venerdì 13 Dicembre 2024

Un’intercettazione svela il ruolo della ‘ndrangheta nelle stragi di mafia

Si riapre, improvvisamente, uno dei processi più importanti sullo spaccato delle stragi di mafia degli anni Novanta e della “zona grigia” tra criminalità organizzata e settori deviati dello Stato nella stagione delle bombe. Si tratta del processo “‘Ndrangheta stragista“, in cui sono imputati il boss di Cosa Nostra Giuseppe Graviano e il boss di ‘ndrangheta Rocco Santo Filippone, che si sta svolgendo di fronte alla Corte d’Assise d’Appello di Reggio Calabria e che, negli scorsi giorni, avrebbe dovuto partorire una sentenza di secondo grado. Eppure, in extremis, il Procuratore Giuseppe Lombardo ha chiesto di acquisire un’intercettazione confluita nel fascicolo dell’inchiesta “Hybris” che, giovedì scorso, ha portato all’arresto di 49 persone ritenute affiliate alla cosca Piromalli di Reggio Calabria. Un’intercettazione che, secondo l’accusa, proverebbe il ruolo di partecipazione attiva della mafia calabrese nelle stragi.

In quella conversazione, a parlare è Francesco Adornato, storico ‘ndranghetista legatissimo ai Piromalli, che dice: «Pino e compagnia bella li hanno messi all’epoca nella commissione per le stragi di stato insieme a Testuni». “Pino” è Giuseppe Piromalli, capo dell’omonima ‘ndrina di Gioia Tauro, principale referente dei mafiosi siciliani negli anni Novanta; quando parla di “Testuni”, Adornato si riferisce invece a Nino Pesce, capomafia di Rosarno. Adornato dice che «nella Commissione che doveva… che hanno deciso di avallare la strage di Stato con i siciliani, Pino Piromalli non c’era…», perché a rappresentarlo ci sarebbe stato «Testuni», che «avrebbe risposto anche per lui». Secondo Adornato, dunque, la ‘Ndrangheta confermò la sua partecipazione alle stragi al fianco dei siciliani nella cornice di un summit tenutosi al resort Saionara di Nicotera: «Pino ha sempre un’attenuante perché nella Commissione che hanno deciso di mettersi a fianco dei siciliani… e compagnia bella non c’era… C’era Luigi Mancuso… ma là Luigi…ha pestato i piedi… Luigi… in questa commissione al Saionara gli dice che lui non è d’accordo… perché gli dice Luigi… noi dobbiamo trattare con questi personaggi, gli ha detto, non dobbiamo andare a sparare… per quale motivo». Eppure, la titubanza di Mancuso, potente boss della famiglia che controllava Limbadi e Nicotera, sarebbe stata superata dalla linea di Piromalli e Pesce. «Questo signor Pesce che lo chiamano “Testuni” – continua Adornato – questo si è messo avanti gli ha detto… e ha sostenuto che bisogna attuare le stragi di Stato». E ancora: «No, ma quelli dicono ma noi… ma noi perché ci dobbiamo imbrattare dici Luigi dice va bene… dice noi dobbiamo dare ascolto ai siciliani… loro hanno voluto l’Antimafia… perché l’Antimafia… poi addirittura siccome che i privilegi loro non li possono avere e ce l’hanno messa in culo anche a noi con il 41 bis ora ci dicono loro di ammazzare… un Ministro… prima di fare il colpo di Stato…».

Secondo la Procura generale, che ha chiesto la riapertura dell’istruttoria, l’intercettazione «non è un’ulteriore coincidenza; non è un elemento trascurabile e non è assolutamente una prova sovrabbondante», ma costituisce «la prima acquisizione diretta riferita alla viva voce di chi dal di dentro vive le dinamiche di ‘ndrangheta, che ricostruisce quanto è avvenuto in quegli anni, in Provincia di Reggio Calabria, proprio in relazione alle stragi». Una prova che «non è contaminata dalla sentenza di primo grado, le cui motivazioni sono state depositate il 19 gennaio 2021».

E proprio con quello storico verdetto di primo grado i giudici comminarono la pena dell’ergastolo a Giuseppe Graviano e Rocco Filippone, ritenuti responsabili come mandanti di una serie di attentati ed omicidi avvenuti tra il dicembre 1993 e il febbraio 1994, in cui persero la vita anche gli appuntati Antonino Fava e Vincenzo Garofalo, ammazzati sulla Salerno-Reggio Calabria. Le motivazioni della sentenza hanno collegato in un unico filo rosso le azioni militari delle mafie coinvolte nell’attacco frontale allo Stato alla partecipazione a tale strategia di settori deviati delle istituzioni. Sullo sfondo, uno specifico disegno di carattere politico. “Di tale strategia, i tre attentati ai carabinieri (fortunatamente non tutti andati a buon fine) hanno costituito uno dei momenti più significativi di un cinico piano di controllo del potere politico (fortunatamente fallito) nel quale sono confluite tendenze eversive anche di segno diverso (servizi segreti deviati) per effetto anche della ‘contaminazione’ o ‘evoluzione’ originata dall’inserimento della mafia siciliana e calabrese all’interno della massoneria”, si legge nero su bianco nella sentenza. “Il culmine di tale attacco allo Stato – scrive sempre la Corte d’Assise – si sarebbe dovuto raggiungere il 23 gennaio 1994 con l’attentato allo Stadio Olimpico di Roma che, se portato a termine, avrebbe certamente determinato l’uccisione di decine e decine di carabinieri, piegando in maniera definitiva lo Stato, già colpito dalle stragi avvenute negli anni precedenti”. Secondo i giudici di primo grado, infatti, l’attentato ai carabinieri in Calabria e la tentata strage dell’Olimpico sarebbero avvenuti “in un momento in cui le organizzazioni erano alla ricerca di nuovi e più affidabili referenti politici, disposti a scendere a patti con la mafia, che furono individuati nel neopartito Forza Italia di Silvio Berlusconi in cui erano confluiti i movimenti separatisti nati in quegli anni come risposta alle spinte autonomistiche in Sicilia e Calabria’”. Per la Corte d’Assise, “non può affatto escludersi, anzi appare piuttosto assai probabile, che dietro tali avvenimenti vi fossero dei mandanti politici che attraverso la ‘strategia della tensione’ volevano evitare l’avvento al potere delle sinistre, temuto anche dalle organizzazioni criminali, che erano riuscite con i precedenti referenti politici a godere di benefici e agevolazioni. Si può, quindi, affermare che in tale circostanza si era venuta a creare una sorta di convergenza di interessi tra vari settori che hanno sostenuto ideologicamente la strategia stragista di Cosa Nostra”.

[di Stefano Baudino]

L'Indipendente non riceve alcun contributo pubblico né ospita alcuna pubblicità, quindi si sostiene esclusivamente grazie agli abbonati e alle donazioni dei lettori. Non abbiamo né vogliamo avere alcun legame con grandi aziende, multinazionali e partiti politici. E sarà sempre così perché questa è l’unica possibilità, secondo noi, per fare giornalismo libero e imparziale. Un’informazione – finalmente – senza padroni.

Ti è piaciuto questo articolo? Pensi sia importante che notizie e informazioni come queste vengano pubblicate e lette da sempre più persone? Sostieni il nostro lavoro con una donazione. Grazie.

Articoli correlati

Iscriviti a The Week
la nostra newsletter settimanale gratuita

Guarda una versione di "The Week" prima di iscriverti e valuta se può interessarti ricevere settimanalmente la nostra newsletter

Ultimi

Articoli nella stessa categoria