanto lo smart working stia continuando a prendere piede, dopo il boom causato dallo scoppio della pandemia. I lunghi lockdown, infatti, hanno spinto molte aziende a rivoluzionare la propria organizzazione, introducendo il cosiddetto lavoro agile. Una modalità di lavoro che, ormai è chiaro, non scomparirà con la fine dell’emergenza e pare destinata a segnare il futuro. Tra favorevoli e contrari molti lavoratori (e sindacati) preferiscono un approccio pragmatico: bene lavorare in parte da casa, ma servono regole nuove che disciplinino la materia, normando alcune questioni poco chiare come l’orario di lavoro, gli straordinari, la gestione delle spese e il diritto alla disconnessione. Perché, se tra le mura dell’ufficio sono chiare (o almeno dovrebbero esserlo), lo smart working ha portato molti lavoratori a non avere un limite di orario stabile e a dover utilizzare i propri mezzi per svolgere l’attività.

Tutto questo ha convinto il parlamento portoghese a prendere dei provvedimenti per tutelare chi lavora da casa, approvando una legge che prevede, innanzitutto, il diritto alla disconnessione: all’azienda sarà vietato contattare i dipendenti oltre l’orario d’ufficio se non vorrà incorrere in sanzioni. Questa sarà anche responsabile di fornire alle proprie risorse gli strumenti adeguati per lo svolgimento del lavoro da casa, contribuendo alle spese di luce e internet. Non solo, il provvedimento indica anche la possibilità di rinunciare allo smart working o di richiederlo se compatibile con le proprie mansioni. Inoltre, le condizioni previste, prevedono un miglioramento del lavoro dei genitori, ai quali sarà concesso di lavorare da remoto – fino a quando i figli non avranno compiuto otto anni-, senza dover ottenere preventivamente il permesso dai propri superiori. Infine, la legge stabilisce il divieto di monitorare il lavoro a distanza e l’obbligo per le aziende di organizzare degli incontri in presenza, così da limitare il disagio dell’isolamento per chi non collabora in sede.

La regolamentazione del lavoro da remoto in Portogallo – che verrà applicata a tutte quelle realtà lavorative con almeno dieci dipendenti – si è resa necessaria anche per il crescente ruolo del paese nel mercato dei cosiddetti “nomadi digitali”, ovvero coloro che, lavorando completamente da remoto, hanno la possibilità di trasferirsi e vivere in paesi sempre diversi. Come, infatti, dichiarato dalla ministra per il Lavoro e la Sicurezza sociale Ana Mendes Godinho, durante l’ultimo Web Summit a Lisbona, costruire un contesto favorevole per lo smart working, contribuisce a portare benefici allo Stato, perché aumenta l’attrattività per i lavoratori stranieri.

[di Eugenia Greco]

Crotone, sequestrato intero villaggio turistico per abusi edilizi

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La Procura della Repubblica di Crotone ha disposto il sequestro preventivo dell’intero villaggio turistico Marinella di Isola Capo Rizzuto a causa di presunti abusi edilizi. Il provvedimento è stato eseguito dai carabinieri del Nucleo operativo ecologico per la Tutela Ambientale e la Transizione Ecologica (Noe). Al posto di strutture mobili ne sarebbero state infatti realizzate di permanenti: il valore totale delle opere edilizie abusive (che comprende 25 villette, strade, aree docce e piscine) è di 2,5 milioni di euro. Ai 30 indagati vengono contestati reati di lottizzazione abusiva in aree sottoposte a vincolo paesaggistico, realizzazione di opere in senza i permessi necessari, falsità ideologica nei certificati, falso e scarico abusivo di reflui industriali.

No Green Pass, ancora perquisizioni in tutta Italia

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In queste ore la Polizia di Stato di Torino ha messo in atto 17 decreti di perquisizione nei confronti di attivisti no-vax e no-greenpass in 16 città italiane. Si tratta di soggetti affiliati al canale Telegram Basta Dittatura, chiuso a settembre su decisione della stessa piattaforma Telegram per violazione dei Termini di Servizio. Le ipotesi di reato profilate sono di istigazione a delinquere aggravata dal ricorso a strumenti telematici e istigazione a disobbedire alle leggi. Il gruppo, nato come piattaforma di protesta, si era trasformato in una chat di incitamento all’odio e altri crimini. I provvedimenti seguono quelli messi in atto venerdì 12 novembre scorso nei confronti dei manifestanti no-greenpass di Milano.

Al momento della chiusura il canale Basta Dittatura contava oltre 43 mila iscritti. Nato come punto di riferimento per gli spazi web di protesta, si era presto trasformato in un canale di incitamento all’odio e all’azione violenta contro coloro ritenuti responsabili di “asservimento” e “collaborazionismo” con la “dittatura in atto”. Le Forze dell’Ordine hanno monitorato per diverse settimane il canale, sul quale erano divenuti frequenti i riferimenti a “fucilazioni”, “gambizzazioni” e “impiccagioni”, oltre all’allusione a una nuova “marcia su Roma”. Molti di questi soggetti erano già noti alle Forze dell’Ordine per precedenti reati di aggressione, rapina, estorsione, furto e droga.

Le indagini sono state coordinate dai magistrati del gruppo Terrorismo ed Eversione della Procura di Torino ed hanno visto la collaborazione di Polizia postale e Digos, coordinate dal Servizio Polizia Postale e delle Comunicazioni e dalla Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione.

Stando a quanto riportato dalle maggiori testate giornalistiche mainstream, le accuse riguardano in alcuni casi soggetti che si erano già resi protagonisti di aggressioni violente contro le Forze dell’Ordine o di blocchi autostradali e ferroviari. Si tratta evidentemente di fatti di gravità alquanto diversa, i quali, nel caso venissero considerati come precedenti, non possono costituire aggravanti di egual peso nel corso delle indagini.

[di Valeria Casolaro]