Quasi 20 mila persone espulse dalle autorità algerine verso il deserto del Niger in poco più di sei mesi. Questo il nuovo record dichiarato da Alarm Phone Sahara, il collettivo che aiuta i migranti in una delle rotte migratorie più pericolose del mondo, dove migliaia di persone subsahariane ogni anno vengono ributtate da tutta l’Algeria. Le deportazioni in soli sei mesi sono raddoppiate rispetto al 2022. Per Azizou Chehou, coordinatore di Allarme Phone Sahara, contattato da InfoMigrants, la cifra è «spaventosa». “Questo aumento è molto grave e fa parte di una tendenza alla crescente persecuzione [dei migranti di colore] in tutti i Paesi del Maghreb”, ha dichiarato l’organizzazione sul suo account Twitter.
Nel deserto ci sono 47 gradi in questi giorni. Senza acqua, né cibo, senza indicazioni sul dove andare, le speranze di sopravvivenza sono basse per molte delle persone che si ritrovano abbandonate in mezzo al nulla dalla polizia algerina, spesso dopo essere state derubate dei loro averi. Sono migliaia i migranti che vengono rastrellati dalle strade e dalle case di tutta l’Algeria, o presi dopo essere stati ricondotti alla frontiera algerina dagli Stati confinanti. Messi su pullman e camion, vengono portati al sud del Paese e abbandonati, solitamente al calar della notte, al “punto Zero”, il luogo che segna il confine tra Algeria e Niger, nel mezzo del deserto del Sahara.
Siamo a Tamarasset, a 1900 chilometri da Algeri. Sono 15 i chilometri da percorrere nel nulla prima di raggiungere Assamaka, il villaggio più vicino in Niger. Moltissimi coloro che si perdono e di cui non si sa più nulla. Chi riesce ad arrivare, spesso stremato dalla fame e dalla sete, trova ad accoglierlo ad Assamaka il centro di transito dell’OIM (l’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni), l’agenzia delle Nazioni Unite che assiste il ritorno volontario dei migranti nei loro Paesi d’origine. Un eterno gioco dell’oca. Chi dopo lunghi viaggi era arrivato in Algeria, o per fermarsi o per continuare il suo percorso, viene riportato indietro di varie caselle e obbligato ad affrontare un’altra tappa pericolosa, che in molti avevano già scampato: il deserto. L’unica possibilità per chi sopravvive sembra tornare indietro al punto iniziale: chiedere all’OIM il rimpatrio assistito e ritornare nel proprio Paese. Critico il ruolo dell’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni, che sembra proprio funzionale alla volontà europea di sfiancare e bloccare i migranti molto prima dell’arrivo sulle sue coste. Il sostegno offerto infatti è solo per chi sopravvive al deserto e arriva in Niger, Paese con cui l’Europa e Frontex da anni stanno avendo collaborazioni sempre più strette in materia di controllo dei flussi migratori, e la proposta è il semplice rimpatrio o la domanda di asilo nello Stato nigerino, per cui comunque bisogna aspettare mesi e mesi a causa degli alti numeri di richieste.
Sono incalcolabili i morti in quel pezzo di strada. Il deserto copre tutto e in pochi giorni cadaveri e mezzi scompaiono nella sabbia. A volte vengono ritrovati, dopo mesi.
«L’Algeria espelle sempre più persone in Niger perché i Paesi vicini espellono sempre più persone in Algeria», afferma Azizou Chehou. «Il Marocco e la Tunisia, i nuovi gendarmi della migrazione in Europa, stanno respingendo sempre più migranti nel deserto. Non è sorprendente che si sia arrivati a questo».
Notizia ancora attuale infatti sono le migliaia di persone rastrellate e deportate dalla Tunisia, nelle scorse settimane, nei deserti confinanti con la Libia e l’Algeria e lì abbandonate. Il governo tunisino sta infatti cercando – e ottenendo – miliardi di euro: teoricamente si tratta di aiuti per le sue difficoltà economiche, tuttavia una delle clausole per riceverli è proprio il controllo dell’immigrazione per conto dell’UE. E, nonostante le molte criticità, l’autoritarismo e il razzismo sempre più esplicito del presidente Kaïs Saïed, l’Europa é ben contenta di finanziare il Paese da cui stanno partendo per le sue coste decine di migliaia di migranti provenienti da tutta l’Africa. Tunisi è così diventata uno dei nuovi poliziotti di frontiera dell’Unione Europea.
In tutti i Paesi del Nord Africa la repressione verso i migranti in cammino per l’Europa sta aumentando. Discorsi xenofobi contro i neri, retate, arresti arbitrari e deportazioni sono all’ordine del giorno. Finanziati spesso dai Paesi europei, che preferiscono che il lavoro sporco venga fatto lontano dalle democrazie a marchio UE. Solo in Algeria, tra il 15 e 16 luglio, 1.335 migranti sono stati espulsi nel deserto. È dal 2014 che l’Algeria deporta i migranti in questa maniera verso il Niger, ma i numeri sono esplosi in questi ultimi anni e non fanno che aumentare. La stragrande maggioranza di questi migranti proviene dall’Africa occidentale, ma attualmente ci sono cittadini di una ventina di Paesi in totale sul suolo nigeriano, tra cui numerosi bangladesi e siriani.
Sono questi i risultati delle politiche di esternalizzazione delle frontiere europee: si possono osservare laggiù, tra le dune del deserto di Tamarasset, nelle file disperate dei superstiti in coda all’OIM di Assamaka e ormai in tutti i deserti tra la Tunisia, la Libia, l’Algeria, e il Marocco. I nuovi campi di concentramento dove buttare come merce di scarto chi non si vuole, insieme alle prigioni libiche, ai campi di detenzione frontalieri e al cimitero che sta diventando il Mediterraneo.
[di Monica Cillerai]