sabato 14 Dicembre 2024

Iran e Arabia Saudita hanno siglato uno storico accordo di pace e cooperazione

Potrebbe essere uno storico accordo quello raggiunto a Pechino, su intermediazione cinese, tra Iran e Arabia Saudita, mettendo fine a sette anni di forte tensione. Non è un fulmine a ciel sereno, infatti, le trattative erano già avviate da tempo. L’accordo tra i due Paesi potrebbe innescare un brusco cambiamento nello scacchiere geopolitico medio-orientale e generare forti ripercussioni anche su quello globale, segnando di fatto un allontanamento dello sceiccato di Riyad da Washington e Tel Aviv. Il patto è senz’altro una vittoria diplomatica della Cina e adesso i due Paesi firmatari sembrano già muoversi sulla scia di quello che potrebbe segnare un nuovo corso politico per l’area mediorientale.

I governi di Iran e Arabia Saudita hanno rilasciato un comunicato congiunto sull’accordo, sul quale Pechino farà da garante. Alla presenza di Wang Yi, diplomatico cinese di alto rango, erano presenti il segretario del Consiglio supremo di sicurezza nazionale iraniano, Ali Shamkhani, e il consigliere per la sicurezza nazionale saudita, Musaad bin Mohammed al-Aiban. La dichiarazione congiunta stabilisce come prima cosa il ristabilimento dei legami e la riapertura delle rispettive ambasciate entro due mesi.

«Rimuovere le incomprensioni e le visioni orientate al futuro nelle relazioni tra Teheran e Riyadh porterà sicuramente a migliorare la stabilità e la sicurezza regionale, nonché ad aumentare la cooperazione tra le nazioni del Golfo Persico e il mondo dell’Islam per gestire le sfide attuali», sono state le parole di Shamkhani. Da parte saudita sono arrivati i ringraziamenti ad Iraq e Oman, per aver partecipato al processo di mediazione; al-Aiban ha poi detto: «Mentre apprezziamo ciò che abbiamo raggiunto, speriamo che continueremo a continuare il dialogo costruttivo». Gli incontri tra Arabia Saudita e Iran sono iniziati nel 2021, ospitati e con l’intermediazione dell’Iraq. Ufficialmente, i rapporti tra i due Paesi si erano interrotti nel 2016 dopo che le sedi diplomatiche saudite furono assalite da manifestanti che protestavano per l’esecuzione di alcuni sciiti avvenuta circa un mese prima a Riyad.

Ma si trattò di un pretesto. Le tensioni erano alte già dal 2011, anno di conflitti e sconvolgimenti politici per il mondo arabo. Questo periodo è stato definito da F. Gregory Gause come “guerra fredda del Medio Oriente”, i cui contendenti principali sono Arabia Saudita e Iran, in lotta per l’egemonia della regione. Come già spiegato in occasione del Monthly Report numero 16, del novembre scorso, quello tra Arabia Saudita (sunnita e wahabita) e Iran (sciita) è uno scontro settario e religioso che sul piano pratico si traduce in un conflitto che riguarda interessi economici e geopolitici. La guerra è stata definita fredda, nel senso che non vi è mai stato uno scontro diretto, quanto piuttosto l’utilizzo delle guerre per procura. Anche le reciproche e inconciliabili alleanze hanno influito sulla definizione di “guerra fredda”: gli Stati Uniti e il mondo Occidentale sostengono l’Arabia Saudita e i suoi alleati regionali mentre l’Iran è sostenuto da Cina e, soprattutto, Russia. E se allarghiamo lo sguardo oltre il Medio Oriente, comprendendo nell’analisi anche il Vicino Oriente, la questione si fa ancor più complessa poiché vi è anche la posizione di peso di Israele, anch’esso Paese alleato dell’Occidente, in particolar modo degli Stati Uniti. In questo triangolo geopolitico per l’egemonia di Vicino e Medio Oriente (il cosiddetto Medio Oriente allargato), ogni nazione è nemica delle altre e solo alcune amicizie in comune permettono periodi di minor contrasto tra due delle parti in conflitto; questo è stato motivo di rapporti più distesi tra i Paesi del Golfo, sotto la guida saudita, e Israele. In merito, come non ricordare gli Accordi di Abramo, negoziati a partire dal 2019 e firmati nel 2020 negli Stati Uniti, da parte di Israele, Emirati Arabi Uniti e Bahrein, per la normalizzazione dei rapporti tra questi ultimi due con Israele. Sebbene i sauditi si siano sempre mostrati restii a far parte ufficialmente degli accordi con Israele, è chiaro che li abbiano avallati ufficiosamente, permettendo agli alleati, Emirati Arabi Uniti e Bahrein, di siglarli.

Con lo scoppio della guerra aperta in Ucraina e la richiesta occidentale di sanzionare Mosca tagliandola fuori dal consesso globale, qualcosa è cambiato. L’Arabia Saudita ha rigettato la richiesta degli Stati Uniti di non tagliare la produzione di greggio in seno all’OPEC ed ha iniziato a commerciare il petrolio con la Cina, miglior acquirente del petrolio saudita. Nell’occasione, dalla Casa Bianca, Biden ha accusato l’OPEC di «allinearsi con la Russia», avvertendo l’Arabia Saudita che dovrà affrontare le conseguenze della decisione di tagliare la produzione che favorirebbe Russia e Iran.

Nel frattempo, da Israele viene fatto sapere che il tentativo di normalizzare i suoi legami con l’Arabia Saudita non sarà influenzato dal riavvicinamento di Riyadh con l’Iran. Gli Emirati Arabi Uniti (EAU), per bocca del Ministro degli Esteri, Abdullah bin Zayed Al Nahyan, hanno accolto con favore l’accordo raggiunto tra Arabia Saudita e Iran secondo cui i due paesi ripristineranno le relazioni diplomatiche. «La ripresa delle relazioni tra Arabia Saudita e Iran è un importante passo avanti per la stabilità e la prosperità regionale» sono state le parole del Ministro. Gli EAU sembrano voler intraprendere l’avvio di un riposizionamento, alla luce del nuovo accordo, accusando Israele per la sua politica definita terrorista e anti-araba nonché minacciando di porre fine al primo accordo di libero scambio posto in essere tra Israele e un Paese arabo, siglato nel maggio dello scorso anno.

Sebbene si debba attendere gli sviluppi e il dettaglio di tale accordo, quest’ultimo potrebbe senz’altro ridisegnare le politiche internazionali e gli interessi strategici di una regione molto importante per gli equilibri geopolitici attuali.

[di Michele Manfrin]

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