mercoledì 14 Maggio 2025
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Sulle coste italiane non erano mai nate così tante tartarughe marine

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Record di nidificazioni di tartaruga marina in Italia: questa estate il Belpaese è il luogo preferito della Caretta caretta per la deposizione delle uova. Dall’inizio della calda stagione ad oggi sono state censite 179 nidificazioni, un numero molto alto, mai visto nel Mediterraneo, quantomeno negli ultimi decenni. Basti pensare che nel 2020, a fine stagione, ne sono state contate complessivamente 250. Quest’anno, invece, i rettili stanno conquistando sempre più coste da nord a sud. Un segno di come i nidi siano sempre più protetti dai volontari attivi sulle spiagge, primi tra tutti i Tartawatchers istituiti da Legambiente. Ma un chiaro segnale anche di come l’aumento delle temperature legato al cambiamento climatico, stia comportando l’ampliamento delle aree tradizionalmente adatte alla nidificazione della tartaruga Caretta caretta. Per adesso il primo posto spetta alla Calabria, con 61 nidi. Al secondo posto Campania e Sicilia, con 43 nidi; al terzo la Puglia, con 11 nidi. A seguire Lazio (8), Sardegna e Toscana (5), Basilicata (2) e Veneto (1).

Come accennato un ruolo fondamentale nella salvaguardia delle tartarughe in Italia lo gioca l’associazione Legambiente, che si è attivata con l’iniziativa “Lidi amici delle tartarughe marine” , la quale ha l’obiettivo di promuovere – mediante la distribuzione di materiale informativo e la collaborazione dei centri di salvataggio e recupero delle tartarughe marine-, l’adozione di regole comportamentali atte a preservare i rettili, le quali prevedono azioni come la pulizia manuale delle spiagge e la riduzione dell’inquinamento acustico e luminoso nelle ore notturne. Sono oltre 500 gli stabilimenti balneari – tra Toscana, Lazio, Marche, Campania, Puglia, Sardegna, Basilicata e Veneto-, su cui sventola la bandiera di Legambiente, simbolo di un contributo significativo per la salvaguardia della Caretta caretta che, quotidianamente, è esposta a pericoli di varia natura, tra cui quelli derivanti dall’attività dell’uomo. Come accaduto nel Comune di Leni, sull’Isola di Salina (Sicilia), dove – a causa di un nuovo intervento di consolidamento e ripascimento dell’arenile di Rinella – la spiaggia dalla caratteristica sabbia nera fine, è stata ricoperta con il ghiaietto acuminato dell’Etna, vanificando il tentativo di nidificazione di una tartaruga marina. Questa, nei giorni scorsi, è approdata due volte di seguito sulla spiaggia, senza però essere riuscita a scavare una buca in cui deporre le uova.

[di Eugenia Greco]

Il Comune di Foggia è stato sciolto per mafia

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Sono state accertate delle infiltrazioni mafiose nel Comune di Foggia, il quale è quindi stato affidato al Cdm. È la seconda volta che un capoluogo di provincia finisce sotto la lente d’ingrandimento per preoccupanti collegamenti con la criminalità organizzata. Era infatti accaduto al Comune di Reggio Calabria nel 2012. Ieri sera il Consiglio dei ministri ha dunque sciolto il Comune di Foggia, affidandone la gestione provvisoria a una commissione formata dal prefetto a riposo Marilisa Magno, il viceprefetto Rachele Grandolfo e il dirigente Sebastiano Ciangrande. Questa sarà la commissione straordinaria, secondo la proposta avanzata dal ministro dell’Interno Luciana Lamorgese.

Il Messico fa causa per 10 miliardi ai produttori di armi statunitensi

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Mercoledì 4 agosto, il governo messicano ha preso una decisione senza precedenti: fare causa per ben 10 miliardi di dollari a 11 produttori e distributori di armi statunitensi, presso una corte federale a Boston. L’accusa è di aver causato, attraverso pratiche commerciali illegali e negligenti, un bagno di sangue in Messico. Tra i produttori denunciati, Smith & Wesson Brands, Barrett Firearms Manufacturing, Beretta USA, Colt’s Manufacturing Company LLC, Glock e Interstate Arms. Queste aziende sarebbero responsabili della produzione e distribuzione di due terzi delle oltre 500.000 armi che ogni anno vengono trasportate oltre il confine.

Secondo il governo messicano, questi grossi produttori sono consapevoli del fatto che le loro pratiche contribuiscono al traffico di armi in Messico (una vera e propria piaga per il paese). Anzi, considererebbero i criminali alcuni dei loro migliori potenziali clienti. Adattando all’occorrenza la produzione alle loro esigenze, anche estetiche. Secondo il ministro degli esteri Marcelo Ebrard, queste aziende non solo faciliterebbero il traffico di armi in Messico, ma ne sarebbero assolutamente dipendenti da un punto di vista commerciale.

Si stima che il 70% delle armi presenti in Messico provengano dagli USA, e solo nel 2019 17.000 omicidi da arma da fuoco sono stati collegati ad armi trafficate (due terzi del totale). Secondo le stime governative, i danni causati dal traffico di armi ammonterebbero al 2% del pil del paese. Ma oltre ai 10 miliardi di risarcimento, il governo messicano chiede anche maggiori controlli sul commercio e più funzionalità di sicurezza sulle armi stesse.

Chiaramente, la NSSF (National Shooting Sports Foundation Inc.) non ha riconosciuto la legittimità delle critiche sporte dal Messico. Anzi, sostiene che, se esiste un traffico di armi presso i cartelli della droga, è unicamente responsabilità del governo locale. Nessuna delle aziende, per il momento, ha reagito.

Quello tra USA e Messico è un confine molto poroso: ci sono pochi controlli ed è piuttosto facile trasportare armi da una parte all’altra. Armi di produzione statunitense sono infatti frequentemente usate dalle gang locali, per omicidi, atti di terrorismo contro i civili e anche per attacchi rivolti allo stato.

Secondo uno studio realizzato da organizzazioni messicane ed internazionali, 13 dei 15 milioni di armi presenti in Messico non sono registrate regolarmente, e ben 2.000 arrivano ogni giorno dal confine con gli USA. Il Messico, negli ultimi 17 anni, è stato vessato dalla violenza, con 29 morti violente ogni 100.000 abitanti.

Al momento non è chiaro come gli USA risponderanno a queste accuse, se lo scontro avrà effetti di tipo diplomatico sui rapporti tra i due paesi. Si tratta comunque di un momento di portata storica: per la prima volta vengono fatti nomi, nero su bianco, e vengono esplicitamente collegate le morti di civili messicani con l’ipersviluppato e sregolato mercato delle armi americano.

[di Anita Ishaq]

Afghanistan: appello Ue per cessate il fuoco

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Tramite una nota congiunta dell’Alto rappresentante dell’Ue, Josep Borrell, e del commissario europeo per la gestione delle crisi, Janez Lenarcic, l’Unione europea ha lanciato un appello per un cessate il fuoco «urgente, totale e permanente» in Afghanistan ed ha conseguentemente condannato l’escalation delle violenze nel Paese dovuta all’aumento dell’intensità degli attacchi dei talebani. In tal senso nella nota si legge che, soprattutto nelle aree controllate da questi ultimi, si stanno verificando delle violazioni dei principi del diritto internazionale umanitario nonché dei diritti umani, e si sottolinea che ci si potrebbe trovare dinanzi a dei crimini di guerra nei confronti dei quali si dovrà indagare.

Reazioni avverse ai vaccini, lo Stato si prepara a una ondata di cause

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«Stanno giungendo con intensità crescente alle nostre aziende (come alle Aziende Sanitarie di tutto il territorio nazionale) richieste per l’indennizzo/risarcimento a seguito della somministrazione del vaccino», è questa la prima parte di una lettera che la Direzione Generale Welfare e Prevenzione della Regione Lombardia ha recentemente inviato ai Direttori Generali delle ASST (Aziende Socio Sanitarie Territoriali) e, per conoscenza, a quelli delle ATS (Agenzie di Tutela della Salute). Nel documento, di cui si è venuti a conoscenza grazie ad una fotografia diffusa in questi giorni sul web, si legge inoltre che tali richieste sono «sostanzialmente tutte identiche», hanno ad oggetto gli eventi avversi verificatisi e «sono trasmesse anche al Ministero della Salute». Ad esso infatti «si intende chiedere, tramite il Coordinamento Interregionale della Prevenzione, di farsi carico del riscontro ai cittadini e comunque di condividere il percorso da attuarsi».

Detto ciò, secondo quanto spiegato da un funzionario dell’agenzia di tutela della salute lombarda al quotidiano Il Sussidiario, al momento si tratta comunque di pochi casi (circa una trentina) che sono però appunto in aumento. Ma la Regione Lombardia non intende pagare, anche perché le richieste sono «sostanzialmente tutte identiche», come se dietro tale azione vi fosse quasi una sorta di regia comune. In tal senso – commentano sempre da Ats – da anni ci sono persone che hanno trasformato questo tipo di iniziative in «una fonte di business».

Ma, a prescindere da questa ipotesi, la questione degli indennizzi per i danni derivanti dai vaccini è alquanto complessa. La legge n. 210/1992, che regola quest’aspetto, prevede un riconoscimento economico per tutti coloro che abbiano riportato «lesioni o infermità, dalle quali sia derivata una menomazione permanente della integrità psico-fisica», ma si riferisce solo alle vaccinazioni obbligatorie o necessarie, ossia quelle a cui ci si è sottoposti per poter effettuare un viaggio all’estero o per motivi di lavoro. Ed in tal senso il siero anti-Covid, tranne che per i sanitari (per i quali è previsto l’obbligo), è solo fortemente raccomandato, e le situazioni appena descritte non sono al momento presenti.

Tuttavia, va ricordato come la Corte Costituzionale abbia nel tempo ampliato la possibilità di ricevere gli indennizzi anche ad alcuni vaccini solo raccomandati dall’autorità sanitaria: ha infatti più volte giudicato incostituzionale una parte della legge sopracitata (il primo comma dell’articolo 1) stabilendo che, non indennizzando i soggetti danneggiati da determinati vaccini raccomandati, questi ultimi sono costretti a «sopportare tutte le conseguenze negative di un trattamento sanitario effettuato non solo nell’interesse dell’individuo, ma anche dell’intera società». Nello specifico, il novero dei vaccini in questione è stato mano mano ampliato, prima con la sentenza n.107/2012, poi con la n.268/2017 ed infine con la sentenza n. 118/2020. In pratica, come affermato in quella del 2017, applicando pienamente la legge vi sarebbe una disparità di trattamento derivante dal «riconoscimento solo ai soggetti obbligati, in caso di menomazioni permanenti, del diritto all’indennizzo, a fronte del medesimo rilievo che raccomandazione e obbligo assumono al fine della tutela della salute collettiva».

Ad ogni modo, però, ad oggi i sieri anti Covid non sono obbligatori per la popolazione né sono stati oggetto di una sentenza della Corte Costituzionale. Ed anche se le pronunce citate riguardavano casi simili, non è detto che saranno previsti indennizzi anche per tali vaccini. Tuttavia, se dovesse essere effettuato un ricorso nei confronti del Giudice di merito volto ad ottenere un indennizzo, quest’ultimo potrebbe sollevare la questione di legittimità costituzionale e la Corte dovrebbe poi esprimersi: si tratterebbe di un iter giudiziario lungo, il cui esito, però, appare tutt’altro che scontato.

[di Raffaele De Luca]

Abolizione della caccia: in tutta Italia la raccolta firme

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Vietare la caccia su tutto il territorio nazionale: è questo l’obiettivo del referendum del Comitato Referendum Sì Aboliamo la Caccia. C’è bisogno, tuttavia, di raccogliere cinquecentomila firme entro il 30 settembre per far sì che possa essere accolta la richiesta delle associazioni animaliste facenti parte dello stesso. Queste ultime precisamente chiedono l’abrogazione di alcuni articoli della legge 157/92, che mira a proteggere la fauna selvatica omeoterma e specifica che la caccia è possibile esclusivamente nei confronti di determinate specie e solo in certi periodi dell’anno. Lo scopo del referendum, però, è appunto quello di effettuare un ulteriore passo in avanti rispetto a quanto stabilito da tale legge, visto che punta da un lato a mantenere la tutela degli animali selvatici prevista da quest’ultima, ma dall’altro a cancellare ogni possibilità di esercitare la caccia.

Il lavoro del Comitato ha avuto inizio nel mese di ottobre dello scorso anno. Per esso, essenziale è stato comprendere «tutte le associazioni animaliste, dalle più grandi alle più piccole», con il fine di mettere in pratica «un’iniziativa di civiltà», come specificato nel sito ufficiale del referendum. Così, dal primo fine settimana di luglio, in tutta Italia sono stati montati dei gazebo per la raccolta firme a favore di quest’ultimo. Grazie all’impegno di svariati volontari e animalisti, è stato riscontrato un importante interesse da parte di molti cittadini e cittadine, vogliosi di poter dare il loro contributo per una nobile causa. Sono moltissimi gli appuntamenti previsti per il mese di agosto. Luoghi e date dell’allestimento dei gazebo sono pubblicate e aggiornate sulla pagina ufficiale Facebook del Comitato. C’è dunque tempo fino al 30 settembre per raggiungere le firme sperate e, se così sarà, verrà abolita ogni forma di attività venatoria.

Come specificato nel comunicato stampa n.1 del Comitato, la volontà è quella di non avere più solo una legge che preveda delle restrizioni, ma vietare definitivamente una pratica inumana e dannosa per gli animali e l’ambiente. Non solo, la caccia è pericolosa anche per gli esseri umani, basti ricordare i diversi “incidenti” avvenuti, con persone ferite o che hanno addirittura perso la vita. Vittime che risiedevano o semplicemente passeggiavano nelle zone venatorie. Ed oltre alle vittime dei cacciatori, ci sono anche molti animali domestici, feriti oppure uccisi “accidentalmente”. Questi sono alcuni dei tanti motivi per cui abolire tale pratica: si tratterebbe di un modo efficace per evitare spiacevoli scene di violenza e “distratti incidenti mortali”. La legge 157/92 era inizialmente stata promulgata proprio per limitare le specie da cacciare. Successivamente, si diede il via ad altri referendum, sempre tesi a limitare e restringere la libertà dei cacciatori (come l’abolizione dell’art. 842 c.c.) ma mai si era arrivati a chiederne la totale abolizione.

[di Francesca Naima]

La guida assistita salva la vita a un conducente, ma nasconde alcuni rischi

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La guida assistita è indubbiamente un’evoluzione tecnologica non da poco ma, nonostante le automobili più moderne e sofisticate possano esserne dotate, ci sono degli aspetti che potrebbero rappresentare armi a doppio taglio. È fresca la notizia di un giovane conducente norvegese scampato a morte certa grazie alla guida assistita. Il ventiquattrenne ha perso conoscenza mentre era al volante della sua Tesla la quale però, per via dell’optional, non ha sbandato. Questa è rimasta nella corsia e, dopo qualche chilometro, ha rallentato per poi fermarsi con le quattro frecce in una galleria. I soccorsi sono giunti sul posto cinque minuti dopo l’arresto del veicolo. Essendo il conducente visibilmente ubriaco, è stato sottoposto al test, il quale ha confermato l’abuso di alcolici. La guida assistita ha quindi evitato una probabile disgrazia.

Certo, alcune cose sono ancora da perfezionare. L’auto si è infatti fermata nella corsia di sorpasso, rendendo il repentino intervento dei soccorritori fondamentale per evitare possibili tamponamenti. Ma c’è di più. La guida assistita, attraverso specifici sistemi detti ADAS (Advanced Driver Assistance Systems), assiste il guidatore per far sì che questo conduca l’auto in maniera responsabile, sia in città che in autostrada. In alcune circostanze è in grado di intervenire autonomamente. Il tutto viene reso possibile dall’occhio vigile di una telecamera capace di riconoscere forme e sagome come quelle di ciclisti, pedoni e altre automobili. Una tecnologia all’avanguardia ma, spesso, motivo di distrazione e di scarsa attenzione nel guidatore. Prendiamo il caso del 24enne ubriaco in Norvegia… c’è la probabilità che questo abbia pensato di potersi mettere alla guida della Tesla, malgrado la sua condizione poco lucida. O ancora, la consapevolezza di avere una vettura dotata di questo optional – mixata a una buona dose di alcol -, ha contribuito alla perdita di conoscenza del ragazzo.

Una ricerca dell’IIHS (Insurance Institute for Highway Safety) ha provato che la guida assistita può essere causa di distrazione e quindi perdita di controllo del veicolo nel conducente. Gli esperti hanno coinvolto dieci volontari e, per quattro settimane, hanno fatto guidare loro una Volvo S90 con l’Adaptive Cruise Control (ACC) – dispositivo che monitora la velocità del veicolo -, e il Pilot Assist, tecnologia che fornisce assistenza nel controllo dello sterzo. Alla fine dell’esperimento è stato riscontrato che, più il tempo passava, più aumentava la probabilità che questi si distraessero e togliessero entrambe le mani dal volante anche per maneggiare il proprio telefonino, alzando vertiginosamente il rischio di avere un incidente. È molto importante ricordare che, l’assistente di guida di cui sono dotate molte automobili di ultima generazione, contribuisce a rendere la guida più sicura, ma non sostituisce al 100% l’azione del guidatore.

[di Eugenia Greco]

‘Ndrangheta, Paviglianiti: il boss arrestato in Spagna

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Arrestato a Madrid il “boss dei boss”. Il latitante di ‘Ndrangheta Domenico Paviglianiti è stato arrestato dai carabinieri di Bologna e dalla polizia spagnola mentre si trovava nella capitale spagnola. Ora sessantenne, Paviglianiti si era “guadagnato” un soprannome negli anni ’80 e ’90: “il boss dei boss”. Il 21 gennaio la Procura di Bologna ha emesso un provvedimento di esecuzione di pene concorrenti per 11 anni, 8 mesi e 15 giorni, per i reati di associazione mafiosa, omicidio e traffico di sostanze stupefacenti.

 

Strage migranti al confine tra Stati Uniti e Messico

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A circa 120 km dal confine tra Stati Uniti e Messico, un furgone diretto in Texas si è ribaltato. Il veicolo trasportava circa trenta migranti e l’incidente è avvenuto in curva, a causa della troppa velocità, come emerge dalle prime dichiarazioni della polizia. Per ora si stima che le vittime siano almeno dieci. A fine marzo dell’anno corrente un altro incidente, avvenuto in California, aveva causato la morte di tredici migranti.

Olanda: attacchi hacker, è allarme per sicurezza nazionale

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Anche l’Olanda è sotto attacco da parte degli hacker: i direttori di tre importanti società di sicurezza informatica (Eye, Hunt & Hackett e Northwave), infatti, hanno parlato ai media nazionali per sollecitare il governo ad intervenire. Secondo questi ultimi, il diffondersi del ransomware (un virus che cripta i file nel sistema) sta innescando «una crisi nazionale», al punto che «la sicurezza del Paese è in pericolo». In tal senso, gli esperti sottolineano che le richieste d’aiuto sono troppe per essere gestite solo da tali società poiché gli attacchi sono in aumento.