sabato 9 Novembre 2024

Oltre centomila persone hanno bloccato la Francia durante l’insediamento del nuovo governo

Dopo il tumulto politico-elettorale che ha scosso la Francia negli ultimi mesi e che ha portato alla nomina come primo ministro di Michel Barnier, esponente del partito “I Repubblicani” uscito sconfitto alle elezioni, oltre centomila persone hanno preso parte a manifestazioni e scioperi in tutta la Francia martedì primo ottobre. Lo stesso giorno in cui il neoeletto primo ministro francese ha pronunciato la sua dichiarazione politica all’Assemblea generale, annunciando consistenti tagli della spesa pubblica. Se secondo i dati del ministero dell’Interno, le manifestazioni in tutta la Francia sono state contenute con un totale di 95.000 partecipanti, il sindacato CGT ha dichiarato di aver contato 170.000 manifestanti in tutta la Francia, di cui 20.000 solo a Parigi.

I cittadini che hanno preso parte ai cortei proprio durante l’insediamento del nuovo governo hanno chiesto un miglioramento dei salari e dei servizi pubblici e l’abrogazione della riforma delle pensioni approvata lo scorso anno, su appello dei sindacati CGT, FSU e Solidaires. A Strasburgo, dove la manifestazione di protesta è iniziata nel pomeriggio, sono apparsi striscioni con la scritta “per i nostri salari, il nostro lavoro, le nostre condizioni di lavoro e di studio”. «Questa manifestazione serve a dimostrare al Primo Ministro che esistono questioni sociali, questioni relative alle pensioni, questioni relative ai servizi pubblici» ha detto Laurent Feisthauer, segretario generale della CGT del Basso Reno.

Tra le maggiori preoccupazioni dei dimostranti c’è quella inerente ai tagli alla spesa sociale, in particolare all’istruzione e alla sanità: «Sappiamo molto bene che la destra vorrà risparmiare e che ridurremo ulteriormente i mezzi dell’istruzione nazionale», ha affermato un’insegnante di scuola suoperiore che ha preso parte alle manifestazioni. Similmente, un assistente sociale in un ospedale di Seine-et-Marne ha detto con riferimento alle spese sanitarie che «Non sappiamo nemmeno cosa troveranno da tagliare. Non è rimasto niente». Inoltre, sono state bloccate anche alcune scuole superiori parigine. Un centinaio di studenti hanno marciato nel Quartiere Latino, con striscioni contro Barnier. Secondo alcuni osservatori, l’obiettivo dei sindacati era quello di esercitare pressione sul primo ministro, dopo che quest’ultimo aveva ricevuto le parti sociali la scorsa settimana. Barnier aveva dichiarato di voler restituire ai sindacati il controllo sulla garanzia contro la disoccupazione, contrariamente alle intenzioni del precedente governo Attal.

Le rimostranze sono andate in scena proprio mentre Barnier annunciava la necessità di nuovi tagli della spesa pubblica: il primo ministro francese, infatti, si è impegnato a ridurre il disavanzo pubblico  al 5% del Pil nel 2025, con una traiettoria che dovrebbe consentire di «tornare sotto il tetto del 3% nel 2029». «La prima cura per il debito è ridurre la spesa. Nel 2025, due terzi dello sforzo di ripresa deriveranno quindi dalla riduzione della spesa. Ridurre la spesa significa rinunciare al denaro magico, all’illusione che tutto sia gratis, alla tentazione di sovvenzionare tutto», ha dichiarato. Per indorare la pillola e fare presa soprattutto sull’elettorato di sinistra poi, il primo ministro ha annunciato una  patrimoniale per le grandi imprese e i grandi patrimoni, dicendo che sarà richiesta una «partecipazione al risanamento collettivo alle grandi imprese che realizzano profitti importanti» e «un contributo eccezionale» ai «francesi più fortunati», in nome della «richiesta di giustizia fiscale». Parallelamente, ha annunciato una rivalutazione del 2% del salario minimo a partire dal primo novembre e si è detto disponibile ad «aggiustamenti ragionevoli ed equi» alla tanto criticata riforma delle pensioni in vigore dallo scorso anno, senza però specificare una scadenza o un calendario per procedere nella direzione di una riforma.

Le ultime manifestazioni in Francia risultano, dunque, generate dal malcontento per le ormai consuete ricette economiche neoliberiste, che impongono tagli della spesa pubblica in nome dei conti pubblici in ordine, e dalla grave crisi della democrazia che si è creata Oltralpe: il vero vincitore delle elezioni, Jean-Luc Mélenchon, e il suo partito La France Insoumise, sono infatti stati estromessi dal governo insieme a Rassemblement National di Marine Le Pen che pure aveva ottenuto un ottimo risultato alle urne, con l’obiettivo di mantenere lo status quo della politica francese dominata dal “macronismo” e impedire la concretizzazione delle istanze socialiste, emerse dai risultati delle urne. Nonostante i risultati delle politiche economiche liberiste siano stati e continuino ad essere disastrosi ovunque applicati – si veda ad esempio il caso dell’Argetina ultraliberista di Milei – soprattutto i governi europei continuano a proporle come unica soluzione al presunto problema dei conti pubblici, generando però ulteriore povertà e malcontento sociale come mostrato dalle ultime manifestazioni francesi.

[di Giorgia Audiello]

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3 Commenti

  1. Probabilmente in questo momento storico è meglio che il lavoro “sporco” lo facciano coloro che hanno creato il disagio economico-sociale. Poiché il margine di manovra è minimo, al prossimo passo falso si scatenerà il furor di popolo. P.s. La Francia, non ha mai rispettato i parametri di Maastricht e non è mai stata sanzionata da Bruxelles, cosa invece “normale” nei confronti dell’ Italia, che dovrebbe sì rimanere in Europa ma con una moneta propria come la Danimarca.

  2. A volte mi verrebbe da dire che mi piacerebbe che gli Italiani sapessero aggregarsi nelle proteste per contrastare il neoliberalismo che pervade ancora di più l’Italia . la Francia svende molto meno o quasi per niente , anzi i suoi acquisti in Italia li ha già fatti , giusto per indicare quanto è unita l’Europa , che ha permesso alla Francia di continuare con il rapace neocolialismo in Africa e negli altri possedimenti sparsi tra Atlantico e Pacifico. Un’Europa che punisce e tollera a seconda dei voleri di Oltre oceano.Tollera che alcuni paesi continuino ad essere paradisi fiscali che impoveriscono altri stati europei, vedi Olanda e quante ditte Italiane ,anche a compartecipazione statale , hanno sede legale ma anche fiscale in quel paese, e non è il solo. Questa Europa ispira, se così si può dire , la disgregazione dello stato sociale nella maggior parte dei paesi. Ma punisce severamente chi, come l’Ungheria, non ci sta . Come abbiamo visto in Francia, ma anche alle elezioni europee , il voto popolare sembra non avere più alcun valore . Quindi resta solo la protesta di piazza organizzata come i Francesi sanno fare e gli Italiani no.

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