giovedì 25 Aprile 2024

Conti segreti, ONG losche e borse di contanti: il Qatargate si abbatte sulla sinistra europea

Nelle scorse ore, lo scandalo delle tangenti provenienti dal Qatar si è abbattuto sull’Unione europea. Attualmente, la giustizia belga sta indagando su almeno 16 persone, tra cui deputati ed ex deputati del Parlamento europeo nonché diversi assistenti, legati soprattutto al gruppo dei Socialisti e Democratici (S&D). Ieri pomeriggio è stato convalidato l’arresto dell’ex eurodeputato del Pd e di Articolo 1 Antonio Panzeri, del direttore della ong No Peace Without Justice Nicolò Figà-Talamanca, della vicepresidente dell’Assemblea legislativa comunitaria Eva Kaili e del suo compagno Francesco Giorgi. Sono accusati di associazione a delinquere, corruzione, favoreggiamento e riciclaggio. Avrebbero infatti sfruttato il loro ruolo al Parlamento europeo per promuovere, in cambio di tangenti, i supposti miglioramenti in materia di diritti umani messi in campo da Doha e ripulirne l’immagine di fronte al mondo. Ciò si sarebbe tradotto in una serie di aperture verso l’emirato, come l’appoggio alla liberalizzazione dei visti o la decisione di non condannare il Qatar per la sua gestione dei mondiali di calcio.

Una gestione oscura, di cui abbiamo parlato all’interno dell’ultimo numero del Monthly Report, fatta di interferenze per l’assegnazione della sede e violazione dei diritti umani. Più volte la deputata europea di Left Manon Aubry aveva chiesto all’Assemblea di adottare una risoluzione di condanna al Qatar. Dopo gli iniziali rifiuti, il 21 novembre scorso si è arrivati alla votazione pubblica sull’aggiunta della risoluzione sul Qatar all’ordine del giorno. La modifica è passata per soli 16 voti (181 a favore, 165 contrari e 32 astensioni), con quasi la totalità del gruppo socialista, tra cui Eva Kaili, schierato sul fronte del no. Da sottolineare anche il voto sfavorevole di Marc Tarabella, deputato socialista a cui ieri, in seguito alla perquisizione dell’ufficio, sono stati confiscati i portatili. La presa di posizione durante il voto ha destato scalpore tra gli addetti ai lavori, ma non stupisce alla luce delle recenti indagini. Il 1 dicembre scorso, la Commissione del Parlamento europeo sulle Libertà civili, giustizia e affari interni (LIBE) stava decidendo sui negoziati UE per la liberalizzazione dei visti di Oman, Kuwait e Qatar. All’incontro si sono uniti anche Eva Kaili e Marc Tarabella, pur non facendo parte della Commissione. Una presenza che comunque non ha influito sull’esito del voto (42 voti favorevoli alla misura e 15 contrari) ma che può essere spiegata alla luce di altri ospiti presenti in sala, ovvero i diplomatici dei Paesi interessati alla procedura di deroga dei visti. Strategia per farsi notare? Per il momento dietrologia su cui soltanto l’esito delle indagini potrà fare chiarezza.

Ciò che è emerso per il momento dal Qatargate ha comunque avuto un ovvio eco nella politica italiana, soprattutto tra le fila di una imbarazzata sinistra che sulla carta difende i diritti ma poi si ritrova spesso a fare i conti con la realtà. Luca Visentini, per undici anni a capo della Confederazione dei sindacati europei (ETUC) ed eletto lo scorso novembre segretario generale della International Trade Union Confederation (confederazione mondiale dei sindacati), è attualmente “libero su condizioni”. Invece, dopo un silenzio durato due giorni, Articolo 1 ha deciso di espellere dai propri iscritti Panzeri, che in casa custodiva 500mila euro in contanti e ora si trova in stato di fermo, così come la moglie e la figlia. Panzeri è stato il co-presidente della Commissione parlamentare mista UE – Marocco e presidente della “Delegazione Maghreb” del Parlamento europeo: un validissimo portatore di interessi, almeno sulla carta. Per sette anni è stato nel mirino dell’OLAF, l’ufficio antifrode che vigila sul bilancio dell’Unione europea. L’ente, in un rapporto inviato al Parlamento europeo,  ha contestato all’ex eurodeputato l’uso illegittimo delle risorse economiche relative all’indennità di assistenza parlamentare. Nel 2019, Panzeri ha poi fondato Fight Impunity, ong impegnata nella difesa dei diritti umani finita nel calderone delle indagini.

Due anni prima, il politico classe 1955 era passato dalle fila del Partito democratico a quelle di Articolo 1, il partito fondato dall’amico Massimo D’Alema. Il caso ha voluto che entrambi, a poche ore di distanza, si trovassero al centro di due notizie riguardanti il Qatar. L’ex presidente del Consiglio, impegnato da anni nella consulenza internazionale (si pensi alla trattativa per la vendita di armi italiane alla Colombia) ha guidato l’uomo d’affari qatarino Ghanim Bin Saad Al Saad nel presentare un’offerta per l’acquisto della raffineria di Priolo, di recente nazionalizzata (a tempo) dal governo Meloni.

In attesa che le indagini del Qatargate facciano il proprio corso, è iniziata la caccia alle prove economiche, tra cui i conti off-shore dei soggetti coinvolti. Eva Kaili, dopo essere stata sospesa dalla presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola, ha visto congelarsi i suoi beni in Grecia a seguito di una decisione delle autorità di Atene. Qualche ora prima, il padre dell’ormai ex vicepresidente è stato sorpreso con un trolley pieno di banconote mentre usciva da un lussuoso hotel di Bruxelles. Il valore totale del sequestro ammonterebbe a 750mila euro, 600mila nella valigia e 150mila nell’abitazione greca.

[di Salvatore Toscano]

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