martedì 13 Maggio 2025
Home Blog Pagina 79

USB, proclamato sciopero immediato dei camionisti

0

L’Unione Sindacale di Base (USB) ha proclamato uno sciopero nazionale immediato, riguardante i lavoratori dell’autotrasporto merci. Lo sciopero sarà ad oltranza, fino alla convocazione dei ministeri competenti con cui si dovrà discutere delle problematiche del settore. Il sindacato, nello specifico, si è scagliato contro le modifiche al Codice della Strada volute dal ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture Matteo Salvini.

Messina, condannati a pagare 340 mila euro di spese legali: raccolta fondi per i No Ponte

2

Nelle scorse settimane, il Tribunale di Roma ha respinto la class action di 104 cittadini contro la costruzione del Ponte sullo Stretto di Messina, dichiarandola inammissibile e imponendo ai ricorrenti il pagamento di oltre 340mila euro di spese legali: per questo motivo, gli attivisti No Ponte hanno lanciato una raccolta fondi, appellandosi alla solidarietà e al sostegno della società civile. Nella class action, i cittadini contestavano alla Società Stretto di Messina la violazione di diligenza, correttezza e buona fede nel portare avanti il progetto, ritenuto privo di interesse strategico e non fattibile a livello ambientale, strutturale ed economico. I giudici hanno stabilito che l’azione non è giustificata, poiché non esisterebbero danni ambientali evidenti e la società starebbe agendo secondo la legge. A suscitare indignazione non è stato solo il rigetto del ricorso, ma in particolare l’entità delle spese imposte ai ricorrenti. Gli attivisti hanno infatti denunciano l’assenza di una chiara spiegazione su come sia stata calcolata la cifra, sottolineando come una condanna di questa portata sia senza precedenti nella giurisprudenza italiana.

Nello specifico, l’obiettivo dei comitati è quello di alleviare il peso economico sui ricorrenti, incamerando risorse per continuare a difendere il territorio. Il ricorso degli attivisti mirava a bloccare la realizzazione del Ponte e a chiedere l’annullamento del decreto con cui il governo ha rilanciato il progetto. «Per essersi opposte a tutto questo 104 persone, parte la grande comunità del movimento no ponte di Calabria e Sicilia, sono state condannate a pagare 340 mila euro alla Società Stretto di Messina Spa. La stessa Società che, da quando è stata fondata nel 1981 ad oggi, è già costata a tutte e tutti noi oltre €300 milioni di euro – si legge nel testo della petizione che accompagna la raccolta fondi, pubblicata sul portale online Produzioni dal basso. Mentre il nostro territorio è minacciato da cantieri infiniti, le risorse destinate a opere essenziali, come quelle del Fondo di Coesione e Sviluppo, vengono dirottate per finanziare questa follia, ci troviamo di fronte a un tentativo evidente di colpire chi si mobilita per difendere lo Stretto». Al momento, la somma raccolta è ancora distante dall’obiettivo, ma l’iniziativa mira a sensibilizzare l’opinione pubblica e a garantire il diritto alla giustizia per tutti, senza discriminazioni economiche. Nel frattempo, gli attivisti hanno impugnato la sentenza e il 30 giugno la Corte d’Appello delle Imprese di Roma sarà chiamata a discutere il caso. Nel frattempo, il verdetto resta esecutivo e i 340mila euro devono essere versati.

Il progetto del Ponte sullo Stretto continua a dividere. I sostenitori lo vedono come un volano per lo sviluppo del Mezzogiorno e il potenziamento delle infrastrutture nazionali. Gli oppositori sollevano invece dubbi sulla sostenibilità economica e ambientale dell’opera, definendola una priorità mal posta rispetto a problemi infrastrutturali più urgenti, come il miglioramento della rete ferroviaria. A metà gennaio, era arrivato un nuovo ostacolo per il progetto, con l’accoglimento da parte del TAR del Lazio del ricorso dei comuni di Reggio Calabria e Villa San Giovanni – che avevano contestato che i loro pareri non fossero stati considerati nel processo decisionale – contro l’ok del Ministero dell’Ambiente all’opera. Ai Comuni è stato infatti consentito di presentare nuovi documenti sui possibili impatti ambientali del Ponte. Il Ministero dei Trasporti e la società Stretto di Messina avevano chiesto l’inammissibilità del ricorso, ma il TAR ha deciso di esaminarlo nel merito.

[di Stefano Baudino]

Università, Bologna: scontri tra polizia e corteo dei precari

0

A Bologna, in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico dell’Alma Mater, studenti e ricercatori hanno organizzato un momento di protesta contro la precarizzazione dell’università. «Contro tagli, guerra e precarietà, blocchiamo l’università», recitava lo striscione in testa al corteo partito dal Portico dei Servi e diretto all’ateneo. I manifestanti, giunti in via Guerrazzi, sono stati bloccati e caricati dalla polizia in tenuta antisommossa. A una piccola delegazione è stato poi concesso di intervenire durante la cerimonia di apertura dell’anno accademico.

Turchia e curdi aprono alla pace: il PKK conferma la tregua, Erdogan parla di occasione storica

2

Il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) ha annunciato che «rispetterà pienamente l’appello del leader Öcalan» e ha dichiarato il cessate il fuoco a partire da oggi, 1° marzo. Per quanto riguarda la richiesta di dissoluzione, il PKK ha chiesto alla Turchia garanzie di sicurezza e ha lanciato un congresso da svolgersi sotto la guida dello stesso Öcalan, di cui ha chiesto la scarcerazione. Il partito curdo era l’ultima delle parti chiamate direttamente o indirettamente in causa a dover rilasciare una dichiarazione sulle parole di Öcalan. Le forze curde del Rojava (il cosiddetto “Kurdistan siriano”) hanno accolto positivamente l’appello del leader del PKK, sottolineando comunque che esso «non è rivolto a noi», mentre il presidente turco Erdoğan ha definito quella fornita da Öcalan una «opportunità storica» per costruire una Turchia più «inclusiva». Con l’annuncio del PKK, sembra aprirsi la strada per il più grande tentativo di riconciliazione di sempre in quella che è una delle più longeve lotte per la liberazione degli ultimi decenni.

L’annuncio del PKK è arrivato questa mattina. Da oggi, si legge nel comunicato, le forze curde affiliate al partito non attaccheranno se non in risposta a un’offesa. Il gruppo ha anche accettato la convocazione di un congresso per la dissoluzione, ma a solo a condizione che Öcalan, definito l’unico in grado di guidare la regione verso la pace, venga scarcerato. Affinché il processo finale di integrazione abbia successo, invece, il PKK chiede garanzie di sicurezza, di «politiche democratiche», e «giuridiche». La risposta del partito curdo segue l’apertura dei dialoghi politici tra le varie fazioni turche. Erdoğan ha accolto positivamente l’accordo, sostenendo che «un Paese senza terrorismo» sarebbe una vittoria per tutti i suoi abitanti, «turchi, curdi, arabi, alauiti o sunniti» che siano. Ha poi affermato che «non perdonerà» chiunque conduca questo nuovo processo di pace «verso un vicolo cieco», minacciando una dura risposta. Il portavoce del partito di Erdoğan, Ömer Çelik, invece, è sembrato più scettico circa la possibilità di trattare con i «terroristi» e ha chiesto che «indipendentemente dal nome PKK, YPG, YPJ, SDF, tutti gli elementi e le estensioni dell’organizzazione terroristica in Iraq e Siria dovrebbero deporre le armi e dissolversi».

Le stesse Forze Democratiche Siriane (SDF), alleanza che comprende le forze curde attive nel Rojava (YPG e YPJ), hanno accolto positivamente l’appello di Öcalan. Il leader delle SDF, il curdo Mazloum Abdi, ha detto che le parole del leader del PKK aprono a una prospettiva di «pace e sicurezza per tutta la regione», ma ha chiarito che la richiesta di deporre le armi «è rivolta al PKK e non a noi». In questo momento, le SDF sono in aperta trattativa con il nuovo governo siriano e sembrano avere trovato un accordo per entrare a far parte dell’esercito del Paese. La notizia è stata confermata da diversi media curdi, ma manca ancora la conferma dal leader del nuovo governo siriano, Al-Jolani. Non sono noti i dettagli degli accordi.

L’annuncio del cessate il fuoco unilaterale del PKK rischia di segnare una svolta storica in quello che risulta essere uno dei conflitti interni più lunghi degli ultimi anni. Il conflitto tra Turchia e popolo curdo va avanti da 40 anni e ha causato circa 55.000 morti. Esso ha ampie ripercussioni sull’intera regione mediorientale, e in particolare sulla Siria, dove dodici anni fa è iniziata la rivoluzione del Rojava con la rivolta della città di Kobane. Il Kurdistan è infatti una regione montuosa compresa tra Turchia, Siria, Iraq e Iran. I curdi costituiscono il più vasto popolo senza nazione al mondo (sono circa 30 milioni) e non sono riconosciuti dalla Turchia, che fino agli anni ’90 li chiamava “turchi di montagna“. In questo, le stesse parole di Erdoğan, che ha parlato esplicitamente di “curdi”, segnano un simbolico passo avanti verso il riconoscimento della maggiore minoranza etnica al mondo. Resta comunque da vedere quali saranno i risvolti pratici delle dichiarazioni turche, e se il presidente non si limiterà alle sole parole: l’ultima volta che si era andati così vicini a una pace è stata nel 2013, quando Öcalan aveva annunciato il cessate il fuoco con la Turchia e il ritiro dei guerriglieri del PKK dal territorio turco. In seguito a tale annuncio vennero avviate delle trattative di pace, poi arenatesi nel 2015, evento che portò all’isolamento dello stesso Öcalan e a una nuova chiusura da parte turca, con il rilancio della repressione del popolo curdo.

[di Dario Lucisano]

USA, ok a vendita di 3 miliardi di dollari in munizioni e bulldozer a Israele

0

Mentre gli USA continuano a sostenere l’esercito israeliano nei suoi conflitti in Medio Oriente, il Segretario di Stato USA Marco Rubio ha firmato la vendita di emergenza di 2 miliardi di dollari in bombe e testate nucleari allo Stato Ebraico. Inoltre, la Defense Security Cooperation Agency (DSCA) degli USA ha annunciato altri 675,7 milioni di dollari in bombe e kit di guida, nonché 295 milioni di dollari in bulldozer e relative attrezzature. La DSCA ha affermato che Rubio ha giustificato la vendita immediata a Israele degli articoli e dei servizi di difesa «nell’interesse della sicurezza nazionale degli Stati Uniti».

Il carpentiere e la pace

0

Ritorno su una etimologia di cui ho già scritto su L’Indipendente, aggiungendo qualche nuovo collegamento: l’etimologia di “pace”. Il termine deriva dal latino pax ma è il suo retroterra semantico a stupire e a permetterci una serie attraente di viaggi associativi. Pax è l’esito nominale e figurativo del verbo latino pango, il cui significato proviene dal mestiere del falegname, quando si incastrano e si fanno collimare uno con l’altro due distinti pezzi di legno per creare una struttura solida e resistente, ad esempio mediante l’innesto a coda di rondine (che tra l’altro si usa anche in chirurgia). Così pensiamo alla pace come al risultato di uno sforzo abile e intelligente di stabilire un patto duraturo tra due differenti parti.

L’esempio è ancora più eclatante se pensiamo al mestiere del carpentiere: quello navale, che costruisce gli scafi di barche e navi dove tavole ed assi vengono assemblati – compattati – per comporre uno scheletro pronto alle onde anche imponenti, o quello edile che allestiva l’armatura dei tetti delle chiese che, a buon diritto, davano vita a navi e navate dell’edificio.

Il termine “carpentiere” è di origine gallica e si riferisce al carro a due ruote (carpentum) dove, per realizzarlo, vengono congiunte e fissate delle assi.

La pace è dunque far stare in piedi le parti, dar vita a qualcosa di nuovo e di stabile che, come uno scafo o un tetto, sappia sostenere gli sforzi e i carichi e sappia affrontare le intemperie.

La pace è una unione, un accordo, pensato in modo duraturo, di elementi costitutivi, ha sue regole e calcoli costruttivi, una sua architettura.

Unione di pezzi sì ma anche di cuori, di intenzioni concordanti. «Concordia parvae res crescunt, discordia maximae dilabuntur»: nella concordia anche le piccole cose crescono, nel contrasto anche le più grandi vanno in rovina (Sallustio, storico di Roma, I sec. a.C).

Per la pace è necessaria una competenza, una intelligenza di visione, per la guerra basta una disattenzione volontaria, l’incapacità a tenere insieme i pezzi e sullo sfondo anche il sadismo di chi preferisce i crolli, i calcoli sbagliati, dando ovviamente la colpa della mal riuscita a qualcun altro.

[di Gian Paolo Caprettini]

Contro il Covid non si vaccina più nessuno: in Italia copertura al 5% anche tra gli over 80

5

Tra l’agosto 2024 e il gennaio 2025, l’Italia ha registrato una copertura vaccinale contro il Covid ben al di sotto della media europea, ferma all’un percento tra le persone di oltre 60 anni e al 5,8% tra gli ultraottantenni. Lo attesta un nuovo rapporto del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC), che analizzando i dati inerenti al nostro Paese ha evidenziato un divario significativo con gli Stati del Nord Europa e una situazione simile a quella dell’Europa dell’Est. Complessivamente, nei 20 Paesi analizzati, il tasso mediano di copertura è stato del 7,4% tra gli over 60 e del 10,8% tra gli over 80. Mentre alcuni Paesi superano il 50% di copertura, l’Italia si conferma tra le nazioni con il minor numero di vaccinati. Questo accade nonostante, secondo le linee guida del ministero della Salute, il richiamo vaccinale rimanga raccomandato e gratuito per tutte le persone con più di 60 anni di età.

Nello specifico, nonostante le raccomandazioni del Ministero della Salute, nel periodo considerato in Italia si sono vaccinate solo 13,2 milioni di persone di età pari o superiore a 60 anni, di cui 3,9 milioni di persone con un’età pari o superiore a 80 anni. Le percentuali risultano ancora più basse nelle fasce anagrafiche più giovani: nei 70-79enni è pari solo al 4,1%, mentre tra le persone di età compresa fra i 60 e i 69 anni si ferma all’1%. A livello europeo, il tasso di vaccinazione tra gli over 80 si attesta a poco meno dell’11%, mentre per la fascia di età superiore ai 60 anni la copertura si ferma al 7,37%. Tra i Paesi del continente, solo la Svezia supera il 50% di vaccinati tra gli over 60, mentre tra gli over 80 raggiungono questa soglia sei nazioni: Svezia, Finlandia, Danimarca, Olanda, Irlanda e Porto. Nel complesso, tra agosto e gennaio, in Europa sono state somministrate in tutto 15 milioni di dosi di vaccino, di cui oltre il 75% è rappresentato da Pfizer. La versione aggiornata alla variante JN.1 costituisce il 70,6% delle somministrazioni.

Nel frattempo, il mese scorso, la Commissione Europea ha firmato un contratto quadriennale con Moderna per l’acquisto congiunto di vaccini mRNA contro il Covid-19, permettendo ai 17 Paesi partecipanti di ordinare fino a 146 milioni di dosi. L’Italia non rientra tra i Paesi partecipanti a questo accordo, ma il nostro Paese ha già assicurato la fornitura annuale di dosi vaccinali anti-Covid fino al 31 dicembre 2026 grazie a precedenti accordi di acquisto: un meccanismo che garantisce una disponibilità continua di vaccini senza la necessità di nuovi acquisti immediati. Qualora emergesse la necessità di dosi vaccinali supplementari o aggiornate per nuove varianti del virus, l’Italia ha previsto la possibilità di procedere con ulteriori operazioni di approvvigionamento. Le singole regioni detengono comunque una certa autonomia nella gestione sanitaria, potendo decidere di acquistare ulteriori dosi in base alle proprie valutazioni. lo scorso agosto, ad esempio, la Regione Emilia-Romagna aveva richiesto a Pfizer la fornitura di mezzo milione di vaccini anti-Covid adattati alle nuove varianti. Vista la progressiva diminuzione della richiesta e della pericolosità della malattia, l’ordine della regione – che ha messo sul piatto circa nove milioni di euro di soldi pubblici alla multinazionale del farmaco americana per tali dose – è apparso alquanto sproporzionato.

Nel dicembre del 2023, un’analisi svolta dal sito Politico, basata su statistiche diramate da 19 Paesi europei, ha rivelato che sarebbero state cestinate almeno 215 milioni di dosi di vaccini contro il Covid-19 acquistate dagli Stati UE durante la fase pandemica. Il tutto per un costo stimato per i contribuenti di circa 4 miliardi di euro. I dati hanno infatti mostrato che i Pesi membri avrebbero scartato una media di 0,7 vaccini per ogni componente della loro popolazione. In termini assoluti, è stato attestato come l’Italia sia al secondo posto per dosi di vaccino buttate via (49 milioni), preceduta solo dalla Germania (83 milioni).

[di Stefano Baudino]

Corea del Sud: manifestazioni a favore e contro il presidente

0

I cittadini della Corea del Sud sono scesi in piazza per protestare sia a favore che contro il presidente Yoon Suk Yeol, sotto processo con l’accusa di tradimento. Le manifestazioni sono iniziate oggi, sabato 1° marzo, e seguono di qualche giorno l’udienza sull’impeachment contro di lui. In particolare, i sostenitori di Yoon si stanno riunendo in piazza Gwanghwamun, nel centro di Seoul, mentre i suoi critici stanno tenendo una manifestazione parallela presso la stazione di Anguk. Secondo gli organizzatori, alle loro manifestazioni parteciperanno rispettivamente circa 100.000 persone.

Clamoroso alla Casa Bianca: Trump umilia Zelensky in diretta

17

È senza precedenti quanto accaduto nello studio ovale della Casa Bianca, mentre il presidente statunitense Donald Trump e il suo omologo ucraino Vladimir Zelensky parlavano davanti alla stampa e alle tv. L’incontro, che doveva servire a riavvicinare i due grazie all’accordo sui materiali rari ucraini, si è trasformato in un litigio in diretta, con Trump che ha attaccato frontalmente Zelensky. «Stai giocando con la Terza Guerra Mondiale»; «senza le armi degli Stati Uniti avresti perso la guerra in due settimane»; «non hai le carte in mano. Non puoi venire qua a dire voglio questo, voglio quello»; fino a «non sei tanto intelligente»: sono alcune delle frasi che Trump ha rivolto al presidente ucraino durante l’incontro. Che al termine dell’incontro è stato allontanato dalla Casa Bianca, con il presidente USA che ha dichiarato che potrà tornare solo «quando sarà pronto per la pace» con la Russia.

L’atmosfera si è surriscaldata quando Trump ha detto al presidente ucraino che «dovrà fare compromessi» con la Russia per arrivare ad una tregua e Zelensky ha risposto esortandolo a «non scendere a compromessi con un assassino», riferendosi a Putin. «Dovresti ringraziare il presidente per aver cercato di porre fine a questo conflitto», ha detto a quel punto il vicepresidente americano JD Vance, aggiungendo che l’Ucraina sta affrontando seri problemi. Zelensky ha ribattuto celebrando la resistenza ucraina e affermato che anche gli Stati Uniti hanno i loro problemi. Tra i due è andata avanti una discussione, poi interrotta da Trump che rivolgendosi al presidente ucraino ha detto: «Stai giocando con la vita di milioni di persone. Stai giocando con la Terza Guerra Mondiale».

A quel punto il presidente ucraino ha provato a chiedere la parola, affermando: «Posso rispondere?» e Trump lo ha zittito dicendo: «No, hai già parlato molto». Poi Trump ha sbottato: «Il tuo paese è in grande difficoltà. Non stai vincendo. Grazie allo stupido presidente che c’era prima, ti abbiamo dato 350 miliardi. Dovresti esserci grato per quello che ti abbiamo dato. Non sei nelle condizioni di dettare le regole con noi, non hai carte in mano. Non puoi venire qua a dire voglio questo, voglio quello», ha affermato al presidente ucraino che ha provato a ribattere dicendo di non essere venuto per giocare a carte.

Lo scontro verbale è andato avanti per diversi minuti, tra lo sguardo attonito di molti presenti e con l’ambasciatrice ucraina ripresa a guardare in basso con le mani tra i capelli. «Senza le armi degli Stati Uniti avresti perso la guerra in due settimane», un’altra delle frasi che Trump ha rivolto a Zelensky, mentre in un altro passaggio lo ha insultato dicendogli che «non è tanto intelligente».

La conferenza stampa che avrebbe dovuto tenersi al termine dell’incontro è stata annullata. Secondo l’emittente statunitense Fox News, Zelensky è stato cacciato dalla Casa Bianca. Mentre il presidente americano è tornato sulla questione con un post sul suo social network, Truth, nel quale ha scritto: «Oggi abbiamo avuto un incontro molto significativo alla Casa Bianca. Ho appreso molte cose che non si sarebbero mai potute capire senza una conversazione sotto una tale pressione. È sorprendente ciò che emerge attraverso le emozioni, e ho stabilito che il presidente Zelensky non è pronto per la pace se l’America è coinvolta, perché ritiene che il nostro coinvolgimento gli dia un grande vantaggio nei negoziati. Non voglio vantaggi, voglio la pace. Ha mancato di rispetto agli Stati Uniti d’America nel loro amato Studio Ovale. Potrà tornare quando sarà pronto per la pace».

Corno alle scale: via libera alla distruzione del bosco per fare posto allo sci

2
Il nuovo impianto di Corno alle Scale, sull’appennino bolognese, ha ottenuto il via libera anche dal Consiglio di Stato. Il massimo organo della giurisdizione amministrativa si è infatti espresso rigettando il ricorso di diverse associazioni ambientaliste che avevano denunciato l’assenza di una valutazione di impatto ambientale per l’opera. L’impianto sorgerà a cavallo di due Parchi regionali, nonché di un sito protetto a livello UE. Ciononostante, tra le altre cose, la costruzione prevede l’eliminazione di un’area boschiva di circa 1356 metri quadrati. Seppur si tratti di un appezzamento dalle dimensioni contenute, nulla dovrebbe giustificare la distruzione di un ecosistema in aree tutelate, a maggior ragione se per fini controversi come lo sviluppo di infrastrutture sciistiche.

Quindi, ache se la neve è sempre più scarsa, la seggiovia Polla-Lago Scaffaiolo nel comprensorio sciistico del Corno alle Scale, in sostituzione della seggiovia Direttissima e della sciovia Cupolino, si farà, e senza alcuna Valutazione di Impatto Ambientale (VIA). I giudici del Consiglio di Stato hanno respinto il ricorso dell’associazione Un altro Appennino è possibile, la quale da anni tenta di contrastare il progetto tra ricorsi, manifestazioni e presidi. Con quasi 7 milioni di fondi pubblici la nuova seggiovia sostituirà, con un tracciato di oltre 996 metri, i 919 metri dell’attuale seggiovia Direttissima e i 645 metri della sciovia Cupolino. Con una stazione di valle, una intermedia e una di monte, il nuovo impianto arriverà a 1782 metri di quota. Non verranno realizzate nuove piste, ma nella fase preliminare complementare alla costruzione sarà necessaria “l’eliminazione di un’area boschiva di circa 1356 metri quadrati nel primo tratto di linea del nuovo impianto”.

⁠L’idea di un collegamento impiantistico tra la provincia di Pistoia e quelle di Bologna e Modena risale al 2016 e – a detta dell’assessore dell’Emilia-Romagna alle Infrastrutture e al Turismo, Andrea Corsini – rappresenta “un progetto strategico per lo sviluppo del turismo della nostra regione”. Regione a cui, nel 2020, il comune di Lizzano in Belvedere presentava un’istanza di verifica di assoggettabilità a VIA. Nel 2021 la Regione aveva però optato per escludere il progetto dalla procedura, nonostante l’intervento ricadesse all’interno sia del Parco Regionale Alto Appennino Modenese e del Parco Regionale Corno alle Scale che della Zona di Protezione Speciale “Monte Cimone, Libro Aperto, Lago di Pratignano”, nonché in prossimità della Zona di Protezione Speciale ”Corno alle Scale”.  Nonostante le denunce del mondo associativo, tali criticità sono state comunque ritenute poco significative dal Consiglio di Stato, il quale nella sentenza ha spiegato che “il giudizio di prevalenza operato dalla Regione si presenta, in ogni caso, privo di profili di evidente irragionevolezza poiché si è basato sulla maggioranza dei pareri espressi, tra i quali figurano anche quelli delle Autorità specificamente competenti in materia ambientale e paesaggistica”.

Secondo le associazioni, c’è il rischio che anche in altre Regioni si cerchi di far passare per ‘ammodernamento’ la costruzione di nuovi impianti. Senza contare poi che investire ancora fondi pubblici in impianti sciistici nell’attuale contesto di riscaldamento globale appare del tutto anacronistico. L’ennesimo spreco di risorse nell’ambito dell’ennesimo tentativo di accanimento terapeutico finalizzato a tenere in vita un settore dal destino più o meno segnato. Il rapporto Nevediversa di Legambiente aveva ad esempio già sottolineato nel 2023 come nel comprensorio in questione la temperatura sia aumentata di 1,8 gradi centigradi tra il 1961 e il 2018. Alla quota a cui è situato, tra i 1.487 e i 1.792 metri sul livello del mare, le precipitazioni nevose sono quindi sempre più rade, ragion per cui sarà inevitabile il ricorso alla neve artificiale, con relativo consumo di energia e risorsa idrica. L’ultimo rapporto del 2024 ha confermato tale tendenza e menzionato il comprensorio di Corno alle Scale tra i casi simbolo per “aperture parziali a causa del manto nevoso fortemente compromesso dalle alte temperature”.

[di Simone Valeri]