sabato 27 Luglio 2024

Cos’è e come funziona realmente la maternità surrogata?

In questi giorni si fa un gran parlare di maternità surrogata, con la politica che si spreca in dichiarazioni sui diritti delle donne, diritti dei bambini, diritti dei genitori e chi più ne ha più ne metta. Un gran caos soprattutto mediatico e politico, dove sembra che tutti abbiano qualcosa da dire senza aver capito bene di cosa si sta parlando, dando così spazio a strumentalizzazioni e dichiarazioni imbarazzanti (come quelle di Federico Mollicone, deputato di Fratelli d’Italia, che ha definito la maternità surrogata un reato «più grave della pedofilia»). Il corpo delle donne diventa quindi nuovamente il luogo di disputa di battaglie poco interessate al diritto e molto al tornaconto politico. Cos’è, dunque, la maternità surrogata e quali sono le reali problematiche che la caratterizzano?

Cos’è la gestazione per altri

I termini “maternità surrogata” e “utero in affitto” fanno di fatto riferimento alla pratica per la quale “una donna si assume l’obbligo di portare a termine una gravidanza per conto di una coppia sterile, alla quale s’impegna poi a consegnare il nascituro”. Un soggetto di sesso femminile, quindi, mette a disposizione il proprio corpo per portare a termine la gestazione del figlio di una coppia che sia impossibilitata a farlo e che abbia presentato la richiesta. Le sfumature sono molteplici e variano a seconda della legislazione degli Stati che ammettono la pratica: la donna può essere una conoscente della coppia o una sconosciuta contattata tramite un’apposita agenzia, i gameti utilizzati possono essere prelevati dalla coppia di futuri genitori o in parte o totalmente di donatori esterni (pratica necessaria in caso di problematiche di sterilità o di coppie omosessuali). Nel secondo caso è possibile che vengano utilizzati i gameti della gestante, che diviene così madre biologica e genetica del nascituro. A seconda della legislazione del Paese nel quale ci si trova, poi, può essere previsto un compenso per la gestante o può essere prevista solamente la gestazione surrogata in forma altruistica, ovvero senza compenso economico.

Dove è legale e dove no

Secondo l’articolo 6 del Patto internazionale sui diritti civili e politici del 1966, “Il diritto alla vita è inerente alla persona umana. Questo diritto deve essere protetto dalla legge. Nessuno può essere arbitrariamente privato della vita”. Con l’eccezione della Convenzione interamericana, il cui articolo 4.1 contempla il diritto alla vita “dal momento del concepimento”, le principali convenzioni internazionali lo riconoscono a partire dal momento della nascita, lasciando gli Stati parte liberi di ampliare o meno la tutela a un momento anteriore. Ne deriva dunque una posizione tutto sommato neutra rispetto alle questioni trasversali al diritto alla vita, come l’aborto o la maternità surrogata. Insomma, i vari accordi internazionali in materia di diritti umani lasciano un certo margine di manovra agli Stati, che decidono se e in che misura prevedere tali prerogative. Relativamente alla gestazione per altri, la quasi totalità della comunità internazionale o ha rifiutato di regolamentare la materia o si è espressa a sfavore, inserendo la pratica nelle fattispecie di reato. In Italia, ad esempio, si rischia la reclusione da 3 mesi a 2 anni e una multa da 600 mila fino a un milione di euro (art. 12. della legge n. 40 del 2004).  

I Paesi che hanno invece reso legale la maternità surrogata possono essere divisi in due gruppi, a seconda del grado di estensione del diritto. Olanda, Georgia, Ucraina, Albania, Bielorussia, Grecia, Polonia, Russia, Kazakistan e parte degli Stati Uniti prevedono la gestazione per altri sia in forma retribuita sia in forma altruistica (dunque senza il passaggio di denaro). La condizione della gratuità è, invece, fondamentale per accedere alla maternità surrogata in Canada, Danimarca, Paesi Bassi, Gran Bretagna, India, Ungheria, Cipro, Israele e Australia, oltre che in diversi Stati USA.  

Alla clausola preliminare della natura (economica o volontaria) dell’accordo, si aggiungono poi limitazioni più o meno stringenti adottate dagli stessi ordinamenti nazionali. Le leggi greche, ad esempio, permettono a coppie sposate, coppie non sposate eterosessuali e donne single di ricorrere alla gestazione per altri. Per partecipare al programma di maternità, è necessario che non ci sia alcun tipo di vincolo genetico tra la gestante e gli embrioni e che la richiedente ottenga da un medico il certificato di impossibilità a una gestazione autonoma. Il tribunale distrettuale in cui risiede la madre surrogata, esaminata la documentazione, emette una sentenza, il cui esito favorevole è fondamentale per accedere alla pratica. I genitori legittimi del neonato saranno coloro che hanno chiesto l’avvio della procedura, i cui nomi verranno inseriti nel certificato di nascita. La legge prevede, nel caso in cui il neonato non dovesse ottenere la cittadinanza del Paese dei suoi genitori, diverse clausole per assegnare al bambino la cittadinanza greca. In Ucraina, invece, sono lecite entrambe le forme di maternità assistita. Si tratta della seconda meta mondiale dopo gli Stati Uniti per la gestazione per altri, con un numero che oscilla tra i 2.000 e i 2.500 bambini nati ogni anno. I pazienti possono scegliere tra maternità surrogata gestazionale, donazione di ovuli/spermatozoi, adozione di embrioni o una combinazione di tecniche. In seguito alla nascita del bambino, la coppia richiedente ottiene il certificato ucraino di nascita, nel quale i due risultano essere i genitori del neonato.

Negli Stati Uniti non c’è una legge federale che regoli la gestazione surrogata, si tratta di una materia gestita in maniera differente in ogni Stato. In linea generale, a favore sono California, Connecticut, Delaware, Distretto di Columbia, New Hampshire, Nevada, Oregon, Rhode Island e Washington, mentre Michigan e Stato di New York sono contrari. La maggior parte degli Stati, tuttavia, si colloca nel mezzo: vi sono casi nei quali non è espressamente vietata dalla legge, altri dove le tutele tanto per la coppia che adotta il bambino quanto per la madre non sono del tutto certe. La Spagna rappresenta invece un unicum della materia, dal momento in cui la gestazione per altri è formalmente vietata nel Paese. I contratti prenatali sono infatti considerati nulli, per cui i nascituri sono legalmente figli dei genitori biologici; tuttavia, l’affidamento di un bambino nato mediante surrogazione di maternità a favore dei genitori che ne hanno fatto richiesta è possibile, previo il soddisfacimento di una serie di requisiti stabiliti dalla Direzione Generale dei Registri e del Notariato.

Relativamente alla gestazione per altri si è affiancato il dibattito sulla cosiddetta clausola di aborto contrattualizzata, ovverosia il ricorso all’aborto in caso di complicanze durante la gravidanza. Secondo la soluzione tradizionale della giurisprudenza in materia, la decisione finale spetta esclusivamente alla donna gestante dal momento in cui è lei a subire le conseguenze e i pericoli della gravidanza; ogni normativa in senso contrario, che prescriva il consenso dei genitori committenti, è invece invalida. In tal senso fa scuola il caso affrontato dalla Corte Suprema degli Stati Uniti nel 1976, Planned Parenthood of Missouri vs Danforth. Viene sostenuto, inoltre, che tramite gli accordi di surrogazione la gestante rinuncerebbe soltanto ai propri diritti genitoriali e non a quelli sulla propria persona e sul proprio corpo.

Il funzionamento in concreto: i casi dell’Ucraina e del Canada

Il sito dell’Agenzia Internazionale di Maternità Surrogata VittoriaVita fornisce un piano alquanto dettagliato di quello che è l’iter per una coppia che voglia avere un figlio da una gestante surrogata in Ucraina. Prima di tutto va specificato che in questo Paese possono accedere alla procedura solamente coppie sposate eterosessuali (il che esclude le coppie non sposate, le coppie omosessuali e i genitori singoli). Inoltre, per potervi accedere la madre eventuale deve essere sterile o correre il rischio concreto di trasmettere una malattia ereditaria al figlio. Il sito propone pacchetti a un prezzo variabile tra i 36 mila e i 57 mila euro, a seconda dei servizi che vengono offerti. Il pacchetto Garanzia per esempio, il più caro di tutti, prevede un numero illimitato di tentativi per quanto riguarda la fecondazione in vitro e l’impianto dell’embrione nella gestante, oltre all’illimitato accesso al catalogo delle donatrici per scegliere gli ovociti (le cellule riproduttive femminili). Come specificato dal sito, “Una donatrice viene scelta a secondo caratteristiche: altezza, peso, colore dei capelli e degli occhi, naso ecc.”, anche se il consiglio è di “scegliere una donatrice che abbia una massima somiglianza alla madre eventuale”. Tutti i pacchetti garantiscono la copertura delle spese per quanto concerne la fecondazione in vitro, il trasferimento degli embrioni nel corpo della gestante, le spese mediche durante la gravidanza, il transfer della donna in ospedale al momento del travaglio, il vitto in clinica e una babysitter nelle ore immediatamente successive al parto, oltre al compenso per la donna che si aggira intorno a un massimo di 22 mila euro.

La procedura è all’incirca la seguente: i futuri genitori svolgono un colloquio via Skype, mail o telefono con il coordinatore medico per determinare il programma che meglio si adatta alle loro esigenze e scegliere la donatrice e la madre surrogata (che, ricordiamo, potrebbero non essere la stessa persona). Dopo di che la coppia potrà recarsi in Ucraina per un primo soggiorno di due o tre giorni. Qui incontrerà il medico di riferimento e potrà svolgere le procedure necessarie (esami del sangue, prelievo e crioconservazione dello sperma dell’uomo e la scelta del trattamento più appropriato). Una volta compiuti questi passaggi avviene la fecondazione in vitro, con diagnostica genetica degli embrioni, e il trasferimento di questi nella gestante, la quale verrà monitorata per tutto il corso della gravidanza. L’agenzia assicura che le donne scelte per portare a termine la gravidanza sono cittadine ucraine tra i 19 e i 36 anni, conduttrici di una “vita sana”, che abbiano già dei figli e siano prive di cicatrici dovute a un precedente cesareo (al fine di non correre il rischio di dover intervenire con un nuovo parto cesareo sulla gestante). Ai futuri genitori viene anche assicurato che la donna abbia un fattore di Rhesus positivo (l'”Rh” del sangue, per capirsi), in quanto un Rh negativo aumenterebbe il rischio di complicanze durante la gestazione. Tutte le donne vengono poi sottoposte a uno screening psicofisico, per accertarne la buona salute.

Una volta giunto il momento di partorire, la coppia potrà recarsi in Ucraina per una seconda visita della durata di 30-40 giorni (con soggiorno a proprie spese). Durante questo periodo potranno aiutare la gestante nella preparazione al parto, curare il bambino sin dal primo vagito e ricevere il certificato di nascita e tutti i documenti necessari per fare rientro in Italia. Il sito espone anche nel dettaglio le modalità di pagamento: nel caso del programma Garanzia è previsto il pagamento di 19 mila euro alla stipula del contratto, 12 mila al terzo mese di gravidanza, 7 mila al settimo mese e 16 mila al ricevimento del certificato di nascita del bambino, con supplemento di 4 mila euro nel caso in cui vengano concepiti dei gemelli. Uno dei rischi della fecondazione in vitro, infatti, è che si verifichino dei parti gemellari. Tuttavia, pur dichiarando che per alcuni “la possibilità di avere più bambini contemporaneamente è una notizia gioiosa”, il sito dell’agenzia non specifica cosa succeda in caso i genitori non possano o non vogliano farsi caso di un bambino in più rispetto a quelli previsti. Allo stesso modo, non è chiaro cosa succeda nel caso in cui si verifichino delle complicazioni, come malformazioni gravi nel feto o in caso di aborto spontaneo della gestante.

L’attività nel Paese non si è fermata nemmeno a seguito dello scoppio della guerra: l’agenzia VittoriaVita riporta infatti che tutte le gestanti surrogate sono state trasferite in zone sicure del Paese, mentre gli embrioni e il materiale biologico dei pazienti sono stati trasferiti in una clinica europea, riducendo al contempo le visite obbligatorie dei genitori. Nel complesso, l’agenzia riporta che nel 2022 sono nati in tutto 99 bambini da gestanti surrogate, numero “persino più alto rispetto all’anno prebellico 2021”. Nel 2022 è stata anche aperta una filiale dell’agenzia VittoriaVita in Georgia, resa operativa ad agosto.

Al contrario di quanto detto previsto per l’Ucraina, in Canada la GPA è consentita solamente in forma altruistica. Possono accedervi tanto le coppie eterosessuali, quanto quelle LGBTQIA+ quanto soggetti singoli, ma per le madri non è previsto alcun compenso in denaro, a parte il rimborso delle spese (il sistema sanitario canadese specifica solamente che si deve trattare di spese relative alla gravidanza, esponendo il concetto a interpretazioni differenti non solo da parte della gestante e dei genitori, ma anche di medici e avvocati). Il costo totale stimato ammonta a una cifra compresa tra i 18 mila e i 33 mila dollari, incluse le spese pre e post parto. Il fatto che la gestante sia costretta a letto e non possa lavorare, per esempio, può essere considerata una spesa, come il pagamento di una persona che supporti la supporti in caso i futuri genitori non possano recarsi agli appuntamenti medici. Anche i consulti legali indipendenti che la gestante potrebbe eventualmente richiedere sono a carico dei futuri genitori.

L’agenzia Surrogacy Canada Online (SCO), operativa dal 2001, dettaglia un programma completo in otto passaggi. Innanzitutto, i futuri genitori (o il genitore) devono compilare i moduli di richiesta online e pagare una tassa di 8500 dollari. Una volta ricevute tutte le informazioni necessarie, l’agenzia fornisce loro i profili delle donne disponibili per la gestazione surrogata, che le coppie possono contattare direttamente per uno scambio reciproco di informazioni (che può prevedere la richiesta della fedina penale). Quando le due parti si piacciono a vicenda, la coppia procede con il viaggio in clinica per un controllo medico e psicologico: in caso non insorgano problematiche di qualche tipo, si procede con la firma dei documenti legali (alla coppia viene consigliato di firmare una polizza sulla vita per proteggere sé stessi e la gestante, specificando che “Scegliere di non siglare un’assicurazione sulla vita mette i futuri genitori a rischio di cause legali da parte della famiglia della madre surrogata in caso di morte durante il processo“). A questo punto la madre viene preparata alla gravidanza con le cure ormonali e si effettua la fecondazione in vitro e l’impianto degli embrioni, procedendo, in caso di buona riuscita, con la gravidanza. La coppia può accompagnare la madre a tutti gli appuntamenti dal dottore, fino al momento del parto.

Per quanto riguarda i requisiti che le gestanti devono soddisfare, la SCO prevede una lunga lista di criteri tanto medici quanto attitudinali. Le donne devono infatti essere cittadine canadesi di età compresa tra i 21 e i 49 anni, non avere disturbi alimentari né aver mai patito serie complicazioni nel corso di gravidanze precedenti, non aver abusato di alcool e droga nei tre anni precedenti né aver viaggiato in Paesi dove è presente il virus zika nei sei mesi precedenti alla gravidanza, ma anche “avere una visione positiva della vita, essere rispettosa degli altri, compassionevole, buona comunicatrici e premurosa”, non avere precedenti penali gravi né avere intenzione di lasciare il Canada dopo la ventesima settimana di gravidanza. Ai futuri genitori è richiesta una “situazione di vita stabile”, tanto economicamente quanto socialmente ed emotivamente e, in linea generica, un atteggiamento di rispetto e supporto nei confronti della gestante surrogata.

Alcune considerazioni

Innegabilmente, la pratica della gestazione per altri (almeno nella forma che prevede un compenso, la più diffusa) si inserisce nel più ampio contesto capitalistico quale ordine sociale ed economico nel quale viviamo, nell’ambito del quale la monetizzazione del proprio corpo è prassi comune (si pensi ai sex work, in molti Paesi pratica non stigmatizzata e regolamentata). Parlare di «mercato di bambini» o di «mercificazione e schiavitù del corpo femminile», come ha fatto la ministra per le Pari Opportunità e la Famiglia Eugenia Roccella, non risulta tuttavia esatto, dal momento in cui non si tratta di pratiche alle quali le donne vengono sottoposte con la coercizione, ma di una libera decisione. Allo stesso modo, termini quali “utero in affitto” o “maternità surrogata” risultano inadatti, in quanto recanti un’accezione volutamente negativa, che circoscrive il complesso concetto di maternità al breve periodo della gestazione. Si tratta, a tutti gli effetti, di una “gravidanza surrogata” o di “gestazione per altri” (GPA).

Nel nostro Paese, come specificato, la pratica della GPA è vietata e duramente sanzionata. Allo stesso modo, la legge regolamenta le scelte che la donna può mettere in atto dal momento in cui scopre di essere incinta: rinunciare al feto praticando l’aborto, tenendo con sé il figlio o partorirlo e non riconoscerlo (il cosiddetto “parto in anonimato della madre”, che permette alla donna di lasciare il bambino neonato in ospedale). Se è vero che inscrivere questioni tanto delicate nell’ottica di una transazione commerciale può risultare come minimo controverso, è vero che la donna gode già di tali libertà quando si tratta del proprio corpo. Le problematiche risiedono, in ultima sede, nel trovare un accordo tra la coppia di genitori e la donna che dà alla vita il bambino. In ogni caso, una delle critiche mosse da coloro che sono a sostegno della pratica è proprio questa: non vi sarebbe motivo di criminalizzare la gestazione per altri, anche in forma altruistica, quando questa potrebbe garantire l’affido del bambino a una famiglia che se ne prenda cura senza passare dall’infelice circuito dei servizi sociali. Tanto più che nel nostro Paese nel 90% dei casi a ricorrere alla gravidanza surrogata sono coppie eterosessuali.

A livello politico, la strumentalizzazione della questione della GPA nella lotta contro le famiglie che non siano tradizionali (ovvero eterosessuali) è accompagnata da una concezione culturale di maternità biologica e sociale come inscindibili. A confermare tale ipotesi vi sarebbe la recente votazione (dal valore politico, non fattuale), in Senato, contro la proposta dell’Unione europea di emissione di un “certificato europeo di filiazione” che uniformi le procedure di riconoscimento dei figli in tutti gli Stati europei. In base a tale riforma, le coppie che abbiano avuto dei figli in uno Stato europeo diverso dal proprio potrebbero essere riconosciuti come genitori in tutti i Paesi dell’Unione. La risoluzione è stata bocciata dalla maggioranza di governo, in quanto permetterebbe anche alle coppie omogenitoriali di vedersi riconosciute come legittimi genitori. In contemporanea, il Viminale ha inviato una circolare alle prefetture italiane chiedendo che fosse rispettata una sentenza della Corte di Cassazione che vieta l’automatico riconoscimento dei provvedimenti giudiziari stranieri (quella che ha imposto al sindaco milanese Beppe Sala la registrazione dei figli di coppie omogenitoriali, caso che ha fatto molto discutere in questi giorni). L’unica ricaduta effettiva di tali provvedimenti è, di fatto, sui diritti dei bambini (curiosamente assenti dalla discussione in corso). Tanto più che, secondo gli studi, i figli delle coppie omogenitoriali crescono bene tanto quanto quelli delle coppie eterosessuali: i problemi giungono, semmai, dallo scherno e dallo stigma sociale. 

[di Valeria Casolaro e Salvatore Toscano]

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15 Commenti

  1. Ahimè, la storia dimostra che quando la legge interviene a vietare atti strettamente connessi con questioni come la procreazione, il risultato e’ sempre di tipo coercitivo. Io trovo ripugnante il mercato che si crea intorno alla procreazione. E personalmente non condivido il bisogno spasmodico di avere un proprio figlio biologico, né mi piace l’idea che si alterino figure fondamentali e archetipiche come quella paterna e materna, con tutto il portato simbolico che l’ inconscio della nostra specie attribuisce a queste figure. La mia sensazione è che il mercato si unisce all’ egoismo individuale, mentre il mondo e’ pieno di bambini, e anche adulti, che hanno solo bisogno di amore. Ma vietare tutto questo creerebbe, credo, solo un clima repressivo e ipocrita.

  2. il punto è l’aborto surrogato, ho visitato un po’ di siti e appunto non è specificato cosa accade se i committenti (non parliamo di genitori: un titolo che si deve guadagnare!) cambiano idea, non sono contenti del sesso del nascituro, o di problemi di salute o ancora vogliono solo un “prodotto”.
    E terrei a dire di non essere contraria all’aborto. Mi pare però terribile creare un essere senza una storia, da un miscuglio di vendite e committenze. Non sarebbe meglio facilitare -comq qualcuno suggerisce- le adozioni? ma anche in quel caso ahinoi molti soldi circolano, in un paese che neppure ha censito le case famiglia esistenti.
    Inoltre si fa volutamente confusione tra la “surroga” e il sesso o orientamento dei committenti.
    Poi certo, io credo che questa modalità di vendita del proprio corpo sia una sorta di violenza. Stranamente sono persone povere che si vendono. E ancora più triste sapere che esistono bambini creati così magari ad un certo punto rifiutati, magari abortiti o persi senza neppure essere stati amati o rimpianti un momento da nessuno. E’ proprio la desolazione dell’umano.

  3. Grazie per questo articolo molto chiaro ed esauriente sullo stato attuale delle leggi e sul dettaglio delle pratiche legali in vari stati d’Europa e d’America del nord.
    L’inquadramento legale mira generalmente alla protezione di tutte le parti (inclusi i nascituri poi bambini), in questo campo come in molti altri (adozioni, aborto, patria podestà,…). Mi sembra quindi preferibile all’assenza di regolamentazione, ma anche al divieto puro e semplice che non risolve nulla.

  4. ABOLIRE LA NATURA (i nove mesi di intimo rapporto tra madre e figlia/o, di nutrimento e sviluppo bio-psico-animico per l’uno e di crescita personale per l’altra); surrogare; ingegnierizzare; commerciare (a favore dei capricci dei ricchi); RENDERE STERILE il pensiero (ciò che è “moderno”, tecnologico e presentato dal main stream come “progressista” e “liberale” è buono e giusto) e le persone. SDOGANARE ogni forma di eccesso e perversione sessuale. MANIPOLARE le menti dei giovanissimi. SEPARARE l’uomo dalla sua COSCIENZA/spirito.
    E non vengano a parlare di amore e di famiglie felici, quando l’albero è marcio dalle sue radici e non si riesce a vedere al di là del proprio interesse, egoismo, capriccio. E, peggio ancora, non si riesce a vedere la direzione alla quale ancora una volta si contribuisce ad andare: l’uomo artificiale; l’uomo senza anima… ultima frontiera della manipolazione delle élites: “gli uomini non nascevano più, venivano coltivati… in campi sterminati”.

  5. Grazie agli autori dell’articolo
    Questo è lo status quo ed è importante conoscerlo. Le opinioni sono un’altra cosa. Tutto è merce e trovate qualcosa che non lo sia. O forse sarebbe bene ricordare quello che disse quel principe del deserto: tutto quello che puoi comprare non ha alcun valore.

  6. Considerando quanti bambini ci sono negli orfanotrofi e strutture simili, il solo pensiero di usare questa pratica per poter diventare genitori, lo trovo quanto meno aberrante! Il capitalismo ci sta uccidendo tutti, ma nell’anima però!

  7. Con o senza compenso, che poi è sempre da verificare, rimane una pratica triste. Per la partoriente è un trauma, per il figlio quando lo scopre pure.
    Ci si può raccontare tutte le favolette che si vuole, ma è così.
    Invece di perdere tempo con questo argomento, si dovrebbe fare qualcosa per velocizzare e rendere più accessibili a tutti l’adozione.

  8. Una domanda: se il bambino vuole sapere da dove proviene geneticamente ( il che conta o porrebbe contare per il nascituro, quando sarà cresciuto)* come gli si può garantire che possa conoscere la sua madre biologica?
    Se non può mi sembra una violazione dei diritti del nascituro di cui nessuno parla.
    Ricordk che la maternità è la paternità sono une responsabilità prima che un diritto

  9. …”donna ucraina benestante offre l’utero, astenersi perditempo…”

    La descrizione tecnica delle varie metodologie non fa una piega, scartare a prescindere il fatto che questa non sia una pratica aberrante diventa una posizione, che personalmente non condivido.

    Dopodiché, ognuno si senta libero, io percepisco un nichilismo che fatica a meritare persino pietà.

  10. Tema complesso e di difficile, se non impossibile, soluzione. Un intreccio di eugenetica, business, egoismo, dove il nascituro è ridotto a merce di scambio. I divieti sono raramente efficaci ma in questo contesto storico sono propenso a sostenere la legislazione spagnola, che per altri versi è molto più liberale nella tutela dei rapporti di coppia.

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