Serbia, migliaia di persone in piazza a sostegno di Vucic
Giappone, ha preso il via l’Expo di Osaka
Ha ufficialmente aperto i battenti alle 9 di mattina ora locale (le 2 italiane) l’Expo 2025 di Osaka. Già prima dell’inizio, un lungo flusso di visitatori si è messo in coda per fare ingresso all’esposizione universale. L’evento, dedicato al tema “Progettare la società del futuro per le nostre vite”, vede la partecipazione di 158 Paesi e regioni riunite a Yumeshima, isola artificiale nella baia di Osaka. Continuerà fino al prossimo 13 ottobre. Il Padiglione Italia è stato inaugurato alle 15 (le 8 in Italia) alla presenza del ministro degli Esteri Antonio Tajani. Secondo le previsioni, l’Expo attrarrà nell’arco di sei mesi oltre 28 milioni di visitatori.
Israele isola Rafah mentre l’ONU afferma che Gaza è diventata una zona “post-apocalittica”
«La realtà a Gaza è una realtà post-apocalittica»: con queste drammatiche parole Philippe Lazzarini, Commissario generale dell’Agenzia Onu per i rifugiati palestinesi (UNRWA), ha descritto la condizione attuale della Striscia di Gaza, ridotta a un cumulo di macerie dopo mesi di incessanti bombardamenti israeliani. Le sue parole arrivano in un momento in cui Rafah è stata completamente isolata dalle forze israeliane, trasformandosi in un’enclave assediata all’interno di un territorio già devastato. Nel frattempo, questa notte, le forze israeliane hanno colpito l’ospedale arabo al-Ahli di Gaza City mentre era in corso l’evacuazione dei pazienti. Due attacchi aerei hanno distrutto il pronto soccorso, l’ingresso principale e la struttura che forniva ossigeno per le terapie intensive.
Il governo israeliano ha annunciato di aver completato la costruzione del Corridoio Morag, una linea fortificata che taglia fuori Rafah dal resto di Gaza. Questa mossa, secondo Tel Aviv, risponde alla necessità di impedire il contrabbando e neutralizzare Hamas, ma secondo numerosi analisti internazionali fa parte di un progetto più ampio volto a esercitare un controllo permanente su ampie porzioni del territorio palestinese. A questa infrastruttura si aggiunge il Corridoio Netzarim, che divide verticalmente la Striscia, e che verrà presto ampliato, secondo quanto affermato dal ministro della Difesa israeliano Israel Katz. Robert Geist Pinfold, esperto del King’s College di Londra, ha dichiarato all’emittente Al Jazeera i corridoi militari costruiti da Israele riflettono una strategia ben più profonda: garantire un controllo a distanza di Gaza, potendola isolare, assediare o occupare a piacimento. Le aree urbane palestinesi vengono così frammentate, mentre la popolazione civile si ritrova sempre più schiacciata in spazi angusti e invivibili.
Il ministro israeliano Katz ha inoltre ordinato nuovi sfollamenti a Khan Younis, città già martoriata, dove i bombardamenti non si sono mai fermati. Dieci quartieri sono stati destinatari di un ultimatum: evacuare immediatamente o affrontare una veemente offensiva. Il tutto mentre Gaza, sotto completo assedio da oltre un mese, è priva di approvvigionamenti di cibo, carburante e assistenza sanitaria. Circa 2,1 milioni di palestinesi si trovano ora ammassati in un terzo del territorio originario della Striscia. Hamas ha accusato Netanyahu di prolungare il conflitto per fini politici, ignorando la possibilità di uno scambio di prigionieri che potrebbe porre fine alla guerra. «Il sangue dei bambini di Gaza e dei prigionieri è vittima delle ambizioni personali del premier israeliano», ha dichiarato il gruppo in un comunicato. L’accusa rimbalza anche tra le voci della società israeliana, sempre più divisa e stanca di una guerra senza fine.
Rispetto all’attacco sferrato da Israele contro l’ospedale al-Ahli, i cronisti di Al Jazeera parlano di uno scenario «scioccante». Dopo i raid, l’ospedale è completamente fuori servizio e non ha più la capacità di fornire alcuna assistenza medica necessaria. «Ciò lascia i pazienti che cercavano cure mediche all’interno dell’ospedale senza un’alternativa adeguata, nella parte settentrionale della Striscia di Gaza», scrive l’emittente, dal momento che «non si sta parlando di un ospedale o due», ma «di un elenco di 36 ospedali, comprese strutture sanitarie private, che sono stati distrutti e chiusi». Gaza, insomma, continua ad essere un inferno per la popolazione civile senza soluzione di continuità: venerdì, le Nazioni Unite hanno condannato i continui raid dell’esercito israeliano, affermando che «tra il 18 marzo e il 9 aprile 2025 si sono verificati circa 224 attacchi israeliani contro edifici residenziali e tende per sfollati», aggiungendo che «in circa 36 attacchi le vittime registrate sono state solo donne e bambini».
Sudan, attacchi delle RSF a campo per sfollati: centinaia di morti e feriti
Cuba: l’energia solare con l’aiuto cinese per superare la crisi e vincere l’embargo USA
Con l’aiuto della Cina, Cuba sta muovendo importanti passi nella direzione delle energie rinnovabili, avviando un progetto che entro il 2028 dovrebbe vedere l’entrata in funzione di 92 impianti di produzione solare. Sei di questi sono già stati inaugurati e hanno da poco iniziato a funzionare. L’intento è quello di porre fine all’emergenza dovuta ai blackout di energia che si ripetono ormai da diverso tempo e negli ultimi mesi sono sempre più frequenti. Cuba tenta così, con l’appoggio di Pechino, di sottrarsi al blocco statunitense che da decenni non permette all’isola un approvvigionamento sufficiente di beni in svariati settori – incluso quello energetico. A causa di ciò, l’isola si trova ad avere una rete elettrica obsoleta e di difficile manutenzione. Grazie a questo progetto, tuttavia, i cubani potranno disporre di circa 2.000 megawatt di elettricità, proveniente interamente dall’energia solare.
Il deficit elettrico di Cuba ha un profondo impatto sulla vita della popolazione, dal momento che i frequenti blackout limitano l’accesso ai servizi di base – acqua, illuminazione, refrigerazione ed elaborazione degli alimenti e così via. Non di rado queste interruzioni di energia hanno esasperato gli animi della popolazione, dando vita a proteste e tumulti. Di fronte a tale scenario, causato dal decennale blocco statunitense che impedisce l’acquisto di carburante a sufficienza e di pezzi di ricambio per gli impianti elettrici, Cuba ha deciso di scommettere sulle energie rinnovabili e ridurre la propria dipendenza dai combustibili fossili. Il 21 febbraio, il presidente cubano, Miguel Diaz-Canel, ha inaugurato il primo dei 92 parchi solari che saranno costruiti entro il 2028 grazie all’aiuto della Cina (rappresentata per l’occasione dall’ambasciatore cinese a Cuba, Hua Xin), con cui saranno generati 2.000 MW di energia elettrica.
Il parco inaugurato a L’Avana è stato il primo dei 55 che dovrebbero entrare in funzione quest’anno. Alla fine di marzo erano già 6 i parchi solari inaugurati ed entrati in funzione, come mostrato anche dal ministro dell’Energia e delle Miniere, Vicente de la O Levy, che pubblica costantemente gli avanzamenti dei lavori e le inaugurazioni dei diversi impianti solari sul suo profilo X. Secondo quanto riportato, nuovi parchi entreranno in funzione ogni mese quest’anno. I parchi solari saranno di varie dimensioni, da quelli più piccoli, comunitari, ad impianti di centinaia di megawatt. L’utilizzo delle energie rinnovabili permetterebbe a Cuba di avere energia sufficiente per far fronte ai picchi di richiesta energetica e interrompere i blackout.
Il servizio elettrico cubano è da diversi mesi costantemente sotto stress, con interruzioni sempre più frequenti. Spesso, le tensioni sociali che ne sono derivate sono sfociate in proteste e disordini. Il deficit energetico è dovuto, in particolare, alla mancanza di carburante, alla bassa disponibilità di centrali e alle difficoltà esistenti nell’approvvigionamento dei pezzi di ricambio per le unità in manutenzione. A causare questa stiuazione è, in particolare, il blocco che gli Stati Uniti impongono da decenni all’isola, nel tentativo di far implodere il soggetto politico socialista sorto dalla rivoluzione cubana. Il 19 marzo scorso, la portavoce del ministero degli Esteri cinese, Mao Ning, ha condannato la decisione di imporre nuove restrizioni sui visti statunitensi sul programma di lavoro all’estero di Cuba, una delle principali fonti di valuta estera per L’Avana, in particolare grazie agli operatori sanitari inviati all’estero. «La Cina si oppone alla diplomazia coercitiva ed esorta gli Stati Uniti a fermare immediatamente il blocco e le sanzioni a Cuba e a rimuovere Cuba dall’elenco degli Stati Sponsor del terrorismo», ha poi detto Mao Ning.
Una buona notizia per Cuba. Nel mentre, la Cina si conferma un punto di riferimento nella regione del centro-sud America, da sempre considerata dagli americani come il proprio “cortile di casa”.
Milano per la Palestina: migliaia in piazza
In migliaia hanno risposto alla chiamata delle organizzazioni palestinesi italiane, scendendo in piazza a Milano al grido di: “Fermiamo la macchina bellica! Palestina libera!”. Il corteo, partito da piazza Duca D’Aosta, chiede la cessazione del genocidio a Gaza e della deportazione del popolo palestinese, così come lo stop della corsa al riarmo e della repressione, per un chiaro messaggio all’UE, e al suo piano militare da 800 miliardi di euro, nonché al governo italiano, fresco di approvazione del decreto sicurezza.
La formazione delle montagne arricchisce la biodiversità: lo dimostra uno studio
La crescita delle montagne potrebbe non essere solo uno spettacolo della geologia, ma anche un motore diretto dell’evoluzione della vita sulla Terra: è quanto emerge dal lavoro dettagliato in un nuovo studio condotto da un team di ricercatori guidato da scienziati dell’Università dell’Indiana, sottoposto a revisione paritaria e pubblicato sulla rivista scientifica Science. Secondo i risultati ottenuti utilizzando modelli informatici avanzati, la fauna si evolverebbe in risposta ai cambiamenti di paesaggio e, in particolare, alla creazione di nuove montagne, le quali favoriscono la nascita di nuove specie, in particolare tra piccoli mammiferi e roditori. Si tratta di uno studio che, secondo gli autori, rafforza il legame tra geologia e biologia evolutiva, suggerendo che i paesaggi non siano semplici sfondi, ma partecipino attivamente alla formazione della biodiversità. «Lo studio evidenzia anche come i cambiamenti geologici in corso potrebbero continuare a influenzare la biodiversità in futuro», ha commentato il coautore Eyal Marder, aggiungendo che comprendere il ruolo della geologia potrebbe aiutare a prevedere e proteggere la biodiversità minacciata dai cambiamenti climatici.
Per decenni, i biologi hanno osservato che le montagne ospitano una varietà di specie sorprendente, ma le cause di questa ricchezza restavano incerte: non era chiaro se la biodiversità montana derivasse da processi evolutivi legati al paesaggio o da altri fattori ecologici. Lo studio appena pubblicato ha deciso di affrontare direttamente questa domanda, mostrando che l’innalzamento delle montagne crea nuovi habitat e isola geograficamente le popolazioni, favorendo la speciazione, cioè la nascita di nuove specie. Per analizzare questo fenomeno gli autori si sono serviti di Adascape, un modello informatico che simula l’evoluzione delle specie in risposta ai cambiamenti del territorio. Oltre ad Adascape, sono stati sviluppati nuovi software per creare un mondo virtuale in cui osservare come le specie si differenziano nel corso di milioni di anni, mentre le montagne si formano e modificano il paesaggio.
Nelle simulazioni, il team ha fatto iniziare l’esperimento da un paesaggio piatto, abitato da un’unica specie di roditori, e poi, con l’innalzamento delle montagne virtuali, ha notato che gli animali si sono spostati, adattati e infine differenziati in categorie distinte. Le simulazioni hanno rivelato che, con l’innalzamento delle montagne, le specie si adattano a nuove altitudini e si isolano geograficamente, stimolando l’emergerne di nuove attraverso un processo noto come speciazione allopatrica, spiegano i coautori. Le analisi, poi, hanno confrontato la biodiversità nelle aree montane e nelle pianure adiacenti, dove i reperti fossili sono meglio conservati. Secondo i risultati ottenuti, molte specie originatesi in montagna si sarebbero poi diffuse verso altitudini inferiori, contribuendo a spiegare alcuni picchi di biodiversità effettivamente osservati nei fossili, come quelli risalenti a circa 15 milioni di anni fa negli Stati Uniti occidentali. Secondo gli autori, infine, si tratta di evidenze che potrebbero persino aiutare i conservazionisti a individuare le categorie più vulnerabili ai cambiamenti ambientali, e a guidare strategie per la protezione della biodiversità montana. Lo studio «offre un nuovo modo di studiare gli effetti a lungo termine dei cambiamenti ambientali. Studi futuri potrebbero integrare prove fossili e dati genetici per convalidare ulteriormente questi modelli e perfezionare le previsioni su come le specie si evolvono in risposta ai cambiamenti paesaggistici», concludono i coautori.
Accordo nucleare, al via i negoziati USA-Iran
Sono iniziati in Oman i colloqui indiretti tra Stati Uniti e Iran. L’obiettivo è trovare un accordo che contenga l’espansione del programma nucleare iraniano in cambio della revoca delle sanzioni statunitensi. L’incontro è stato preceduto dalle minacce del presidente USA Donald Trump, che ha ipotizzato un attacco militare alla Repubblica Islamica nel caso in cui non si raggiungesse un accordo. La precedente intesa tra le parti, risalente al 2015, ha avuto vita breve: nel 2018, sotto l’amministrazione Trump, gli USA hanno reintrodotto le sanzioni all’Iran, che ha risposto intensificando il programma nucleare.
Il Corriere della Sera a processo: manipolò un’intervista per definire un politico “putiniano”
Il giornalista del Corriere della Sera Fabrizio Roncone e il direttore della medesima testata, Luciano Fontana, sono stati rinviati a giudizio dalla Procura di Cagliari per diffamazione ai danni dell’ex deputato del Movimento 5 Stelle Gabriele Lorenzoni. I fatti ruotano attorno a un articolo, pubblicato dal Corriere nel marzo del 2022, in cui Lorenzoni veniva indicato come «putiniano». Nello stesso pezzo, il politico veniva schernito per le sue posizioni in merito alla guerra russo-ucraina e per aver creduto a presunte notizie false su tale conflitto. Nello specifico, i pm affermano che all’ex deputato sono state attribuite affermazioni mai pronunciate, con una vera e propria manipolazione delle sue dichiarazioni tesa a dipingerlo come un «soggetto estremista che appoggerebbe le posizioni politiche e militari della Russia di Putin».
Nel titolo dell’articolo da cui trae origine il procedimento, Lorenzoni veniva etichettato come «putiniano», espressione che, nonostante la successiva modifica in «Filo-Putin», resta visibile all’interno del link e rappresenta il simbolo della controversia. Il decreto di citazione diretta a giudizio di Fabrizio Roncone e Luciano Fontana, emesso dalla Procura presso il Tribunale di Cagliari, evidenzia come i due imputati siano chiamati a rispondere del reato di diffamazione: nel dettaglio, Roncone risulta imputato ai sensi dell’art. 595, co. 2 e 3 del Codice Penale, mentre Fontana, nella sua veste di direttore, è accusato per aver omesso il controllo editoriale sul contenuto dell’articolo incriminato. Secondo l’atto d’accusa, il giornalista autore dell’articolo avrebbe deliberatamente alterato il senso dell’intervista, attribuendo al deputato Lorenzoni parole inesistenti e dunque «ledendo gravemente la sua reputazione personale e professionale». I documenti processuali, che fissano l’udienza al 24 giugno 2025, rappresentano non solo una formale azione penale ma anche un banco di prova per stabilire i limiti tra il diritto alla libertà di espressione e quello al rispetto dell’onorabilità personale. Insomma, l’evoluzione di questo processo potrà richiamare i riflettori su una questione ormai centrale: dove finisce l’analisi critica e dove inizia la propaganda mascherata da giornalismo.
«Questo è stato un classico caso di character assassination, un’intervista appositamente costruita per denigrare non solo una persona, ma una posizione politica – dichiara a L’Indipendente Gabriele Lorenzoni, che ora non ha più ruoli politici –. Avvenne nel momento in cui io e altri colleghi avevamo manifestato contrarietà all’annunciato intervento di Zelensky alla Camera dei Deputati. All’epoca feci un post in cui avevo riportato sia la versione ucraina che quella russa sui fatti collegati al bombardamento russo a Mariupol, mostrando un approccio moderato ed equilibrato rispetto a una questione assai articolata». Eppure, l’intervista mostra tutt’altro. «La loro finalità era ovviamente quella di farmi passare per lo “scemo del villaggio”, così hanno deciso di mettermi in bocca parole non mie – spiega ancora Lorenzoni –. La narrazione mainstream iper-bellicista non poteva tollerare posizioni di buon senso. Non poteva tollerare che io e altri invitassimo l’opinione pubblica a studiare a fondo il contesto del conflitto, non dimenticando gli otto anni precedenti di guerra civile, e che avvertissimo che contribuire al suo prosieguo senza puntare su un negoziato avrebbe prodotto un disastro».
Il caso Lorenzoni è comunque solo un piccolo tassello di una più ampia campagna mediatica, lanciata da alcuni grandi quotidiani, volta a stigmatizzare come «filorussi» o «putiniani» politici, intellettuali e personaggi pubblici critici verso la linea atlantista sul conflitto russo-ucraino. Un clima che, soprattutto nei primi mesi dell’invasione, aveva portato a un acceso dibattito pubblico e a un forte rischio di semplificazioni e delegittimazioni. Nello specifico, attraverso articoli, editoriali e inchieste, il Corriere della Sera ha contribuito a costruire la narrazione dei cosiddetti «putiniani d’Italia»: una categoria molto eterogenea che includeva parlamentari del Movimento 5 Stelle, esponenti della Lega, giornalisti, professori universitari, opinionisti televisivi e, più in generale, chiunque sollevasse dubbi sul supporto militare all’Ucraina o mettesse in discussione l’efficacia delle sanzioni contro Mosca. Il Corriere dipinse infatti l’esistenza di una «rete della propaganda di Putin» in Italia come una minaccia per la sicurezza nazionale, citando addirittura «materiali raccolti dall’intelligence» e indicando come bersagli principali vari nomi ed entità, tra cui quelli di Giorgio Bianchi, Alberto Fazolo, Manlio Dinucci, Alessandro Orsini, Maurizio Vezzosi e il canale L’Antidiplomatico. Un’operazione da molti considerata come un vivido manifesto della delegittimazione del dissenso.
È morto Graziano Mesina, ex primula rossa del banditismo sardo
È morto a Milano, a 83 anni, Graziano Mesina, protagonista della lunga stagione dei rapimenti a opera dell’Anonima sequestri. Ieri il Tribunale di Sorveglianza milanese aveva accolto la richiesta di scarcerarlo, poiché si trovava nella fase terminale di un tumore. L’uomo è deceduto all’ospedale San Paolo, dove era stato portato dopo aver lasciato il carcere di Opera. Mesina divenne famoso per le sue clamorose evasioni, con 22 tentativi, dieci dei quali riusciti, e per essere stato protagonista della pratica dei sequestri in Sardegna. Nel 1992, quando era in permesso carcerario, mediò per la liberazione del piccolo Farouk Kassam, rapito in Costa Smeralda.