sabato 27 Aprile 2024

Il report sulla spesa militare mostra le mosse degli Stati sullo scacchiere geopolitico

Il turbolento quadro geopolitico che caratterizza gli equilibri internazionali ha portato negli ultimi anni ad un aumento dell’import-export di armi a livello globale con gli Stati Uniti che guidano la classifica dei principali esportatori del pianeta seguiti dalla Francia, che per la prima volta ha quasi superato la Russia – che si colloca al terzo posto – nella vendita di armi. Mentre l’economia della Federazione russa è in crescita, Mosca ha ridotto l’esportazione di armi del 31% rispetto agli ultimi anni e del 55% rispetto al quadriennio 2014-2018, a causa della grande necessità di materiale bellico per la guerra in Ucraina. È quanto emerge dal quadro tratteggiato dall’Istituto di ricerca internazionale per la pace di Stoccolma (Sipri) che indica anche come i Paesi europei abbiano raddoppiato le loro importazioni di armi, raggiungendo un +94% nel periodo compreso tra il 2019-2023 rispetto al 2014-2018. Più della metà delle armi (il 55%) importate dalle nazioni del Vecchio continente provengono dagli Stati Uniti che hanno così aumentato i loro introiti passando dal 34% delle vendite complessive di armi tra il 2014 e il 2018 al 42% nel quadriennio successivo. Il dato più rilevante, oltre all’aumento delle importazioni di armi europee, è che, a fronte di un incremento del processo di de-dollarizzazione, gli USA hanno rafforzato il loro ruolo globale come fornitori di armi, esportando più armamenti verso un numero crescente di Paesi di quanto abbiano mai fatto in precedenza: un modo per continuare ad esercitare il loro potere d’influenza mentre il dollaro perde lentamente terreno. Complessivamente, i trasferimenti di armi a livello globale indicano anche le mosse degli Stati sulla scena internazionale in relazione alle crisi e alle tensioni presenti nei principali teatri dello scacchiere geopolitico.

Il primo esportatore mondiale: gli Stati Uniti

La vendita di armi degli Stati Uniti è cresciuta del 17% nel quadriennio 2019-2023 rispetto a quello precedente, mentre a livello globale la quota del suo export di armi è aumentata dal 34% al 42% nel medesimo periodo. Il principale destinatario di armi statunitense sono i Paesi del Medio Oriente a cui gli USA destinano il 38% delle loro esportazioni totali: i quattro principali Stati della regione che ricevono armi dagli Stati Uniti sono Arabia Saudita (15%), Qatar (8,2%), Kuwait (4,5%) e Israele (3,6%). Questi quattro Paesi rientrano anche nella classifica dei dieci maggiori destinatari al mondo di armi statunitensi nel 2019-23. Sebbene la dipendenza di armi di questo quadrante dagli Stati Uniti sia ancora forte, essa è diminuita dal 50% del periodo 2014-2018 al 38% dell’ultimo quadriennio, in concomitanza con l’ingresso dell’Arabia Saudita e degli Emirati Arabi nei BRICS, segno che alcuni Paesi della regione si stanno progressivamente smarcando dagli aiuti bellici americani e dalla sfera d’influenza di Washington. Subito dopo il Medio Oriente, il secondo destinatario di armi americane sono Asia e Oceania a cui va il 31% dell’export totale statunitense. Nella regione, tre Stati risultano tra i principali 10 importatori di armi USA: il Giappone riceve il 9,5% delle esportazioni complessive di armi americane, seguito dall’Australia (7,1%) e dalla Corea del Sud (5,3%). Rispetto al precedente, nel quadriennio 2019-2023 c’è stato un aumento delle esportazioni verso il Giappone (+161%), Corea del Sud (+35%) e Australia (9,2%), guidato dalla crescente percezione della “minaccia cinese”. Al terzo posto come principale destinatario delle armi USA si trovano i Paesi europei a cui nel 2019-2023 sono andate il 28% delle esportazioni di armi statunitensi. Rispetto al periodo 2014-2018 l’export di armi nella regione è aumentato quasi del 200%, trainato dalla guerra in Ucraina. Proprio Kiev ha ricevuto il 17% delle esportazioni totali statunitensi in Europa. L’aumento di esportazioni di armi in Europa è legato anche alla crisi ucraina e l’UE ha deciso di incrementare la produzione bellica interna proprio per fare meno affidamento sulle importazioni dagli Stati Uniti.

I principali esportatori europei: Francia, Germania e Italia

L’Europa è responsabile di un terzo delle esportazioni globali, guidata dalla Francia che ha quasi superato la Russia in vendita d’armi diventando il secondo Paese esportatore a livello globale: le esportazioni francesi rappresentano l’11% delle esportazioni complessive mondiali e sono aumentate del 47% nel periodo 2019-2023 rispetto al 2014-2018. L’India è il più grande cliente di Parigi: riceve, infatti, il 29% delle esportazioni totali francesi, seguita da Qatar (17%) ed Egitto (6,4%). Geograficamente, la gran parte delle armi francesi vanno ad Asia e Oceania (42%) e al Medio Oriente (34%). La sua vendita di armi ai Paesi europei, invece, è pari solo al 9,1% delle esportazioni totali, sebbene Parigi abbia cercato di incrementare il suo export nel Vecchio Continente.

Gli altri principali esportatori europei risultano Germania e Italia, che coprono rispettivamente il 5,6% e il 4,3% della quota globale del mercato. Tuttavia, mentre Berlino ha subito un calo del 14% tra i periodi 2014-2018 e 2019-2023, Roma ha registrato un vero e proprio boom di esportazioni con un aumento – tra i due periodi – dell’86%. La maggior parte delle esportazioni italiane sono state dirette verso il Medio Oriente, in particolare verso Qatar (27%), Egitto (21%) e Kuwait (13%). L’Italia è il terzo contributore anche della Norvegia, del Brasile e della stessa Francia, che acquista dalla penisola il 18% delle sue armi. A sua volta, il principale fornitore di armi del Belpaese sono gli Stati Uniti da cui Roma compra il 95% delle armi.

Altri grandi esportatori: Russia e Cina

Ai primi dieci posti della classifica globale di export di armi ci sono Stati Uniti, Francia, Russia, Cina, Germania, Italia, Regno Unito, Spagna, Israele e Nord Corea.

Tra i periodi 2014-2018 e 2019-2023, l’export di armi russe è crollato del 53% e Mosca copre ora l’11% della quota globale di esportazioni del mercato: Asia e Oceania ricevono il 68% dell’export complessivo di armi russe, mentre Medio Oriente e Africa ricevono rispettivamente il 13% e il 10%. Poco meno dei due terzi delle esportazioni russe sono andate all’India (34%), alla Cina (21%) e all’Egitto (7,5%). Le esportazioni verso l’India sono, tuttavia, crollate del 34% tra i due periodi presi in considerazione, quelle verso la Cina sono diminuite del 39% e verso l’Egitto del 54%.

La Cina, invece, copre il 5,8% del mercato globale di esportazione di armi: tra i due periodi sopra menzionati, la sua vendita d’armi è diminuita del 5,3%. Il grosso delle armi cinesi esportate (l’85%) vanno in Asia e Oceania, seguite dagli Stati africani (9,9%). Più della metà delle sue esportazioni (il 61%) va ad un solo Paese: il Pakistan.

I principali Paesi importatori

I primi cinque Paesi importatori di armi al mondo sono India, Arabia Saudita, Qatar, Ucraina e Pakistan. A livello geografico, i Paesi di Asia e Oceania rappresentano il 37% di tutte le importazioni totali nel periodo 2019-2023, seguiti da Medio Oriente (30%), Europa (21%), Americhe (5,7%) e Africa (4,3%). Sebbene l’import delle nazioni asiatiche sia diminuito del 12% rispetto al periodo 2014-2018, rimane la regione con il più alto volume di importazioni, tanto che sei delle prime dieci nazioni importatrici a livello globale sono nazioni asiatiche o dell’Oceania: India, Pakistan, Giappone, Australia, Corea del Sud e Cina. La riduzione complessiva delle importazioni nel continente dipende in larga parte dalla Cina che le ha diminuite del 44%, sostituendo gli acquisti di armi dalla Russia con sistemi prodotti localmente. Sono aumentate, invece, le importazioni del Giappone (+155%) e della Corea del Sud (+6,5%): «Non c’è dubbio che gli elevati livelli sostenuti di importazioni di armi da parte del Giappone e di altri alleati e partner degli Stati Uniti in Asia e Oceania siano in gran parte guidati da un fattore chiave: la preoccupazione per le ambizioni della Cina», ha affermato Siemon Wezeman, ricercatore senior presso il SIPRI Arms Transfers Programma. Non a caso gli Stati Uniti, rivali di Pechino, sono i principali fornitori di armi nel continente con una quota pari al 34% delle importazioni totali, seguiti da Russia (19%) e Cina (13%). A guidare la quota di acquisti d’armamenti nel continente però è l’India a causa delle tensioni con Pakistan e Cina: le sue importazioni sono aumentate del 4,7% nel periodo 2019-2023, arrivando a coprire il 9,8% della quota globale del mercato delle importazioni. La Russia rimane il suo principale fornitore, sebbene Nuova Dehli abbia ristretto la sua quota di importazioni di armi da Mosca dal 58% del periodo 2014-2018 al 36% nel 2019-23. L’India si è quindi rivolta a Francia e Stati Uniti, aumentando anche la sua produzione interna.

Si registra una riduzione nell’acquisto di armi per quanto riguarda l’Africa e le Americhe: in Africa gli acquisti di armi sono scesi del 52% nel 2019-23 rispetto al periodo 2014-18, perché i due principali importatori del continente – Algeria e Marocco – hanno diminuito i loro acquisti rispettivamente del 77% e del 46%. I principali fornitori della regione sono la Russia (24%), gli Stati Uniti (16%), la Cina (13%) e la Francia (10%). Nelle Americhe, invece, le importazioni sono scese del 7,2% tra i due periodi presi in considerazione: Stati Uniti, Brasile e Canada risultano i tre principali importatori con rispettivamente il 50%, il 15% e l’11% delle importazioni regionali. Nel Sudamerica, invece, la spesa per le armi è diminuita del 19%.

Le importazioni dell’Europa

Secondo il Sipri, le importazioni di armi da parte degli Stati europei sono aumentate del 94% nel 2019-23 rispetto al 2014-18, chiaro segno del fatto che il Vecchio continente ha cominciato a riarmarsi e a spendere di più per la difesa proprio su incoraggiamento di Washington, che risulta anche il principale beneficiario economico degli acquisti di armi da parte delle nazioni europee. L’Ucraina risulta il più grande importatore e il quarto a livello mondiale ricevendo il 23% delle importazioni d’armi nella regione, seguita dal Regno Unito (11%) e dai Paesi Bassi (9%). Seguono poi Polonia (1,6%), Italia (0,9%) e Grecia (0,9%). Il 55% delle armi importate tra il 2018 e il 2023 proviene dagli USA, a fronte del 35% del periodo 2014-18. Gli altri grandi fornitori del continente sono Germania e Francia che coprono rispettivamente il 6,4 e il 4,6% delle importazioni europee.

Geopolitica delle armi

La “mappa” delle esportazioni e importazioni di armi a livello internazionale ricalca le principali tensioni presenti sullo scenario geopolitico e i rapporti di forza tra gli Stati: i principali Paesi esportatori, infatti, esercitano il cosiddetto “soft power” su quelli importatori determinando una sorta di influenza su questi ultimi. Il grande flusso di armi in Asia e Oceania attesta le crescenti tensioni nell’Indo-Pacifico per via della questione di Taiwan e dell’ostilità degli “alleati” americani nell’area nei confronti della Cina. In Europa, la massiccia crescita delle importazioni si accompagna alla crisi ucraina, destinata con ogni probabilità a non finire nel giro del breve periodo, in quanto l’Europa si prepara non solo a sostenere Kiev – orami a corto di uomini e mezzi e con un esercito sfiancato – ma anche a un eventuale confronto diretto con la Russia, da cui la decisione di investire su un’industria della difesa comune europea. In Africa, invece, i principali fornitori di armamenti sono le stesse superpotenze che si contendono il potere d’influenza nel continente: non a caso, la Russia – il cui aiuto e la cui presenza (anche militare) sono ampiamente richieste soprattutto nel Sahel – si colloca al primo posto, seguita da altri attori di primo piano, quali Stati Uniti, Cina e Francia. Anche in Medio Oriente è ancora evidente il potere sulla sicurezza detenuto da Washington, sebbene in calo. Il fatto che gli Stati Uniti si collochino al vertice della piramide delle esportazioni globali conferma la centralità in America dell’industria bellica, che dirige e influenza la sua politica estera che è fondamentalmente una “politica del caos”, ossia tesa a creare divisioni e tensioni tra gli Stati di tutto il mondo non solo per poterli dominare, ma anche per poter stampare denaro e far fluire quello proveniente dalle tasse verso il complesso industriale militare statunitense che rappresenta uno dei grandi poteri degli Stati Uniti d’America.

[di Giorgia Audiello]

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3 Commenti

  1. “Creare” guerre, fomentare disordini, destabilizzare sono la specialità degli USA già dalla fine del secondo conflitto mondiale :è la loro strategia per alimentare la potente industria delle armi e imporre la loro egemonia. Le crescenti richieste di adesione ai Brics attestano, però, la volontà di smarcarsi da questa politica. Per quanto riguarda il nostro Paese, politici mediocri e servili hanno rinunciato da tempo a qualsiasi azione a difesa della cultura e dei valori alla base della nostra splendida Costituzione, tradendo reiteratamente l’articolo 11.

    • Concordo pienamente: con una scusa o l’ altra, insieme a non ben dichiarate minacce gli USA sono riusciti a trascinare dentro quell’ unione europea che aveva nelle sue basi fondamentali quella di promuovere la pace ed il dialogo…poi che nessuno abbia avuto il coraggio, a parte l’ Ungheria, di imporre quello che il Papa propone da tempo è ancora più triste!

  2. Trovo questo articolo molto interessante per gli spunti di riflessione che dà. Manca a mio avviso un passaggio finale ma molto importante: chi sono i principali azionisti di queste principali grossissime aziende del comparto bellico, soprattutto anglo americane? I soliti 3/4 fondi cosiddetti sovrani. Chiaramente statunitensi (Blackrock, Vanguard, State Street ecc ecc). Cioè i veri proprietari detentori del potere occidentale, ben sopra, nell’ideale organigramma del potere, ai governi per esempio. Questo collegamento che manca nell’articolo esprime la vera rivoluzione copernicana iniziata negli anni 80 e che ha purtroppo asfaltato in questi ultimi 3 decenni ogni pensiero diverso, ogni ideale, ogni visione diverso dal turbo liberismo risultato quindi vincitore. Infine, con la partecipazione io credo criminalmente consapevole, del cosiddetto progressismo planetario e centro sinistrismo italiano.

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