venerdì 13 Dicembre 2024

Germania, documenti rivelano cosa pensavano realmente le autorità di restrizioni e vaccini

Così come già accaduto in Italia e in Gran Bretagna, anche in Germania emergono documenti che svelano il contrasto tra quello che le autorità sanitarie realmente pensavano durante la fase pandemica e le politiche messe in campo per gestire l’emergenza. Grazie ad una causa giudiziaria avviata da un gruppo di giornalisti, il Robert Koch Institute (l’ente facente parte del ministero della Salute tedesco incaricato di consigliare i decisori politici durante la fase pandemica), ha dovuto rendere pubblici i propri verbali. Più di mille pagine di resoconti sono ora pubblici e riguardano le riunioni del comitato che si occupava dell’emergenza Covid. Utilità dei lockdown, reali benefici delle mascherine, vaccini e green pass: tutti temi affrontati nelle riunioni dell’Istituto e sui quali ora emerge come fossero fortissimi i dubbi delle autorità sanitarie, nonostante, anche in Germania come negli altri Paesi, si sia sostenuto pubblicamente che “la scienza” fosse unanime sul tema, al punto di tacciare di complottismo ogni esperto che osasse mettere in dubbio le politiche governative.

Multipolar, una rivista online, ha fatto causa al governo tedesco nel maggio 2021, in base al Freedom of Information Act, chiedendo che venissero resi pubblici i verbali, intercorsi tra gennaio 2020 ad aprile 2021, della squadra di crisi, “Corona”, istituita presso il Robert Koch Institute (RKI), agenzia del governo federale tedesco e istituto di ricerca biomedica. I documenti pubblicati la scorsa settimana erano in realtà già stati consegnati nell’aprile 2023, ma la testata voleva attendere l’inizio del processo prima di rendere pubblico il materiale ottenuto fino al momento. Nel gennaio di quest’anno è stato deciso che la prima udienza si terrà il prossimo 6 maggio, nel frattempo Multipolar ha deciso di rendere comunque pubblici i documenti fin qui ottenuti, pieni zeppi di omissis.

Dai documenti pubblicati, proprio come accaduto in Italia e Gran Bretagna, si evince chiaramente come le autorità scientifiche fossero al servizio della politica, benché vi fossero in realtà pareri tutt’altro che uniformi e convinti sulle politiche restrittive. Anzitutto, in riferimento alla valutazione del rischio, passato da “medio” ad “alto” il 17 marzo 2020, si capisce chiaramente che il RKI non fosse indipendente nel suo operato. Infatti, dai documenti emerge che l’Istituto aspettava l’«ok» da parte di una persona, resa irriconoscibile nei documenti, apparentemente esterna all’Istituto. Inoltre non è chiaro se la conferma del personaggio misterioso doveva essere riguardo alla pubblicazione della relazione o se fosse sulla relazione in sé. Multipolar fa notare che se l’approvazione richiesta fosse stata solo sulla pubblicazione, dovrebbero esserci documenti riguardanti la stesura della relazione stessa all’interno dell’Istituto. La testata dice che sono gli stessi legali dell’RKI a far capire che non vi è stata nessuna riunione per la redazione della relazione sulla valutazione del rischio. Una lettera datata settembre 2023 al Tribunale amministrativo di Berlino, lo studio legale Raue, che rappresenta la RKI nel procedimento avviato da Multipolar, lo nega categoricamente anche per conto del suo cliente: «A seguito del completamento di tale riesame, resta il fatto che non vi sono altri documenti relativi alla modifica della valutazione del rischio da “moderata” ad “elevata” il 17 marzo 2020».

Per quanto riguarda l’istituzione del lockdown, l’RKI criticava la misura in quanto avrebbe portato più danno della stessa pandemia, specie tra i bambini. In un verbale di una riunione tenutasi nell’ottobre 2020, l’Istituto ha osservato che non c’erano “prove” che suggerissero che le mascherine mediche FFP2 fossero utili al di fuori delle strutture sanitarie. «Una comunicazione attiva avrebbe senso per chiarire perché l’RKI non raccomanda questa misura», osserva il verbale, dichiarando di voler rendere pubbliche queste preoccupazioni. Tuttavia, l’agenzia sanitaria non ha mai informato il pubblico di queste preoccupazioni. Tre mesi dopo, quando la Baviera è diventata il primo stato tedesco a rendere obbligatorie le mascherine FFP2 negli spazi pubblici, l’RKI ha dichiarato che «non commenta le decisioni prese da altre autorità governative». In un verbale del gennaio 2021 l’RKI ha espresso preoccupazione per il vaccino AstraZeneca prodotto in Gran Bretagna, descrivendolo come «non perfetto», proprio come gli altri vaccini , dicendo che «il suo uso dovrebbe essere discusso».

Per finire il green pass, che in Germania era legato alla così detta regola “3G”, per cui per entrare in un locale pubblico occorreva essere vaccinato, guarito o aver effettuato un tampone con esito negativo. Anche in questo caso si ha un contrasto tra i verbali dell’Istituto e i dispositivi politici applicati. Il 5 marzo 2021, una riunione dell’unità di crisi discute se l’RKI debba mantenere la sua precedente posizione di applicare le stesse restrizioni a tutti, senza concedere privilegi particolari a coloro che fossero vaccinati o guariti dall’infezione. La conclusione del team di crisi, in quell’occasione, era che le eccezioni non fossero «tecnicamente giustificabili». In altre parole, non era scientificamente giustificabile la discriminazione tra coloro che si erano vaccinati o avevano superato l’infezione rispetto a coloro che non lo avevano fatto. Perché infatti, a dispetto di quanto detto da Draghi, e per cui ancora nessuno ha chiesto conto, chi era vaccinato o guarito non aveva la garanzia di non essere infetto e, dunque, di non poter infettare. Tuttavia, alla metà di settembre del 2021, il governo adottò la regola “3G”, dividendo la popolazione in cittadini di serie A e in cittadini di serie B.

Stessa storia di quanto avvenuto in Italia con Roberto Speranza e il CTS (Comitato Tecnico Scientifico) e proprio come avvenuto in Gran Bretagna con lo scandalo “The lockdown files”: la politica ha utilizzato le autorità scientifiche presuntamente indipendenti, spacciando il loro parere politicamente orientato come il verbo della “scienza”. Il tutto al fine di giustificare decisioni politiche contrarie agli stessi organi scientifici preposti e/o creati per consigliare la politica nell’affrontare l’emergenza in corso.

[di Michele Manfrin]

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