I separatisti del Baloch Liberation Army hanno aperto il fuoco oggi contro un treno su cui viaggiavano 500 passeggeri nella provincia del Balochistan, nel Pakistan sud-occidentale. Come riferito dalle autorità locali, il convoglio è stato sequestrato dal gruppo. In seguito all’avvio dell’offensiva dei separatisti, l’esercito ha cercato di intervenire con un attacco attraverso l’utilizzo di aerei ed elicotteri. Baloch Liberation Army ha emesso un avvertimento, affermando che «se il bombardamento aereo non si ferma, si procederà con l’uccisione degli ostaggi entro la prossima ora».
Il nuovo rapporto sul commercio globale di armi
Nel periodo 2020-2024, l’Italia ha fatto registrare un maxi-aumento delle esportazioni di armi, pari al 138% rispetto al quinquennio precedente, piazzandosi al sesto posto della classifica dei maggiori esportatori. Lo ha attestato l’ultimo rapporto dell’Istituto Internazionale di Stoccolma per la Ricerca sulla Pace (SIPRI), in cui si legge che al primo posto della lista si confermano gli Stati Uniti d’America, seguiti da Francia e dalla Russia. Se Washington e Parigi hanno aumentato la quota delle loro esportazioni, ciò non vale per Mosca, che nel periodo di riferimento ha visto una diminuzione del 64%. Sul fronte delle importazioni, l’Europa è diventata un’area strategica per l’industria bellica, mentre l’Ucraina ha assunto un ruolo centrale, avendo aumentato gli acquisti di armi di quasi 100 volte rispetto al 2015-19 ed essendosi trasformata nel primo importatore mondiale.
Dalla ricerca emerge che, nel periodo 2020-2024, il commercio globale di armi ha subito una lieve contrazione (pari allo 0,6%) rispetto al quinquennio precedente. Al contempo, il documento mostra come i membri della NATO abbiano più che raddoppiato le importazioni di armi, con un aumento del 105%. Di queste, il 64% sono state fornite dagli USA, che nel periodo 2015-2019 ne avevano esportate il 52%. Nella lista dei Paesi fornitori seguono Francia e Corea del Sud con il 6,5%, la Germania con il 4,7% e Israele con il 3,9%. L’Europa ha registrato un aumento del 155% delle importazioni, trainato principalmente dalle conseguenze del conflitto russo-ucraino. L’Ucraina è diventata infatti il primo importatore mondiale di armi, con una quota dell’8,8% del totale globale, risultato delle forniture militari ricevute da oltre 35 Paesi a seguito della guerra con la Russia. Gli Stati Uniti si sono confermati il principale fornitore dell’Ucraina, con il 45% delle esportazioni dirette a Kiev, seguiti da Germania (12%) e Polonia (11%). Gran parte delle armi trasferite all’Ucraina sono state fornite sotto forma di aiuti militari, comprendendo missili a lungo raggio, carri armati, sistemi di difesa aerea e veicoli corazzati.
Focalizzando l’attenzione sul nostro Paese, il report attesta che l’Italia si è posizionata al sesto posto tra gli esportatori mondiali con una quota del 4,8% e una crescita impressionante rispetto alla fase antecedente. Questo incremento rappresenta il maggiore tra tutti i primi dieci esportatori mondiali, indicando un’espansione significativa dell’industria bellica italiana. I principali destinatari delle esportazioni italiane sono stati il Qatar (28%), l’Egitto (18%) e il Kuwait (18%). In particolare, le vendite al Qatar hanno riguardato soprattutto sistemi navali e aerei. L’Egitto, altro grande cliente, ha acquistato navi da guerra e velivoli, mentre il Kuwait ha incrementato la sua flotta con mezzi di produzione italiana. Per quanto concerne le importazioni di armi, il nostro Paese ha fatto segnare un calo del 27%, essendo passata la quota globale dall’1,5% all’1,1% (24esimo posto tra gli importatori). A esportare la stragrande maggioranza delle armi all’Italia sono stati gli USA, con il 94% dei trasferimenti, cui seguono Germania (2%) e Regno Unito (1,5%).
Nonostante una contrazione complessiva del 20% nelle importazioni rispetto al periodo precedente, i Paesi del Medio Oriente si confermano tra i principali acquirenti di armamenti a livello globale, con Qatar, Arabia Saudita, Egitto e Kuwait che figurano nella lista dei primi dieci importatori mondiali. Il Qatar ha visto un incremento del 127% delle importazioni, diventando il terzo maggiore acquirente globale. Gli Stati Uniti sono stati il principale fornitore del Paese (48%), seguiti dall’Italia (20%) e dal Regno Unito (15%). L’Arabia Saudita, pur avendo ridotto gli acquisti del 41%, rimane uno dei principali mercati per l’industria bellica nordamericana, con il 74% delle sue importazioni provenienti dagli USA. Un calo significativo delle esportazioni nel periodo 2020-2024 è stato registrato dai Paesi africani, con una diminuzione del 44% rispetto al lustro precedente. La riduzione è stata in particolare dovuta alla diminuzione delle importazioni di armamenti dei due maggiori importatori, ovvero Algeria (-73%) e Marocco (-26%). Un trend che non riguarda i Paesi dell’Africa occidentale, le cui importazioni – a causa delle gravi criticità riscontrate nell’ambito della sicurezza – hanno fatto segnare importanti aumenti negli ultimi 15 anni, con un aumento del 100% rispetto al periodo 2015-19 e dell’82% a quello 2010-14.
Già lo scorso aprile, il SIPRI aveva attestato come, nel 2023, la spesa militare mondiale avesse raggiunto il massimo storico di 2.443 miliardi di dollari, con un aumento del 6,8% in termini reali rispetto al 2022. L’Istituto aveva confermato che si trattava dell’aumento su base annua più marcato dal 2009 e, a partire dallo stesso anno, della prima volta che si è registrato un incremento della spesa militare in tutte e cinque le regioni geografiche – Europa, Asia e Oceania, Medio Oriente, Africa e Americhe –, con aumenti particolarmente elevati registrati nelle prime tre.
[di Stefano Baudino]
In Canada finisce l’era Trudeau: Mark Carney è il nuovo primo ministro
L’ex governatore della Banca Centrale Canadese, Mark Carney, ha conquistato la leadership del Partito Liberale del Paese e si prepara a succedere a Justin Trudeau come primo ministro per traghettare il Canada verso le prossime elezioni. Le elezioni politiche sono previste per il 20 ottobre, ma secondo alcuni esponenti del Partito Liberale il neoeletto premier potrebbe decidere di anticipare il voto. I sondaggi indicano che né i liberali né i conservatori riusciranno a ottenere una maggioranza. Carney assumerà l’incarico in un momento di forti tensioni politiche per il Canada, sia sul fronte interno, con la caduta di uno dei maggiori rappresentanti dell’establishment progressista mondiale, che su quello esterno, con la guerra commerciale con gli Stati Uniti guidati dal presidente Donald Trump.
Carney è stato nominato leader del Partito Liberale in una votazione che ha visto la partecipazione di quasi 152.000 tesserati su 400.000 iscritti, ottenendo l’86% dei voti e sbaragliando la concorrenza dell’ex ministra delle Finanze Chrystia Freeland. Con la vittoria delle primarie, Carney succederà a Trudeau come primo ministro e guadagnerà il posto di candidato alle prossime elezioni politiche. Il suo insediamento è previsto nei prossimi giorni. Con il cambio di guardia all’esecutivo, non ci si aspetta alcuno stravolgimento nella gestione interna del Paese. Carney ha 59 anni ed è stato governatore della banca centrale canadese, di quella britannica e inviato speciale dell’ONU per il clima. Durante il suo discorso di insediamento, ha salutato con entusiasmo il premier Trudeau, lodandone la guida. Il discorso si è concentrato sin dal principio sul contrasto alle politiche di Trump, che sta «cercando di indebolire la nostra economia». Riguardo agli attriti con Trump, Carney ha affermato che continuerà a imporre tariffe di risposta sui beni statunitensi e ha dichiarato perentoriamente che «il Canada non è gli Stati Uniti e gli Stati Uniti non sono il Canada», in riferimento alle dichiarazioni di Trump sull’annessione del Paese agli USA.
Carney ricoprirà il posto di primo ministro in una situazione particolarmente instabile per il Canada. Trudeau governava con un governo di minoranza, appoggiato esternamente dal Nuovo Partito Democratico (NDP), partito di centrosinistra. Sin dall’estate le critiche verso Trudeau si sono fatte più intense a causa degli alti costi della vita, delle politiche del lavoro e di quelle migratorie. A settembre il leader dell’NDP, Jagmeet Singh, ha messo fine all’accordo informale con i Liberali, accusandoli di favorire le grandi aziende e minando così la già precaria stabilità governativa. A ottobre sono iniziati i dibattiti interni, alimentati dalla legge di bilancio, e a dicembre Freeland ha dato il colpo di grazia all’esecutivo, rassegnando le dimissioni a causa del deficit del 2024, risultato più alto del previsto. Trudeau si è dimesso il 6 gennaio.
Uno dei motivi per cui Trudeau ha perso consensi è legato anche alla sua gestione della crisi pandemica. Durante il periodo Covid, l’amministrazione Trudeau ha gestito l’emergenza in linea con i provvedimenti dei lockdown e degli obblighi vaccinali stabiliti dalle organizzazioni internazionali. Nel gennaio 2022, tuttavia, il primo ministro canadese ha aperto la strada a un nuovo tipo di repressione sociale, quando ha assunto poteri speciali e congelato i conti bancari dei camionisti del Freedom Convoy, che paralizzarono Ottawa per protestare contro l’obbligo vaccinale, sostenuti da migliaia di cittadini. A gennaio 2024 è stato condannato da un tribunale per la repressione delle proteste. Trudeau è inoltre sempre stato uno dei maggiori rappresentanti del progressismo globale, esponente di spicco del World Economic Forum, dove è intervenuto più volte a difesa dei grandi accordi di libero scambio e di partenariato globale.
[di Dario Lucisano]
Mosca, massiccio attacco ucraino con droni
L’Ucraina avrebbe lanciato un attacco con droni contro Mosca, uccidendo una persona e ferendone altre tre. L’agenzia di stampa russa TASS comunica che, nella notte, 91 velivoli ucraini senza pilota diretti verso la regione di Mosca sarebbero stati abbattuti dalla contraerea russa. In città, i detriti avrebbero causato il danneggiamento di sette appartamenti e la distruzione di circa venti automobili. Intanto, nella regione russa di Kursk, le forze russe sostengono di avere riconquistato parte dei territori controllati da Kiev, avvicinandosi a circondare l’esercito nemico. Il capo dell’esercito ucraino ha dichiarato che non sussiste pericolo di accerchiamento. Oggi, inoltre, sono previsti colloqui tra USA e Ucraina in Arabia Saudita.
Filippine, l’ex presidente Duterte è stato arrestato
L’ex presidente delle Filippine, Rodrigo Duterte, è stato arrestato su richiesta della Corte Penale Internazionale, accusato di aver commesso crimini contro l’umanità durante la sua dura campagna di contrasto alla droga. L’arresto è avvenuto presso l’aeroporto di Manila, capitale delle Filippine. Rodrigo Duterte ha 79 anni ed è stato presidente delle Filippine dal 2016 al 2022. Durante il suo mandato, fece della “guerra alla droga” uno dei suoi obiettivi primari, e ad oggi si sospetta che oltre 6.000 persone siano state uccise nel corso di operazioni repressive della polizia. Duterte, inoltre, ritirò il Paese dalla stessa CPI. È padre di Sara Duterte, vicepresidente delle Filippine, oggi sotto impeachment.
Trump taglia gli aiuti al Sudafrica per punirlo delle azioni contro i coloni e Israele
il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha annunciato il blocco degli aiuti economici al Sudafrica, invitando i cittadini bianchi del Paese a lasciare la nazione e trasferirsi negli Stati Uniti. Già un mese fa Trump aveva minacciato il Sudafrica di intraprendere azioni come rappresaglia per quello che i suprematisti bianchi definiscono “genocidio bianco”. La situazione politica nel Paese africano è tesa da quando il governo ha attuato una legge che prevede l’esproprio delle terre, anche senza indennizzo, a danno degli agricoltori bianchi. Sebbene siano minoranza, questi ultimi detengono infatti la stragrande maggioranza della proprietà privata della terra, come retaggio dell’era dell’apartheid. Tra le motivazioni della sospensione degli aiuti al Paese c’è anche la sua posizione nei confronti di Israele, contro cui il Sudafrica ha avviato il processo in seno alla Corte Internazionale di Giustizia per il genocidio perpetrato contro la popolazione palestinese.
Con l’Ordine Esecutivo 14204, Donald Trump ha dato mandato al Dipartimento di Stato, guidato da Marco Rubio, di interrompere gli aiuti e l’assistenza estera forniti al Sudafrica. La motivazione con cui è stato emanato tale Ordine Esecutivo risiede in quello che Trump definisce come «scioccante disprezzo per i diritti dei suoi cittadini», riferendosi all’attuazione della legge 13 del 2024 con cui il Sudafrica ha dato avvio all’espropriazione delle terre agli agricoltori bianchi, che i suprematisti bianchi hanno definito «genocidio bianco». «Questa legge segue innumerevoli politiche governative progettate per smantellare le pari opportunità nell’occupazione, nell’istruzione e negli affari, e la retorica odiosa e le azioni governative che alimentano la violenza sproporzionata contro i proprietari terrieri razzialmente svantaggiati», è scritto nell’ordine di Trump. Ma il motivo è anche un altro. «Inoltre, il Sudafrica ha assunto posizioni aggressive nei confronti degli Stati Uniti e dei suoi alleati, tra cui accusare Israele, non Hamas, di genocidio presso la Corte Internazionale di Giustizia e rinvigorire le sue relazioni con l’Iran per sviluppare accordi commerciali, militari e nucleari», è riportato nell’O.D. 14204.
In totale controtendenza rispetto alle politiche di immigrazione, Trump ha inoltre dato mandato al Segretario di Stato e al Segretario della Sicurezza Nazionale di organizzare un piano che preveda «l’ammissione e il reinsediamento attraverso il Programma di ammissione dei rifugiati degli Stati Uniti, per gli afrikaner in Sudafrica che sono vittime di ingiusta discriminazione razziale». In altre parole, con tale Ordine Esecutivo si fornisce una linea privilegiata ai sudafricani bianchi per poter migrare negli Stati Uniti.
Il presidente sudafricano, Cyril Ramaphosa ha detto che la legislazione avrebbe«garantito l’accesso pubblico alla terra in modo equo e giusto». La legge, in discussione da anni, ha lo scopo di porre fine ad uno dei retaggi dell’epoca della apartheid. Infatti, sebbene la popolazione bianca rappresenti il 9% della popolazione totale, si stima che abbia la proprietà privata di circa il 75% dei terreni agricoli del Paese.
Il Sudafrica è il più grande beneficiario dell’African Growth and Opportunities Act (AGOA), un accordo commerciale statunitense che fornisce un accesso preferenziale duty-free ai mercati statunitensi per le nazioni africane. Con l’adozione dell’Odine Esecutivo emesso da Trump, il Paese africano viene così tagliato fuori. Secondo il National Agricultural Marketing Council (NAMC), le esportazioni del Sudafrica sono gran parte guidate dall’agricoltura, grazie anche all’azione dell’AGOA. Un rapporto del 2023 del Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti mostra che il Sudafrica è il principale esportatore agricolo sotto AGOA e il suo più grande beneficiario con due terzi delle esportazioni agricole, soprattutto con agrumi, vino e succo di frutta, che vanno in direzione degli Stati Uniti.
Insomma, gli Stati Uniti puniscono il Sudafrica per aver osato mettersi contro Israele e per voler determinare una maggiore giustizia sociale ed economica andando a rompere l’eredità delle ingiustizie razziali prodotte durante il periodo dell’apartheid.
[di Michele Manfrin]
Il social X è sotto attacco, Musk: “Forse dietro un Paese”
Il sito del social X (ex Twitter) sta riscontrando problemi in tutto il mondo, e risulta in down da ore. Attorno alle 18:30 di oggi, Elon Musk, proprietario della piattaforma, ha condiviso un post per aggiornare i propri utenti: «C’è stato (e c’è ancora) un massiccio attacco informatico contro X», ha annunciato Musk. «Veniamo attaccati ogni giorno, ma questo attacco è stato condotto con molte risorse. È coinvolto un gruppo numeroso e coordinato e/o un Paese».