Nel 2024 le morti sul lavoro in Italia sono aumentate del 5% rispetto all’anno precedente, raggiungendo quota 1.090. Il dato torna ai livelli del 2022, nonostante l’introduzione della “patente a crediti” e la promessa di un aumento delle ispezioni. Gli infortuni mortali in occasione di lavoro sono stati 797, con un incremento nei settori dell’industria e servizi. Le costruzioni restano tra i settori più colpiti. A livello territoriale, le vittime sono aumentate soprattutto nel Centro e nelle Isole. Crescono anche gli infortuni tra gli studenti e quelli in itinere. Le denunce totali di infortunio sono salite a 589.571 (+0,7%).
La nuova Siria di al-Sharaa prepara un gigantesco piano di privatizzazioni
La nuova Siria post Assad guidata da Ahmed al-Sharaa, conosciuto anche come Abu Mohammad Al-Jolani, capo del gruppo jihadista Hay’at Tahrir al-Sham (HTS) e noto in passato per i suoi legami con l’organizzazione terroristica Al-Qaeda, ha deciso di ristrutturare la dissestata economia siriana – provata da anni di sanzioni occidentali – all’insegna di un grande piano di privatizzazioni, secondo i dogmi della dottrina economica neoliberista teorizzata e imposta per anni dalle istituzioni finanziarie occidentali. Il piano prevede il licenziamento di un terzo dei dipendenti del settore pubblico e la privatizzazione delle aziende statali cruciali durante il governo della famiglia Assad. Le principali industrie siriane trattano petrolio, cemento e acciaio. Il nuovo ministro dell’Economia siriano, l’ex ingegnere energetico quarantenne Basil Abdel Hanan, ha dichiarato all’agenzia di stampa Reuters che si sta verificando un importante passaggio verso «un’economia di libero mercato competitiva», promettendo allo stesso tempo che le risorse energetiche e gli asset di trasporto strategici rimarranno in mani pubbliche. Hanan ha anche specificato che le aziende industriali statali da privatizzare ammontano a 107, senza però fornire i nomi delle aziende in questione.
Come già accaduto in altri contesti, il motivo per dare il via alle privatizzazioni è individuato nella corruzione e negli sprechi pubblici: in un’intervista, il ministro delle Finanze Mohammad Abazeed ha affermato che alcune aziende statali sembrano esistere solo per appropriarsi indebitamente di risorse e per questo motivo saranno chiuse. Secondo Abazeed, l’obiettivo delle riforme, che mirano anche a semplificare il sistema fiscale con un’amnistia sulle sanzioni, sarebbe quello di rimuovere gli ostacoli e incoraggiare gli investitori a tornare in Siria. Dal canto suo, Mohammad Alskaf, ministro per lo sviluppo amministrativo che supervisiona il personale del settore pubblico ha spiegato che lo Stato avrebbe bisogno di un numero compreso tra 550.000 e 600.000 lavoratori, meno della metà del numero attuale. In questo contesto, non sono mancate le proteste dei dipendenti pubblici: i piani di privatizzazione hanno scatenato manifestazioni di dissenso a gennaio in città come Deraa nella Siria meridionale, dove la ribellione contro Assad è scoppiata per la prima volta nel 2011, e a Latakia sulla costa. I dipendenti della Direzione sanitaria di Deraa hanno esposto cartelli con la scritta «No ai licenziamenti arbitrari e ingiusti», mentre secondo un manifestante interpellato dalla Reuters «Se questa decisione verrà approvata, aumenterà la disoccupazione in tutta la società, una cosa che non possiamo permetterci».
Il nuovo governo di Damasco, in particolare il ministro dell’Economia, Hanan, è già corso ai ripari, affermando che la politica economica sarà pensata per gestire le ricadute delle rapide riforme di mercato. Il governo ha dichiarato di voler aumentare gli stipendi statali – che attualmente si attestano intorno ai 25 dollari al mese – del 400% a partire da febbraio e di voler attutire il colpo dei licenziamenti con una buonuscita. «L’obiettivo è bilanciare la crescita del settore privato con il sostegno ai più vulnerabili», ha affermato Hanan. Tuttavia, il malcontento si è già diffuso tra i lavoratori che temono il rischio di una disoccupazione su larga scala in un Paese con un tasso di povertà tra i più alti al mondo, dovuto anche alle sanzioni occidentali. Una preoccupazione che trova conferma da parte di alcuni esperti del settore come Maha Katta, specialista senior in risposta alle crisi per gli Stati arabi presso l’Organizzazione Internazionale del Lavoro, secondo la quale l’economia siriana non è attualmente in grado di creare sufficienti posti di lavoro nel settore privato. Secondo Katta ristrutturare il settore pubblico avrebbe senso solo dopo aver rilanciato l’economia: «Non sono sicura che questa sia davvero una decisione saggia», ha affermato.
Non stupisce che il nuovo governo siriano, salutato come “governo di liberazione” dal cosiddetto mondo libero, nonostante sia guidato da una figura inserita nella lista dei terroristi dagli Stati Uniti, stia mettendo in atto le riforme cardine del neoliberismo imposte dalle istituzioni finanziarie occidentali a tutte le nazioni indirettamente controllate da Washington. Si ripete così uno schema collaudato che negli anni Novanta ha portato al collasso dell’economia dell’ex Unione Sovietica, grazie agli interventi del Fondo Monetario Internazionale (FMI) basati proprio sulle privatizzazioni e la deregolamentazione dei mercati, e ancora prima al crollo di quella cilena, dopo il golpe del 1973 orchestrato dagli USA. Un modus operandi che si ripete, nonostante le conseguenze nefaste che si sono registrate ovunque sia stato applicato, e che non prospetta nulla di positivo soprattutto nel contesto della già decadente economia siriana.
[di Giorgia Audiello]
Torna a crescere lo spreco alimentare in Italia: nella spazzatura cibo per 8 miliardi
88,2 grammi di cibo al giorno: è questa la media dello spreco giornaliero di cibo di ciascun italiano nel 2025, in aumento rispetto agli anni passati. Una cifra irrisoria solo in apparenza, che si trasforma in oltre 600 grammi alla settimana. Moltiplicato per 60 milioni circa di cittadini, i numeri diventano impressionanti. Ancor di più se a queste si aggiungono gli sprechi dell’intera filiera alimentare, che raggiunge 4,513 milioni di tonnellate ogni anno. Insieme ad essi c’è poi la perdita economica: 130,71 euro pro capite ogni anno, o 14,1 miliardi di euro complessivamente, 8,42 miliardi provenienti solamente dalle nostre case.
I dati sono stati elaborati dall’Osservatorio Waste Watcher, che monitora lo spreco alimentare domestico e le abitudini di acquisto e fruizione del cibo. Il report Il caso Italia 2025 è stato diffuso in occasione della 12° Giornata Nazionale dello Spreco Alimentare, che ricorre il 5 febbraio. In cima alla “classifica” dei cibi più buttati nelle case degli italiani vi è la frutta fresca (24,3 grammi settimanali), seguita da pane (21,2 grammi), verdure (20,5 grammi), insalata (19,4 grammi), cipolle, aglio e tuberi (17,4 grammi) – questi ultimi, sottolinea l’Osservatorio, spesso confezionati in quantità che eccede notevolmente il bisogno di una singola famiglia. Oltre la metà (8,42 miliardi, il 58,55%) del costo dello spreco alimentare proviene dalle case, il 28,5% dalle fasi di commercializzazione del cibo. Paradossalmente, mentre aumentano i dati sullo spreco crescono anche quelli sull’impoverimento alimentare – ovvero l’impossibilità di accedere a cibo sano e sostenibile -, passato dal +10,27% del 2024 al +13,95% del 2025. A risentirne maggiormente sono le famiglie meridionali e straniere. Un terzo degli italiani ha comunque ammesso di non essere troppo preoccupato dal tema degli sprechi.
Come ricorda Andrea Segrè, fondatore della Giornata Nazionale di Prevenzione dello Spreco Alimentare e direttore scientifico dell’Osservatorio, sono già passati 10 anni da quando è stata adottata l’Agenda di Sostenibilità delle Nazioni Unite e ne mancano solamente cinque al 2030, data entro il quale è stato fissato il raggiungimento dell’obbiettivo di dimezzare gli sprechi alimentari – passando dai 737,4 grammi del 2015 ai 369,7. Ma se durante il periodo pandemico le buone pratiche adottate dagli italiani in termini di consumo degli alimenti avevano comportato un minore spreco, questa tendenza si è ora invertita. Per raggiungere l’obbiettivo fissato dalle Nazioni Unite sarebbe sufficiente tagliare 50 grammi di cibo buttato alla settimana da qui al 2029. Luca Falasconi, docente dell’Università di Bologna e coordinatore del rapporto, ritiene che si tratti di una sfida «ambiziosa», ma non impossibile. «Ogni piccola azione conta», ricorda: «cinquanta grammi di spreco in meno ogni settimana significa ¼ di mela in meno nel bidone ogni settimana, o ¼ di bicchiere di latte in meno gettato negli scarichi, o una rosetta di pane in meno nell’umido».
[di Valeria Casolaro]
Svezia, colpi di arma da fuoco in una scuola: 5 feriti
Cinque persone sono state ferite in un attacco in una scuola per adulti in Svezia. La notizia è riportata dai media svedesi, che segnalano che le condizioni delle persone coinvolte sono ancora ignote; secondo gli stessi media, l’attentatore si sarebbe sparato. La sparatoria è avvenuta a Örebro, circa 200 km a ovest di Stoccolma, presso la scuola per adulti Risbergska, situata in un campus che ospita anche scuole per bambini. Sono ancora in corso le indagini sull’accaduto, mentre gli abitanti sono stati invitati a rimanere in casa. Sul posto sono arrivati anche i servizi di soccorso e un’ambulanza.
Un software di spionaggio israeliano sorveglia giornalisti e attivisti nel mondo
Un centinaio di persone, tra giornalisti e attivisti della società civile, sarebbero stati spiati tramite lo spyware Graphite della società israeliana Paragon Solutions. Lo ha reso noto la stessa Meta, che ha riferito come l’attacco informatico sia stato perpetrato attraverso la sua app di messaggistica WhatsApp. L’azienda statunitense ha avvisato con un messaggio coloro che sarebbero stati presi di mira dall’azione di spionaggio: tra di loro rientra anche il direttore di Fanpage, Francesco Cancellato. Meta ha fatto sapere di stare indagando sull’accaduto e di aver inviato una lettera di protesta a Paragon Solutions – tuttavia le tecnologie di sorveglianza profotte dall’azienda sono vendute e utilizzate da decine di governi.
Secondo quanto riferito da Meta, l’interruzione della campagna di spionaggio è avvenuta con successo. Sarebbero circa un centinaio le persone spiate con la tecnologia spyware, tra giornalisti e attivisti della società civile. Non è dato tuttavia sapere con precisione chi sia stato spiato e dove, e neanche chi abbia ordinato tale attacco. Ciò che è certo è che lo spionaggio è durato fino a tutto il mese di dicembre. Le persone coinvolte sarebbero comunque cittadini di diversi Paesi europei. La tipologia di attacco è stata del genere “zero-click“, per cui lo spiato non deve necessariamente cliccare su un link compromesso ma basta che sia soggetto all’arrivo di un file contenente l’arma informatica. In questo specifico caso, si sarebbe trattato di un file pdf.
Tra gli oltre novanta giornalisti e attivisti bersaglio dello spyware dell’azienda israeliana Paragon Solutions, c’è anche il direttore di Fanpage, Francesco Cancellato. A confermare la faccenda è lo stesso Cancellato, il quale ha dichiarato: «abbiamo iniziato le analisi tecniche sul dispositivo necessarie per valutare l’effettiva portata di questo attacco, cosa effettivamente sia stato prelevato o spiato nel telefono e per quanto tempo. Ovviamente è nostro interesse sapere anche, se sarà possibile farlo, chi abbia ordinato questa attività di spionaggio».
Paragon Solutions è stata fondata nel 2019 dall’ex comandante dell’unità di intelligence d’élite 8200 dell’IDF, Ehud Schneorson, insieme a Idan Nurick, a Igor Bogudlov e a Liad Abraham. Nel cda della società figura anche l’ex primo ministro israeliano Barak Ehud. Nel dicembre scorso, l’azienda israeliana Paragon Solutions è stata acquistata per 900 milioni di dollari da AE Industrial Partners, società di private equity statunitense, un gruppo di investimento specializzato in servizi per la sicurezza nazionale, aerospaziali e industriali. Sempre nel dicembre 2024, WhatsApp ha vinto una causa contro la rivale di Paragon Solutions, ovvero NSO Group, altra azienda israeliana attiva nel settore dello spionaggio, per aver utilizzato il suo celebre software Pegasus per spiare circa 1.400 utenti, contravvenendo alle leggi federali e statali degli USA.
Questi eventi sottolineano la crescente minaccia degli spyware zero-click e l’importanza di proteggere le comunicazioni digitali. La sorveglianza non autorizzata rappresenta un rischio significativo per la privacy, la sicurezza delle persone e della stessa democrazia, visto che coloro che vengono presi di mira dallo spionaggio sono giornalisti e attivisti che raccontano scomode verità rispetto al sistema di potere o che non sono gradite al governo di turno.
[di Michele Manfrin]
Santorini, sciame sismico: 9mila persone lasciano l’isola
Circa 9mila persone hanno deciso di lasciare Santorini, nota isola delle Cicladi situata nel Mar Egeo, a causa dello sciame sismico che sta interessando l’area. In soli tre giorni, almeno 200 scosse di terremoto, di piccola o media entità, hanno infatti terrorizzato residenti, stagionali e turisti. Come riferito dal presidente dell’Associazione delle imprese di trasporto marittimo per passeggeri, Dionysis Theodoratos, oltre 6mila persone sono partite da domenica a bordo di traghetti. Su richiesta del ministero della Protezione civile ellenico, la compagnia di bandiera greca Aegean ha raddoppiato i voli regolari per Atene per la giornata di oggi, che da quattro sono diventati otto.
Il TAR del Piemonte ha annullato i fogli di via contro gli attivisti per l’ambiente
Continuano le assoluzioni per gli attivisti torinesi del movimento ambientalista Extinction Rebellion (XR). Con una sentenza del 18 gennaio 2025, resa nota ieri, lunedì 3 febbraio, il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte ha annullato i fogli di via per quattro attivisti che erano stati espulsi dalla città di Torino per aver esposto uno striscione in occasione dell’Aerospace and Defence Meeting del 2023. Quel giorno nove persone erano state portate in Questura, poi rilasciate con denunce per manifestazione non preavvisata, inosservanza di un ordine dell’autorità, invasione di terreni o edifici e violenza privata, tutte archiviate dalla procura di Torino nel gennaio dell’anno scorso. Secondo la sentenza, anche i fogli di via sono illegittimi e caratterizzati da un vero e proprio “eccesso di potere”, perché la protesta si è svolta in maniera pacifica, legittima e priva di minacce per l’ordine e la sicurezza pubblica.
Secondo la sentenza del tribunale, le persone colpite da foglio di via “non possono essere definite pericolose per l’ordine e la sicurezza pubblica poiché non sono dedite alla commissione di reati, non hanno precedenti condanne e i reati ipotizzati dalle forze dell’ordine sono stati archiviati dalla procura di Torino”. Per tale motivo, il giudice annulla i provvedimenti, evidenziando un “eccesso di potere per carenza di istruttoria, difetto di motivazione e illogicità della motivazione” da parte della Questura che ha deciso di procedere con l’emissione dei fogli di via. «Le motivazioni di questa sentenza sono l’ennesima conferma di una gestione repressiva del dissenso in questo Paese» scrive XR. «Dai trattenimenti prolungati in Questura fino alle continue denunce pretestuose alle misure di prevenzione illegittime: è evidente che denunciare le politiche di investimento in armi e guerra del governo, piuttosto che su clima e ambiente, è qualcosa che deve essere punito e messo a tacere».
I fatti riguardano una manifestazione avvenuta nel novembre 2023 in occasione dell’Aerospace and Defence Meeting. Quel giorno, cinque persone si erano calate dal tetto dell’Oval, reggendo un gigantesco striscione con la scritta: «Qui si finanzia la guerra e la crisi climatica», mentre altre due esponevano uno striscione più piccolo con su scritto «Stop war now». L’azione dimostrativa voleva contestare il costante aumento della spesa bellica italiana e l’impatto del settore sulla crisi climatica. Dopo l’azione, tutti e nove gli attivisti presenti erano stati portati in Questura, e contro i quattro non provenienti da Torino è stato emesso un foglio di via. Le varie accuse nei confronti degli attivisti sono state archiviate dalla procura nel gennaio 2024 per motivi analoghi a quelli esposti dal giudice del TAR. La procura, in particolare, sottolineava la natura pacifica della protesta e il diritto costituzionale al dissenso, disponendo la non sussistenza dei reati.
Non è la prima volta che la magistratura torinese scagiona gli attivisti di XR dalle accuse mosse dalla Questura. Già a gennaio, la procura di Torino ha archiviato decine di denunce contro attivisti del movimento accusati di reati di vario genere, come manifestazione non preavvisata, imbrattamento, invasione, violenza privata e detenzione abusiva di armi. Anche in quel caso, la pm ha sottolineato il diritto costituzionale e democratico al dissenso e contestato i presunti elementi probatori forniti dalla Questura.
[di Dario Lucisano]
Cisgiordania: 70 palestinesi uccisi in un mese, mentre i coloni assaltano una sede ONU
Sono più di 70 i palestinesi uccisi in Cisgiordania dall’inizio dell’anno, in quella che l’Autorità Nazionale Palestinese ha definito una «guerra totale» di Israele contro la popolazione locale, portata avanti per realizzare piani di «pulizia etnica». In particolare, secondo i dati forniti ieri, lunedì 3 febbraio, dall’ANP, Israele avrebbe ucciso 38 persone a Jenin, 15 a Tubas, 6 a Nablus, 5 a Tulkarem, 3 a Hebron, 2 a Betlemme e 1 nella Gerusalemme Est occupata; di questi, 10 erano bambini, 1 una donna e 2 anziani. Il numero di vittime viaggia in parallelo con i continui arresti, la distruzione delle abitazioni e i raid dell’esercito israeliano e dei coloni contro palestinesi, edifici e sedi umanitarie. Ieri stesso, a soli 3 giorni dalla chiusura delle attività ordinata da Israele, un gruppo di coloni ha preso d’assalto la sede dell’Agenzia delle Nazioni Unite per il Soccorso e l’Occupazione dei Rifugiati Palestinesi (UNRWA) nel quartiere di Gerusalemme Est di Sheikh Jarrah, issandovi bandiere israeliane ed esponendo striscioni all’interno dell’ufficio.
Dall’inizio della cosiddetta operazione “Muro di Ferro”, lanciata il 21 gennaio contro le brigate di Jenin, l’esercito israeliano ha condotto svariati attacchi nella medesima città cisgiordana, spesso affiancato dai coloni e, nelle operazioni di arresto, dalla stessa ANP. Elicotteri e droni dell’occupazione continuano a sorvolare la città, talvolta chiedendo ai residenti di evacuare i quartieri tramite altoparlanti. Due giorni fa, l’esercito ha demolito un intero blocco residenziale, causando diverse esplosioni che hanno danneggiato l’ospedale governativo di Jenin. Stando agli ultimi dati, oltre 150 case sono state completamente distrutte nel campo di Jenin e nei suoi dintorni, diverse strade e infrastrutture sono state danneggiate, quattro ospedali sono senza acqua, e la città si trova ad affrontare una grave crisi umanitaria a causa di un blocco dei rifornimenti: l’ANP riporta che il 50% di Jenin risulta senza acqua, cibo ed elettricità. Oltre 20.000 palestinesi sono stati sfollati con la forza da Jenin, e altri 15.000 dal campo e dal quartiere di Al-Hadaf.
Malgrado, secondo la linea ufficiale, “Muro di Ferro” sia stata lanciata contro le brigate di Jenin, a venire colpiti non sono solo persone e aree civili della stessa città, ma anche altre località cisgiordane. A Tulkarem, gli scontri e le aggressioni aumentano di giorno in giorno a causa di un assedio che stringe la città da una settimana; l’esercito prende di mira strade, abitazioni e infrastrutture, e ha circondato gli ospedali di Thabet e Israa; gli sfollati sono circa 6.000. Nel Governatorato di Tubas, solo ieri, i bulldozer militari hanno fatto irruzione nel mercato del campo di Al-Far’a, distruggendolo, mentre i soldati di fanteria hanno preso di mira le case dei civili. Secondo l’ufficio media governativo, l’esercito ha dispiegato per la prima volta in 25 anni veicoli corazzati pesanti durante i propri raid su Tammun. Il governatore ha dichiarato che le forze israeliane hanno evacuato 15 edifici e che a Tammun stanno impedendo l’entrata di medicinali. Analoghe operazioni, seppur per ora in scala più ridotta, vengono condotte a Nablus, Al-Khalil e Gerusalemme. L’agenzia di stampa statale palestinese Wafa ha condiviso un’immagine che ritrae l’assalto alla sede dell’UNRWA nella capitale palestinese.
Mentre l’assedio della Cisgiordania si fa ogni giorno più violento e distruttivo, sembrano essere in procinto di iniziare i colloqui per la seconda fase dell’accordo di cessate il fuoco a Gaza. Dopo un primo momento di incertezza, sia Hamas che Israele hanno infatti dichiarato di essere pronti a sedersi al tavolo per discutere della fine della guerra. In questo momento, Netanyahu si trova ancora negli Stati Uniti per incontrare Trump, in quello che risulta il primo ricevimento del tycoon da presidente eletto. Lo stesso Trump, riporta il Wall Street Journal, starebbe preparando un trasferimento di armi verso Israele dal valore di un miliardo di dollari. Le vendite previste includerebbero 4.700 bombe da 1.000 libbre, per un valore di oltre 700 milioni di dollari, e bulldozer corazzati costruiti da Caterpillar, per un valore di oltre 300 milioni di dollari.
[di Dario Lucisano]
Dazi USA: sospensione per Messico e Canada, la Cina risponde
Dopo l’annuncio che gli Stati Uniti avrebbero introdotto dazi contro i prodotti messicani e canadesi, i due Paesi americani hanno trovato un accordo con il presidente Trump per ritardare la loro entrata in vigore di un mese. Nei confronti della Cina, invece, non è stato previsto nessuno stop. Pechino stessa ha risposto imponendo tariffe aggiuntive su alcuni prodotti statunitensi a partire dal 10 febbraio. La Commissione per le tariffe doganali del Consiglio di Stato ha annunciato che verrà imposta una tariffa aggiuntiva del 15% su carbone e gas naturale liquefatto provenienti dagli Stati Uniti, mentre petrolio greggio, macchine agricole, automobili di grande cilindrata e camioncini saranno soggetti a una tariffa aggiuntiva del 10%.