domenica 15 Dicembre 2024

L’allarme delle Regioni: sanità pubblica italiana verso il collasso

Il Sistema sanitario nazionale (SSN) versa in condizioni di grave criticità a causa del definanziamento che il settore ha subito nell’ultimo decennio. Ora il rischio concreto è che, senza nuovi ingenti finanziamenti, il SSN sia vicino al collasso e costretto a tagliare importanti servizi pubblici ai cittadini. È quanto hanno denunciato le Regioni in un documento redatto dalla Commissione Salute, guidata da Raffaele Donini, in vista di un incontro con il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, e quello della Salute, Orazio Schillaci, avvenuto lo scorso 7 marzo. «Non poter disporre delle risorse sufficienti ad erogare tutta l’assistenza necessaria comporta, per la nostra sanità, il rischio, concreto, di non assistere le fasce più deboli della popolazione, con la compressione di un diritto essenziale costituzionalmente tutelato», è l’allarme che le Regioni hanno lanciato durante l’incontro. Nel documento di legge, inoltre, che «Se davvero il livello di finanziamento del SSN per i prossimi anni dovrà assestarsi al 6% del PIL, prospettiva che le regioni chiedono che venga assolutamente scongiurata, occorrerà allora adoperare un linguaggio di verità con i cittadini, affinché vengano ricalibrate al ribasso le loro aspettative nei confronti del SSN. Saranno necessarie scelte dolorose, ma non più procrastinabili, al fine di evitare che le mancate scelte producano nel sistema iniquità ancora più gravi di quelle già presenti». Una situazione che rischia di compromettere il carattere universalistico ed uniforme che ha contraddistinto a lungo il SSN, ma che da tempo sta subendo importanti contraccolpi in favore della sanità privata.

Quella denunciata dalle Regioni, dunque, non è certo una novità, quanto piuttosto l’ultimo disperato appello d’aiuto per cercare di risolvere un problema che viene da lontano e che ora sta raggiungendo l’apice con l’impossibilità di fornire ai cittadini i servizi assistenziali di base. Per questo motivo, le Regioni hanno chiesto ai ministri «l’apertura immediata di un tavolo di lavoro che possa condividere entro e non oltre la fine del mese di aprile 2023 interventi urgenti e risolutivi di ordine finanziario e legislativo attraverso cui consentire alle regioni di non interrompere la programmazione sanitaria e di evitare la riduzione dei servizi sanitari e socioassistenziali». Una proposta in realtà solo in parte condivisa da Giorgetti e Schillaci che, a quanto si apprende, hanno fatto sapere che – almeno nel breve periodo – non ci sono molti margini per nuove risorse finanziarie. Le Regioni hanno anche chiesto «di rendere esigibile il principio secondo il quale nessuna regione debba sottoporsi a Piani di rientro o di riduzione dei servizi o aumento della fiscalità generale a causa del mancato riconoscimento dell’attuale criticità finanziaria dovuta ai costi riguardanti l’emergenza pandemica ed energetica. In caso contrario ne andrebbe progressivamente ed irrimediabilmente compromesso il sistema sanitario universalistico italiano».

Nel documento sono anche spiegati i principali motivi che hanno compromesso la sostenibilità economico-finanziaria dei bilanci sanitari regionali: tra questi al primo posto vi è l’insufficiente livello di finanziamento del Servizio Sanitario Nazionale, su cui grava, diversamente da quanto accade per le altre amministrazioni pubbliche, anche il finanziamento degli oneri per i rinnovi contrattuali del personale dipendente e convenzionato del SSN. A questo si aggiunge il mancato finanziamento di una quota rilevante delle spese sostenute per l’attuazione delle misure di contrasto alla pandemia da Covid-19 e per l’attuazione della campagna vaccinale di massa, per oltre 3,8 miliardi nell’anno 2021, a cui le Regioni hanno dovuto sopperire con risorse proprie al fine di garantire l’equilibrio di bilancio. Infine, a pesare è il considerevole aumento dei costi energetici sostenuti dalle strutture sanitarie e socioassistenziali, pari a più 1,4 miliardi rispetto al 2021. Durante l’incontro con gli esponenti del governo sono stati fatti presente i principali problemi del settore, tra cui spiccano al primo posto quello della carenza di personale e la criticità dei pronto soccorso.

Nel testo si fa presente che «le diverse manovre di finanza pubblica approvate a partire dal 2015, hanno inciso in maniera rilevante sul livello di finanziamento che si è potuto garantire in concreto al SSN, al punto che per il 2019 sono mancati all’appello più di 10 miliardi di euro, rispetto ai 125,34 programmati», raggiungendo così un’incidenza percentuale rispetto al PIL pari al 7%. Una percentuale inferiore al 9,9% della Germania, al 9,3% della Francia e all’8% del Regno Unito, secondo i dati OCSE. Ciò comporta almeno due importanti conseguenze che rischiano di smantellare definitivamente il sistema sanitario pubblico: la crescita considerevole della spesa sanitaria privata che nel 2021 ha superato i 40 miliardi di euro, infrangendo la soglia simbolica del 25% della spesa sanitaria annua complessiva; e «la preoccupante prospettiva che il livello di finanziamento del SSN per il 2025 possa atterrare nientedimeno al 6,0% del PIL».

Non si intravvedono, almeno al momento, soluzioni alla drammatica crisi in cui versa il SSN,e d’altra parte non potrebbe essere altrimenti. Di fronte a un sistema di stato sociale che necessita di cospicui rifinanziamenti per tornare efficiente vi sarebbero solo due strade possibili: la prima consiste nel violare i vincoli di bilancio europei e ricostituire l’assistenza sanitaria finanziandola in deficit (soluzione però impossibile quanto meno senza rompere con Bruxelles), la seconda invece consiste nel finanziare l’assistenza a tutti aumentando la tassazione sulle rendite finanziarie e sui grandi patrimoni (soluzione possibile, in Europa portata avanti dalla Spagna, ma a cui il centro-destra italiano è ideologicamente contrario, portando anzi avanti un progetto di riforma come la flat-tax che si muove in direzione opposta, diminuendo ulteriormente le tasse ai più abbienti). La terza opzione che rimane è quella che l’Italia sta effettivamente portando avanti: assistere senza intervenire al collasso della sanità pubblica.

[di Giorgia Audiello]

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6 Commenti

  1. basrerebbe comprare le prestazioni e non finanziarle e il risparmio sarebbe immediato del 40/50%. Ovviamente lo stato dovrebbe stabilire e poi controllare la qualità di tali prestazioni con soggetti esperti in materia e non con politici che niente hanno a che vedere. Risultato: l’abdicazione ai professionisti di quel centro di enorme potere che è ora in mano ai partiti. Mah! la cosa sembra essere impossibile in Italia, particolarmente in Toscana dove per centralizzare gli acquisti si pagano circa 1000 persone: bel risparmio!

  2. Benchè sia vero quello che avete scritto sulla Spagna il loro SSN è profondamente diverso dal nostro e attualmente non è migliore. Intanto puoi accedere gratuitamente al SSN spagnolo solo se versi o hai versato contributi previdenziali. Quindi se da pensionato italiano vai a vivere lì non ne hai diritto e sei obbligato a stipulare un’assicurazione sanitaria privata (ovviamente anche chi ha diritto al SSN può scegliere la sanità privata). Solo che lì la sanità privata è gestita da colossi assicurativi e bancari, lì la sanità privata ha PROPRI OSPEDALI a livello di quelli pubblici. E credo noi dovremmo trovare il modo di seguire questa strada, sarebbe cosa saggia

    • Benissimo, accettare il disegno dell’elite che vuole portarci verso la sanità privata per soli ricchi, bravo, complimenti.
      Chissà perché però i fondi per la guerra in Ucraina ci sono ad oltranza e i soldi del PNRR, nato per l’emergenza covid, anzi stranamente pronto anche prima, vengono utilizzati solo marginalmente per la sanità ma per opere che sono per gran parte non urgenti.

      • Io non sono favorevole ai fondi per la guerra in l’Ucraina e anche a me piacerebbe che venissero dirottati alla Sanità Pubblica. Il problema è che non solo la sanità pubblica è ridotta malissimo ma qui anche quella privata viene data dallo Stato agli “amici degli amici” col risultato che la qualità di entrambe è pessima!

        • Mi occupo di sanità privata a Torino e non posso che confermare tutto, moltissime richieste stanno arrivando a me e al mio team per gestire situazioni di abbandono totale da parte degli ospedali nei confronti dei pazienti.

          Cerchiamo di aiutare più persone possibili ma mi sto rendendo sempre più conto che andare in ospedale oggi è una vera e propria avventura.

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