sabato 20 Aprile 2024

Il governo Draghi non ha alcuna intenzione di fermare le delocalizzazioni

Con una votazione tenutasi all’inizio di questa settimana la Commissione Bilancio del Senato ha bocciato l’emendamento alla Legge di Bilancio 2022 scritto dai lavoratori della GKN e depositato dal senatore Mantero, promuovendo invece quella proposta dal Governo e redatta dal ministro del Lavoro Andrea Orlando e dalla viceministra dello Sviluppo Economico Alessandra Todde. Sono state così ignorate le ripetute richieste degli operai che la ritenevano una misura iniqua mirata al solo vantaggio delle aziende, un provvedimento “dalla parte di Confindustria e delle multinazionali”.

Dopo cinque mesi di lavori il senatore Matteo Mantero, di Potere al Popolo (PaP), era giunto ad elaborare, insieme agli operai della GKN e a numerosi giuristi, il testo di un emendamento alla Legge di Bilancio 2022 che aveva l’obiettivo di introdurre “norme volte a impedire casi come quello di GKN e a tutelare l’occupazione e il tessuto produttivo del Paese da atteggiamenti predatori“. Nel luglio di quest’anno, infatti, 422 lavoratori dell’azienda GKN avevano ricevuto una mail con la comunicazione di licenziamento immediato e chiusura dello stabilimento. Sorte simile è toccata poche settimane fa a tre impiegate della multinazionale giapponese Yazaki, licenziate con effetto immediato tramite videochiamata in seguito alla decisione dell’azienda di delocalizzare gli uffici all’estero. Ad agosto, 90 operai della ditta Logista di Bologna hanno ricevuto un messaggio via Whatsapp con la comunicazione del termine della collaborazione lavorativa a partire dal 20 agosto. All’inizio di questa settimana la sede di Jesi della Caterpillar, presso la quale sono impiegate all’incirca 260 persone, annuncia la delocalizzazione. Iniziativa che il Governo potrebbe bloccare, ma sul quale ha preferito non esprimersi.

Prerogativa dell’emendamento era garantire il tessuto produttivo e i livelli occupazionali, con iniziative a tutela degli operai quali, in caso di cessione, la garanzia per i lavoratori dei medesimi livelli economico-normativi, con una ricollocazione ad un massimo di 40 km di distanza dall’impresa precedente. Al fine di avere un ampio bacino di applicazione, le iniziative previste avrebbero dovuto essere estese a tutte le aziende con un minimo di 100 dipendenti o anche di dimensioni inferiori, qualora nei due anni precedenti avessero portato a termine licenziamenti collettivi. La bozza Mantero-GKN è tuttavia stata respinta in Senato in favore di quella a firma Orlando-Todde. Le differenze tra le due sono sostanziali, in primo luogo perchè la Orlando-Todde è applicabile ad aziende con un minimo di 250 dipendenti, ovvero lo 0,1% delle aziende italiane. Inoltre, il piano per la limitazione delle ricadute occupazionali ed economiche in seguito alla chiusura può avere durata non superiore ai 12 mesi e non prevede obblighi di mantenimento dei livelli occupazionali, ma semmai una “gestione meno traumatica” delle procedure di licenziamento.

Il problema non erano le modalità” spiegano i lavoratori di GKN stessi in un video postato sui social. “Licenziamenti via Zoom, Whatsapp, sms, dimostrano quale sia l’arroganza delle multinazionali, ma il problema rimane sempre e soltanto il licenziamento in sè e la chiusura delle aziende”, problematica che il Governo affronta “chiedendo all’azienda che sta chiudendo solo una misura per mitigare l’impatto sociale della chiusura”. In pratica, affermano usando una metafora colorita ma efficace, “Noi chiedevamo di abolire la pena di morte e si è finiti a discutere sul galateo del boia”.

Unica alternativa per i lavoratori, ai quali la notifica di licenziamento va consegnata con 90 giorni di preavviso, è l’integrazione salariale straordinaria, misura emergenziale e assistenzialista che non permette una risoluzione strutturale della problematica. In caso di mancata attuazione del piano, inoltre, per l’azienda è previsto il pagamento di un ticket di licenziamento raddoppiato. “In pratica con 90 giorni di avviso e con 600 mila euro si può chiudere un’azienda come GKN” spiegano i lavoratori. Al termine della durata del piano l’impresa può procedere con le procedure di licenziamento collettivo senza nemmeno versare il ticket di licenziamento (la Naspi) moltiplicato per tre volte, previsto dalla legge 92/2012.

Il Governo ha nuovamente fallito, come già in diverse occasioni, la possibilità di portare a termine iniziative a favore della popolazione, evitando il confronto con i settori direttamente interessati. Come affermano gli operai, “Il problema non sono le multinazionali che scappano, che scappino pure: il problema è cosa fa lo Stato che resta“. E lo Stato, in piena regola con la visione di Draghi, tira dritto sulla via delle privatizzazioni e dei licenziamenti di massa senza guardarsi intorno.

[di Valeria Casolaro]

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