giovedì 12 Dicembre 2024

Impact: la app progettata per “plasmare la realtà” sui social media

La consapevolezza che entità dotate di risorse economiche o umane possano inquinare il “discorso pubblico” della Rete è stata per anni al centro di vivaci dibattiti. In molti casi, si parla di manipolazione algoritmica dei social, un timore che viene perlopiù fomentato in favore di propagande politiche, ma che è radicato in fatti storici ben documentati. Anche nei casi comprovati, tuttavia, le parti coinvolte hanno sempre cercato di mantenere un profilo basso, di non farsi notare e di negare ogni malefatta. Ora le cose stanno cambiando. Dagli Stati Uniti sta emergendo Impact, un’app commerciale che si autopromuove come il prodotto definitivo con cui “plasmare la realtà”.

Il programma in questione è ancora a uno stadio infantile, esiste a malapena, tuttavia la testata 404 Media è riuscita a consultare un documento di testo e un video dimostrativo destinati a coloro che desiderano collaudarne le potenzialità. Nella sua presentazione ufficiale, Impact si disegna come “un’infrastruttura alimentata dall’IA attraverso cui plasmare e gestire le narrazioni nel mondo moderno”. Si tratta di un processo pensato in chiave cooperativa che coinvolgerebbe “masse di ‘brave persone’” pronte a vestire i panni di “volontari pompieri per il mondo digitale”. “Combattere i fuochi vivi, debellare gli incendi boschivi minori e addirittura compiere attività preventive (prebunking) per bloccare le fiamme prima che possano scaturire”, sostiene la demo.

I creatori del progetto, Sean Thielen e Dimitry Shapiro, sostengono di essere mossi da buoni intenti, di voler intervenire per controbilanciare tutti quegli abusi dell’informazione online che causano odio e xenofobia. “I ‘cattivi’ stanno imbastendo comportamenti coordinati inautentici.. Impact permette di organizzare comportamenti coordinati autentici”, spiegano nel comunicato. Ammesso e non concesso che le loro intenzioni siano genuine, è però facile notare che il concetto di “buoni” e “cattivi” sia necessariamente condizionato dalla visione che si ha del mondo e degli obiettivi politici che si perseguono. In tal senso, Impact offre un case study estremamente trasparente.

Il 19 luglio 2024, la commentatrice e influencer libanese Sarah Abdallah ha postato su X il video in cui la Corte internazionale di giustizia (ICJ) ha definito come illegali gli insediamenti israeliani in Palestina. Il contenuto non è accompagnato da commenti opinionistici, riporta in maniera lapidaria un parere consultivo di natura giuridica. Thielen ha però identificato proprio in quel post un bersaglio ideale per l’“iniziativa” Stop Anti-Semitism. L’uomo ha istruito gli utilizzatori dell’app a scrivere commenti che “forniscano un contesto aggiuntivo e mettano le cose in chiaro”. Nello specifico, Impact suggeriva di commentare il contenuto di Abdallah riportando che l’ICJ sia macchiato da pregressi antisemiti, che molte delle accuse mosse dalla Corte siano radicate nella disinformazione, che i giudici non si siano espressi esplicitamente contro Hamas e che la loro opinione non abbia comunque un valore effettivo per le politiche statunitensi e israeliane.

Questi “contesti aggiuntivi” dovrebbero gettare un “seme” in direzione di quelle “persone che sono state sottoposte a molta disinformazione online su Israele e sulla guerra, con il risultato che stanno diventando sempre più simpatizzanti nei confronti di Gaza”. Impact, insomma, propone di sfruttare quello stesso genere di atteggiamento che sostiene invece di voler contrastare. Di addestrare i “pompieri” a combatte il fuoco con il fuoco, intavolando dimensioni (anti)propagandistiche che siano allineate alla visione del mondo sviluppata da Thielen. “Non pensiamo che il coordinamento [dei gruppi di persone] sia in alcun modo una cosa cattiva”, sostiene Shapiro. “Pensiamo sia una cosa strepitosa, perché permette di ottenere risultati e se lo fai per fare del bene, per fare delle cose vere, non vedo dove sia il problema”.

La creazione di Impact solleva peraltro un dilemma tecnico-amministrativo non indifferente, complicando non poco il concetto di “autenticità” dei contenuti immessi sulla Rete. A oggi, è prassi comune considerare come falsi e manipolatori quei messaggi caricati da profili artefatti, da bot automatizzati che esistono solamente per trasmettere contenuti pregni di doppi fini e simulare interazioni sociali. L’app pensata da Thielen opererebbe però in maniera profondamente diversa: il fattore IA sarebbe impiegato solamente per coordinare persone vere e suggerire loro cosa diffondere online. Non solo questi contenuti sarebbero più ostici da identificare come messaggi politici prefabbricati, ma è addirittura opinabile che sia opportuno tacitarli. Applicare politiche di contrasto rischierebbe infatti di essere estremamente controproducente, intaccando l’esistenza stessa di qualsiasi forma di pensiero coordinato o attivismo politico che opera sul web. 

[di Walter Ferri]

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1 commento

  1. Questa faccenda ricorda molto il riduzionismo applicato alla gestione (controllo) dell’informazione. C’è qualcosa che va storto da qualche parte? La politca fa una legge e la teconologia un’App per raddrizzare la faccenda. Ovviamente senza risolvere il problema e così via. I social media sono delle chiaviche, ma la gente deve poter scrivere tutto (ma proprio tutto) quello che vuole senza censura alcuna. Il miglior antidoto per le stronzate è la capacità critica e analitica della mente, quando accarezzata dalla conoscenza. Naturalmente Sean e Dimitry sanno tutto questo (a meno che non siano così ingenui) ma fanno il loro lavoro. Tanto per fare un esempio, chi prenderebbe per buone le affermazioni del semita qualsiasi (il cui nome ricorda vagamante il letame) che sostiene di stare sterminando arabi innocenti per rendere più sicuro il mondo per tutti (anche per noi?) contestualizzandole nella storia dal 1948 (ma anche prima) fino a oggi, al genocidio di Gaza?

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