martedì 13 Maggio 2025
Home Blog Pagina 1333

Antitrust: avviato procedimento contro Autostrade sui pedaggi

0

L’Autorità Antitrust ha fatto sapere, tramite una nota, di aver avviato un procedimento di inottemperanza nei confronti di Autostrade per l’Italia poiché «la società concessionaria a marzo ha ricevuto una sanzione da 5 milioni e non ha ancora ridotto il costo del pedaggio nelle tratte con notevoli problemi di viabilità». Nello specifico, la non riduzione dei pedaggi ha ad oggetto le tratte sulla A/16 Napoli/Canosa, A/14 Bologna/Taranto, A/26 Genova Voltri-Gravellona Toce e, per le parti di sua competenza, quelle sulla A/7 Milano-Serravalle-Genova, A/10 Genova-Savona-Ventimiglia e A/12 Genova-Rosignano.

Consumo di suolo: l’Italia continua a cementificare senza sosta

0

In Italia, nonostante il blocco di gran parte delle attività dovuto al lockdown, le colate di cemento non rallentano neanche nel 2020 ed hanno ormai impermeabilizzato il 7,11% del territorio nazionale. Precisamente, esse ricoprono quasi 60 chilometri quadrati ed «ogni italiano ha a disposizione circa 360 mq di cemento (erano 160 negli anni ’50)». È quanto si apprende dal nuovo rapporto dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra), relativo appunto allo scorso anno. Da esso emerge che il nostro paese perde quasi 2 metri quadrati di suolo al secondo e che, nello specifico, il primato per il consumo di suolo maggiore spetta alla Lombardia, con 765 ettari in più in 12 mesi. C’è poi il Veneto (+682 ettari), la Puglia (+493), il Piemonte (+439) ed il Lazio (+431).

Detto ciò, il consumo di suolo si registra anche nei territori a pericolosità sismica, dove il 7% del suolo risulta ormai cementificato. Inoltre, in quelli a rischio idraulico, la percentuale è maggiore del 9% per quelle a pericolosità media e del 6% per quelle a pericolosità elevata. In tal senso, «il confronto tra i dati 2019 e 2020 mostra che 767 ettari del consumo di suolo annuale si sono concentrati all’interno delle aree a pericolosità idraulica media e 285 in quelle a pericolosità da frana, di cui 20 ettari in aree a pericolosità molto elevata e 62 a pericolosità elevata».

Nel documento viene sottolineato anche il rapporto intercorrente tra il consumo di suolo e l’aumento della temperature. Si legge infatti che, a livello nazionale, superano i 2300 gli ettari consumati all’interno delle città e nelle aree produttive (il 46% del totale) negli ultimi 12 mesi, motivo per cui «le nostre città sono sempre più calde, con temperature estive, già più alte di 2°C, che possono arrivare anche a 6°C in più rispetto alle aree limitrofe non
urbanizzate».

Per quanto riguarda, invece, la categoria “Transizione ecologica e fotovoltaico”, nella sola regione Sardegna sono stati ricoperti più di un milione di mq di suolo: si tratta del 58% del totale nazionale dell’ultimo anno. Nello specifico, il suolo perso in un anno a causa dell’installazione di questa tipologia di impianti sfiora i 180 ettari e «si prevede un aumento al 2030 compreso tra i 200 e i 400 kmq di nuove installazioni a terra che invece potrebbero essere realizzate su edifici esistenti». Dopo la Sardegna è la Puglia la regione che consuma di più in tal modo: 66 ettari.

Inoltre, «con la logistica l’Italia perde ancora più terreno», poiché anziché riqualificare spazi già edificati sono stati consumati 700 ettari di suolo agricolo nell’arco di 7 anni, e tale cifra è in crescita. Nello specifico, è il Veneto ad aver raggiunto il record di maggiori trasformazioni dovute alla logistica (181 ettari dal 2012 al 2019, di cui il 95%
negli ultimi 3 anni).

Detto ciò, vengono infine citati anche i danni derivanti da tutto ciò. «Se la velocità di copertura artificiale rimanesse quella di 2 mq al secondo registrata nel 2020 i danni costerebbero cari e non solo in termini economici. Dal 2012 ad oggi il suolo non ha potuto garantire la fornitura di 4 milioni e 155 mila quintali di prodotti agricoli, l’infiltrazione di oltre 360 milioni di metri cubi di acqua piovana (che ora scorrono in superficie aumentando la pericolosità idraulica dei nostri territori) e lo stoccaggio di quasi tre milioni di tonnellate di carbonio, l’equivalente di oltre un milione di macchine in più circolanti nello stesso periodo per un totale di più di 90 miliardi di km. In altre parole due milioni di volte il giro della terra».

[di Raffaele De Luca]

WhatsApp, nuova stretta censoria: bloccati 2 milioni di utenti

0

WhatsApp ha bloccato 2 milioni di account in India nell’arco di un mese, ossia dal 15 maggio al 15 giugno del 2021: ciò è stato fatto nel 95% dei casi poiché gli utenti hanno inviato, senza esserne autorizzati, messaggi automatici o di massa (spam). L’app di messaggistica aveva infatti annunciato nel mese di aprile del 2020 l’imposizione di un limite alla condivisione di un messaggio identico tramite la funzione di inoltro, nel tentativo di contrastare la disinformazione.

Il numero di utenti che sono stati “puniti” il tal modo è stato reso noto da WhatsApp tramite il suo primo “rapporto di conformità” che, in base alle nuove regole stabilite dal governo indiano ed entrate in vigore a maggio, ogni mese le piattaforme digitali con più di cinque milioni di utenti sono tenute a pubblicare. Al loro interno devono essere riportate dettagliatamente le azioni intraprese ed i reclami ricevuti. A tal proposito, WhatsApp ha fatto sapere di aver ricevuto 345 segnalazioni di reclami.

Detto ciò, per individuare gli account spam, l’app di messaggistica ha utilizzato un algoritmo basato sull’Intelligenza Artificiale che, stando a quanto sostenuto dalla società, è capace di analizzare il comportamento degli utenti senza leggere il contenuto delle conversazioni. In pratica, si tratta di una censura preventiva che si basa semplicemente sui meccanismi attuati dagli utenti.

Non sorprende, però, il fatto che il client di proprietà di Facebook si voglia tutelare in tal modo, dato che si è spesso trovato ad affrontare critiche sulla diffusione della disinformazione in India, paese che rappresenta uno dei suoi principali mercati con 400 milioni di iscritti. Ad esempio, la società è stata contestata quando nel 2018 decine di persone sono state linciate in seguito alla circolazione di informazioni su WhatsApp riguardanti presunte bande che rapinavano bambini. Ciò, dunque, ha spinto l’azienda a limitare la possibilità per gli utenti di inoltrare i messaggi.

Ad ogni modo, WhatsApp non condivide alcuni punti delle regole indiane sui social media. Proprio per questo, ha citato in giudizio il governo indiano per uno dei requisiti, ovvero quello per cui le aziende dovrebbero individuare il “primo originatore” dei messaggi, quando richiesto. Il governo, però, ha dichiarato che tali richieste sarebbero state avanzate solo in relazione a reati gravi, ma nonostante ciò WhatsApp teme che ciò metterebbe fine alla tutela della privacy degli utenti in quanto richiederebbe alla società di monitorare ogni messaggio. E se ad affermarlo è proprio l’app di messaggistica che blocca moltissimi utenti senza farsi troppi problemi (a livello mondiale vengono bloccati mediamente otto milioni di account al mese), è probabile che quanto stabilito dal governo indiano superi davvero i limiti accettabili.

[di Raffaele De Luca]

La Groenlandia ha vietato ogni attività petrolifera

0

In Groenlandia non si potrà più cercare il petrolio. Lo ha stabilito il nuovo governo di sinistra – guidato dal partito Inuit Ataqatigiit – che ha annunciato il totale divieto di ogni azione di ricerca, perforazione, estrazione e produzione dell’oro nero su territorio nazionale, per intraprendere un percorso di azioni contro il cambiamento climatico. La decisione ne fa il primo paese a bandire totalmente il carburante fossile più utilizzato al mondo. Ad oggi però, non c’è stata ancora nessuna scoperta significativa di petrolio sull’isola, ma la US Geological Survey – agenzia scientifica del governo americano-, ha stimato la possibile presenza di un giacimento con una quantità pari a più di 31 milioni di barili. Una cosiddetta “miniera d’oro” che per lungo tempo il paese ha inseguito anche come un disegno politico, capace di alimentare il lungo sogno dell’indipendenza dal Regno di Danimarca, in quanto le royalty petrolifere potrebbero sostituire il sussidio annuale di circa 500milioni di euro che l’isola riceve da Copenaghen.

Si può dire che il governo della Groenlandia si sia trovato di fronte ad un bivio. Difatti, se da un lato vietare le trivellazioni è un’azione per combattere i drastici cambiamenti climatici che si stanno verificando, dall’altro lato l’estrazione delle risorse naturali dell’isola garantirebbe l’indipendenza al paese e sarebbe facilitata proprio dal “climate change”. Lo scioglimento dei ghiacci, infatti, potrebbe portare alla luce risorse petrolifere e minerarie nascoste. Ma la scelta è ormai definitiva e Inuit Ataqatigiit non è nuovo a prese di posizione coraggiose e difficili come questa. Il partito, infatti, ha vinto le elezioni con il 37% dei voti proprio grazie alla proposta di una politica ambientalista radicale, messa subito in atto con il divieto totale di ricerca ed estrazione di uranio. Un programma premiato dagli elettori e in antitesi con quello della forza politica concorrente Siumut, nel cui programma vi è l’intenzione di finanziare il conseguimento dell’indipendenza attraverso lo sfruttamento delle risorse del territorio.

[di Eugenia Greco]

Inondazioni in Cina: 12 morti in una metropolitana

0

Dodici persone hanno perso la vita ed altre cinque sono rimaste ferite per l’inondazione della metropolitana della città di Zhengzhou, capitale della provincia di Henan, in Cina. La tragedia è stata causata dalla pioggia torrenziale che lì si è abbattuta. A riferirlo sono state le autorità locali in seguito alla pubblicazione di immagini di passeggeri sommersi dall’acqua. Queste ultime, hanno portato l’allerta al livello 1 (il più alto possibile) a causa dei fiumi in piena e delle dighe finite sotto pressione in tutta la provincia. Inoltre, quasi 300 mila persone sono state evacuate.

Biden prova ad imporre una ulteriore stretta censoria ai social network

1

Che i rapporti tra Governo statunitense e social media fossero claudicanti era cosa nota, eppure i toni sferzanti usati dalla Casa Bianca nel fine settimana hanno stupito molti, se non altro perché venerdì il presidente Joe Biden ha esplicitamente accusato Facebook di uccidere le persone diffondendo “misinformazione” sul coronavirus e sui suoi vaccini.

Nei giorni successivi, la posizione del politico è stata condivisa ed enfatizzata anche da altri membri dell’entourage governativo, con il risultato che la discussione è presto mutata in zizzania vera e propria. La portavoce della Casa Bianca, Jen Psaki, ha addirittura suggerito che i divulgatori di notizie fasulle debbano essere sospesi su tutti i social network presenti sulla Rete, così da essere effettivamente resi innocui.

Questo moto oscurantista è certamente da leggersi come un’esercitazione drammatica dell’arte dialettica, tuttavia non si discosta eccessivamente dall’approccio che il Governo sembra intenzionato ad adottare, almeno stando alle indiscrezioni che suggeriscono Washington sia pronto a imporre alle aziende di uniformare il sistema censorio di tutti i loro prodotti.

In altre parole, se un utente dovesse violare le policy di servizio di Facebook, l’azienda madre, Facebook Inc., non solo dovrebbe sospenderlo dal portale in questione, ma dovrebbe applicare la medesima soluzione anche a tutti gli altri servizi controllati dalla ditta, da Instagram a WhatsApp.

Un progetto draconiano che viene reso ancora più inquietante dal fatto che, oltre alla disinformazione, l’Amministrazione Biden stia iniziando a bersagliare anche il più frastagliato settore della “misinformazione”, ovvero quelle notizie che, seppur non false, sono presentate con una chiave di lettura ritenuta incorretta. Si solleva però un problema: a chi spetta il decidere quale sia la chiave di lettura giusta e opportuna? Paesi come l’India ci offrono uno spaccato del cosa voglia dire avere un Governo che controlla cosa si possa o meno pubblicare sullo spazio internettiano e il risultato è la morte della controinformazione.

In senso più ottimistico, possiamo intendere l’astio di Washington al pari di una manovra pubblicitaria che mira a sfruttare l’attenzione pubblica come leva con cui uscire da un fatale vicolo cieco. Parrebbe infatti che il canale di confronto apertosi circa sei mesi fa tra la Casa Bianca e le Big Tech non stia portando ai risultati sperati e che il Governo USA si sia fondamentalmente stancato di avere a che fare con imprenditori che offrono risposte vaghe e insoddisfacenti.

Impossibilitato a risolvere la questione per vie amministrative, Joe Biden starebbe puntando al creare pressione pubblica perché i social vengano considerati, almeno informalmente, responsabili di alcune delle amenità di cui si macchiano. Una strategia che ovviamente è degenerata in diatriba: da una parte ci sono le autorità che accusano Facebook di aver polarizzato le prospettive no-vax creando diffidenza nei confronti delle cure antipandemiche, dall’altra c’è Facebook che si scrolla di dosso le accuse suggerendo piuttosto che sia stato il Governo a non dimostrarsi all’altezza della situazione. Una situazione tesa che preoccupa tutti coloro che non condividono le verità autenticate dalla politica statunitense dominante, ma anche coloro che temono la Big Tech possa ancora far danni alle comunità.

[di Walter Ferri]

Plastica monouso, quattro associazioni ambientaliste denunciano l’Italia

0

Un gruppo di associazioni ambientaliste ha denunciato l’Italia per aver escluso le plastiche usa e getta compostabili dalla legge che recepisce la SUP, direttiva europea sulla plastica monouso, entrata in vigore lo scorso 3 luglio. Questa ha messo al bando alcuni oggetti come piatti e posate, cannucce, cotton fioc, palette da cocktail, bastoncini dei palloncini, e contenitori in polistirolo per alimenti e bevande. Tali prodotti potranno essere venduti fino ad esaurimento scorte, dopodiché saranno banditi definitivamente.

Non avendo però la direttiva fatto alcuna distinzione fra oggetti di plastica tradizionale e oggetti in plastica bio, con la legge di delegazione europea approvata dal Parlamento, l’Italia prevede che, per i prodotti banditi, si ammettano relative alternative in plastica biodegradabile e compostabile. Tuttavia, le linee guida della Commissione Europea, affermano chiaramente che le due tipologie di plastica siano da porre sullo stesso piano. Difatti, ad oggi, non si hanno dati scientifici concreti dimostranti che un oggetto in “bioplastica” non causi danni all’ambiente. Inoltre, c’è da dire, che questa si decompone esclusivamente in determinate circostanze caratterizzate da una certa temperatura, uno specifico tasso di umidità e, soprattutto, dalla presenza di alcuni microrganismi.

Pertanto, a causa della decisione presa dall’Italia, Greenpeace, ClienthEarth, ECOS e Rethink Plastic Alliance hanno presentato un reclamo ufficiale alle autorità europee. «L’Italia sembra preferire di gran lunga una finta transizione ecologica» si legge nel comunicato. Già a fine maggio, il gruppo di organizzazioni ambientaliste aveva inviato una lettera ufficiale al Ministro della Transizione Ecologica, Roberto Cingolani, informandolo della potenziale violazione inclusa nella bozza del recepimento italiana e richiedendo di organizzare un incontro per discuterne, senza tuttavia ottenere risposta. Sta di fatto che l’atto parlamentare c’è – anche se manca ancora il decreto legislativo definitivo- e se il governo dovesse seguire l’impostazione della legge delega, sarà impossibile evitare una procedura di infrazione.

[di Eugenia Greco]

Whirlpool: protesta dei lavoratori a Napoli

0

Questa mattina, i lavoratori della Whirlpool hanno prima occupato i binari dei treni ad alta velocità, alla stazione centrale di Napoli, e successivamente si sono recati a piazza Garibaldi ed hanno attuato un blocco stradale. La protesta, a cui hanno aderito circa 200 operai del sito di via Argine, è stata fatta per chiedere il blocco dei licenziamenti da parte della multinazionale americana, che negli scorsi giorni ha appunto annunciato il licenziamento collettivo dei lavoratori impiegati nello stabilimento di Napoli.

L’Inghilterra verso la stretta finale contro i non vaccinati

0

Il primo ministro britannico, Boris Johnson, ha dichiarato nella giornata di ieri che nei locali notturni inglesi ed in «altri luoghi in cui si radunano grandi folle» ci si potrà recare solo se in possesso di un «attestato di vaccinazione completa», in quanto «i test negativi al Covid non saranno più sufficienti». Il premier ha precisato come la volontà sia quella di introdurre tale misura entro la fine di settembre, periodo in cui tutti i maggiorenni avranno avuto la possibilità di sottoporsi ad entrambe le dosi del siero anti Covid.

Tali parole sono arrivate nel medesimo giorno del “freedom day”, ovvero l’abbandono, a partire dalla mezzanotte di ieri, di quasi tutte le misure anti-Covid in Inghilterra nonché la riapertura dei locali notturni. Questi ultimi erano chiusi da 16 mesi e sono stati presi d’assalto: in diverse città sono state organizzate feste con il tutto esaurito da giorni. Detto questo, però, il capo consigliere scientifico Patrick Vallance ha affermato che i locali e gli altri luoghi simili potrebbero essere «potenziali eventi di super diffusione», data la  folla a stretto contatto. Sarà probabilmente anche per tale motivo che Boris Johnson ha fatto questo annuncio, aggiungendo di non voler «chiudere di nuovo i locali notturni come hanno fatto altrove. Ma questo significa che essi devono fare ciò che è socialmente responsabile».

Tuttavia, l’annuncio del primo ministro britannico è pieno zeppo di zone d’ombra. In tal senso, innanzitutto ci si chiede per quale motivo le persone non vaccinate debbano essere escluse dall’accesso ai locali: una misura del genere, infatti, sarebbe giustificata se ci fosse la certezza scientifica che i vaccinati non possano diffondere il contagio, che però al momento non si possiede. Anzi, proprio nel Regno Unito ultimamente il numero dei contagi è molto elevato e la media settimanale supera i 40.000 casi al giorno. Tutto ciò nonostante nel Paese vi sia un’alta percentuale di individui completamente vaccinati (54%).

Ma tralasciando tale questione, ciò che ad ogni modo non ci si spiega è il motivo per cui non essersi sottoposti al siero significhi automaticamente essere veicolo di contagio, a prescindere dal fatto che si sia effettivamente positivi al virus. È evidentemente questo, infatti, il principio alla base delle misure annunciate da Johnson. Dunque ci si chiede perché, mentre fino a questo momento le limitazioni alla libertà venivano applicate solo alle persone realmente contagiate, adesso si pensi di attuare delle restrizioni nei confronti di tutti coloro che non sono vaccinati. E non si tratta di applicarle solo a soggetti le cui condizione di salute sono sconosciute, ma anche a chi dimostri, tramite il risultato negativo al test, di non essere positivo al Covid.

Detto ciò, non si può non sottolineare come la scelta del premier britannico di preannunciare delle misure che, stando a quanto affermato da quest’ultimo, diverranno realtà a fine settembre, potrebbe essere stata presa con il solo scopo di portare un numero più elevato di persone a vaccinarsi. Senza dubbio, infatti, vi è la concreta possibilità che adesso i cittadini siano maggiormente disposti a farsi somministrare il siero, nel timore di perdere altre libertà personali. A tal proposito, anche in Francia l’annuncio fatto dal presidente Emmanuel Macron riguardante il futuro obbligo di munirsi del green pass per accedere a diversi locali e mezzi di trasporto pubblici nonché quello di vaccinarsi per il personale sanitario, ha spinto milioni di cittadini a prenotare l’iniezione nonostante tali misure non siano state ancora approvate. Ad ogni modo, però, la reazione del popolo non è stata esclusivamente positiva, e negli scorsi giorni vi è stata una ampia partecipazione alle proteste. Non è detto, quindi, che la stessa cosa non possa succedere anche in Inghilterra.

[di Raffaele De Luca]

Il massacro della Diaz 20 anni dopo: intervista al magistrato che condusse le indagini

0

La notte del 21 luglio 2001 i reparti mobili della polizia di stato facevano irruzione all'interno della scuola Diaz di Genova, dove centinaia di cittadini dormivano dopo aver preso parte alle manifestazioni contro il G8. Fu quella che un vicequestore di polizia definì la "macelleria messicana". I manifestanti, a mani alzate, furono pestati dagli agenti. In 61 finirono in ospedale, tre dei quali in prognosi riservata e uno in coma. Per coprire gli abusi e giustificare l'irruzione la polizia si impegnò a produrre diverse prove false. Tra le più smaccate due bombe molotov che vennero introdotte ...

Questo è un articolo di approfondimento riservato ai nostri abbonati.
Scegli l'abbonamento che preferisci 
(al costo di un caffè la settimana) e prosegui con la lettura dell'articolo.

Se sei già abbonato effettua l'accesso qui sotto o utilizza il pulsante "accedi" in alto a destra.

ABBONATI / SOSTIENI

L'Indipendente non ha alcuna pubblicità né riceve alcun contributo pubblico. E nemmeno alcun contatto con partiti politici. Esiste solo grazie ai suoi abbonati. Solo così possiamo garantire ai nostri lettori un'informazione veramente libera, imparziale ma soprattutto senza padroni.
Grazie se vorrai aiutarci in questo progetto ambizioso.