giovedì 13 Novembre 2025
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L’arte al tempo dell’intelligenza artificiale

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L’autrice fantasy Joanna Maciejewska ha scritto, all’inizio del 2024, in un post affidato ai social «Voglio un’IA che mi faccia il bucato e lavi i piatti, così da potermi dedicare all’arte e alla scrittura; non un’IA che mi sostituisca nell’arte e nella scrittura, costringendomi a fare il bucato e lavare i piatti». La sua osservazione, tanto semplice quanto incisiva, ha trovato eco in un giornalista del magazine inglese Edge, che l’ha riportata nel numero cartaceo di luglio. Sostenendone il messaggio, alcuni lettori hanno fotografato l’estratto e lo hanno quindi condiviso online. Così, un cont...

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È morto lo scrittore Stefano Benni

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Oggi, martedì 9 settembre, è morto Stefano Benni. Benni, 78 anni, nato a Bologna, era uno degli scrittori più noti nel panorama letterario italiano, conosciuto per avere scritto i romanzi “La Compagnia dei Celestini”, “Margherita Dolcevita”, e l’antologia di raccolte “Bar Sport”. I libri di Benni sono stati tradotti in più di 30 lingue, e negli ultimi anni della sua attività ha scritto racconti inediti tradotti dalla rivista araba Al Doha. Nella sua carriera, Benni ha lavorato anche come drammaturgo e sceneggiatore, e ha collaborato con diverse riviste e giornali, tra cui periodici satirici. Questa vena ironica era centrale nella sua poetica, fatta di luoghi immaginari che spesso rappresentavano criticamente la società italiana.

L’esercito israeliano ha ordinato l’evacuazione totale e immediata di Gaza City

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L’esercito israeliano ha ordinato ai cittadini di Gaza City di abbandonare la città. L’ordine è rivolto «a tutti i residenti di Gaza City e di tutti i suoi quartieri, dalla Città Vecchia e da Tuffah a est fino al mare a ovest», che, secondo le stime, dovrebbero corrispondere a circa 1,2 milioni di persone. Ai cittadini è stato ordinato di dirigersi a sud, verso il campo profughi di Al Mawasi, nel Governatorato di Khan Younis, passando attraverso l’asse Rashid (lunga strada costiera che connette il centro di Gaza City a Khan Younis). Questo ultimo ordine di evacuazione rappresenta il primo dei passi fondamentali per portare a compimento il piano di invasione della capitale della Striscia approvato recentemente; con esso, Israele intende spingere in massa la popolazione gazawi verso sud, occupando il resto della Striscia e spianando il terreno attraverso la demolizione mirata delle abitazioni.

L’ordine di evacuazione totale di Gaza City è stato annunciato oggi dal portavoce delle IDF in lingua araba, Avichay Adraee, alle 7 italiane. Dopo l’annuncio, l’esercito ha iniziato a lanciare volantini di avviso in tutta la città, distribuendoli attraverso gli aerei. In questo momento non è chiaro quante persone abitino nella capitale; stando alle ultime stime e dichiarazioni della Protezione Civile della Striscia, tuttavia, dovrebbero esserci circa 1,2 milioni di persone. Secondo il quotidiano israeliano Israel Hayom, tra le 100mila e le 300mila persone potrebbero rimanere a Gaza City. Il maxi-ordine di evacuazione dalla capitale è stato emanato nell’ambito del piano Gedeone 2 di occupazione totale della città. Esso prevede la distruzione di tutti i 51.544 edifici residenziali di Gaza City, per livellare la città e accelerare lo sfollamento forzato della popolazione palestinese. In questi giorni, l’esercito sta prendendo di mira specialmente le torri abitative, che contengono decine di appartamenti; Netanyahu sostiene che finora siano state demolite 50 torri.

Nel frattempo, continuano le aggressioni nel resto della Striscia: dall’alba di oggi, Israele ha ucciso almeno 11 persone e altre 6 persone sono morte per carestia. Dall’escalation del 7 ottobre, Israele ha distrutto, danneggiato o reso inutilizzabile il 92% delle case (l’ultimo aggiornamento è di agosto 2025), l’83% delle terre coltivabili e il 71% delle serre (i dati più recenti sono di aprile 2025), il 91,8% delle scuole (dato aggiornato all’8 luglio 2025), l’89% delle strutture idriche (febbraio 2025) e, in generale, il 78% di tutte le strutture della Striscia (8 luglio 2025); la metà esatta degli ospedali risultano funzionanti (31 agosto 2025), e l’86,5% del territorio della Striscia è sotto ordine di evacuazione o interdetto ai civili. In totale, l’esercito israeliano ha inoltre ucciso direttamente almeno 64.522 persone, anche se il numero totale dei morti potrebbe superare le centinaia di migliaia, come sostenuto da un articolo della rivista scientifica The Lancet e da una lettera di medici volontari nella Striscia.

Messico, incidente tra treno e autobus: 10 morti e 61 feriti

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In Messico si è verificato un incidente tra un treno merci e un autobus passeggeri a due piani, che ha provocato la morte di dieci persone e il ferimento di altre 61. Secondo le autorità messicane, alcuni dei feriti erano in gravi condizioni. La collisione è avvenuta in una zona industriale sull’autostrada che collega Atlacomulco, una città a circa 115 km a nord-ovest della capitale Città del Messico, e Maravatio, nello Atato di Michoacán. Secondo l’operatore ferroviario, l’autobus stava tentando di passare davanti al treno in movimento; tale versione non è stata ancora confermata da fonti ufficiali.

Un’imbarcazione della Global Sumud Flotilla è stata attaccata da un drone

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Intorno alle 23.30 di ieri sera, lunedì 8 settembre (mezzanotte e mezza in Italia), la Family Boat, una delle imbarcazioni principali della Global Sumud Flotilla, è stata attaccata da un drone mentre si trovava nel porto di Tunisi. L’equipaggio dell’imbarcazione, che batte bandiera portoghese, è in salvo, ma il mezzo ha registrato diversi danni. Le autorità tunisine hanno in un primo momento categoricamente escluso che si trattasse di un attacco con droni, parlando di un malfunzionamento a bordo, ma le dichiarazioni sono state subito smentite dalle immagini delle telecamere di sicurezza diffuse dall’equipaggio della flotta. Per questi ultimi, non vi è dubbio che dietro le operazioni vi sia Israele.

A bordo della Family Boat si trovano i membri del Comitato Direttivo della missione, come Greta Thunberg, Ysemin Acar e Thiago Avila. Il ministro dell’Interno tunisino, citato dai media, ha subito dichiarato che le ipotesi di un attacco con droni non avessero «alcuna base veritiera», tuttavia i video mostrano chiaramente un oggetto infuocato cadere sul lato dell’imbarcazione principale. In un video diffuso da Francesca Albanese, presente sul luogo perchè residente a Tunisi, si sente distintamente il ronzio di quello che potrebbe essere a tutti gli effetti un drone, poco prima che le fiamme si sviluppassero sul lato dell’imbarcazione. «Sono qui in qualità di esperto indipendente e quello che ho trovato è molto shock, perchè a quanto pare la nave principale della Flotilla è stata attaccata da un drone. Ovviamente dovrà tutto essere verificato, ma c’è una storia di attacchi alla Flotilla da parte di Israele» ha dichiarato Albanese. «Se verrà confermato che si tratta di un attacco con droni, allora si tratterebbe di una aggressione contro la Tunisia e la sua sovranità. Si tratta di un comportamento che non possiamo continuare a tollerare e a normalizzare». In passato, infatti, Israele aveva già attaccato con droni e dirottato un’imbarcazione della Freedom Flotilla che tentava di arrivare a Gaza per portare aiuti umanitari, per poi sequestrarne l’equipaggio e trattenerne illegalmente alcuni membri in prigione per alcuni giorni.

«Lo abbiamo detto molte volte: azioni di questo tipo non ci fermeranno» ha dichiarato Saif Abukeshek, attivista palestinese imbarcato con la missione, già tra gli organizzatori della Global March to Gaza, «finchè l’equipaggio è al sicuro, continueremo a cercare di rompere l’assedio a Gaza». La Global Sumud Flotilla è una missione civile composta da decine di imbarcazioni provenienti da oltre 40 Paesi, che intende arrivare a Gaza per portare tonnellate di aiuti umanitari alla popolazione e rompere l’assedio di Israele, che da due anni sta portando avanti un genocidio.

Sono pochi i governi e le istituzioni che si sono pronunciati per dichiarare apertamente la protezione dei civili salpati con la flotta. E tra tutti, la Commissione UE ha fatto sapere in maniera chiara ed esplicita che «non incoraggiamo la Flotilla e le azioni di questo genere», in quanto rischiano di «portare a un’escalation» oltre a mettere a rischio la vita delle persone che si trovano sulle imbarcazioni (anche se «questo non significa che gli attacchi alla Flotilla siano giustificati»). La miglior maniera per consegnare gli aiuti umanitari, ha dichiarato Eva Hrncirova, portavoce della Commissione, è dunque «attraverso i nostri canali istituzionali». La risposta da parte dei membri della missione non si è fatta attendere: «ci spiace che un’istituzione che dovrebbe rappresentare tutti noi europei non faccia altro che ripetere le posizioni di sempre, senza riuscire ad andare oltre il perimetro politico dell’inconsistenza», riporta un comunicato. Il suggerimento di fare affidamento ad altri canali, già avanzato nei giorni scorsi dalla presidente del Consiglio italiana Giorgia Meloni, viene duramente criticato: «la Hrnicirova ha dichiarato che stanno cercando di aumentare il numero di camion che entrano a Gaza, ma dovrebbe essere a conoscenza del fatto che se prima del 7 ottobre ogni giorno entravano a Gaza 500 camion di aiuti (circa 15 mila al mese), da inizio anno ad oggi ne sono entrati circa 1.400 in totale, nessun camion tra marzo e maggio, da quando Israele ha impunemente violato il cessate il fuoco».

Regno Unito: chiusa la fabbrica di armi al centro delle proteste di Palestine Action

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La fabbrica di armi Elbit Systems UK a Bristol, una delle sedi britanniche della più grande azienda bellica israeliana, ha cessato le attività. A rivelare la notizia è stato il quotidiano inglese The Guardian, che nei giorni scorsi ha visitato il sito, trovandolo completamente deserto, eccezion fatta per una guardia di sicurezza all’ingresso. Nessun annuncio ufficiale da parte dell’azienda, ma l’immobilità del sito alimenta l’ipotesi di una chiusura definitiva. Attiva dal 2019 (con prospettive di durata almeno fino al 2029) la sede di Bristol era uno dei principali bersagli delle azioni dirett...

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Un rapporto ONU ha definito la gestazione per altri una “violenza globale”

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L’ultimo rapporto della relatrice speciale ONU contro la violenza di genere si concentra specificamente sulla gestazione per altri (GPA), ovvero la pratica per la quale una donna si assume l’obbligo di portare a termine una gravidanza per conto di una coppia sterile, impegnandosi poi a consegnarle il nascituro. Nel rapporto, la relatrice definisce la pratica come una violenza che riguarda tutte le parti in gioco e, in particolare, le madri surrogate. Trattandosi spesso di donne giovani o giovanissime provenienti da Paesi poveri o contesti economici svantaggiosi, queste sono spesso prive di ogni forma di tutela e si trovano a subire forme di violenza tanto psicologica, quanto economica, fisica e riproduttiva. Di fatto, scrive la relatrice speciale, la GPA replica rapporti di forza impari di matrice razzista e post-coloniale, nei quali coppie occidentali facoltose pagano per una pratica che compromette il benessere delle gestanti, fino a metterne a rischio la vita stessa. Tuttavia, come esplicitamente riportato nel rapporto, il fattore di rischio primario per le donne rimane, come in molti altri contesti, l’assenza di una normativa chiara e definita, che non lasci spazio a zone grige e, quindi, a pratiche di sfruttamento.

Un mercato in crescita

L’approccio alla GPA varia enormemente a seconda dei contesti: mentre alcuni Paesi (tra i quali l’Italia) hanno criminalizzato in toto la pratica, altri la ammettono tanto in forma commerciale (la madre surrogata riceve un compenso che va oltre il rimborso delle spese mediche) quanto altruistica (la pratica viene portata a termine a titolo gratuito, garantendo alla gestante solamente il rimborso delle spese mediche). In ogni caso, segnala la relatrice Reem Alsalem, la richiesta di GPA nel mondo è in costante aumento a causa dell’aumento di coppie sterili o che, per motivi personali, scelgono di non voler portare a termine una gravidanza. La copertura mediatica crescente, inoltre, sta facendo sì che sempre più donne ne vengano a conoscenza. Si tratta di un mercato talmente prolifico che si prevede che, dai 15 milioni di dollari attuali, entro il 2033 arriverà a valere quasi 100 milioni. Tuttavia, nei contesti in cui la pratica avviene dietro percezione di un compenso, i contorni che la regolano sono spesso porosi e lasciano spazio ad una lunga serie di violenze che coinvolgono in primo luogo la gestante, ma anche le coppie committenti e i bambini stessi. La dinamica è pressochè sempre la stessa: coppie di persone facoltose che cercano madri surrogate in Paesi dove la pratica è consentita – per lo più zone del mondo in condizioni economiche svantaggiate.

A rendere problematica la pratica è, innanzitutto, la scarsissima mole di studi circa gli effetti della GPA sulle parti in causa. Se da un lato si sottovaluta il peso sociale dell’infertilità sulle madri committenti, che spesso sono soggette a pressioni esterne in merito al compimento di quello che viene percepito come il loro ruolo sociale primario (diventare madre, per l’appunto), dall’altro non si sono indagate a sufficienza le conseguenze, sul nascituro, della separazione prematura dalla madre partoriente, fattore che potrebbe avere un impatto sul suo sviluppo futuro. Secondo il rapporto, infatti, gli studi disponibili mostrano che i bambini concepiti con GPA spesso nascono prematuri e con peso inferiore alla media, oltre ad essre maggiormente a rischio di difetti congeniti.

Molteplici forme di violenza

Ma è sulle madri surrogate che si riversano le conseguenze più gravi della GPA dietro compenso. La violenza è, in primo luogo, economica: secondo il report, infatti, sono i mediatori a guadagnare la cifra maggiore dalla transazione, mentre le madri surrogate (spesso donne giovani o giovanissime, che hanno già avuto un figlio e si trovano in condizioni di necessità economica) ricevono una cifra che va dal 10% al 27,5% del totale pagato dai genitori. Le madri non vengono inoltre informate in maniera adeguata circa il disagio arrecato dalle iniezioni quotidiane di ormoni, delle complicazioni legate all’anestesia e della complessità emotiva di rinunciare a un figlio biologico, oltre che dei rischi per la salute derivanti dall’assunzione di un elevato numero di farmaci che permettano un esito positivo della fecondazione. Molte delle madri surrogate, inoltre, hanno riferito di non aver ricevuto assistenza medica adeguata dopo la donazione. Questo si verifica, in particolare, in Paesi poveri come il Nepal o l’India, dove i cesarei vengono organizzati senza tener conto delle difficoltà post-operatorie che possono riguardare le donne, soprattutto quelle povere residenti in zone rurali. I rischi si moltiplicano quando le donne provengono da Paesi senza una regolamentazione sulla GPA, che rende più frequente l’accesso a pratiche clandestine che mettono a rischio la vita delle gestanti. Di contro, segnala la relatrice, negli Stati dove la GPA è permessa la procedura assume per lo più la forma di un accordo tra privati, nella quale lo Stato è di fatto assente – fattore che lascia le madri surrogate senza tutele.

«Negli accordi commerciali di maternità surrogata – scrive la relatrice – viene attribuito un valore monetario alla capacità delle donne di concepire e dare alla luce bambini sani, il che rafforza gli squilibri di potere dannosi in cui le persone e le entità con maggiori mezzi economici esercitano il controllo sulla capacità delle donne di rimanere incinte e partorire». In questo contesto si promuove anche un linguaggio disumanizzante nei confronti della madre, che diventa «matrice» o «utero in affitto» o «incubatrice che sviluppa cellule».

Per tutti questi motivi, scrive la relatrice, la GPA è da configurarsi come una pratica di sfruttamento e violenza contro le donne e i bambini, che «mercifica il corpo delle donne ed espone le madri surrogate e i bambini a gravi violazioni dei diritti umani». Per questo, raccomanda ai governi che la pratica sia vietata a livello universale e che siano prese tutte le misure necessarie per impedire che vi si faccia ricorso. Nel rapporto viene fatto l’esempio dell’Italia, che lo scorso hanno ha dichiarato la GPA «reato universale», che mira a criminalizzare l’accesso alla pratica anche all’estero – una legge secondo molti giuristi fumosa e imprecisa dal punto di vista tecnico.

I problemi di una regolamentazione assente

Da quanto si evince dal rapporto, tuttavia, a costituire un problema centrale è la mancanza di una regolamentazione chiara e specifica, che tuteli le donne in maniera adeguata. Il fatto che quello della GPA costituisca un mercato in crescita e le possibilità economiche che ne derivano indicano che le donne vi fanno sempre più accesso, a prescindere dalla legalità o meno della pratica. E al di là dei giudizi di valore, la monetizzazione del proprio corpo è da tempo prassi comune nell’attuale sistema economico capitalistico – basti pensare al sex work: dove regolamentato, ha ridotto di molto il rischio di sfruttamento delle donne. Parlare di «mercificazione del corpo della donna», inoltre, allontana l’idea che si tratti di una libera scelta della donna. Come dimostrato in molti altri ambiti (si pensi alla prostituzione, ma anche al consumo di droghe o all’aborto), la criminalizzazione non si è mai dimostrata una scelta vincente nella risoluzione del problema. A dimostrarlo vi è il fatto che, come riportato nello stesso report dell’ONU, le donne cercano di avervi accesso anche nei Paesi dove la pratica è considerata illegale, rischiando solamente di incorrere in maggiori rischi per la propria salute poichè non adeguatamente tutelate.

Va sottolineato, inoltre, come in molti Paesi – Canada, Danimarca, Paesi Bassi, Gran Bretagna, India, Ungheria, Cipro, Israele e Australia, oltre che in diversi Stati USA – la pratica sia autorizzata esclusivamente in forma altruistica, ovvero senza prevedere compenso per la gestante (solamente il rimborso delle spese mediche). Sembra una contraddizione, in questo caso, applicare i concetti di coercizione e mercificazione del corpo della donna, dal momento che la pratica si sottrae a qualsiasi intento economico.

Francia: il governo è caduto

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Il governo francese del premier Baryou è caduto. Il crollo dell’esecutivo, il terzo nel corso di questa legislatura, iniziata appena un anno fa, è avvenuto in seguito a un voto di fiducia presso l’Assemblea Nazionale. In sede di votazione, Bayrou ha preso 194 voti favorevoli e 364 contrari. Il voto era stato richiesto dallo stesso Bayrou, per forzare la contestata legge finanziaria; contro di essa si era scagliata l’intera opposizione, dalla destra di Le Pen alla sinistra di Mélenchon. La proposta di bilancio prevedeva, tra le varie cose, il congelamento delle spese sociali, tagli ai sussidi, e un innalzamento delle franchigie mediche.

Mappata per la prima volta l’attività completa di un cervello di mammifero in attività

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Per la prima volta in assoluto, gli scienziati ritengono di aver tracciato una mappa completa dell’attività cerebrale durante un compito decisionale, mostrando che il cervello tende ad illuminarsi come “un albero di Natale” quando un mammifero intraprende una scelta: è quanto emerge da due nuovi studi scientifici sottoposti a revisione paritaria, condotti da una collaborazione internazionale che riunisce dodici laboratori in Europa e negli Stati Uniti e pubblicati sulla rivista scientifica Nature. Gli autori sono riusciti a registrare simultaneamente l’attività di oltre 650.000 neuroni distribuiti in 279 aree, pari a circa il 95% del cervello del topo, mentre gli animali eseguivano un compito che richiedeva di scegliere la direzione corretta per ottenere una ricompensa. «Questa è la prima volta che qualcuno ha prodotto una mappa completa, a livello cerebrale, dell’attività dei singoli neuroni durante il processo decisionale», sottolinea Alexandre Pouget dell’Università di Ginevra, aggiungendo che la ricerca ribalterebbe la visione di un’elaborazione gerarchica confinata a poche aree mostrando che il cervello sarebbe più integrato e predittivo di quanto si pensasse.

I neuroni – le cellule che trasmettono i segnali elettrici – comunicano fra loro in reti vastissime; quando un animale vede, decide e agisce, milioni di neuroni “sparano” impulsi in sequenze temporali rapidissime. Registrare questa danza su scala cerebrale, quindi, era finora impossibile, in quanto le tecniche tradizionali misuravano poche aree alla volta, lasciando gran parte del cervello “in ombra”. Le sonde utilizzate chiamate Neuropixels – sottili elettrodi al silicio con centinaia di contatti – hanno permesso invece di monitorare simultaneamente l’attività di migliaia di neuroni in profondità e con risoluzione al singolo picco, con particolare attenzione alle regioni del talamo – il centro di smistamento che riceve segnali sensoriali dagli organi di senso – e la corteccia visiva, ovvero esempi di regioni considerate “precoci” perché elaborano informazioni già nei primi millisecondi dopo lo stimolo. Un altro concetto chiave su cui si sono basate le ricerche, spiegano gli autori, è quello di aspettativa o “prior”, ovvero la tendenza a prevedere ciò che accadrà in base all’esperienza recente, principio legato alla teoria bayesiana, secondo cui il cervello combina ciò che percepisce con ciò che “si aspetta”.

In particolare, è emerso che i segnali decisionali non sono confinati a una “cabina di regia” ma si estendono a quasi tutto il cervello. Il primo studio ha descritto registrazioni in 139 topi che, muovendo una rotella verso sinistra o destra per centrare un segnale visivo, ricevevano una ricompensa o un segnale acustico di errore. Le risposte legate allo stimolo visivo sono emerse nelle aree classiche della corteccia visiva e si sono propagate rapidamente al midollo e al cervelletto, mentre l’informazione sulla scelta e sulla ricompensa risultava “sparsa” in molte altre regioni. Il secondo lavoro, invece, ha mostrato che l’aspettativa formata dai tentativi precedenti è codificata non solo in aree cognitive, ma anche in regioni sensoriali e motorie come il talamo e la corteccia motoria. «L’ampiezza senza precedenti delle nostre registrazioni svela come l’intero cervello esegua l’arco completo di elaborazione sensoriale, decisione cognitiva e movimento. Comprendere come il cervello guida il comportamento ha richiesto una collaborazione internazionale su scala proporzionata alla sua complessità», commenta Ila Fiete del Massachussets Institute of Technology. Inoltre, tutti i dati utilizzati insieme a numerosi strumenti e protocolli, sono stati resi liberamente disponibili: una risorsa che, secondo il coautore Matteo Carandini, «è già stata sfruttata da numerosi scienziati e sta producendo scoperte inattese», segnando l’inizio di una neuroscienza “di squadra”, aperta e globale, che mira a chiarire come milioni di neuroni cooperino per trasformare stimoli in scelte.

Elezioni di Buenos Aires: pesante sconfitta per il partito di Milei

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Il presidente argentino Javier Milei ha subito una pesante sconfitta nelle elezioni provinciali del 7 settembre a Buenos Aires, primo vero banco di prova del suo mandato. Con le schede ormai quasi completamente scrutinate, il suo partito La Libertad Avanza si è fermato al 34%, nettamente distaccato dal 47% del centrosinistra peronista Fuerza Patria. Pur riconoscendo la «chiara sconfitta», Milei ha ribadito che non modificherà la sua agenda economica basata su tagli e liberalizzazioni. Nel frattempo, dopo la sconfitta di Milei, l’indice Merval – principale listino azionario della Borsa di Buenos Aires – ha perso il 12%. Le banche Bbva Banco Frances e Banco Macro B perdono oltre il 18%.