giovedì 13 Novembre 2025
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Il Nuovo Messico è il primo Stato USA con un sistema di assistenza universale all’infanzia

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bambino cure

Dal 1° novembre, nel New Mexico l’assistenza all’infanzia sarà gratuita per tutte le famiglie, a prescindere dal reddito. Lo ha annunciato la governatrice Michelle Lujan Grisham, rendendo lo Stato il primo negli Stati Uniti ad adottare un sistema universale10 di cura per i più piccoli. Il provvedimento eliminerà le soglie economiche finora richieste per accedere al servizio, consentendo l’ingresso di altri 12.000 bambini nei programmi pubblici di assistenza. Ma non riguarderà solo le famiglie: la nuova normativa prevede anche un sostegno economico agli operatori del settore e fondi aggiuntivi ...

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Francia, Macron sceglie Sébastien Lecornu come nuovo premier

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Il presidente francese Emmanuel Macron ha scelto Sébastien Lecornu, 39enne ministro della Difesa e suo fedelissimo, come nuovo premier. Lo si apprende da un comunicato dell’Eliseo. Lecornu, che succederà così a François Bayrou, dimessosi oggi, è l’unico esponente rimasto continuativamente al potere dall’arrivo alla presidenza della Repubblica di Macron nel 2017. Era membro del partito conservatore Les Républicains prima di aderire nel 2017 al partito di Macron. Dallo scoppio del conflitto russo-ucraino, Lecornu è diventato il volto del riarmo francese, guidando l’approvazione della nuova legge di programmazione militare che impegna Parigi a destinare 413 miliardi di euro alla difesa tra il 2024 e il 2030.

Nubifragio all’Isola d’Elba: allagamenti e strade impraticabili

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Un violento nubifragio ha colpito l’Isola d’Elba oggi, martedì 9 settembre, intorno alle ore 13, causando allagamenti diffusi, soprattutto a Portoferraio, dove diverse auto sono state trascinate dall’acqua e molte strade restano impraticabili. Non si registrano feriti, ma ci sono danni ad abitazioni e attività commerciali. I vigili del fuoco hanno soccorso alcune persone rimaste intrappolate nei sottopassaggi allagati, mentre in alcune zone si sono verificati blackout telefonici temporanei. Il Comune ha invitato i cittadini a restare in casa. Si tratta del terzo episodio di gravi allagamenti del 2025; l’allerta arancione proseguirà fino a mercoledì alle 13.

Il Nepal è nel caos: ministri in fuga e Parlamento in fiamme

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Il Nepal è nel caos. Tra ieri e oggi, martedì 9 settembre, le maggiori città del Paese, sono state teatro di violente proteste guidate da studenti e giovani nepalesi. Le “proteste della Gen Z”, così sono state soprannominate dai media, sono scoppiate a causa di un blocco dei social imposto dall’esecutivo, ma si sono rapidamente convertite in una critica generalizzata alla corruzione del governo. In meno di 48 ore, i giovani nepalesi hanno invaso le strade del Paese, dato fuoco a case di parlamentari, attaccato fisicamente i ministri, incendiato l’edificio del parlamento e costretto diversi funzionari governativi a dimettersi o fuggire; nel corso delle proteste non sono mancati neanche gli scontri con la polizia, che hanno portato ad almeno 22 morti.

Le proteste in Nepal sono esplose dopo che il governo ha imposto un blocco generalizzato di 26 portali social tra cui giganti quali Facebook, Instagram e YouTube. Formalmente, la misura è arrivata per adeguare il Paese a una nuova legge, che impone la registrazione obbligatoria dei siti web presso il ministero delle Comunicazioni. Le autorità hanno giustificato la propria scelta sostenendo che fosse necessaria per contrastare l’odio online, la criminalità e la diffusione di notizie false, tuttavia molti cittadini hanno interpretato la decisione come una grave limitazione della libertà di espressione.

In seguito alla decisione del governo i giovani nepalesi sono scesi in piazza in tutte le maggiori città del Paese. Nel distretto di Siraha e in quello di Gandaki, i manifestanti hanno appiccato il fuoco contro un edificio amministrativo; incendi e vandalismo sono stati protagonisti anche a Dang, Birgunj, e Rupandehi, località in cui le autorità hanno imposto un coprifuoco, ignorato dai manifestanti. A Bhairahawa, i giovani hanno assaltato l’aeroporto, appiccando incendi nella struttura; anche l’aeroporto della capitale è stato attaccato, ed è stato chiuso per timore che il troppo fumo ostruisse i voli. A Mahottari, le proteste sono arrivate in una prigione, dove 500 manifestanti hanno fatto irruzione nella struttura armati di bastoni e coltelli, facendo evadere 572 detenuti; proteste anche presso il carcere di Lalitpur. I manifestanti sono arrivati anche a Siddharthanagar, Jaleshwar, e in generale in quasi tutte le province nepalesi.

L’area più colpita dalle proteste risulta la capitale Kathmandu. Qui, i manifestanti hanno dato fuoco al Parlamento e ad almeno una abitazione di un ministro. I manifestanti avrebbero inseguito e catturato il ministro delle Finanze, spogliandolo e gettandolo in un fiume. Il ministro per l’abitazione si è dimesso e con lui, riportano i media del Paese, altri funzionari governativi. Tra questi dovrebbe figurare anche il premier Khadga Prasad Sharma Oli; Oli è anche il leader del Partito Comunista del Nepal, e nonostante sia diventato premier l’anno scorso, è in politica da diverso tempo, tanto che aveva già ricoperto la carica tra il 2015 e il 2016 e tra il 2018 e il 2021. Nelle ultime 48 ore, la protesta è arrivata a contestare proprio le cariche politiche del Paese, giudicate corrotte e troppo legate al potere; in generale, il movimento dei giovani è finito a chiedere le dimissioni del governo e il rinnovamento della classe politica del nepalese.

Il Tribunale di Trento sconfessa il governo: legale produrre e vendere cannabis light

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cannabis light

Il Tribunale di Trento con un’ordinanza sconfessa il decreto sicurezza, che considera come uno stupefacente l’infiorescenza di canapa industriale a prescindere dai livelli di THC contenuti. Le associazioni Canapa Sativa Italia e Imprenditori Canapa Italia, che da anni si battono per la filiera della canapa industriale e per l’utilizzo di tutta la pianta, avevano fatto ricorso al tribunale, affidandosi agli avvocati Giacomo Bulleri e Giuseppe Libutti, per chiedere la disapplicazione dell’emendamento canapa contenuto proprio nel decreto approvato lo scorso aprile, perché sarebbe in contrasto con il diritto europeo. Secondo l’ordinanza del giudice la misura restrittiva «deve essere giustificata alla luce dell’obiettivo di sanità pubblica perseguito e risultare proporzionata ai rischi per la salute connessi alle sostanze vietate», ma «allo stato dei dati scientifici il consumo di THC inferiore allo 0,3% (che è la soglia per la commercializzazione prevista dall’Unione europea, nda) non crea rischi per la salute pubblica tali da giustificare un divieto generale e assoluto della loro commercializzazione».

I punti principali dell’ordinanza

Il ricorso è stato respinto per ragioni tecniche: il giudice può pronunciarsi solo su casi concreti e non sulla norma in astratto. In questo caso, però, nessuna delle due associazioni era coinvolta in procedimenti penali o amministrativi. Inoltre, sempre secondo il giudice, la norma contestata non può essere sospesa in via cautelare, perché di portata troppo generale e astratta nell’ambito degli stupefacenti, e quindi irricevibile.

Nella ordinanza, però, il giudice stesso mette dei punti fermi che è impossibile ignorare. Innanzitutto si rifà al diritto europeo, secondo il quale non si possono prevedere divieti per parti specifiche dalla pianta se non giustificati e proporzionati. E poi ha ricordato anche la sentenza della Cassazione del 2019, che aveva stabilito che l’azione penale non può colpire prodotti privi di efficacia drogante, come quelli con THC sotto lo 0,6%, la percentuale prevista dalla legge italiana per le piante in fase di coltivazione. Infine si rifà anche a due sentenze del Tar del 2023 che per la prima volta avevano messo nero su bianco che non si possono limitare gli usi della canapa ad alcune parti per un generico principio precauzionale che va invece motivato con dati scientifici.

Il parere dell’avvocato

Secondo l’avvocato Giacomo Bulleri: «Da un alto il giudice dimostra di aver colto le ragioni del ricorso che riguardano il contrasto alla normativa comunitaria. Poi ritiene “non persuasive”, scrive proprio così, le argomentazioni dello Stato con cui resisteva al ricorso e infine rafforza il concetto di efficacia drogante secondo il principio di offensività: cioè è la cosiddetta “efficacia drogante” il discrimine per valutare se la condotta è reato o meno».
«È un’ordinanza – continua l’avvocato – che ci fa ben sperare in vista della sentenza definitiva e siamo contenti perché è la prima pronuncia di un giudice civile sulla questione, che dimostra di aver colto – pur nei limiti di questa fase – i termini della questione nella direzione di una corretta interpretazione».

Intanto l’udienza di merito al tribunale di Trento è fissata per dicembre, e poi arriverà la sentenza che potrebbe portare alla disapplicazione dell’emendamento, o alla rimessione alla Corte di Giustizia Europea o in subordine alla Corte Costituzionale.

La nuova PAC europea

Ma non è tutto. Perché nel frattempo la Commissione Agricoltura dell’Unione europea ha approvato l’emendamento alla PAC, la Politica Agricola Comune, che era stato proposto dall’europarlamentare Cristina Guarda di AVS, Renew, e The Left e renderebbe legale in tutta Europa la coltivazione, raccolta, trasformazione e commercializzazione dell’intera pianta di canapa. «Ora ci sono altri passaggi per l’approvazione definitiva, però secondo me le tempistiche di questo procedimento si sovrapporranno a quelle del tribunale, portandoci ad avere una norma europea vincolante per gli Stati membri», conclude Bulleri.

La Global Flotilla ha annunciato che partirà dalla Sicilia l’11 settembre

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Le ultime navi della Global Sumud Flotilla hanno annunciato che partiranno dal porto di Siracusa, in Sicilia, il prossimo giovedì 11 settembre. L’annuncio arriva dopo altri due ritardi causati da questioni logistiche e meteorologiche. La delegazione siciliana ha annunciato una conferenza stampa il giorno della partenza; gli attivisti terranno una conferenza stampa anche oggi alle 19, per parlare dell’attacco lanciato contro la nave principale della coalizione. Questa notte, un drone si è abbattuto sulla imbarcazione dove viaggiano i coordinatori della missione, mentre si trovava attraccata a Tunisi.

Diretta – Israele ha bombardato la delegazione di Hamas in Qatar

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L’aviazione israeliana ha lanciato un attacco di precisione contro la sede dell’ufficio politico di Hamas a Doha, in Qatar, città sede dei negoziati per la pace. Le IDF hanno rivendicato la paternità dell’attacco. I nostri aggiornamenti in diretta.


Secondo due funzionari anonimi di Hamas citati dall’agenzia di stampa Reuters e il quotidiano qatariota Al Jazeera, i membri della delegazione dell’organizzazione palestinese sarebbero tutti sopravvissuti al raid israeliano. La notizia è stata ripresa anche da fonti ufficiali di Hamas, che tuttavia citano Al Jazeera come fonte.


Secondo quanto riportano i media, le autorità qatariote avrebbero detto di non essere più disposte a svolgere il ruolo di mediatrici per il cessate il fuoco tra Israele e Hamas.
Intanto fioccano le condanne all’attacco israeliano su Doha: oltre allo stesso Qatar, hanno rilasciato condanne anche l’Iran, gli Emirati Arabi Uniti, l’Arabia Saudita, la Turchia, la Giordania, Kazakistan e il segretario generale dell’ONU.


Intanto iniziano a circolare i primi video dell’attacco. Da quanto riportano i media, l’aggressione sarebbe stata condotta da 10 jet dell’aeronautica del Paese, che avrebbero scagliato almeno una dozzina di attacchi.


Secondo le ricostruzione dei media israeliani, gli Stati Uniti avrebbero dato a Israele l’ok per attaccare. Il quotidiano Israel Hayom sostiene inoltre che lo Stato ebraico avrebbe avvisato anche lo stesso Qatar dell’offensiva, cosa che secondo i media arabi giustificherebbe la mancata risposta dei sistemi di difesa della capitale. In generale, la stampa araba sostiene che la proposta di cessate il fuoco dell’amministrazione statunitense fosse una trappola per attirare tutti i principali diplomatici di Hamas in un punto e attaccarli.


Secondo fonti israeliane, l’attacco aveva come obiettivo la delegazione per i negoziati di pace palestinese; obiettivi primari erano i due vertici di Hamas Khalid Mishaal e Khalil Al-Hayya che, riportano le fonti, sarebbero stati presenti all’incontro. Tra i presenti anche Zaher Jabarin e Muhammad Ismail Darwish.

Non è ancora noto l’esito dell’attacco. Secondo fonti saudite, Al-Hayya sarebbe stato ucciso, ma altri giornali arabi sostengono che l’attacco non sarebbe andato a buon fine, e che entrambi i leader di Hamas sarebbero riusciti a sopravvivere all’aggressione.


Oggi a Doha era presente una delegazione di Hamas per parlare dell’accordo di cessate il fuoco proposto ieri dall’amministrazione Trump. L’accordo era stato accolto positivamente dai leader di Hamas. Del piano erano stati rilasciati pochi dettagli, ma secondo fonti israeliane e statunitensi esso non sarebbe stato troppo dissimile dalle precedenti proposte dell’amministrazione statunitense. Negli ultimi mesi, la proposta che è maggiormente circolata proveniva dal diplomatico di fiducia di Trump, l’inviato speciale per il Medio Oriente Steve Witkoff, e consisteva in una tregua di 60 giorni con il graduale rilascio di tutti gli ostaggi. Secondo le indiscrezioni, il piano in discussione nella giornata di oggi prevedeva un primo scambio di ostaggi israeliani e prigionieri palestinesi a cui sarebbe seguito l’avvio delle trattative per una pace permanente.

I robotaxi provano ad allargarsi al mercato europeo

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Uber, colosso della mobilità, ha iniziato a fare chiarezza sui suoi piani per portare i robotaxi nell’Unione Europea. In collaborazione con la cinese Momenta, specializzata in sistemi di guida autonoma, l’azienda prevede di avviare i primi test a Monaco di Baviera nel 2026, con l’idea di espandersi successivamente in altri Paesi. Se il progetto dovesse andare in porto, rappresenterebbe un precedente importante per l’intero settore, che finora ha mostrato prudenza di fronte alle regole e alle complessità del mercato europeo.

Che le due aziende avessero intenzione di compiere un simile passo era cosa nota già da maggio. Ora sappiamo il dove e abbiamo una finestra di massima del quando, inoltre abbiamo conferma che in questa prima fase di implementazione i veicoli avranno a bordo un supervisore umano, il quale avrà il compito di monitorare il funzionamento della strumentazione e di assumere il controllo del mezzo in caso di necessità. L’obiettivo finale, però, è quello di offrire un servizio di guida autonoma di livello 4, in grado di muoversi senza autista di supporto all’interno di zone ben delimitate della città.

Resta da capire se le aziende abbiano già fatto richiesta e ottenuto tutte le autorizzazioni necessarie oppure se stiano procedendo a piccoli passi, accettando compromessi. A seconda di quanto saranno caute le autorità, è probabile che la presenza di personale a bordo potrebbe protrarsi per mesi, se non addirittura per anni, periodo che le aziende potrebbero comunque sfruttare per mappare nei dettagli la viabilità della città. Anche perché, sostiene Uber, la città non è stata scelta per la navigabilità delle sue strade, ma per il suo retaggio ingegneristico e il ruolo di primo piano che ricopre all’interno dell’industria automobilistica europea.

Uber non è l’unica impresa di robotaxi a guardare con interesse all’Europa. La rivale Lyft ha stretto una partnership con la cinese Baidu per portare i veicoli Apollo Go in Germania e Regno Unito, ponendosi a sua volta l’obiettivo di lanciare il servizio nel 2026. Non sono però ancora state esplicitate con precisione le aree di sperimentazione, segno che lascia a intendere che ci siano ancora dettagli da chiarire coi governi delle due nazioni, prima che le intenzioni assumano una forma concreta.

Baidu, muovendosi in solitaria, ha anche in programma di far debuttare i suoi taxi autonomi in Svizzera, a Zurigo, a partire dall’anno prossimo. E proprio Svizzera e Francia stanno già sperimentando navette senza conducente, con WeRide che ha avviato test all’aeroporto di Zurigo lo scorso gennaio e nel polo direzionale di Rovaltain a marzo. Sul fronte delle aziende europee, la tedesca Volkswagen sta cercando da anni di lanciare Moia attraverso il progetto ALIKE, un servizio di van autonomi che dovrebbe assumere una dimensione più significativa nelle strade di Amburgo a partire dall’inizio del 2027.

Francia: Macron si aggrappa al potere dopo la caduta del terzo governo in un anno

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Dopo poco meno di un anno dall’inizio della legislatura, in Francia è caduto il terzo governo. Il crollo dell’esecutivo è avvenuto in seguito a un voto di fiducia presso l’Assemblea Nazionale, richiesto dallo stesso primo ministro Bayrou per forzare l’approvazione della contestata legge finanziaria. La proposta di bilancio prevedeva, tra le varie cose, il congelamento delle spese sociali, e contro di essa si era scagliata l’intera opposizione, dalla destra di Le Pen alla sinistra di Mélenchon. Nei giorni che hanno preceduto il voto, le opposizioni hanno chiesto a Macron di indire nuove elezioni, ma il presidente ha già annunciato che accetterà le dimissioni di Bayrou e che assegnerà l’incarico a qualcun altro. Tiene, insomma, la presidenza Macron, che tuttavia ora si trova con poche carte tra le mani e un Paese in piena crisi economica.

Il voto di fiducia al governo Bayrou si è tenuto ieri, lunedì 8 ottobre, alle 19. Dopo una discussione di 4 ore, il parlamento ha approvato la caduta del governo con 364 voti, mentre Bayrou ha preso 194 voti a suo sostegno (15 gli astenuti). La fiducia riguardava la manovra finanziaria, con la quale Bayrou proponeva un «anno bianco» nelle specie sociali, con un congelamento delle spese e dei finanziamenti sociali, un accorpamento di diversi bonus previdenziali in un assegno unico, un taglio ai giorni di ferie e un aumento delle franchigie mediche. Lo scopo dichiarato era quello di «dire “stop al debito”». Contro la proposta si sono scagliati sia a destra che a sinistra; i partiti dell’opposizione, tuttavia, hanno opinioni diverse sulla direzione che dovrebbe prendere il Paese in questo momento.

A destra, la leader del Rassemblement National (singolo partito che coi suoi 123 parlamentari conta il maggior numero di seggi in Assemblea) Marine Le Pen chiede lo scioglimento del parlamento e l’indizione di nuove elezioni, sostenendo che la chiamata alle urne sia ormai «un obbligo, e non più una opzione». Mélenchon, capo del principale partito della coalizione di sinistra (Nouveau Front Populaire), La France Insoumise (71 seggi), si è spinto ancora oltre, chiedendo direttamente le dimissioni di Macron da presidente della Repubblica. Socialisti (66 seggi) ed Ecologisti (38 seggi), rispettivamente secondo e terzo partito dell’NFP, invece, chiedono a Macron di assegnare l’incarico di formare un governo alla sinistra, rivendicando la vittoria delle elezioni parlamentari dell’anno scorso. Infine, il Partito Comunista (16 seggi), quarta forza della coalizione, è rimasto vago.

Macron ha sempre rifiutato in maniera netta l’opzione di dimettersi. Il presidente, inoltre, ha affermato che non intende sciogliere l’Assemblea e che assegnerà l’incarico a qualcun altro nei prossimi giorni, dopo essersi consultato con i vari partiti. Nonostante i rifiuti di abbandonare il proprio posto e di sciogliere il parlamento, a Macron restano poche opzioni. Il presidente può assegnare l’incarico alla sinistra come richiesto da Socialisti ed Ecologisti, ma Mélenchon si è detto apertamente contrario, criticando i propri alleati di coalizione. Può provare a sfruttare le momentanee divergenze interne dell’NFP, tentando di formare un esecutivo centrista aperto alla presenza dei Socialisti; i media francesi ripresentano ciclicamente questa opzione a ogni crisi di governo, perché considerano Olivier Faure, il leader del partito, più vicino a Macron di quanto non lo sia Mélenchon; lo stesso Faure, tuttavia, ha detto di volere formare un governo di minoranza con soli rappresentanti di sinistra, escludendo esplicitamente un appoggio macroniano. Il presidente può anche guardare al Rassemblement National, ma per quanto i suoi leader non si siano espressi in merito, le parole di Le Pen sembrano non lasciare spazio a una esplorazione dell’incarico; in generale, tale opzione sembra la più irrealizzabile, a causa delle storiche resistenze francesi nei confronti di un ipotetico governo di destra.

Macron, infine, può cercare di formare un altro governo di minoranza di centro, formato dai parlamentari del proprio partito e dal centrodestra repubblicano; tanto il governo Bayrou quanto quello del suo predecessore, Michel Barnier, godevano infatti del sostegno esterno del Rassemblement National, che, pur non appoggiandoli, non vi si opponeva come la sinistra. La formazione di un governo centrista perseguirebbe lo stesso scopo dei suoi predecessori, ossia quello di escludere dalla guida dell’esecutivo la sinistra e la destra, cercando al contempo di non scontentare almeno una delle due parti. Le richieste del Rassemblement National e le parole di Le Pen, tuttavia, sembrano andare contro tale opzione.

Corruzione, ai domiciliari il coordinatore di Forza Italia a Caserta

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Il sindaco di Arienzo e coordinatore provinciale di Forza Italia, Giuseppe Guida, è stato posto ai domiciliari nell’ambito di un’inchiesta della Dda di Napoli su corruzione, turbativa d’asta e riciclaggio che ha portato a 17 misure cautelari. Coinvolto anche l’imprenditore dei rifiuti ed ex consigliere regionale Nicola Ferraro, già condannato per concorso esterno in camorra, per il quale è stato disposto il carcere. Indagati inoltre l’ex direttore generale dell’Asl di Caserta Amedeo Blasotti e l’ex consigliere regionale Luigi Bosco, oggi in Azione: per entrambi il Gip ha respinto le misure richieste.