Il Regno Unito ha imposto sanzioni ai ministri israeliani Itamar Ben-Gvir (Sicurezza nazionale) e Bezalel Smotrich (Finanze), accusandoli di aver incitato a «violenze estremiste e gravi abusi dei diritti umani» contro i palestinesi. Le misure includono il divieto di ingresso nel paese e il congelamento di eventuali beni. Ben-Gvir ha più volte sostenuto l’espulsione dei civili da Gaza e si è opposto a un cessate il fuoco. Smotrich promuove l’annessione di fatto della Cisgiordania, sostenendo che Gaza vada «distrutta completamente» e i civili trasferiti altrove. Israele ha definito «vergognosa» la decisione britannica, che arriva mentre le tensioni nella regione restano altissime.
Grecia, tribunale revoca seggio a 3 parlamentari di estrema destra
Un tribunale greco ha revocato i seggi parlamentari a tre deputati dell’estrema destra (partito Spartans), eletti nel 2023, accusandoli di aver ingannato gli elettori. La sentenza riduce i seggi in Parlamento da 300 a 297, abbassando a 149 la maggioranza assoluta. Il tribunale ha stabilito che il partito era guidato indirettamente da un condannato – ex leader di Alba Dorata, partito dal 2020 considerato fuorilegge -, violando la legge greca che vieta a partiti con leader condannati per gravi reati di partecipare alle elezioni. Non saranno necessarie nuove elezioni. Il governo conservatore, con 155 seggi, mantiene la maggioranza.
Attivisti sorvegliati e giornalisti spiati dallo Stato italiano: le versioni non tornano
Il Copasir ha pubblicato la relazione finale sul cosiddetto “caso Paragon”, fornendo la versione ufficiale del Governo circa i rapporti tra lo Stato italiano e lo spyware Graphite, utilizzato per spiare illegalmente giornalisti e attivisti. Il documento offre alcune risposte, tuttavia lascia ampi margini di ambiguità, i quali sono ulteriormente acuiti dal fatto che, a pochi giorni dalla pubblicazione, la stessa azienda produttrice del software – Paragon Solutions – ha diffuso una nota che non combacia con la narrazione fornita da Roma.
Da che, a inizio anno, il direttore di Fanpage Francesco Cancellato ha scoperto di essere stato sorvegliato tramite un programma a uso esclusivo dei governi, lo Stato italiano ha gestito questa crisi adottando un atteggiamento contraddittorio e poco trasparente, spendendo più energie nello scagionarsi piuttosto che nel fare chiarezza su chi abbia effettivamente messo sotto controllo le vittime. A indagare è stato infine il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (Copasir), il quale ha condotto un’istruttoria a porte chiuse.
Gli esiti dell’inchiesta hanno rivelato che Paragon Solutions aveva stipulato un contratto di fornitura con i servizi segreti italiani, autorizzando l’uso di Graphite all’AISE (per le operazioni all’estero) e all’AISI (per quelle interne), con la clausola esplicita che ne vietava l’impiego “contro giornalisti e attivisti per i diritti umani”. Secondo quanto ricostruito nella relazione, il 14 febbraio 2025, “a seguito del clamore mediatico”, il Governo avrebbe dunque deciso di sospendere temporaneamente il contratto con Paragon, per poi rescinderlo in via definitiva il 12 aprile.
Il Copasir esplicita nero su bianco che figure chiave dell’ONG Mediterranea Saving Humans, quali Luca Casarini e Beppe Caccia, sono sotto intercettazione ormai da anni. Le prime attività di sorveglianza risalgono al 2019 e sono state autorizzate dal Governo Conte, queste sono state seguite da un secondo ciclo “di natura più ampia” che si è protratto dal maggio 2020 al maggio 2024. L’impiego di Graphite è stato autorizzato il 5 settembre 2024 dal sottosegretario Alfredo Mantovano. Secondo il Copasir, tale utilizzo sarebbe legittimo, poiché “tali soggetti sono stati sottoposti ad attività intercettiva non in qualità di attivisti per i diritti umani, ma in riferimento alle loro attività potenzialmente relative all’immigrazione irregolare”.
Il Governo, quindi, ammette di aver monitorato alcuni attivisti, ma rivendica la legittimità dell’operazione. Al contempo, nega di aver mai spiato Cancellato, dando a intendere che il suo telefono possa essere stato compromesso da entità straniere. Tuttavia, la relazione precisa che non è possibile stabilire con certezza chi abbia spiato il giornalista, poiché Paragon Solutions “non avrebbe accesso e non sarebbe a conoscenza dell’identità dei soggetti che vengono presi di mira dai clienti o dei dati che vengono registrati dal suo dispositivo”.
Paragon Solutions, da parte sua, ha replicato con una versione dei fatti diversa. In una dichiarazione riportata da Haaretz, l’azienda ha affermato di aver “offerto sia al Governo italiano che al Parlamento un metodo per determinare se i suoi sistemi siano stati impiegati contro il giornalista”, ma – dal momento che “le autorità italiane hanno deciso di non procedere con questa soluzione, Paragon ha terminato il suo contratto con l’Italia”.
Fonti dell’intelligence, citate da Fanpage, hanno a loro volta risposto alle implicite accuse di Paragon, definendo “inaccettabile la proposta di Paragon di effettuare una verifica sui log di sistema delle piattaforme Graphite in uso ad Aise e Aisi, in quanto pratiche invasive, non verificabili nell’ampiezza, nei risultati e nel metodo e, pertanto, non conformi alle esigenze di sicurezza nazionale”. Il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (DIS), invece, ha negato qualsiasi rifiuto alla collaborazione, sostenendo che siano stati eseguiti tutti gli accertamenti del caso e sottolineando che la cessazione del rapporto con Paragon è avvenuta “di comune accordo”.
Bufera negli USA: 400 farmaci approvati dalla FDA non avrebbero gli standard richiesti
Una inchiesta durata due anni, condotta dai giornalisti Jeanne Lenzer e Shannon Brownlee e pubblicata da The Lever, solleva enormi dubbi sul ruolo e l’integrità della Food and Drug Administration (FDA), l’agenzia statunitense incaricata, tra le altre cose, di approvare la messa in circolazione di nuovi farmaci. Centinaia di questi verrebbero infatti immessi sul mercato senza prove concrete della loro reale efficacia e, talvolta, persino dopo che la loro inutilità è stata dimostrata. Il cuore del problema risiede spesso nel meccanismo delle cosiddette “approvazioni accelerate” (Accelerated Approval Pathway), ideato per velocizzare l’accesso a farmaci potenzialmente salvavita per condizioni gravi o rare. Tuttavia, come rivela l’inchiesta, questo percorso è diventato una scorciatoia che elude standard di efficacia rigorosi. Un sistema che dimostra come il profitto venga sempre prima di ogni cosa, salute compresa.
La FDA ha approvato centinaia di farmaci non basandosi su risultati clinici concreti e dimostrabili, come una maggiore sopravvivenza a una malattia o un miglioramento della qualità della vita, ma bensì attraverso un procedimento accelerato che fa affidamento su indicatori indiretti o misurazioni di laboratorio (i cosiddetti “endpoint surrogati”). Sono 253 i farmaci approvati attraverso tale percorso accelerato tra il 2008 e il 2021. Di questi, ben 112 (il 44%) non avevano ancora dimostrato un beneficio clinico diretto anche otto anni dopo l’approvazione, mentre i restanti 42 si trovavano ancora in commercio dopo 10 anni senza prova di efficacia. Ciò significa che i pazienti potrebbero assumere per anni farmaci costosi e potenzialmente con effetti collaterali, senza alcun reale beneficio terapeutico. Un esempio eclatante citato è quello di Aduhelm, un farmaco per l’Alzheimer, approvato contro il parere del proprio comitato consultivo scientifico, solo per essere successivamente ritirato a causa della mancanza di prove di efficacia e per i costi esorbitanti.
Come riportato nell’inchiesta, solo 3 su 123 farmaci antitumorali approvati tra il 2013 e il 2022 hanno soddisfatto tutti e quattro gli standard scientifici di base della FDA. La maggior parte (81%) è stata approvata sulla base di endpoint surrogati come il restringimento tumorale, senza alcuna prova che migliorassero la sopravvivenza o la qualità della vita. Copiktra, per esempio, un farmaco approvato nel 2018 per i tumori del sangue, è stato approvato dalla FDA sulla base di una migliore “sopravvivenza senza progressione”, senza quindi nessun effetto visibile e collegabile.
Secondo Lenzer e ìBrownlee, la “promessa” dietro le approvazioni accelerate era quella che le aziende farmaceutiche avrebbero dovuto condurre studi di conferma post-marketing per dimostrare l’efficacia clinica – dunque, una sorta di sperimentazione di massa. Molte aziende hanno ritardato o non completano mai questi studi e la FDA si è mostrata incredibilmente lenta nel ritirare i farmaci inefficaci dal mercato. Tra il 1992 e il 2023, solo 10 farmaci approvati con questo percorso sono stati ritirati per mancanza di efficacia. Il tempo medio per il ritiro, quando questo si verifica, è di sei anni. Sia le procedure in messe in atto che i ritardi spaventosi fanno sollevare seri interrogativi sull’operato dell’agenzia e sulla sua capacità di proteggere i cittadini una volta che un prodotto è sul mercato.
D’altronde, la FDA si affida a dati forniti dalle stesse aziende farmaceutiche, che conducono i propri studi e determinano la loro conclusione. L’agenzia, poi, non conduce test indipendenti e non è autorizzata a farlo dalla legge. Questa dipendenza dal settore che dovrebbe regolamentare crea un conflitto di interessi endemico e porta la ricerca di profitto ad avere la meglio sulla rigorosità scientifica. Questo non solo aumenta i costi della sanità, ma erode anche la fiducia nella scienza medica e nelle istituzioni regolatorie.
Le implicazioni di questo sistema sono gravi. Non solo i pazienti vengono esposti a farmaci inefficaci, ma le loro tasche e i sistemi sanitari vengono prosciugati. Le assicurazioni, inclusi i programmi federali come Medicare e Medicaid, sono costrette a rimborsare farmaci la cui utilità non è provata, trasformando il pubblico pagante in un involontario finanziatore di quelli che, di fatto, diventano test clinici di massa su persone ignare. Tutto questo ci dovrebbe interrogare sulla possibilità di profitto privato in certi settori, come appunto quello della salute e della sanità, dove anche coloro che dovrebbero tutelare il cittadino si trasformano in strumenti utili alle aziende per accelerare i profitti.
ChatGPT down: problemi in tutto il mondo, segnalazioni anche in Italia
Dalle 8:30 di oggi, 10 giugno 2025, numerosi utenti stanno riscontrando gravi malfunzionamenti su ChatGPT. Il chatbot, noto per rispondere in tempo reale a domande su qualsiasi argomento, risulta spesso completamente bloccato o genera risposte con tempi di attesa molto lunghi. Downdetector ha registrato un picco di segnalazioni poco prima delle 11:00. In Italia, le città che vedono il maggior numero di segnalazioni sono Milano, Roma, Napoli, Venezia, Bologna, Torino e Perugia. OpenAI ha confermato il problema e sta lavorando per risolverlo. Al momento la piattaforma risulta ancora instabile a livello globale.
I dubbi dell’anticorruzione sul Ponte sullo Stretto: “Nessuna chiarezza sui costi”
Il presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione, Giuseppe Busia, ha espresso numerose perplessità sul Ponte sullo Stretto in occasione di un’audizione davanti alle Commissioni riunite Ambiente e Trasporti della Camera. Nonostante il via libera definitivo del ministero dell’Ambiente, Busia ha denunciato l’assenza di un progetto esecutivo completo, che impedisce una visione chiara dei costi e aumenta i rischi economici. Ha chiesto un piano unitario e maggiori controlli antimafia, anche sui subappalti e gli affidamenti inferiori ai 150mila euro. Ha poi sollevato dubbi sul rispetto delle norme UE sugli appalti, evidenziando il rischio di sforamenti di spesa oltre il limite consentito del 50%. La palla è ora in mano al Cipess, che riunisce i ministri economici coinvolti, che sarà chiamato a esaminare il progetto. Dopo tale passaggio, potrà partire la fase operativa.
Busia ha tenuto la sua audizione in occasione dell’esame del decreto Infrastrutture, cui hanno partecipato anche DIA, Federbalneari e l’Associazione Rete Civica per le Infrastrutture nel Mezzogiorno. Una delle problematiche messe al centro dal presidente dell’ANAC circa l’annoso dibattito sulla realizzazione del Ponte sullo Stretto è quello della attuale «assenza del progetto esecutivo completo». Busia ha affermando che «sarebbe auspicabile si arrivasse nel frattempo al progetto esecutivo complessivo per dare al governo e al Parlamento una visione chiara di quali sono almeno i costi iniziali». Infatti, ha spiegato, «sappiamo che dopo l’approvazione del progetto esecutivo ci possono essere delle varianti e la storia insegna che spesso aumentano i costi ma non essendo stata fatta la gara e quindi, essendo al limite della soglia di tolleranza, anche nell’interpretazione più benevola questo sarebbe molto importante». Il presidente dell’ANAC ha fatto notare come la normativa europea richieda «che non ci si discosti, in termini di costi, di più del 50% del valore messo ordinariamente in gara», evidenziando che «il valore messo a base di gara del Ponte era molto inferiore, quasi la metà, di quello preso come riferimento oggi». Dunque, se l’Aula del parlamento ratificherà il decreto, «ci sarà una copertura di tipo normativo per la responsabilità, ma residua il fatto che il legislatore nazionale non può derogare alla disposizione che peraltro il decreto correttamente richiama come vincolo», ha detto.
I rilievi avanzati da Busia non finiscono qui. Il presidente dell’anticorruzione evidenzia infatti che, relativamente al Ponte sullo Stretto, nel Dl Infrastrutture «non si fa riferimento alle verifiche antimafia, alle verifiche sulle imprese», affermando che «un’opera di queste dimensioni, anche finanziaria, richiede un innalzamento delle verifiche». Busia ha spiegato che questo decreto possa «rappresentare l’occasione per prevedere l’utilizzo nella progettazione di tutti gli elementi della digitalizzazione, anche dei cantieri, in modo da verificare tutte le imprese, anche quelle in subappalto dove si realizzano, più volte, le più pericolose infiltrazioni di mafia e per garantire la sicurezza dei lavoratori». Secondo il presidente dell’ANAC si tratterebbe di «un aumento, credo condiviso da tutti, che può essere inserito in questo decreto abbassando le soglie dei controlli antimafia, che sono ordinariamente fissati a 150mila, invece estendendolo per le imprese che hanno affidamenti anche inferiori». Perplessità condivise anche dalla vice direttrice operativa della Dia, Lorena Di Galante DIA, segnalando che «per i contratti di lavori, forniture e servizi» nel decreto si richiedono «solamente liberatorie provvisorie». Snellendo, di fatto, il procedimento relativo alle verifiche antimafia in materia di Protezione civile.
Nel mese di maggio è arrivato il via libera definitivo del ministero dell’Ambiente al Ponte sullo Stretto, con il progetto che ora deve passare all’esame del Cipess, il Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile. Ad aprile, il governo italiano aveva inviato un dossier alla Commissione europea guidata da Ursula von der Leyen in cui il Ponte sullo Stretto è stato inquadrato addirittura come una questione di sicurezza continentale. La realizzazione dell’opera è stata infatti definita dall’esecutivo «imperativa e prevalente per l’interesse pubblico» non solo per ragioni economiche o di protezione civile, ma anche e soprattutto per motivazioni geopolitiche e militari, fondamentali in caso di scenari di guerra per «il passaggio di truppe e mezzi della NATO». La strategia del governo è infatti quella di inserire il ponte nel Military Mobility Action Plan dell’UE, il piano continentale per facilitare il movimento rapido delle forze armate, contando così sull’etichetta di “opera strategica militare” al fine di ottenere le indispensabili deroghe ambientali. Se la Commissione europea darà l’ok, il Ponte sullo Stretto potrebbe perfino rientrare nel novero delle spese militari utili a far crescere il rapporto spesa-difesa/Pil, come auspicato dall’Alleanza Atlantica.
Austria, sparatoria in una scuola a Graz: almeno 8 morti
Almeno otto persone sono morte e diverse sono rimaste ferite in una sparatoria all’interno di una scuola di Graz, in Austria. Lo ha riferito la testata Kronen Zeitung. Il fatto si è verificato nell’istituto Borg nella Dreierschützengasse, dove le forze dell’ordine hanno lanciato dalle 10 di stamane una vasta operazione che vede impegnata anche l’unità Eko-Cobra. Secondo quanto riportato dai media austriaci, sono stati uditi diversi spari all’interno della scuola ed è stato dato l’allarme. L’assalitore, uno studente del Borg, è stato trovato morto in un bagno dell’istituto. Si sarebbe suicidato dopo aver aperto il fuoco.
Bruxelles approva 13 nuovi progetti per l’estrazione di materie prime critiche
La Commissione europea ha approvato una lista di 13 nuovi progetti strategici sulle materie prime al di fuori dei Paesi dell’UE, con l’obiettivo di aumentare le sue disponibilità di metalli e minerali essenziali, di cui è sprovvista, riducendo allo stesso tempo la sua dipendenza dalla Cina. L’annuncio arriva in un momento difficile per l’industria e il settore automobilistico europeo e all’indomani della decisione di Pechino, annunciata lo scorso aprile, di limitare le esportazioni di minerali e terre rare. «Dobbiamo ridurre la nostra dipendenza da tutti i paesi, in particolare da alcuni paesi come la Cina […]. I divieti di esportazione aumentano la nostra volontà di diversificare», ha detto ai giornalisti il commissario europeo per l’industria, Stephane Sejourne. L’iniziativa si inserisce nel contesto del Critical Raw Material Act (CRMA), concordato nel 2023 e entrato in vigore nel 2024 al fine di garantire l’approvvigionamento di minerali essenziali per la transizione verde e digitale. In questo quadro normativo, l’Unione europea ha individuato un elenco di 34 materie prime critiche, importanti per l’economia dell’UE, di cui 17 sono definite “strategiche” considerata la loro rilevanza e gli squilibri tra domanda e offerta a livello globale. L’obiettivo è di estrarre il 10%, trasformare il 40% e riciclare il 25% del proprio fabbisogno entro il 2030.
Ai progetti iniziali approvati a marzo, l’esecutivo europeo ne ha ora aggiunti 13 da sviluppare al di fuori del blocco dei Paesi dell’UE: in particolare, dieci dei nuovi progetti si concentreranno sui materiali essenziali per la costruzione di batterie per i veicoli elettrici e per i sistemi di accumulo, tra cui litio, cobalto, manganese e grafite. I Paesi in cui si svolgeranno le attività per l’estrazione dei minerali critici sono Gran Bretagna, Canada, Groenlandia, Kazakistan, Madagascar, Norvegia, Serbia, Ucraina, Zambia, Brasile e territorio francese della Nuova Caledonia. Due progetti sulle terre rare saranno in Malawi e Sudafrica. Il progetto britannico è per l’estrazione di tungsteno – fondamentale per l’industria della difesa – mentre quelli in Ucraina e Groenlandia saranno per la grafite, con il progetto in Groenlandia gestito da GreenRoc Strategic Materials. Il progetto serbo, invece, gestito dalla grande compagnia mineraria Rio Tinto, potrebbe produrre il 90% del fabbisogno europeo di litio, ma molti serbi si oppongono alle attività di estrazione sostenendo che causeranno danni considerevoli all’ambiente. Da parte sua, Rio Tinto ha affermato in una nota che “Con una produzione stimata di 58.000 tonnellate di carbonato di litio all’anno, la Serbia ha il potenziale per diventare un attore chiave nella filiera di fornitura dei veicoli elettrici”.
Dal punto di vista economico, la Commissione europea ha stimato che i progetti richiederebbero un investimento complessivo di 5,5 miliardi di euro per essere avviati. Le attività riceverebbero un sostegno finanziario coordinato da parte della Commissione europea, degli Stati membri e degli istituti di credito. Lo scorso marzo, l’esecutivo comunitario aveva annunciato 47 progetti all’interno dell’Unione europea: con i nuovi progetti in Paesi terzi, aggiunti negli ultimi giorni, il numero di programmi per l’approvvigionamento di materie prime sale a 60.
L’accelerazione dell’UE sull’approvvigionamento di materiali essenziali per la transizione energetica e la difesa avviene in un contesto geopolitico di scontri e fratture crescenti che ha mostrato tutti i limiti della globalizzazione e in un clima di ritorno al protezionismo che rischia di schiacciare definitivamente l’UE, la cui industria si trova già in una crisi profonda. Attualmente, la Cina controlla il 90% dei magneti globali utilizzati in ogni settore ed è anche il principale fornitore di terre rare, batterie e pannelli solari. La decisione cinese di limitare le esportazioni di minerali critici ha inasprito una situazione già difficile suscitando anche l’allarme delle aziende automobilistiche. Questa settimana le società del settore si sono unite a livello globale nell’avvertire che le restrizioni cinesi sulle esportazioni di materie critiche potrebbero causare danni alle catene produttive se non si arriva a una rapida soluzione. I nuovi progetti lanciati dall’UE non si possono di certo definire una soluzione rapida perché l’avvio dei programmi e l’estrazione mineraria potrebbero richiedere tempi lunghi. Ciò mostra come l’UE sia arrivata con estremo ritardo su un fattore cruciale per lo sviluppo economico mondiale, di cui peraltro la stessa UE aveva fatto il suo cavallo di battaglia promuovendo le politiche verdi e la transizione energetica. L’esecutivo comunitario, dunque, sta cercando di recuperare terreno mentre è già in atto una grave crisi industriale nel continente e nel mezzo della guerra commerciale lanciata dal presidente statunitense Donald Trump. In questo contesto, Bruxelles vorrebbe arrivare a ottenere una maggiore indipendenza per quanto riguarda l’approvvigionamento di risorse critiche: Sejourne ha affermato che «nessun Paese dovrebbe fornirci oltre il 75 per cento del nostro fabbisogno annuale».
Freedom Flotilla: rimpatri e arresti per gli attivisti
Dopo essere stati accerchiati e sequestrati dalle forze israeliane in acque internazionali, i dodici membri della Freedom Flotilla sono stati trasferiti nel porto di Ashod. Una parte dell’equipaggio, tra cui Greta Thunberg, è stata rimpatriata dopo aver firmato i documenti per l’espulsione. In 8, invece, avrebbero rifiutato, tra cui l’europarlamentare Rima Hassan. Sono quindi in arresto, in attesa di essere trasferiti presso un’autorità giudiziaria israeliana, che opterà per l’espulsione forzata o il trattenimento.