Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha sostituito il Capo di Stato Maggiore dell’esercito del Paese, Anatoliy Barhylevych, nominando al suo posto Andrii Hnatov. Il ministero della Difesa ucraino ha spiegato che il cambio di vertice è avvenuto perché l’Ucraina sta «trasformando in maniera sistematica» le proprie forze armate, per «rafforzarne l’efficacia in combattimento». L’annuncio arriva in un periodo difficile per l’Ucraina, che sta perdendo sempre più terreno nella regione russa del Kursk, contro cui ha lanciato un’offensiva militare lo scorso agosto. Secondo mappe pubblicate recentemente dall’Ucraina, ora Kiev nella regione controllerebbe circa 110 chilometri quadrati contro i circa 1.400 del periodo di picco.
USA contro il divieto della Corte: trasferite 250 persone a El Salvador
Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha ordinato il trasferimento di oltre 250 persone a El Salvador, andando contro un divieto imposto da una Corte federale. Per opporsi al divieto, che ha bloccato rimpatri e trasferimenti per due settimane, Trump ha fatto appello a un decreto del 1798, che gli permette di trasferire rapidamente i migranti ritenuti parte di una “invasione o incursione predatoria”. Secondo quanto riferiscono i media, tra le persone trasferite ci sarebbero membri di gang venezuelane e salvadoregne. L’agenzia di stampa Associated Press riporta che il governo degli Stati Uniti avrebbe concordato di pagare 6 milioni di dollari al governo di El Salvador per imprigionare 300 migranti.
Russia, le truppe avanzano nel Kursk
L’esercito moscovita continua a scacciare i soldati ucraini dalla regione russa del Kursk, restringendo sempre più l’area sotto controllo di Kiev. Ieri, le forze russe hanno dichiarato di aver conquistato le località di Rubanshchina e Zaoleshenka, distruggendo carri armati e attrezzature militari ucraine. Lo Stato maggiore di Kiev non ha commentato la presunta perdita degli avamposti. Oggi, tuttavia, ha pubblicato una mappa che mostra il progressivo arretramento delle proprie truppe, che ora controllerebbero circa 110 chilometri quadrati contro i circa 1.400 del periodo di picco. L’Ucraina ha inoltre confermato il ritiro da Sudzha, città chiave nella regione.
Gaza, 9 morti a Beit Lahia. In Yemen 31 morti per attacco USA
Continuano le violazioni israeliane del cessate il fuoco a Gaza, dove ieri almeno nove palestinesi sono stati uccisi in un attacco a Beit Lahia, nel nord della Striscia. Le vittime erano due giornalisti e una squadra di operatori umanitari, colpiti da un attacco aereo israeliano. Si tratta del raid più mortale dall’entrata in vigore del cessate il fuoco. Nel frattempo, è emerso anche il primo bilancio degli attacchi statunitensi e britannici in Yemen, che hanno colpito diverse località del Paese. Secondo le stime parziali del ministero della Salute di Sana’a sarebbero morte almeno 31 persone e almeno altre 101 sarebbero rimaste ferite.
Serbia, trecentomila in piazza contro il governo
Dopo giorni di marcia verso Belgrado, a quattro mesi dall’inizio delle proteste, gli studenti serbi hanno organizzato una massiccia manifestazione antigovernativa, alla quale hanno preso parte centinaia di migliaia di persone. La protesta si è svolta sotto lo slogan “15 per 15”, in ricordo dei civili morti dopo il crollo della tettoia della stazione di Novi Sad lo scorso 1 novembre. Vista la sempre maggiore partecipazione, gli studenti hanno alzato la posta in gioco e ora chiedono che a rispondere del disastro sia lo stesso presidente Vučić. Proprio in occasione delle proteste, il presidente ha rilasciato un messaggio televisivo: dopo aver presentato il bilancio di feriti e arresti di quella che i media stanno descrivendo come la più grande manifestazione mai avvenuta nel Paese, Vučić ha parlato della necessità di un «cambiamento», e ha aperto alla possibilità di indire elezioni, senza tuttavia annunciare propriamente le dimissioni.
Gli studenti, accompagnati da insegnanti e cittadini, hanno iniziato a marciare verso Belgrado almeno due giorni prima della manifestazione, che si è tenuta ieri, sabato 15 marzo. È difficile definire il numero esatto di presenti. Secondo fonti governative, la folla di dimostranti sarebbe arrivata a circa 107.000 persone, ma media e osservatori parlano di numeri almeno tre volte superiori. Alcuni giornali serbi parlano addirittura di una folla di oltre mezzo milione di persone. Nel corso della protesta, i dimostranti hanno osservato 15 minuti di silenzio per onorare le vittime del crollo della tettoia di Novi Sad. La manifestazione, inoltre, ha registrato qualche scontro che ha portato al ferimento di alcuni dei dimostranti e ad arresti. Secondo quanto dichiarato dal presidente Vučić, almeno 44 persone sarebbero rimaste ferite e 22 sarebbero state arrestate per aggressione alla polizia e violazione di proprietà. Vučić ha parlato anche della distruzione di centinaia di trattori. I manifestanti hanno accusato la polizia di avere fatto uso di cannoni sonori, accusa smentita dal presidente. I media serbi hanno pubblicato dei video a sostegno della vicenda.
Le richieste dei manifestanti serbi sono all’incirca le stesse che portano avanti da quattro mesi. In particolare, gli studenti, che guidano la protesta da mesi, hanno quattro richieste: la pubblicazione di tutti i documenti riguardanti la ristrutturazione della stazione ferroviaria di Novi Sad; l’incriminazione di tutti coloro che sono stati coinvolti nell’attacco a studenti e professori durante le loro proteste per il disastro e il loro licenziamento nel caso in cui si dimostri che si tratta di funzionari pubblici; la sospensione dell’incriminazione degli studenti arrestati durante le proteste; un aumento del 20% del budget per l’istruzione superiore. Tutte le richieste sono state accolte o accolte solo in parte. La documentazione segreta non è ancora stata pubblicata, funzionari pubblici come il sindaco di Novi Sad e il primo ministro hanno rassegnato le dimissioni, ed è in programma un aumento del budget per il ministero dell’istruzione. Col tempo e la partecipazione sempre più ampia, gli studenti hanno iniziato a chiedere anche le dimissioni di Vučić e la programmazione di nuove elezioni. In seguito alla protesta, Vučić è apparso in televisione, e ha lanciato un messaggio di parziale apertura nei confronti dei manifestanti. «Ora, le autorità devono cogliere il messaggio portato dalle persone che sono arrivate oggi nella capitale», ha detto il presidente. «Dobbiamo cambiare e cambiare tutto ciò che ci circonda». Vučić ha aperto alla possibilità di incontrare i manifestanti e di indire un referendum e nuove elezioni, rimanendo però vago sulla possibile data.
[di Dario Lucisano]
Macedonia del Nord, incendio in una discoteca: decine di morti
Nella notte tra ieri e oggi, domenica 17 marzo, a Kocani, piccolo centro della Macedonia del Nord, è esploso un incendio all’interno di una discoteca. Al momento dell’incendio, l’edificio ospitava circa 1.500 persone, per lo più giovani. Il numero preciso delle vittime è ancora ignoto, ma la direttrice dell’ospedale cittadino ha detto ai media che sarebbero morte «decine di persone» e che almeno 90 sarebbero rimaste ferite. La direttrice avrebbe detto ai quotidiani locali che, in questo primo momento, il pubblico ministero le avrebbe vietato di rivelare la cifra esatta delle vittime. I numeri non ufficiali parlano di 50 morti. Ancora ignote le cause dell’incendio.
Yemen, Trump ordina vasta offensiva contro postazioni Houti
Il presidente americano Trump ha annunciato sul suo social media Truth di aver ordinato una “azione militare decisiva e potente” contro i “terroristi Houti” in Yemen, dichiarando che si trattava di una risposta agli attacchi portati a termine dal gruppo contro le navi e i mezzi aerei americani nel Mar Rosso. “Useremo una forza letale schiacciante fino a che non avremo raggiunto i nostri obiettivi” ha dichiarato Trump, minacciando di “scatenare l’inferno” in caso gli attacchi degli Houti non si fermino. Il presidente ha anche intimato l’Iran di smettere di supportare i “terroristi”. Sui social stanno iniziando a circolare le prime immagini degli attacchi, che mostrano alte colonne di fumo sollevarsi dalle postazioni bombardate.
La Polonia addestrerà tutti gli uomini affinché siano pronti alla guerra
In un discorso al Parlamento polacco sulle questioni legate alla Difesa, il primo ministro Donald Tusk ha fatto riferimento alla volontà del governo di allargare enormemente i ranghi dell’esercito e istituire un programma di addestramento militare per tutti gli uomini polacchi. Tusk ha poi parlato della necessità del suo Paese di aumentare la tecnologia militare convenzionale moderna e la dotazione di armi nucleari. Il discorso, di spiccato spirito militarista, si inserisce nel contesto di corsa al riarmo dell’Europa: solamente pochi giorni fa, infatti, l’Europarlamento ha approvato il piano ReArm Europe da 800 miliardi di euro presentato da Ursula von der Leyen.
Come spiegato da Tusk, in Polonia sono in corso lavori per far sì che tutti gli uomini polacchi si sottopongano ad addestramento militare. I dettagli, ha riferito il capo di governo, saranno rivelati nei prossimi mesi, con l’obiettivo di realizzare il piano entro la fine di questo anno. «Stiamo preparando un addestramento militare su larga scala per ogni uomo adulto in Polonia. Il nostro obiettivo è finalizzare il piano entro la fine dell’anno per garantire una forza di riserva ben addestrata pronta a potenziali minacce», ha detto Tusk durante un discorso sulla Difesa e sulla Sicurezza al Sejm, la camera bassa del Parlamento polacco. Tusk ha parlato della necessità di formare un esercito composto da mezzo milione di soldati, riservisti compresi, dalle attuali 200 mila unità.
Anche le donne potranno sottoporsi all’addestramento militare, anche se «la guerra è ancora in misura maggiore il dominio degli uomini». Parlando di armi nucleari, il primo ministro ha detto che il suo governo sta «esaminando attentamente» la proposta della Francia di includere l’Europa sotto il suo ombrello nucleare, chiedendosi cosa significhi questo «in termini di autorità su queste armi». Tusk ha parlato di come la Polonia debba aumentare la propria tecnologia militare, tanto quella convenzionale quanto quella nucleare, non lasciando intendere bene se in riferimento al già citato nucleare francese oppure all’idea che la Polonia stessa si doti di questa forza.
In continuità con lo slancio militarista europeo, con il piano ReArm Europe da 800 miliardi di euro, Szymon Hołownia, presidente del Sejm, ha annunciato l’istituzione di un fondo speciale che sosterrà progetti molto specifici per aumentare la sicurezza della Polonia. Come spiegato da Hołownia, il denaro che sarà immesso in questo fondo sarà denaro aggiuntivo per l’industria della difesa, per la protezione civile e per la costruzione di rifugi. Il vice-primo ministro nonchè ministro della Difesa nazionale, Władysław Kosiniak-Kamysz, ha indicato come le spese per la difesa polacca siano aumentate negli ultimi anni. Come spiegato, il bilancio di quest’anno adottato dal Sejm prevede una spesa per questo scopo per un importo pari al 4,7% del PIL.
La Polonia si conferma dunque cavallo di razza della volontà militarista europea e come baluardo del fronte orientale dell’Europa rispetto alla crociata contro la Russia.
[di Michele Manfrin]