sabato 27 Aprile 2024

Gli allevamenti bovini non sono inquinanti: la lobby degli allevamenti vince a Bruxelles

L’Eurocamera ha deciso di escludere gli allevamenti di bovini dalla direttiva UE sulle emissioni industriali e di abbassare i requisiti anche per quelli di suini e pollame. Nonostante le stime dell’Agenzia europea per l’ambiente sulle emissioni di metano provocate dagli allevamenti intensivi, passa la linea di difesa sostenuta da partiti di destra e liberali: non equiparare le grandi stalle alle grandi industrie. Secondo la difesa sarebbe errato paragonare le emissioni derivanti dagli allevamenti a quelle industriali perché il metano sarebbe riassorbito dalle piante e perché applicare ulteriori restrizioni aumenterebbe le importazioni da Paesi terzi che non sempre rispettano rigorosamente l’ambiente. Le associazioni ambientaliste invece non sono d’accordo e sostengono che la decisione permetterà di continuare ad inquinare “la nostra aria, il suolo e l’acqua”. Gli allevamenti intensivi sono stati anche legati al fenomeno della deforestazione e pongono problemi igienico-sanitari ed epidemiologici non indifferenti.

Con 396 voti a favore, 102 contrari e 131 astenuti, gli eurodeputati hanno adottato la posizione negoziale sulla direttiva, sostenendo l’obiettivo proposto dalla Commissione europea di includere nei nuovi obiettivi di riduzione delle emissioni miniere e grandi impianti che producono batterie. Ma sugli allevamenti di bestiame su larga scala la posizione è stata diversa: si è votato per mantenere l’esenzione dalla regolamentazione per gli allevamenti con meno di 2000 suini (o 750 scrofe) e 40 mila esemplari di pollame. A differenza da quanto proposto dalla Commissione, gli allevamenti di bovini sono stati invece esclusi dalla direttiva. La decisione sembrerebbe in antitesi rispetto al piano del Green Deal europeo: secondo l’Agenzia europea per l’ambiente, il settore zootecnico da solo è responsabile del 54% di tutte le emissioni di metano di origine antropica dell’UE, soprattutto a causa dei bovini. Gli allevamenti sono responsabili del 73% dell’inquinamento idrico dell’agricoltura. Quelli intensivi invece sono responsabili del 94% delle emissioni di ammoniaca e, in Italia, costituirebbero la seconda causa di formazione di polveri sottili, che sarebbero responsabili di circa 50mila morti premature ogni anno nel nostro paese. Secondo Greenpeace le misure bocciate avrebbero riguardato meno del 2% degli allevamenti più inquinanti dell’Unione.

La decisione dell’Eurocamera e l’opposizione dei partiti di destra e liberali italiani è conferma del voto espresso anche a marzo 2023: il Consiglio dei ministri dell’Ambiente aveva approvato un testo di compromesso, con il voto contrario dell’Italia e del ministro Gilberto Pichetto Fratin. Il limite non più 150, ma 350 unità di bestiame adulto: quindi 350 bovini (stessa soglia per gli allevamenti misti), 875 maiali, 700 scrofe, circa 21.500 galline ovaiole o polli. Chi si è opposto alla decisione, insieme a Filiera Italia, al Comitato dei produttori Intercani Italia, Italiazootecnica e Assocarni, sostiene che è scientificamente errato paragonare le emissioni derivanti dagli allevamenti a quelle industriali poiché il metano prodotto sarebbe riassorbito in tempi rapidi dalle piante e rientrerebbe nel ciclo vitale. Secondo i produttori, la direttiva “comporterebbe un ingiustificato aggravio di costi a carico degli allevatori che rischierebbe di far scomparire un elevato numero di stalle con gravi impatti negativi sull’intero ecosistema agricolo”. Le caratteristiche rurali della produzione bovina “consentono la salvaguardia e la tutela del territorio, prevenendo il dissesto idrogeologico e l’abbandono delle aree marginali grazie alla presenza costante dell’allevatore/ agricoltore”. Per il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, il voto degli eurodeputati rappresenta “una decisione di grande rilievo per le prospettive della zootecnia italiana ed europea”. Giansanti ha dichiarato: «Qualsiasi contrazione del potenziale produttivo europeo determina l’aumento delle importazioni dai Paesi terzi dove non sempre vigono regole rigorose come quelle dell’Ue in materia di protezione dell’ambiente».

Le associazioni ambientaliste invece non sono d’accordo. Greenpeace Europa ha dichiarato che “gli allevamenti di bovini più grandi e più tossici, così come migliaia di allevamenti di suini e polli, potranno continuare a inquinare la nostra aria, il suolo e l’acqua”. Secondo Federica Ferrario di Greenpeace Italia, la decisione rappresenterebbe “un danno enorme per l’agricoltura sostenibile che premia gli allevamenti intensivi e inquinanti che distruggono gli ecosistemi, creando un danno per le realtà più piccole, sempre più penalizzate dalle politiche europee”. Gli allevamenti intensivi sono stati anche legati al fenomeno della deforestazione e, quindi, a numerose conseguenze sul clima e sulla salute dell’uomo. Inoltre, concentrazioni così elevate di animali allevati in condizioni igienico-sanitarie non ottimali pongono problemi anche dal punto di vista epidemiologico: come indicato anche in uno studio del 2021 pubblicato sulla rivista Nature, soprattutto negli ultimi 30 anni, gli animali da allevamento sono stati al centro di molteplici epidemie, tra cui l’aviaria e l’influenza suina, col serio rischio che queste malattie evolvano e passino con più facilità alla diffusione tra esseri umani.

[di Roberto Demaio]

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