Centinaia di migliaia di persone sono scese in piazza ad Atene e in varie altre città della Grecia oggi, nel secondo anniversario del disastro ferroviario più grave del Paese. Il 28 febbraio 2023, infatti, un treno passeggeri pieno di gente si schiantò contro un treno merci, causando la morte di 57 persone. A due anni dai fatti, poco o nulla è cambiato in materia di sicurezza, motivo per il quale la rabbia delle persone è nuovamente esplosa nelle piazze. Ad Atene sono state lanciate molotov contro la polizia e sono state assaltate le barricate di fronte al Parlamento, azioni alle quali la polizia ha risposto con un massiccio lancio di lacrimogeni. Tantissime le categorie in sciopero, dai trasporti alle attività commerciali.
Privatizzazioni e sudditanza, il declino strategico europeo: intervista ad Alessandro Volpi
L’Europa, e l’Italia in particolare, si trova in una fase storica segnata da privatizzazioni sempre più aggressive, da una crescente dipendenza dai grandi fondi finanziari statunitensi e dagli effetti destabilizzanti del conflitto in Ucraina. Questi fenomeni stanno ridefinendo il panorama economico e politico del continente, mettendo a rischio la capacità produttiva, l’autonomia strategica e le relazioni commerciali con partner come la Cina. Per approfondire queste dinamiche e comprenderne le implicazioni, abbiamo intervistato Alessandro Volpi, professore di Storia contemporanea presso l’Università di Pisa, esperto di questioni politico-economiche e autore di libri come Breve storia del mercato finanziario italiano (Carocci, 2004) e il recente Padroni del mondo. Come i fondi finanziari stanno distruggendo il mercato e la democrazia (Laterza, 2024). Volpi offre una lucida analisi di questi processi, illuminando i rischi che l’Europa sta correndo nel cedere settori strategici al capitale finanziario internazionale.
In Italia, la corsa alle privatizzazioni rappresenta un fenomeno di lungo corso, che non inizia certo con il governo Meloni. Ci sono, però, due differenze sostanziali. La prima è che questa nuova ondata di privatizzazioni viene effettuata dal primo governo a guida “sovranista”; l’altra è che, se in passato queste venivano giustificate con la necessità di cedere aziende spesso in perdita e mal gestite, che rappresentavano un peso per le casse statali, ora ci troviamo di fronte alla cessione di quote di aziende in attivo e che generano profitti per lo Stato. Cosa ne pensa?
L’agenda Draghi era criticata duramente, direi quasi ferocemente, per la sua eccessiva subalternità riservata alla finanza rispetto all’economia italiana. La premier Meloni, quando era una competitor elettorale, così come in parte anche la Lega di Salvini, sosteneva la necessità di rinazionalizzare alcuni settori particolarmente strategici, per evitare che finissero in mani straniere. Ora, tutta questa retorica mi sembra sostanzialmente sparita, poiché il Governo Meloni ha previsto nella legge di bilancio, fin dall’anno scorso, e ribadito quest’anno, una quantità di privatizzazioni per una ventina di miliardi di euro. Si tratta di una cifra considerevole, tenuto conto che, nel corso degli ultimi anni, nel nostro Paese il processo di privatizzazione si era almeno parzialmente fermato, dopo aver avuto una grande fiammata nel corso degli anni ’90.
Una ragione fondamentale è che la Meloni si è trovata a fare i conti con la realtà del nostro Paese. Se non si aumenta il gettito fiscale e non si riduce la spesa, bisogna fare ricorso al debito per coprire questo tipo di disavanzo. E qui sta uno dei problemi: la Banca centrale europea, dal dicembre 2023, non compra più il debito italiano, così come non compra più il debito europeo. Lo ha fatto dal 2012 fino al 2023, da quando Draghi lanciò il famoso “Whatever it takes”, considerato poi esaurito, secondo me in maniera assolutamente sbagliata.
Se hai bisogno di soldi, non aumenti le tasse e il debito costa troppo, è abbastanza evidente che devi cercare di fare cassa in altra maniera. E, quindi, per fare cassa devi vendere. Come giustamente lei dice, devi vendere le cose che hanno valore.
In un quadro storico, quindi, potremmo, in maniera un po’ brutale, dire che, se negli anni ’80 e ’90 le privatizzazioni seguivano un’ideologia di smantellamento di un’economia in cui lo Stato aveva una presenza forte, oggigiorno si procede sostanzialmente solo per racimolare qualche soldo?
Una grande differenza rispetto al passato è la seguente: rispetto agli anni ’80 e ’90, questi beni pregiati non vengono più venduti a soggetti di tipo industriale. In quegli anni, c’era un’ideologia secondo cui “privato è bello”: se una realtà viene gestita dal pubblico diventa un carrozzone in mano alla politica, mentre con il privato diventa efficiente. L’ideologia sosteneva quindi: “Affidiamoci a dei soci privati”, che siano soci industriali in grado di fare meglio ciò che lo Stato fa male.
Quello a cui stiamo assistendo in questa fase di privatizzazione, che, se vogliamo, è ancora più pesante che in passato, è il trasferimento della proprietà in favore di soggetti finanziari, i quali ragionano in termini prettamente finanziari, preoccupandosi prima di tutto del valore dei titoli delle società che acquistano.
I fondi di investimento statunitensi sono quelli che più di tutti hanno fatto man bassa in Italia, BlackRock su tutti, con Larry Fink ricevuto a Palazzo Chigi come un proconsole dell’impero americano. Quali sono le implicazioni economiche e politiche di questa posizione nei confronti degli Stati Uniti, a cui abbiamo ceduto pezzi veramente importanti di settori strategici del nostro Paese?
Questa privatizzazione, in termini finanziari, alla fine riduce e priva il Paese della capacità produttiva. Peraltro, un dato significativo è l’insieme del risparmio gestito italiano, ovvero il risparmio che gli italiani investono in polizze pensionistiche e sanitarie, che finisce in larghissima parte nelle mani di fondi come BlackRock, i quali trasferiscono il 60-65% di questi capitali nell’acquisto di titoli del debito pubblico americano o di società americane. Tant’è vero che il risparmio gestito italiano rimane in Italia per meno del 20% della raccolta complessiva. Stiamo parlando di 2500 miliardi di euro all’anno di questo tipo di risparmio. Quindi, è evidente che questa finanziarizzazione in chiave statunitense, veicolata anche dalle privatizzazioni, rappresenta un impoverimento profondo della struttura produttiva ed economica del Paese.
Questo, che sembra essere un fenomeno molto accentuato in Italia, è però evidente anche nel resto d’Europa, compresa la Germania, che attualmente versa in una grave crisi economica. Qual è l’obiettivo degli Stati Uniti in queste operazioni nei confronti dei Paesi europei? E perché l’Europa si sta ciecamente auto-sabotando per soddisfare, ancora una volta, l’interesse statunitense?
Risulta evidente che lo scoppio della guerra in Ucraina ha rappresentato un disastro per l’economia tedesca, così come per quella italiana, entrambe caratterizzate dalla possibilità di rifornirsi di gas russo a bassissimo prezzo. Ora, prive di questo gas, si trovano costrette a ricorrere a forme altamente inquinanti come il carbone o, in alternativa, al gas naturale liquefatto importato dagli Stati Uniti. Perché l’Europa agisce in questo modo? Probabilmente per una sorta di volontà suicida intrinseca, legata a un riflesso condizionato pavloviano di garantismo filo-atlantico che, oggettivamente, non trova spiegazioni se non nell’ottica di una sudditanza geopolitica, che ci sta privando anche dei rapporti con la Cina.
La Germania, a differenza del nostro Paese, era un sistema economico molto meno privatizzato, in cui le privatizzazioni avevano spesso favorito le imprese tedesche e il capitale finanziario nazionale. Questo modello, tuttavia, non è piaciuto ai grandi fondi americani, che vedevano nella Germania una terra di conquista. In Francia, invece, ci sono alcuni colossi che cercano di tenere testa, almeno in parte, ai grandi del capitalismo finanziario americano. Penso, ad esempio, a realtà come Amundi o Crédit Agricole.
[di Michele Manfrin]
162 lobby influenzano l’Unione Europea spendendo 343 milioni all’anno
Una nuova analisi rivela l’influenza dei maggiori gruppi lobbistici sulle istituzioni europee. Lo studio è stato condotto congiuntamente dalle organizzazioni non governative Corporate Europe Observatory e LobbyControl, che monitorano l’impatto delle attività di lobbying nel Vecchio Continente. Il rapporto identifica le 162 principali aziende e associazioni di categoria che esercitano pressione sull’UE, avanzando stime al ribasso sulle spese destinate alle sole attività di lobbying. Basandosi sui registri di trasparenza dell’UE e limitandosi alle sole aziende che dichiarano di spendere almeno un milione di euro in attività di influenza, da febbraio 2023 a febbraio 2024 la spesa totale dei grandi gruppi lobbistici è arrivata a 343 milioni di euro, il 16% in più rispetto al 2020. Tra le aziende che hanno dichiarato di più ci sono i colossi della tecnologia Meta e Microsoft, ma anche la Federazione Bancaria Europea, l’azienda energetica Shell e la farmaceutica Bayer.
Secondo lo studio di CEO e LobbyControl, le aziende che hanno speso di più in attività lobbistiche sono quelle che operano nei settori tecnologico, energetico, bancario e chimico. Per attività di lobbying si intendono tutte le pratiche volte a influenzare le decisioni politiche ed economiche affinché rispecchino gli interessi di un determinato soggetto. Il lobbying è un’attività consentita dalle istituzioni europee, le quali hanno istituito registri dei portatori di interesse, in cui gli iscritti devono dichiarare quanto spendono per tali pratiche (ad esempio, per organizzare incontri, partecipare a tavoli di discussione o sponsorizzare campagne di sensibilizzazione). L’iscrizione al registro, tuttavia, non è obbligatoria, ma solo «fortemente raccomandata». Il rapporto di CEO e LobbyControl si basa sui dati del database “LobbyFacts” di CEO e utilizza il registro di trasparenza dell’Unione Europea. Il totale include dunque solo le attività dichiarate e si limita a elencare coloro che dichiarano almeno un milione di euro di spesa annuale. «La somma reale della spesa aziendale destinata alle attività di lobbying nell’UE è significativamente più elevata», si legge nel comunicato stampa.
Ad aprire la classifica dei gruppi che spendono di più per le attività di lobbying è il Consiglio Europeo delle Industrie Chimiche, la maggiore associazione di categoria per l’industria chimica in Europa, che nel 2024 ha investito 10 milioni di euro in questa pratica. Seguono i colossi del tech Meta, con 9 milioni, Microsoft, con 7 milioni, Apple, con 6,5 milioni, e Google, con 6 milioni. In totale, secondo le stime al ribasso, il settore tecnologico ha speso 67 milioni di euro in un anno per attività di influenza. Per quanto riguarda l’industria chimica, la spesa è arrivata a 45 milioni di euro, che, sommati ai 21,75 milioni dell’industria farmaceutica, sfiora la cifra raggiunta dal settore tecnologico. In questa categoria, l’azienda che spende di più per attività lobbistiche è la tedesca Bayer, con 6 milioni di euro. Il secondo posto tra i singoli settori è tuttavia occupato da quello bancario, con 53,75 milioni di euro. A pari merito con l’industria chimica, il terzo settore per spesa è quello dell’energia, con un totale di 45 milioni, in cui spiccano Fuels Europe (4,5 milioni) e Shell (4 milioni).
«La nostra analisi mostra che il processo decisionale dell’UE si trova ad affrontare un rischio reale di fare gli interessi delle aziende e che non esistono protezioni efficaci. Piuttosto che alla competitività aziendale andrebbe data priorità ai valori democratici e alla tutela sociale e ambientale». Considerando tutti i limiti della ricerca, infatti, è molto probabile che i colossi lobbistici spendano una cifra ben più alta di quella che appare nelle stime di CEO e LobbyControl. E, dopo tutto, «considerati gli attuali piani della Commissione Europea per un programma di deregolamentazione aggressivo e una sostituzione delle politiche verdi», scrivono gli autori del rapporto, «i loro sforzi di influenza stanno avendo successo». La soluzione, ritengono i gruppi, è una sola. Rendere obbligatoria l’iscrizione ai registri e aumentare le regolamentazioni per la trasparenza, aumentare le restrizioni per i lobbisti dell’industria favorire il dialogo con la società civile.
[di Dario Lucisano]
Pedopornografia, maxioperazione in tutta Italia: 34 arresti
Sono oltre 100 le perquisizioni che la Polizia di Stato ha portato a termine in 56 città in tutta Italia e che hanno portato all’arresto di 34 persone coinvolte nello sfruttamento sessuale di minori. Coordinata dalla Polizia Postale, con il coinvolgimento di circa 500 agenti, l’operazione costituisce una delle più grandi di questo genere mai svolte nel nostro Paese.
Afghanistan, OIM: oltre 500mila sfollati per disastri climatici nel 2024
Oltre mezzo milione di persone in Afghanistan sono state sfollate a causa dei disastri climatici nel 2024. Lo ha reso noto l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM) all’interno di un report appena diramato. Nel documento si legge che «quasi 9 milioni di persone sono state colpite dai rischi climatici negli ultimi 12 mesi, con oltre 500mila sfollati a causa di inondazioni, siccità e altri disastri». Secondo quanto attestato dal rapporto, la maggior parte degli sfollati proviene dalle regioni di Herat e Farah, site nell’ovest del Paese.
Vivere sotto occupazione: intervista a una famiglia palestinese decimata per la sua resistenza
TULKAREM, PALESTINA OCCUPATA –Della casa della famiglia Salit non è rimasto praticamente niente. I detriti e le macerie occupano la stradina davanti a quello che era il cancello, ora sfondato. Proiettili sparsi a terra indicano che i militari devono essersi sfogati con i loro mitra prima di fare esplodere la casa. Era il 9 gennaio 2025. I militari israeliani avevano invaso il campo profughi di Tulkarem, nei Territori palestinesi occupati, un paio di giorni prima. Cecchini sui tetti, strade distrutte, infrastrutture attaccate. Un po’ il solito schema, ma questa volta l’obbiettivo sembra fosse proprio la casa della famiglia Salit. «Avevamo ricevuto un ordine di demolizione qualche mese fa», dice Fatma, la madre. Piccolina, un velo rosato che le copre i capelli, Fatma esprime una grande forza d’animo e di determinazione. Sorride mentre ci da’ il benvenuto tra le macerie delle sua casa, le due figlie piccole che giocano tra i detriti lì accanto.
«In questa casa hanno vissuto tre ragazzi», comincia. «Erano eroi e combattenti per la libertà». Parla dei suoi figli Fatma, dei tre figli che non sono più con lei. «Vorrei baciare i muri distrutti di questa cara casa. Le mie emozioni… non riesco a descriverle. Ma io sono molto orgogliosa dei miei figli». E continua. «Mio figlio è un prigioniero, e per il fatto che è un resistente, le forze di occupazione hanno fatto questo alla nostra casa». Parla di Mahmoud Moati Salit, Abu Hanod per gli amici, arrestato poco più che ventenne a settembre del 2024 e condannato a diversi ergastoli per due operazioni (Beit Lid e Bal’a) che hanno portato alla morte di alcuni militari israeliani in Cisgiordania Occupata.
Gli altri suoi due figli invece erano stati uccisi pochi mesi prima. Ahmad Salit aveva 20 anni quando il 22 novembre 2023 un drone l’ha colpito nel campo profughi di Tulkarem. Erano in sei: sono morti tutti, vari i feriti. I militari avevano prima impedito alle ambulanze di raggiungere i sopravvissuti e poi hanno cercato di sequestrare i corpi dall’ospedale.
Nemmeno due mesi dopo, è il figlio maggiore a cadere sotto il fuoco dell’esercito occupante di Israele. Muhammad Muti’ Salit aveva 26 anni. È stato ucciso in uno scontro a fuoco il 17 gennaio 2024, durante un’incursione israeliana nel campo profughi dove viveva. Nelle circa 45 ore di operazione israeliana che seguirono otto palestinesi sono rimasti uccisi. Almeno tre di loro erano minorenni.
Due figli martiri, uno in carcere a vita. Ora ha perso anche la sua casa. La famiglia Salit è solo un esempio di quello che molte famiglie palestinesi sono costrette a vivere sotto l’occupazione israeliana.
«I militari sono venuti con una unità specializzata in esplosivi, e hanno minato la casa prima di farla esplodere completamente». Un video girato dagli stessi militari testimonia l’operazione minuziosamente. «Questa incursione l’hanno fatta principalmente per (demolire) la nostra casa. Hanno anche distrutto le strade».
«Ogni volta che vengono, entrano in alcune abitazioni e le distruggono, distruggono le strade, fanno esplodere case, arrestano molto persone e mirano ai bambini. La distruzione che causano è immensa. I bulldozer israeliani prendono di mira le infrastrutture e le distruggono appositamente, specialmente quelle che portano acqua ed elettricità, che costituiscono i bisogni più importanti per le persone nel campo profughi. Rimaniamo giorni senz’acqua.» Specifica: «fanno questo regolarmente per privarci dai nostri bisogni essenziali. La sofferenza è davvero senza precedenti.» E conclude: «E’ una piccola Gaza questa».
Anche le case vicine sono rimaste danneggiate: le finestre non esistono più il salotto e la cucina della famiglia adiacente sono invase dai detriti. È lì che ci offrono il caffè, mentre per strada numerosi volontari del quartiere aiutano a liberare la via dalle macerie e le portano via.
Ci fanno visitare la struttura: tutte le stanze sono sottosopra, mobili spaccati, nessuna finestra e polvere causata dall’esplosione ovunque. I ferri della casa abbattuta sono a pochi metri da quello che era il salotto. «Non so quante volte i militari sono entrati in questa casa e hanno fatto danni. Una volta hanno fatto esplodere la porta e sono entrati puntandoci contro le armi. Mi hanno preso e portato fuori, usandomi come scudo umano per le vie. Lo fanno spesso con gli abitanti del campo. Mi tenevano davanti a loro, con le armi puntate. Poi quando hanno finito mi hanno riportato a casa e c’erano alcuni militari che picchiavano mio fratello piccolo. Ha 15 anni. Gli avevano trovato delle foto “non gradite” sul cellulare», dice I., il vicino della famiglia Salit.
«La volta prima avevano distrutto questo», dice, indicando la parete di fronte a me, dove il muro danneggiato testimoniava la presenza di qualcosa che non c‘era più. «Qui c’era un bassorilievo della Moschea di Al-Aqsa. L’hanno distrutto». Si accende una sigaretta. «Questa è la nostra vita quotidiana sotto occupazione».
[testo e foto di Moira Amargi – corrispondente dalla Palestina]
Nota di redazione: quest’intervista risale al 9 gennaio. Oggi il campo profughi di Tulkarem è sotto occupazione israeliana dal 27 gennaio. Decine di abitazioni sono state fatte esplodere o rase al suolo dai bulldozer di Tel Aviv, e la distruzione che sta subendo il campo non ha precedenti. Netanyahu ha annunciato che l’esercito occuperà permanentemente il campo profughi per i prossimi mesi. Circa l’80% della popolazione è stata forzata a lasciare le proprie case.
Serbia, ancora proteste contro il governo: bloccati cantieri per Expo 2027
Continuano le proteste dei cittadini serbi contro il governo del Paese, accusato di una dilagante corruzione e di esercitare un controllo arbitrario sui media. Ad animare la mobilitazione sono stati in particolare gli studenti, cui si sono uniti anche agricoltori, avvocati, insegnanti e operatori culturali. Alla protesta hanno partecipato anche i partiti di opposizione, che hanno bloccato i lavori ai cantieri in corso alle porte di Belgrado per l’Expo 2027, rassegna che si terrà fra due anni nella capitale serba. Altri cortei e blocchi stradali sono stati segnalati a Novi Sad, Nis, Novi Pazar, Cacak e Kragujevac.
Negli USA un bambino è morto per il morbillo, è la prima volta dal 2015
Negli Stati Uniti, in Texas, un bambino in età scolare si è ammalato ed è deceduto per il morbillo, malattia respiratoria altamente contagiosa che negli Usa non uccideva più da ormai dieci anni. La causa di morte è stata confermata da autorità statali e funzionari sanitari locali, sottolineando che il decesso è avvenuto durante un’epidemia iniziata il mese scorso, definita «la più grande del Texas in quasi 30 anni» e che ha coinvolto oltre 120 casi di persone contagiate. Il bambino non è ancora stato identificato ma stando a quanto riportato si sa che non era vaccinato e che era ricoverato al Covenant Children’s Hospital di Lubbock, anche se le informazioni relative al suo stato di salute prima di contrarre la malattia non sono ancora note. Il caso già scalda la polemica politica americana e pone al centro del dibattito sanitario la sfiducia della popolazione verso i vaccini, drasticamente cresciuta durante la pandemia di Covid-19. Gli Stati Uniti avevano dichiarato da anni sconfitto ed eradicato il morbillo, evidentemente in modo prematuro.
Cos’è il morbillo
Il morbillo è una malattia virale altamente contagiosa causata da un virus a RNA della famiglia Paramyxoviridae, genere Morbillivirus. Colpisce una sola volta nella vita, visto che il corpo dopo la malattia sviluppa un immunità definitiva, motivo per cui colpisce tipicamente i bambini. Dopo un periodo di incubazione di 10-12 giorni, i sintomi iniziali includono febbre alta, tosse secca, congiuntivite, rinorrea ed eventuali piccole lesioni biancastre all’interno della bocca, mentre dopo 3-5 giorni dall’inizio dei sintomi, spesso compare l’eruzione cutanea tipica che parte dal viso e si diffonde al resto del corpo. Nella maggior parte dei casi il tutto si risolve spontaneamente, ma sono state riportate anche complicazioni gravi derivate dalla malattia, tra cui tra cui polmonite, encefalite e morte. Tra gli effetti più temuti, c’è la pancelafite subacuta sclerosante, una malattia neurodegenerativa sempre fatale che può manifestarsi raramente anni dopo l’infezione e l’immunosoppressione post-morbillosa, la quale può durare mesi o anni e rende i soggetti più vulnerabili ad altre infezioni. Per quanto riguarda i trattamenti, invece, non esiste una cura antivirale univoca e specifica per il morbillo e spesso la malattia viene contrastata tramite somministrazione di antipiretici, vitamina A, antibiotici e con corretta idratazione e nutrizione.
I vaccini e i dati a riguardo
Nonostante il miglioramento delle condizioni di salute e igienico sanitarie e il fatto che, secondo i dati disponibili, la letalità della malattia fosse già in calo, prima dell’introduzione del vaccino negli anni ’60 il morbillo provocava milioni di morti annui a livello globale. Prima di quel periodo, infatti, tale malattia era una delle principali cause di morte tra i bambini a livello globale – si stima che solo tra il 1855 ed il 2005 abbia causato il decesso di circa 200 milioni di persone – anche se spesso viene sottolineato che, nel periodo antecedente agli anni ’50, numerosi decessi infantili erano dovuti alle condizioni igienico sanitarie decisamente peggiori: basta pensare che nel 1895 si registravano circa 347 decessi ogni 1.000 nati vivi. Tuttavia, è innegabile come dal periodo in cui furono introdotti i vaccini si è registrato un drastico calo della letalità della malattia, la quale è stata persino dichiarata “eliminata” negli Stati Uniti nel 2000, ovvero non si erano registrate trasmissioni endemiche continue nel Paese per almeno 12 mesi consecutivi. Il vaccino contro il morbillo esiste da decenni ed è considerato altamente efficace e sicuro. Viene somministrato sotto forma di vaccino trivalente (MPR, contro morbillo, parotite e rosolia) o tetravalente (MPRV, che include anche la varicella) e contiene virus attenuati, i quali stimolano una risposta immunitaria senza causare la malattia. Secondo diverse agenzie e organizzazioni sanitarie, però, la soglia dell’immunità di gregge stimata al 95% – ovvero la soglia, dipendente principalmente dalla contagiosità del patogeno, per cui una popolazione è protetta da una malattia infettiva quando una percentuale sufficiente di individui è immune – non è più stata raggiunta in alcune zone americane negli ultimi anni, aumentando il rischio di epidemie. La contea di Gaines, in particolare, considerata epicentro dell’attuale crisi, avrebbe uno dei tassi più alti di esenzioni vaccinali scolastiche secondo gli ultimi dati – con il 14% degli studenti che ha saltato almeno una dose obbligatoria – e possiede anche una forte comunità di homeschooling e scuole private, le quali spesso non richiedono tale vaccino come requisito obbligatorio.
Il bambino deceduto negli Stati Uniti
Il bambino deceduto, nonostante non fosse di Lubbock, faceva parte di un’ondata di ricoveri presso il Covenant Children’s Hospital situato nella zona, dove oltre 20 pazienti sono stati curati per complicazioni legate al morbillo. Tra questi, secondo quanto riportato alle agenzie di stampa internazionali, molti avrebbero sviluppato polmoniti, necessitando di ossigeno e intubazione. Per quanto riguarda il bambino deceduto, è stato riportato che non era vaccinato contro la malattia e che era in età scolare, anche se informazioni sul suo stato di salute preliminare risultano ancora assenti, visto che le sue generalità non sono state diffuse e il suo caso non è ancora stato inserito nell’aggiornamento settimanale del Centro di Controllo delle Malattie americano (CDC). Il governo federale ha già inviato supporto tecnico nell’area colpita, mentre il caso sembra destinato a diventare una vera e propria miccia per un dibattito politico in tema di vaccini: Robert F. Kennedy Jr., segretario del Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani statunitense, ha affermato che il Dipartimento sta già monitorando i casi, definendo l’attuale epidemia in Texas come «non insolita» e aggiungendo che la maggior parte di coloro che erano ricoverati fossero in tale situazione per «quarantena». D’altra parte, la dottoressa Lara Johnson del Covenant Hospital ha contestato tali affermazioni, dichiarando: «Non ricoveriamo i pazienti per motivi di quarantena». Nel frattempo, un nuovo caso di morbillo è stato confermato nella contea di Rockwall, a est di Dallas, dimostrando come il virus continui a diffondersi.
[di Roberto Demaio]