venerdì 19 Aprile 2024

Recensioni indipendenti: Ubuntu: io sono perché noi siamo (documentario)

Un documentario indipendente e socialmente emozionante, dal respiro internazionale realizzato nel 2019 da Matteo Morandini e Daniele Palmi della durata di 52 minuti, disponibile su YouTube. Nel 2017 Poggio alla Croce, un piccolo paesino di appena 500 abitanti situato sulle colline del Chianti in provincia di Firenze, viene sconvolto dalla notizia dell’arrivo di un gruppo di circa 30 migranti. Nonostante tutto alcuni cittadini reagiscono e cercano di trovare una soluzione, sviluppando una storia rara ed esemplare di migrazione e integrazione. Una prova coraggiosa e difficile sia per l’avversione dimostrata da alcuni residenti contrari all’arrivo dei migranti, sia per la mancanza di esperienza in fatto di accoglienza, ma è stata proprio la spontanea semplicità che è riuscita a creare con naturalezza la relazione con l’altro, accantonando l’indifferenza, la rabbia e la paura, lasciandosi contaminare dalla solidarietà e dall’umanità.

Quella che i protagonisti ci raccontano è la reazione “normale” che tanti cittadini mettono in atto di fronte a fatti che investono i propri territori e invadono i propri spazi. Non è questione di mettere in luce le potenzialità degli abitanti di un piccolo paese come tanti, bensì di raccontare un modo di reagire misconosciuto ma anche molto diffuso dove una piccola comunità diventa una metafora dell’essere umano di oggi. Una narrazione incentrata sull’umanità dei protagonisti, gente comune spinta soltanto dalla voglia di aiutare lo “straniero”, in quanto tale “diverso” e per alcuni un vero e proprio nemico, avventurandosi in un percorso di cambiamento e di scoperta di nuovi scenari della propria vita rifiutando un individualismo che preferisce non confrontarsi con quelle che sono le problematiche del mondo.

Gli autori spiegano che: «La storia accaduta a Poggio alla Croce secondo noi è stata una manifestazione di “Ubuntu”, al punto che abbiamo deciso di usare la parola come titolo del documentario.» La parola Ubuntu deriva dalla lingua Zulu e ha il significato di umanità verso gli altri, un’espressione che indica “benevolenza verso il prossimo”. Una regola di vita, basata sulla compassione e il rispetto dell’altro. “Io sono ciò che sono in virtù di ciò che tutti siamo”. L’ubuntu esorta a sostenersi e aiutarsi reciprocamente, a prendere coscienza non solo dei propri diritti, ma anche dei propri doveri, poiché è una spinta ideale verso l’umanità intera, un desiderio di pace.

Nella così detta “scuolina” per i migranti, di cui si racconta nel documentario, si raccoglievano vecchi computer buttati via dagli abitanti del paese per rigenerarli con il sistema operativo gratuito di Linux nella versione Ubuntu. Questa rigenerazione delle macchine è stata una metafora per la rigenerazione sociale ma anche interiore avvenuta in questa comunità e ispirata, più o meno consapevolmente, alla famosa filosofia africana. Nelson Mandela ha descritto il concetto di ubuntu come: «il senso profondo dell’essere umani solo attraverso l’umanità degli altri; se concluderemo qualcosa al mondo sarà grazie al lavoro e alla realizzazione degli altri».

[di Federico Mels Colloredo]

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