Il Centro di Permanenza e Rimpatrio di Gradisca d’Isonzo (Gorizia), già più volte finito sotto la lente dei media e di organizzazioni internazionali per le violenze messe in atto sui migranti, sarebbe stato teatro di una nuova aggressione ai danni di un trattenuto. A seguito di una delle numerose rivolte, motivate dalle degradanti condizioni di detenzione al suo interno, un migrante disarmato e senza vestiti è infatti stato rincorso da numerosi poliziotti in tenuta antisommossa, che lo avrebbero violentemente picchiato. Il filmato che testimonia gli effetti del presunto pestaggio sul migrante, realizzato da un altro trattenuto, è stato diffuso dalla rete Mai più lager – No ai CPR, che sottolinea come non si tratti di un episodio isolato, ma di un caso particolarmente violento di quella che è «ordinaria violenza quotidiana» all’interno dei Centri.
Il cuore della denuncia è rappresentato da due video, risalenti allo scorso 5 giugno, filtrati dall’interno del CPR di Gradisca d’Isonzo che mostrano, in sequenza, un migrante in biancheria intima inseguito da agenti in tenuta antisommossa, strattonato e trascinato di peso in una stanza buia, e poco dopo disteso a terra, con il volto e il capo coperti di sangue. Nel primo filmato si distinguono chiaramente le grida – «No, no!» – mentre il fuggitivo è accerchiato; nel secondo, si vede il migrante steso a terra con la faccia insanguinata. Il silenzio è rotto dalla voce di un altro migrante, che riprendendo il volto dell’uomo aggredito dice «è tutto sangue». Il pavimento è sporco e in parte bagnato, gli ambienti cupi; nessun soccorso medico arriva sul luogo. Nell’inquadratura si intravede poi una persona che, quasi meccanicamente, gli solleva la testa. A commentare i filmati è la rete No CPR: «Riceviamo segnalazioni simili almeno una volta la settimana», denunciano gli attivisti, che hanno verificato l’autenticità dei video.
Nonostante tutto, la Questura di Gorizia nega tutto. In una nota scrive che la sera del 5 giugno sarebbe scoppiata una protesta con incendi appiccati nella cosiddetta “zona blu” e le forze dell’ordine sarebbero intervenute per ripristinare l’ordine e proteggere il personale dell’ente gestore. Il video in cui si vede l’uomo trascinato in una stanza, sostiene la Questura, sarebbe documentazione dell’accompagnamento nella sua camera, mentre la ferita sarebbe da addebitare a una «caduta accidentale» del migrante, «secondo quanto da lui riferito e registrato agli atti». Quest’ultimo, continua la Questura, sarebbe già stato «protagonista di episodi con dinamiche compatibili con atti autolesionistici a fini strumentali». Una ricostruzione che appare assai inconciliabile con quanto mostrato nei due filmati, oltre che in un’immagine che mostra la schiena del trattenuto piena di lividi. E peraltro non supportata, momento, da elementi concreti che la corroborino. A reagire contro la nota della polizia sono gli stessi membri della rete No CPR: «La questura diffonde una nota per contestare che si sia trattato di un pestaggio e affermare che è stato solo autolesionismo… non manca di minacciare iniziative contro chi ha parlato di pestaggio: una replica che tradisce profonda difficoltà ed imbarazzo davanti ad un’evidenza inequivocabile della violenza quotidiana dei CPR, che ogni tanto riesce ad emergere».
Le tensioni esplodono in un contesto già segnato da protesta continua: cibo scarso e di pessima qualità, acqua razionata a non più di due bottiglie da mezzo litro al giorno, totale assenza di prodotti per l’igiene, locali degradati. A queste carenze si aggiunge una sospetta epidemia di scabbia: molti trattenuti mostrano pustole pruriginose e macchie cutanee. «Ho avuto modo di esaminarne personalmente alcune e da infettivologo posso dire che c’è il forte rischio che si tratti di scabbia», conferma il dottor Nicola Cocco della Società Italiana di Medicina delle Migrazioni. In molti casi, l’unico rimedio somministrato è stato «un semplice antistaminico», del tutto inefficace contro il parassita. Il CPR, gestito dalla cooperativa Ekene – nata da Edeco, coinvolta in diverse inchieste – è stato più volte al centro di scandali per maltrattamenti, appalti e decessi sospetti. Nonostante questo, continua ad aggiudicarsi la gestione di centri in tutta Italia.
Il Comitato Europeo per la Prevenzione della Tortura (CPT) – organo del Consiglio d’Europa – ha denunciato negli scorsi mesi gravi violazioni dei diritti umani nei Centri di Permanenza per il Rimpatrio italiani, tra cui anche quello di Gradisca d’Isonzo: maltrattamenti fisici, somministrazione nascosta di psicofarmaci, assenza di assistenza sanitaria e condizioni igieniche vergognose. Lo stesso sistema di supervisione delle forze dell’ordine, riporta il CPT, dovrebbe essere rivisto. Nei CPR vengono infatti inviati a rotazione gruppi antisommossa e d’intervento, mentre sarebbero necessarie figure professionali appositamente preparate e in grado di riconoscere i sintomi di possibili reazioni da stress. Ai migranti non vengono nemmeno garantiti diritti basilari come l’accesso a un avvocato, le informazioni sui propri diritti e la notifica del loro trattenimento a terzi. In un tale contesto di estrema criticità, spesso le società non rispettano i capitolati d’appalto e gestiscono le strutture in modo non trasparente, mentre sono numerose le indagini penali aperte contro i gestori dei centri.