sabato 27 Aprile 2024

È stato osservato un campo magnetico distorto attorno al buco nero centrale della Via Lattea

Sagittarius A*, il buco nero super massiccio situato al centro della nostra galassia, è stato osservato per la prima volta in immagini a luce polarizzata, le quali hanno rivelato un campo magnetico «contorto» e «straordinariamente simile» a quello di M87*: il primo buco nero in assoluto ad essere fotografato. La scoperta è avvenuta grazie alla collaborazione internazionale Event Horizon Telescope (EHT), che coinvolge oltre 300 ricercatori tra cui molti italiani dell’Istituto Nazionale di Astrofisica e dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare. Gli scienziati hanno ottenuto le nuove immagini collegando fra loro otto telescopi in modo da ottenerne uno virtuale delle dimensioni della Terra e hanno spiegato che gli scatti suggeriscono che i processi all’interno dei buchi neri potrebbero essere universali nonostante le differenze di massa, dimensione e ambiente circostante. I risultati della ricerca sono stati inseriti in ben due studi sottoposti a revisione paritaria e pubblicati sulla rivista scientifica The Astrophysical Journal Letters.

Le immagini di M87* e Sagittarius A* (Sgr A*) in luce polarizzata. Credit: EHT Collaboration

Per realizzare la scoperta, si è rivelata decisiva la scelta di sfruttare le osservazioni basate sulla luce polarizzata: un’onda elettromagnetica che oscilla con un determinato orientamento che, nel caso dei buchi neri, è formato dalle linee di campo magnetico attorno all’orizzonte degli eventi. «Acquisendo immagini della luce polarizzata del gas caldo e luminoso in prossimità dei buchi neri, stiamo direttamente deducendo la struttura e la forza dei campi magnetici che guidano il flusso di gas e materia di cui il buco nero si nutre ed espelle. La luce polarizzata ci insegna molto di più riguardo all’astrofisica, alle proprietà del gas e ai meccanismi che avvengono mentre il buco nero si alimenta», ha spiegato Angelo Ricarte, co-leader del progetto e ricercatore post-dottorato della Harvard Black Hole Initiative. Tuttavia, come spiegato dal ricercatore e coautore Geoffrey Bower, fotografare Sagittarius A* (Sgr A*) è risultato tutt’altro che semplice: «Poiché Sgr A* si muove mentre proviamo a fotografarlo, è stato difficile costruire anche l’immagine non polarizzata. Siamo stati sollevati dal fatto che l’imaging polarizzato fosse addirittura possibile. Alcuni modelli erano troppo confusi e turbolenti per costruire un’immagine polarizzata, ma la Natura non è così crudele».

Confronto tra le dimensioni di M87* e Sagittarius A*. Credit: EHT Collaboration

D’altra parte, sembrerebbe che ne sia valsa la pena di spendere tutto questo tempo per aspettare la posa perfetta e per collegare tra loro ben otto telescopi diversi in tutto il mondo: «Il fatto che la struttura del campo magnetico di M87* sia così simile a quella di Sagittarius A* è significativo perché suggerisce che i processi fisici che governano il modo in cui un buco nero alimenta e lancia getti potrebbero essere universali tra i buchi neri supermassicci, nonostante le differenze di massa, dimensione e ambiente circostante. Una delle somiglianze tra questi due buchi neri potrebbe essere un getto, ma mentre ne abbiamo immaginato uno molto evidente in M87*, non ne abbiamo ancora trovato uno in Sgr A*», ha dichiarato Mariafelicia De Laurentis, vice scienziata di progetto dell’EHT e professoressa all’Università di Napoli Federico II. Tuttavia, altri ricercatori hanno assicurato che ulteriori osservazioni potrebbero fornire in futuro le informazioni necessarie ad inserire il “tassello mancante”: «Una cosa di cui siamo davvero entusiasti è la previsione di un jet potente. Man mano che la nostra strumentazione migliorerà nei prossimi anni, se esiste, dovremmo essere in grado di ricavarlo dai dati», ha concluso Ricarte.

Una nuova osservazione del buco nero al centro della Via Lattea è prevista per aprile di quest’anno: incorporerà maggiore larghezza di banda e migliori frequenze di osservazione che potrebbero rivelare il getto nascosto e consentire agli astronomi di osservare un denominatore comune tra buchi neri significativamente diversi.

[di Roberto Demaio]

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