giovedì 11 Settembre 2025
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Le comunità brasiliane accusano Enel di sottrarre terre per costruire parchi eolici

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In Brasile i residenti di alcune comunità hanno affermato che l’azienda energetica italiana Enel e la brasiliana Maestro Holding li hanno privati del loro territorio per perseguire progetti di energia eolica. Secondo un’indagine giornalistica durata mesi, sarebbero infatti diversi i casi di potenziale accaparramento di terre da parte di aziende che acquisiscono terreni pubblici utilizzati dai residenti, sfruttando il fatto che molte persone in queste aree non hanno documenti che ne dimostrino la proprietà. Nessuno, tra coloro che hanno denunciato quanto sta accadendo, ha contestato l’importanza delle energie rinnovabili, ma tutti sono d’accordo sul fatto che per farlo sia fondamentale tenere conto delle realtà sociali e politiche locali e delle necessità dei residenti.

L’enorme potenziale delle risorse naturali dell’America Latina (come, per esempio, i forti venti dello Stato brasiliano di Bahía) ha fatto da catalizzatore per gli interessi di varie aziende europee. Tra queste, Enel è rapidamente divenuta una delle principali fornitrici di energia elettrica da fonti rinnovabili del Brasile e di altri Stati. Un recente studio di Nature sul tema ha rilevato che l’azienda energetica italiana è la più grande società madre straniera proprietaria di progetti di energia rinnovabile. Secondo quanto riportato da un’inchiesta di Mongabay, IrpiMedia e Intercept Brasil, la sola Enel Américas – una delle principali sussidiarie di Enel – ha aumentato del 45% i propri investimenti in Brasile nel 2023, portandoli a 3,7 miliardi di dollari. Tuttavia, sono le popolazioni locali a dover pagare il prezzo di tale espansione: in Brasile, Enel (appoggiandosi anche a intermediarie locali, come la brasiliana Maestro Holding de Energia) è infatti accusata di appropriarsi illegalmente dei territori dei residenti, pratica comunemente nota come land grabbing. 

Secondo quanto denunciato dai residenti e riportato dall’inchiesta, infatti, l’azienda sfrutterebbe il fatto che coloro che vivono in queste terre non abbiano i documenti per dimostrarne la proprietà legittima. Le procedure per farlo, inoltre, sono spesso molto costose: il georeferenziamento, ad esempio, richiede l’assunzione di specialisti che stabiliscano con precisione i confini delle proprietà, con un costo che può arrivare all’equivalente di 2500 euro. Secondo quanto riferito dall’avvocato delle comunità, sapendo che la maggior parte dei confini dei terreni non sono ben delimitati, le aziende li georeferenzierebbero prima dei residenti senza informarli, inserendo così le terre nelle loro proprietà. In alternativa, le intermediarie sfrutterebbero «tattiche aggressive» per stipulare contratti con i proprietari terrieri locali, ottenendo condizioni favorevoli per le aziende e vantaggi minimi per le comunità. Successivamente, le terre vengono cedute a Enel per la costruzione dei parchi eolici o solari.

Sono numerosi i cittadini che hanno intentato cause legali private contro l’azienda, la quale ha tuttavia riferito di «attenersi rigorosamente ai requisiti legali e alle normative industriali», nonchè di «rispettare tutti i requisiti ambientali». «In conformità con la legge brasiliana, Enel non acquista terreni in Brasile. Le aree in cui l’azienda installa turbine eoliche o pannelli solari sono proprietà private con regolare attestazione di regolarità dal punto di vista della proprietà fondiaria» ha dichiarato la filiale brasiliana dell’azienda, mentre Enel Italia non ha risposto alla richiesta di commento. Secondo quanto riportato nell’inchiesta, la sede di Roma non sarebbe direttamente coinvolta in queste pratiche, anche se le operazioni all’estero dipedono in maniera determinante da essa. Come riferito da un ex specialista legale di Enel, a fronte del continuo ripresentarsi delle accuse, l’azienda non può dire di non avere idea di cosa stia succedendo con le comunità locali – ipotesi confermata anche da un ex dipendente, che ha preferito parlare in condizioni di anonimato.

[di Valeria Casolaro]

Filippine, l’ex presidente Duterte è stato arrestato

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L’ex presidente delle Filippine, Rodrigo Duterte, è stato arrestato su richiesta della Corte Penale Internazionale, accusato di aver commesso crimini contro l’umanità durante la sua dura campagna di contrasto alla droga. L’arresto è avvenuto presso l’aeroporto di Manila, capitale delle Filippine. Rodrigo Duterte ha 79 anni ed è stato presidente delle Filippine dal 2016 al 2022. Durante il suo mandato, fece della “guerra alla droga” uno dei suoi obiettivi primari, e ad oggi si sospetta che oltre 6.000 persone siano state uccise nel corso di operazioni repressive della polizia. Duterte, inoltre, ritirò il Paese dalla stessa CPI. È padre di Sara Duterte, vicepresidente delle Filippine, oggi sotto impeachment.

L’Elba è diventata la prima isola in Italia a ospitare una comunità energetica rinnovabile

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isola d'elba

L'Isola d'Elba è diventata la prima isola italiana a ospitare una Comunità Energetica Rinnovabile (CER), un progetto che nasce con l'intento di promuovere la produzione e il consumo di energia pulita a livello locale. In un periodo in cui i costi dell'energia sono sempre più alti e la necessità di trovare fonti alternative ai combustibili fossili diventa urgente per la salute e l’ambiente, l'isola, che ha avuto un forte legame con la storia industriale italiana per via delle sue miniere di ferro, si lancia in una nuova sfida, quella della sostenibilità energetica. La Comunità Energetica Rinnov...

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Trump taglia gli aiuti al Sudafrica per punirlo delle azioni contro i coloni e Israele

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il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha annunciato il blocco degli aiuti economici al Sudafrica, invitando i cittadini bianchi del Paese a lasciare la nazione e trasferirsi negli Stati Uniti. Già un mese fa Trump aveva minacciato il Sudafrica di intraprendere azioni come rappresaglia per quello che i suprematisti bianchi definiscono “genocidio bianco”. La situazione politica nel Paese africano è tesa da quando il governo ha attuato una legge che prevede l’esproprio delle terre, anche senza indennizzo, a danno degli agricoltori bianchi. Sebbene siano minoranza, questi ultimi detengono infatti la stragrande maggioranza della proprietà privata della terra, come retaggio dell’era dell’apartheid. Tra le motivazioni della sospensione degli aiuti al Paese c’è anche la sua posizione nei confronti di Israele, contro cui il Sudafrica ha avviato il processo in seno alla Corte Internazionale di Giustizia per il genocidio perpetrato contro la popolazione palestinese.

Con l’Ordine Esecutivo 14204, Donald Trump ha dato mandato al Dipartimento di Stato, guidato da Marco Rubio, di interrompere gli aiuti e l’assistenza estera forniti al Sudafrica. La motivazione con cui è stato emanato tale Ordine Esecutivo risiede in quello che Trump definisce come «scioccante disprezzo per i diritti dei suoi cittadini», riferendosi all’attuazione della legge 13 del 2024 con cui il Sudafrica ha dato avvio all’espropriazione delle terre agli agricoltori bianchi, che i suprematisti bianchi hanno definito «genocidio bianco». «Questa legge segue innumerevoli politiche governative progettate per smantellare le pari opportunità nell’occupazione, nell’istruzione e negli affari, e la retorica odiosa e le azioni governative che alimentano la violenza sproporzionata contro i proprietari terrieri razzialmente svantaggiati», è scritto nell’ordine di Trump. Ma il motivo è anche un altro. «Inoltre, il Sudafrica ha assunto posizioni aggressive nei confronti degli Stati Uniti e dei suoi alleati, tra cui accusare Israele, non Hamas, di genocidio presso la Corte Internazionale di Giustizia e rinvigorire le sue relazioni con l’Iran per sviluppare accordi commerciali, militari e nucleari», è riportato nell’O.D. 14204.

In totale controtendenza rispetto alle politiche di immigrazione, Trump ha inoltre dato mandato al Segretario di Stato e al Segretario della Sicurezza Nazionale di organizzare un piano che preveda «l’ammissione e il reinsediamento attraverso il Programma di ammissione dei rifugiati degli Stati Uniti, per gli afrikaner in Sudafrica che sono vittime di ingiusta discriminazione razziale». In altre parole, con tale Ordine Esecutivo si fornisce una linea privilegiata ai sudafricani bianchi per poter migrare negli Stati Uniti.

Il presidente sudafricano, Cyril Ramaphosa ha detto che la legislazione avrebbe«garantito l’accesso pubblico alla terra in modo equo e giusto». La legge, in discussione da anni, ha lo scopo di porre fine ad uno dei retaggi dell’epoca della apartheid. Infatti, sebbene la popolazione bianca rappresenti il 9% della popolazione totale, si stima che abbia la proprietà privata di circa il 75% dei terreni agricoli del Paese.

Il Sudafrica è il più grande beneficiario dell’African Growth and Opportunities Act (AGOA), un accordo commerciale statunitense che fornisce un accesso preferenziale duty-free ai mercati statunitensi per le nazioni africane. Con l’adozione dell’Odine Esecutivo emesso da Trump, il Paese africano viene così tagliato fuori. Secondo il National Agricultural Marketing Council (NAMC), le esportazioni del Sudafrica sono gran parte guidate dall’agricoltura, grazie anche all’azione dell’AGOA. Un rapporto del 2023 del Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti mostra che il Sudafrica è il principale esportatore agricolo sotto AGOA e il suo più grande beneficiario con due terzi delle esportazioni agricole, soprattutto con agrumi, vino e succo di frutta, che vanno in direzione degli Stati Uniti.

Insomma, gli Stati Uniti puniscono il Sudafrica per aver osato mettersi contro Israele e per voler determinare una maggiore giustizia sociale ed economica andando a rompere l’eredità delle ingiustizie razziali prodotte durante il periodo dell’apartheid.

[di Michele Manfrin]

Il social X è sotto attacco, Musk: “Forse dietro un Paese”

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Il sito del social X (ex Twitter) sta riscontrando problemi in tutto il mondo, e risulta in down da ore. Attorno alle 18:30 di oggi, Elon Musk, proprietario della piattaforma, ha condiviso un post per aggiornare i propri utenti: «C’è stato (e c’è ancora) un massiccio attacco informatico contro X», ha annunciato Musk. «Veniamo attaccati ogni giorno, ma questo attacco è stato condotto con molte risorse. È coinvolto un gruppo numeroso e coordinato e/o un Paese».

Il ribaltone sull’origine artificiale del Sars-Cov-2, da tabù a teoria dominante

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Il virus Sars-Cov-2 è di origine naturale o artificiale? E come si è trasmesso all’uomo? Queste domande hanno dominato il dibattito pubblico fin dallo scoppio della pandemia, con i media di massa schierati fin da subito a sostegno dell’ipotesi di un’origine naturale, accompagnata dalla criminalizzazione di qualsiasi voce divergente, bollata come “complottista”.
Oggi, a cinque anni di distanza, la teoria dell’origine artificiale si è fatta strada anche nel mainstream, ma senza che i mezzi di informazione abbiano mai messo in discussione le analisi errate pubblicate fino a pochi mesi prima, né a...

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Cina-Iran-Russia: inizia un’esercitazione navale congiunta

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La marine cinese, russa e iraniana hanno annunciato l’avvio dell’esercitazione militare congiunta Security Belt-2025. L’esercitazione si svolgerà nelle acque nei pressi del porto iraniano di Chabahar, nell’Oceano Indiano, e prevede simulazioni per colpire obiettivi marittimi, esercitazioni di controllo dei danni e operazioni di ricerca e soccorso. Il governo cinese ha annunciato che la propria flotta comprenderà un cacciatorpediniere e una nave di rifornimento. La flotta russa, invece, sarà rappresentata da due navi da armamento leggero e una petroliera, mentre quella iraniana da un numero indefinito di unità della marina iraniana e della forza navale del Corpo delle guardie della rivoluzione islamica. Le esercitazioni dureranno fino a giovedì.

Il governo ha impugnato la norma toscana che limita gli affitti turistici

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Il governo Meloni ha impugnato la legge della Regione Toscana sugli affitti brevi, che permette ai Comuni con più di 50 mila abitanti e a maggiore densità turistica di adottare delle limitazioni agli affitti brevi al fine di tutelare il diritto alla casa per tutti e frenare la crescita dei prezzi per gli affitti residenziali. La legge regionale era stata approvata al culmine di un compromesso bipartisan. Secondo Palazzo Chigi, la norma toscana si pone «in contrasto con la normativa statale ed europea in materia di libertà di impresa, concorrenza, ordinamento civile e penale, tutela del patrimonio culturale e professioni» e violerebbe quindi diversi articoli della Costituzione. L’esecutivo, inoltre, contesta un’altra misura regionale, che impedisce ai proprietari di immobili con destinazione d’uso residenziale a usare tali attività con fini ricettivi. Ora dovrà la Corte Costituzionale è chiamata a esprimersi.

L’impugnazione della legge toscana sul turismo è arrivata venerdì 7 marzo, ma era nell’aria da tempo. In particolare, Palazzo Chigi ha rimesso alla consulta due norme regionali: una riguarda le attività di affittacamere, bed and breakfast, case vacanze e residenze d’epoca e stabilisce che possano essere utilizzati a tale scopo solo immobili che hanno destinazione d’uso turistico-ricettiva, escludendo dunque dalla pratica tutti quelli con destinazione residenziale. Questa legge, secondo il governo, violerebbe gli articoli 3, 41, 42 e 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, che garantiscono la libertà dell’iniziativa economica privata e il riconoscimento della proprietà privata, e stabiliscono le materie e i compiti della Repubblica in materia di promozione dell’ordine economico e sociale. La seconda norma contestata permette alle amministrazioni locali la limitazione degli affitti brevi in zone o quartieri a rischio di overtourism: tra le misure che il Comune ha la facoltà di adottare vi sono l’imposizione di un tetto massimo di giorni in cui un immobile può essere destinato all’affitto turistico, ma anche divieti generalizzati. Il governo sostiene che tale norma sarebbe in contrasto con gli stessi articoli della Costituzione citati precedentemente, e che violerebbe ulteriori misure dell’articolo 117 sulle competenze dello Stato.

La decisione del governo ha suscitato stupore nel governatore Eugenio Giani, che l’ha definita «clamorosa»: «L’approccio della legge regionale è stato quello del buonsenso», ha detto Giani. «Siamo convinti del testo approvato, quindi seguiremo l’iter giuridico istituzionale fornendo le nostre motivazioni». Positiva, invece, la ricezione dai parlamentari toscani vicini all’esecutivo: «Si tratta di un atto doveroso contro l’ennesimo tentativo velleitario di farsi le leggi da soli», ha dichiarato il senatore di Fratelli d’Italia Paolo Marcheschi. Esulta anche Confedilizia, associazione che rappresenta gli interessi di immobiliari e palazzinari, che parla di una «impugnazione sacrosanta». La palla è passata ora alla Corte costituzionale.

Con le norme approvate e ora impugnate dal governo, la Regione Toscana era diventata la prima regione italiana ad approvare una legge per regolamentare gli affitti brevi e contrastare il turismo di massa, un fenomeno che negli ultimi anni ha messo sotto pressione molte città d’arte e località turistiche. Secondo i comitati cittadini, in città come Firenze e Siena, l’afflusso continuo di visitatori avrebbe portato a un aumento dei prezzi degli affitti a lungo termine, costringendo molti cittadini a lasciare il centro storico. Proprio a Firenze, il dibattito è stato particolarmente acceso. Lo scorso novembre, il collettivo “Salviamo Firenze” ha inscenato una protesta simbolica contro gli affitti brevi, coprendo con adesivi rossi circa 500 key box utilizzate dai proprietari per l’accesso agli appartamenti. Gli adesivi riportavano la scritta “Salviamo Firenze X Viverci”, un messaggio diretto contro la speculazione immobiliare che, secondo i manifestanti, sta trasformando il centro storico in un luogo sempre meno abitabile per i residenti. Proteste simili si sono verificate anche in altre città italiane, come a Roma, dove gruppi locali hanno sabotato key box in segno di protesta.

[di Dario Lucisano]

Mare del Nord, collisione tra petroliera USA e cargo portoghese

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Nel Mare del Nord, di fronte alle coste dell’East Yorkshire (Regno Unito), si è verificata questa mattina una collisione tra una petroliera statunitense e una nave cargo battente bandiera portoghese. A riferirlo è la BBC, citando fonti della Guardia Costiera, che riporta come l’americana MV Stena Immaculate, a pieno carico e ferma all’ancora, sia stata colpita dalla MV Solong: a causa dello scontro, sulla petroliera si è sviluppato un violento incendio. Secondo quanto riferito dalla BBC, l’intero equipaggio della Stena Immaculate sarebbe stato tratto in salvo, ma le operazioni di soccorso sono ancora in corso.

L’Unione Europea ha approvato il Piano arabo per Gaza

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L’Unione Europea ha espresso ieri, 9 marzo, il proprio sostegno al piano di ripresa e ricostruzione per Gaza, presentato dai Paesi arabi durante il summit svoltosi al Cairo lo scorso 4 marzo. Il progetto, approvato dall’Organizzazione della Cooperazione Islamica (OIC) ma bocciato da Stati Uniti e Israele nel giro di poche ore, rappresenta per l’UE «una base seria per le discussioni sul futuro della Striscia di Gaza». La notizia dell’approvazione dell’Unione Europea segue di poche ore un comunicato congiunto rilasciato da Francia, Germania, Italia e Regno Unito, nel quale i ministri degli Esteri hanno riferito di aver accolto favorevolmente la proposta araba, definendola un’opportunità concreta per migliorare le condizioni di vita nella Striscia. 

Nel comunicato, l’Unione Europea ha dichiarato l’intenzione di continuare a «sostenere politicamente e finanziariamente l’Autorità Palestinese e il suo programma di riforme, per aiutarla a prepararsi a tornare a governare Gaza». Ribadendo la richiesta di «piena attuazione del cessate il fuoco», l’UE ha sottolineato il proprio impegno a «rilanciare un orizzonte politico verso la pace in Medio Oriente, basato sulla soluzione a due Stati», oltre all’importanza di garantire la distribuzione degli aiuti umanitari tra la popolazione della Striscia, bloccati da Israele da circa una settimana.

Elaborato dall’Egitto, il piano si articola in tre fasi e prevede un investimento complessivo di 53 miliardi di dollari in cinque anni. La prima fase, della durata di sei mesi, prevede l’installazione di 200.000 alloggi temporanei e il trasferimento del controllo di Gaza da Hamas a un’amministrazione tecnica ad interim. La seconda fase, stimata in due anni e mezzo con un costo di 20 miliardi, punta alla rimozione delle macerie e alla ricostruzione di 400.000 abitazioni, oltre al ripristino delle infrastrutture essenziali: acqua, elettricità, gestione dei rifiuti e telecomunicazioni. La fase finale, per cui sono previsti 30 miliardi, riguarderebbe la riforma della governance e la preparazione di nuove elezioni, con l’eventuale coinvolgimento dell’Autorità Nazionale Palestinese (ANP) nella gestione della Striscia.

Hamas ha espresso il proprio sostegno alle prime due fasi, mostrando però riserve sulla terza, mentre Israele ha respinto il piano in modo netto. Il ministro degli Esteri israeliano, Israel Katz, ha dichiarato che qualsiasi proposta araba è inaccettabile per Tel Aviv, senza fornire dettagli specifici. Il governo israeliano continua a opporsi sia al controllo di Hamas che a quello dell’ANP sulla Striscia. Anche gli Stati Uniti si sono mostrati scettici: l’amministrazione Trump ha ribadito la propria visione di una Gaza rinnovata e libera da Hamas, mentre continiua a valutare soluzioni alternative con Israele, tra cui lo spostamento massiccio della popolazione gazawa («I palestinesi non avranno il diritto al ritorno nelle proprie case» aveva detto il presidente americano in un’intervista rilasciata all’emittente Fox News).

Al di là delle dichiarazioni politiche, la situazione umanitaria nella Striscia resta drammatica. Nel finesettimana, il ministro dell’Energia israeliano Eli Cohen ha ordinato l’interruzione totale della fornitura di elettricità a Gaza da parte della Israel Electric Corporation, mettendo a rischio il funzionamento degli impianti di desalinizzazione e il trattamento delle acque reflue, con conseguenze devastanti sull’accesso all’acqua potabile per la popolazione. Una condizione che, sommata al blocco degli aiuti umanitari, l’acuirsi delle tensioni e al rifiuto di Israele di proseguire con la fase II della tregua (che prevedrebbe la fine totale delle ostilità e il ritiro israeliano dalla Striscia), rende il futuro di Gaza ancora profondamente incerto, avvicinando sempre più il rischio di un nuovo genocidio.

[di Gloria Ferrari]