venerdì 5 Settembre 2025
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I disturbi alimentari tra gli adolescenti sono in crescita: tra le cause social e pandemia

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In Italia, le persone affette da disturbi del comportamento alimentare (ovvero anoressia, bulimia nervosa e disturbo da alimentazione incontrollata) aumentano sempre di più, specie tra i giovani e i giovanissimi. Ad essere più colpite sono le donne, con circa il 90% dei casi. All’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, dal 2019 ad oggi, le nuove diagnosi di disturbi della nutrizione e dell’alimentazione tra i più giovani sono aumentate del 64%, con l’età di insorgenza che si è abbassata fino a 8 anni. A livello nazionale, il ministero della Salute riporta un aumento tra il 30-35% su tutte le fasce di età e stima che circa 3 milioni di italiani soffrano di tali disturbi. A questo hanno contribuito, negli ultimi anni, il trauma pandemico e l’uso dei social network, dove proliferano modelli estetici irrealistici e che spinge all’emulazione di comportamenti nocivi. In questo contesto, il governo italiano ha deciso di eliminare dalla legge di bilancio 2025 i finanziamenti per le case di cura specializzate esistenti sul territorio nazionale.

I dati pubblicati da parte dell’Unità Operativa Semplice Anoressia e Disturbi Alimentari dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma riferiscono non solo un aumento delle diagnosi, ma anche un aumento della gravità dei disturbi dell’alimentazione, specie nei pazienti più giovani. Nel complesso, dal 2020, l’Unità specializzata del Bambino Gesù ha registrato un incremento del 38% nell’attività clinica: i day hospital sono passati da 1.820 a 2.420 del 2024. Di pari passo, tra i più giovani le nuove diagnosi di disturbi della nutrizione e dell’alimentazione sono aumentate del 64%, passando dalle 138 del 2019 alle 226 del 2024. Inoltre è evidenziato come vi sia una crescita del 50% dei nuovi accessi tra le fasce d’età più giovani. Il ministero della Salute ritiene che in Italia vi siano circa 3 milioni di persone affette da questi disturbi. La pandemia, come spiegato dallo stesso ministero, ha peggiorato ulteriormente la situazione, con un incremento nazionale di casi tra tutte le fasce di età stimato intorno al 30-35%, oltre a registrare un abbassamento dell’età di esordio dei primi sintomi ad 8 anni.

«I disturbi della nutrizione e dell’alimentazione sono malattie psichiatriche altamente complesse che hanno ripercussioni sulla salute fisica», spiega Valeria Zanna, responsabile dell’Unità Operativa Semplice Anoressia e Disturbi Alimentari dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù. Per la loro complessità, si tratta di disturbi che richiedono la maggiore collaborazione possibile tra figure professionali con differenti specializzazioni: psichiatri, pediatri, psicologi, dietisti, specialisti in medicina interna, come raccomandato fin dalla Consensus Conference del 2012, dal Quaderno della Salute del 2013, dalle Linee Guida del National Institute for Health and Care Excellence (NICE) del 2017, dal documento dell’American Psychiatric Association (APA) e dalle Linee di indirizzo per la riabilitazione nutrizionale del 2017. Sia l’anoressia che la bulimia possono essere causa di complicanze mediche gravi se non trattate tempestivamente e adeguatamente, aumentando sensibilmente l’indice di mortalità – tra 5 e 10 volte – rispetto a persone sane della stessa età, come spiegato dall’Ospedale Bambino Gesù. Quest’ultimo riporta che 4.000 persone muoiono ogni anno per questi disturbi.

Il periodo pandemico è stato senz’altro un enorme spartiacque negativo per moltissimi giovani. Oltre ai disturbi alimentari sono cresciute anche l’ansia e la depressione. Le politiche di segregazione, di distanziamento e di esclusione adottate durante l’emergenza pandemica hanno causato un aumento dell’angoscia, della paura e della solitudine nei giovani, oltre a produrre una sistematica mancanza di attenzione e di cura nei confronti dei giovani. Un malessere cresciuto nel tempo che con fatica si è espresso e che gli adulti, nella stragrande maggioranza, non hanno colto.

Inoltre, l’uso e l’abuso dei social media può accrescere il rischio di insorgenza di disturbi alimentari. Nel 2023, PLOS Global Public Health ha condotto un meta-studio con cui ha esaminato 50 ricerche eseguite in 17 differenti Paesi per la fascia di età 10-24 anni. Dallo studio è emerso che i social media aumentano enormemente il confronto sociale e contribuiscono allo sviluppo di ossessioni. Questo avviene nell’adesione a schemi che l’algoritmo premia con maggiore visualità, nella convinzione di ottenere attenzione e accettazione sociale. Un esempio su tutti sono le giovani influencer con problemi di anoressia che postano contenuti sui social, in una continua spettacolarizzazione della sofferenza che gli algoritmi social premiano con molta visibilità. Quest’ultima è anche dovuta alle molte interazioni che tali post suscitano, sia di empatia e compassione sia di scherno e derisione, in un circolo vizioso infernale. Si tratta di dinamiche che inducono l’emulazione, in quanto l’algoritmo premia i contenuti del dolore e della sofferenza.

Nonostante questi problemi siano in aumento, il governo italiano ha deciso di tagliare dalla legge di bilancio 2025 i finanziamenti per sostenere le strutture che si occupano di queste malattie. Il fondo apposito era stato istituito nel 2022 erogando 35 milioni di euro in tre anni. Per il 2025, invece, nessun intervento è stato previsto dal governo. Infatti è previsto soltanto lo stazionamento di 1,5 milioni di euro, spalmati in tre anni, per una Campagna di prevenzione dei disturbi della nutrizione e dell’alimentazione del ministero della Salute.

Mentre i governi accettano il riarmo europeo per una economia di guerra incentrata sul conflitto, le strutture sanitarie, così come scuole, università e welfare in generale, continuano sempre più velocemente nella sua discesa verso il basso.

[di Michele Manfrin]

Brasile, l’ex presidente Bolsonaro sarà processato

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La Corte Suprema brasiliana ha stabilito che l’ex presidente Jair Bolsonaro dovrà essere processato. Bolsonaro era stato formalmente incriminato assieme a 33 collaboratori il 19 febbraio dal procuratore generale del Paese. Secondo la procura, l’ex presidente avrebbe elaborato un piano per restare al potere dopo aver perso le elezioni del 2022. Il piano prevedeva di prendere il controllo delle istituzioni con l’appoggio dell’esercito, sciogliere i tribunali e annullare il risultato del voto. Se dichiarato colpevole, Bolsonaro potrebbe affrontare una lunga detenzione. Bolsonaro, inoltre, ha affermato di volersi ricandidare alle presidenziali dell’anno prossimo, nonostante una sentenza della Corte Superiore Elettorale gli abbia impedito di candidarsi a cariche pubbliche fino al 2030.

L’abuso di fertilizzanti sta provocando una crisi ecologica nella laguna di Orbetello

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Dopo la moria di decine di migliaia di pesci della scorsa estate, la laguna di Orbetello, in Toscana, si trova ad affrontare una nuova crisi ecologica, con quella che risulta essere una vera e propria invasione di moscerini. La causa alla radice è sempre la stessa: l’abuso di fertilizzanti. Le tonnellate di azoto provenienti da essi vengono sversate nelle acque, provocando la morte delle alghe e favorendo la proliferazione di batteri. Con la riduzione della flora acquatica e l’aumento della produzione di batteri, l’ossigeno viene sempre più a mancare fino a uccidere i pesci, antagonisti naturali delle larve di moscerini. La crisi ecologica è arrivata a riversarsi anche sullo stesso comune di Orbetello, che sta venendo travolto dagli insetti. Contro l’invasione di moscerini sono stati stanziati 300.000 euro per portare avanti un’operazione di disinfestazione, che si concluderà domani, giovedì 27 marzo, e coinvolgerà diverse zone dell’area lagunare.

L’invasione di moscerini a Orbetello è iniziata nell’ultimo mese. Gli insetti che stanno invadendo il paese, in particolare, sono della famiglia dei chironomidi e sono più grandi dei normali moscerini. Dall’aspetto simile a quello delle zanzare, questi insetti non pungono e non rappresentano una minaccia per la salute degli abitanti, ma sono presenti in quantità tali da compromettere lo svolgimento delle attività quotidiane. A Orbetello, infatti, la presenza degli insetti è arrivata a un livello tale da portare a sporadiche chiusure straordinarie di attività e uffici pubblici. È per esempio il caso delle poste, che il 10 marzo hanno appeso alla porta un avviso di chiusura per “calamità naturale”. Il sindaco Andrea Casamenti ha parlato anche di possibili conseguenze sul turismo. In un’intervista al Corriere della Sera, ha dichiarato che, se i moscerini non se ne andranno di qui a tre settimane, la loro presenza potrebbe avere un grave impatto sulle casse del comune, impedendo l’arrivo delle persone attese per i ponti tra Pasqua e il 1° maggio.

Come il paese, anche la laguna comunale sta venendo invasa dai moscerini. In un’intervista a La Stampa, il professor Alessandro Miani, presidente della Società Italiana di Medicina Ambientale, ha spiegato che le cause dell’invasione risiedono nell’eccessivo uso di fertilizzanti. Questi ultimi, ricchi di fosforo e azoto, finiscono nella laguna, arricchendo di nutrienti l’acqua. «È un fenomeno che si chiama eutrofizzazione: un eccesso di nutrienti che favorisce la crescita delle alghe. Tante alghe, morendo, producono tantissimi batteri, che a loro volta consumano tanto ossigeno». E se manca l’ossigeno, muoiono i pesci. In sintesi, «ecco quello che succede: troppe alghe, poco ossigeno nell’acqua, morte dei pesci, proliferazione dei moscerini. È una catena, all’origine della quale ci sono i comportamenti dell’uomo».

Contro la presenza massiccia di moscerini, il governatore della Toscana, Eugenio Giani, ha promesso lo stanziamento di ulteriori 500.000 euro, che si aggiungono agli 1,2 milioni messi a disposizione ogni anno. Tra oggi e domani, inoltre, avverrà una duplice operazione antilarvale e adulticida, dal valore di 300.000 euro. La prima è già in corso, mentre la seconda avverrà domani tra le 2 e le 6:30 del mattino. Malgrado ciò, sottolinea Miani, eliminare la popolazione di moscerini non cancellerà il problema. «Se ci affidiamo solo alle disinfestazioni, questo si ripresenterà». Quello che serve, insomma, è un intervento strutturale: «Magari nella zona della laguna servirebbero forme di agricoltura con minori quantitativi di fertilizzanti», sottolinea Miani. Inoltre, «bisogna trovare sistemi per migliorare il ricambio dell’acqua». In generale, «serve cura per l’ambiente, nell’insieme».

[di Dario Lucisano]

Sudan, l’esercito continua ad avanzare a Khartoum

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L’esercito sudanese continua ad avanzare nella capitale Khartoum. Secondo una fonte militare riportata dall’agenzia di stampa Reuters, le forze armate avrebbero ripreso il controllo del campo di Riba al-Hasanab, a sud della capitale, descritto come l’ultima base dei ribelli delle Forze di Supporto Rapido nel Sudan centrale, nonché l’ultima roccaforte del gruppo nello Stato di Khartoum. La stessa fonte ha comunicato a Reuters che l’esercito avrebbe accerchiato l’aeroporto, mentre fonti dell’agenzia di stampa AFP sostengono che l’infrastruttura sarebbe già stata riconquistata.

Catalogna: scoperti poliziotti infiltrati nei movimenti sociali e indipendentisti

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Bufera in Catalogna per i casi di infiltrazioni della polizia in movimenti sociali impegnati per il diritto alla casa, indipendentisti e propalestinesi. Dal 2020 al 2023, quattro agenti della Policía Nacional si sono inseriti in vari contesti di lotta sociale tra Barcellona, Girona e Valencia, mentre un ultimo caso è venuto fuori all’inizio del mese di marzo, quando un movimento barcellonese in difesa dei diritti del popolo palestinese ha denunciato l’infiltrazione di un’agente della Policía Nacional.

Marc Hernández Pon, pseudonimo di un agente della Policía Nacional di origine menorchine, è stato il primo ad infiltrarsi all’interno dei movimenti indipendentisti di Barcellona. Dopo i vari lockdown dovuti alla pandemia, nel giugno del 2020 Marc fa ingresso nel sindacato popolare Resistim Gòtic, partecipando alle manifestazioni contro gli sgomberi del Casal Popular Lina Òdena. Dopo essersi iscritto alla Facoltà d’Educaciò dell’Università di Barcellona, stringe varie relazioni con militanti indipendentisti, per entrare poi a far parte del Sindicat d’Estudiants dels Països Catalans (Sindacato degli studenti dei paesi catalani) e divenire in pochi mesi il coordinatore del Campus Mundet. Da quel momento inizia a partecipare attivamente a tutte le attività di resistenza popolare contro gli sgomberi e ai vari scioperi mossi dal sindacato, potendo accedere ai dettagli organizzativi riservati ai coordinatori dei movimenti.

L’agente Daniel Hernández Pons in una foto in divisa (a sinistra) e durante il periodo di infiltrazione (a destra); [La Directa]
Ad attirare i primi sospetti nella militanza è una vacanza organizzata tra i membri del sindacato a Palma di Maiorca, in un appartamento di proprietà di uno zio di Marc. Qui, secondo le ricostruzioni del sindacato, uno studente di Maiorca militante del SEPC avrebbe notato l’accento menorchino dell’agente, facendolo per scherzo notare agli altri. L’ultimo contatto sarebbe avvenuto il 23 maggio del 2022, quando all’improvviso Marc annunciò che sarebbe dovuto tornare a Maiorca e rimanere varie settimane per prendersi cura di suo padre, malato di cancro. La storia di Marc, finita tra le mani dei giornalisti di La Directa, si svela essere un caso di infiltrazione: grazie ad alcune analisi fotografiche e allo svolgimento di indagini riguardanti il passato di I.J.E.G (queste le iniziali dell’agente) tutti i nodi vengono al pettine. Dopo aver studiato criminologia a Girona e fatto ingresso nella scuola di polizia, l’agente infiltrato viene nominato ufficialmente il 4 giugno del 2019. La casa in cui si era svolta la riunione sindacale che dà inizio ai primi sospetti si rivela successivamente essere iscritta nei registri turistici della comunità baleare.

Parallelamente, un altro agente della Policía Nacional, Daniel Hernández Pons, anche lui maiorchino, si infiltra nei contesti militanti del quartiere di Sant Andreu di Barcellona, entrando in contatto il 5 giugno del 2020 con il centro sociale occupato La Cinètika. Da quel momento l’agente, che in questo caso non fa ricorso ad uno pseudonimo, partecipa all’organizzazione degli eventi di quartiere, alle manifestazioni contro l’incarceramento per insulti alla monarchia dell’artista Pablo Hasel e, in occasione di un picchetto contro uno sgombero, arriva a ricevere una sanzione amministrativa di 600 euro. Ma anche lui, dopo aver raccontato di aver trovato dei lavori saltuari tra Palma, Granada e la Danimarca, interrompe i contatti. A differenza del primo caso, Daniel Hernández Pons accede ai vari movimenti sociali anche attraverso relazioni sessuali, tramite l’utilizzo di app d’incontri. Almeno otto donne di vari collettivi hanno confermato a La Directa di aver avuto rapporti occasionali con l’agente e due di queste di aver stretto una relazione affettiva stabile. A far saltare la copertura fu l’indagine nei confronti del precedente infiltrato: Marc Hernández Pon. Secondo quanto svelato dall’inchiesta de La Directa i due agenti avrebbero dovuto attuare come fratelli, ma alcuni dettagli sui movimenti bancari avrebbero messo in luce elementi discordanti in relazione all’effettiva identità del primo agente destando inequivocabili sospetti anche su Daniel Hernández Pons.  

Sempre nello stesso lasso di tempo, un’altra agente, questa volta a Girona, si infiltra nei movimenti sociali del territorio. María Perelló Amengual, questo lo pseudonimo dell’agente diplomata alla scuola di polizia d’Ávila nel 2017-2018, il 7 giugno del 2020 prende parte ad una manifestazione per l’accoglienza dei minori non accompagnati, per poi iscriversi alla Facoltà di Educazione Sociale dell’Università di Girona. In tre anni partecipa a numerose manifestazioni, frequenta il Sindicat d’Habitatge de Salt e diviene coordinatrice del movimento femminista gironese 8-M. Inizia tra le altre cose una relazione con Oscar, una delle persone più note nei contesti indipendentisti e antifascisti della città, incriminato di aver bloccato i binari dell’alta velocità durante il primo anniversario del referendum indipendentista del 1° ottobre. Tra i due si instaura così una relazione che li porta a convivere e che permette all’agente di assistere alle riunioni legali del compagno, durante le quali veniva organizzata la strategia di difesa dell’accusato. Nel giugno 2022, in concomitanza della pubblicazione della prima inchiesta, María abbandona Girona con la scusa di recarsi a Palma per prendersi cura del padre malato, continuando l’operazione di infiltrazione in maniera virtuale. Quando ormai viene svelata la reale identità dell’agente, Oscar, ripreso dalle telecamere di 3Cat, contatta in videochiamata María, la quale, ammessa l’operazione chiude ogni contatto. 

I primi di marzo La Directa ha svelato un ulteriore caso di infiltrazione nei movimenti propalestinesi di Barcellona. Belen Hammád, anch’ella diplomata alla scuola di polizia d’Ávila, si introduce nel 2018 nelle organizzazioni del Casal Popular 3 Voltes Rebel, nella Comunitat Palestina e in Prou Complicitat Amb Israel. Dopo aver partecipato ad eventi propalestinesi ed essersi avvicinata alla causa indipendentista, nel settembre del 2020 abbandona la sua militanza per «cause lavorative e familiari», per fare ritorno, a sua detta, a Madrid. Durante lo scoppio delle inchieste dei casi precedenti, mostra vicinanza diretta ai contesti interessati, per poi abbandonare ogni contatto nel gennaio del 2024. Solo dopo la visione del documentario sulle infiltrazioni degli altri agenti, la militanza propalestinese insospettita si è interfacciata con La Directa, che dopo aver effettuato le dovute indagini, ha confermato il sospetto di infiltrazione.

«Siamo in stato di shock» mi racconta Alys Samson Estapé di Prou Complicitat amb Israel, «stiamo procedendo con i nostri avvocati per studiare opzioni legali». Da questo punto di vista le azioni escogitate dal Ministero dell’Interno spagnolo e dal corpo della Policía Nacional vivono la possibilità di rimanere impunite, nonostante l’attuazione di un piano di infiltrazione possa essere giustificato solo in caso di terrorismo e situazioni di grave incolumità per la cittadinanza. In un’interrogatorio durante una seduta del Congresso, lo stesso ministro Grande-Marlaska ha ribadito la libertà per ogni ideologia, sancito dall’articolo 104 della Costituzione spagnola. La contraddizione si fa così netta: l’utilizzo di un escamotage brutale e repressivo contro movimenti sociali da parte di un governo «progressista» mette in stato d’allarme l’intero tessuto militante del paese. La Directa afferma che con buona probabilità attualmente sono in servizio altri infiltrati su tutto il territorio nazionale e che sia stata svelata solo la punta dell’iceberg.

Il ministro dell’Interno Grande-Marlaska

«È importante specificare che questo non è un caso isolato, ma che in questi anni sono già una decina i casi di infiltrazione venuti allo scoperto» mi spiega Alys «ma nonostante quanto vissuto, la repressione non ci distrarrà dalla nostra lotta e dagli appelli che da decenni muoviamo verso lo stato spagnolo».

[di Armando Negro]

Il piano di Israele per occupare Gaza in modo permanente

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Con il riavvio della macchina del genocidio a Gaza, l’esercito israeliano sta preparando il terreno per conquistare militarmente la Striscia, nell’ottica di un’occupazione permanente del territorio. A presentare l’idea sarebbe stato il nuovo Capo di Stato Maggiore delle Forze di Difesa Israeliane, Eyal Zamir, trovando l’appoggio indiretto di tutti quei leader dell’estrema destra israeliana che da tempo chiedono un approccio più severo nella lotta ad Hamas. Di preciso, Zamir avrebbe elaborato un piano, illustrato a quotidiani israeliani e internazionali da funzionari anonimi, per prendere il controllo di ampie fasce dell’enclave e costringere i due milioni di abitanti in una “area umanitariaristretta situata lungo la costa. Segregati i palestinesi, le IDF controllerebbero capillarmente la distribuzione degli aiuti umanitari, fornendo alla popolazione il minimo indispensabile perché non muoia di fame. Nel mentre, Israele ha approvato un consolidamento delle colonie in Cisgiordania e un allargamento della campagna terrestre a Gaza, col sostegno dell’amministrazione statunitense.

Il piano di Zamir è stato presentato al quotidiano israeliano Haaretz, da funzionari anonimi. Da quanto riporta Haaretz, Zamir avrebbe detto ai ministri israeliani che il suo piano potrebbe finalmente realizzare ciò che Israele non è riuscito a ottenere in quasi un anno e mezzo di aggressioni, ossia la completa distruzione del governo e delle capacità militari di Hamas. Il piano prevede la mobilitazione di un gran numero di divisioni dell’esercito e un impiego delle unità di riservisti con il fine di lanciare un’offensiva terrestre su vasta scala nell’intera Striscia. I dettagli del piano sono ancora ignoti, ma da quanto hanno comunicato tre fonti militari al Financial Times, esso prevedrebbe un confronto ancora più diretto con le milizie palestinesi allo scopo di segregare la popolazione civile in un’area più piccola delle attuali “zone umanitarie”, situata lungo la costa. Schiacciata la popolazione civile, le IDF si prenderebbero direttamente carico della distribuzione degli aiuti umanitari, tanto da calcolare minuziosamente la quantità di calorie necessarie per ogni palestinese. Con la popolazione rinchiusa in un’area ristretta, Israele, per mano dei ministri di estrema destra, porterebbe avanti il piano di deportazione dei palestinesi proposto da Trump.

Da quanto comunicano i funzionari ad Haaretz, il piano di Zamir lascerebbe aperta la possibilità di un accordo con Hamas per assicurare il rientro degli ostaggi, ma vista l’escalation militare, l’opzione sarebbe da escludere. Proprio questo è il motivo, sostiene Haaretz, per cui il precedente Capo di Stato Maggiore, Herzi Halevi, si era opposto a tale approccio, circostanza che fornirebbe una possibile spiegazione delle sue dimissioni. Tanto Haaretz quanto il Financial Times, inoltre, sottolineano come tale piano sia riuscito a emergere grazie al trionfo elettorale di Trump, la cui amministrazione avrebbe detto di appoggiare Israele in caso di un conflitto su larga scala. «La precedente amministrazione voleva che ponessimo fine alla guerra», ha detto un funzionario al quotidiano britannico. «Trump vuole che la vinciamo».

Per quanto il piano non sia confermato da fonti ufficiali, sono tanti gli elementi che suggeriscono che l’idea fosse sempre stata quella di occupare Gaza. Dai diversi piani di pulizia etnica a quelli di deportazione su isole artificiali, fino ad arrivare agli annunci immobiliari, l’ambizione di Israele sembra essere sempre stata l’annessione totale della Striscia. La stessa nomina di Zamir in sostituzione di Halevi confermerebbe tale ipotesi. Durante il suo discorso di insediamento, Zamir, pupillo dell’estrema destra israeliana, ha affermato a più riprese la sua intenzione di eradicare la presenza di Hamas, per «portare a termine» quella «missione» che le IDF non sono riuscite a completare a partire dal 7 ottobre: «la vittoria e la sconfitta del nemico». «Questa è la nostra missione, questo è il nostro destino», affermava il 6 marzo, in concomitanza con la crisi dei negoziati per l’implementazione della seconda fase di cessate il fuoco, richiamando passi della Bibbia in cui vengono rimarcati il diritto e il dovere del popolo di Israele a combattere.

Il fatto che l’intenzione sia quella di occupare permanentemente la Striscia non è suggerito solo da dichiarazioni passate e piani presenti, ma anche dai progetti approvati per il futuro. Ieri, martedì 25 marzo, il ministro della Difesa Israel Katz ha approvato la continuazione delle operazioni militari terrestri a Gaza; qualche giorno fa, invece, è stata approvata una proposta del ministro delle Finanze Bezalel Smotrich, per cui tredici insediamenti in Cisgiordania verranno scorporati dalle cosiddette “colonie madre” per compiere «un altro passo significativo nel processo di normalizzazione e regolamentazione degli insediamenti».

[di Dario Lucisano]

Camera, no alla mozione di sfiducia a Nordio

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La Camera dei Deputati ha bocciato la mozione di sfiducia al ministro della Giustizia Carlo Nordio, presentata dalle opposizioni dopo il caso Almasri. In sede di votazione, i risultati sono stati 215 no e 119 sì. Azione, il partito di Carlo Calenda, non ha seguito il resto delle opposizioni, scegliendo di non partecipare al voto. La mozione di sfiducia contro Nordio era stata presentata in seguito alla liberazione del torturatore libico e capo della polizia giudiziaria del Paese, Osama Almasri Njeem Habish. Le opposizioni, di preciso, contestavano al ministro di non essere stato trasparente nell’informativa resa al Parlamento.

La Commissione UE approva 47 progetti sulle materie prime strategiche: quattro in Italia

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La Commissione Europea ha selezionato 47 progetti strategici per rafforzare la capacità interna dell’UE nell’estrazione, trasformazione e riciclaggio di materie prime critiche, riducendo la dipendenza dai paesi terzi. L’obiettivo, stabilito dal Critical Raw Material Act, è coprire entro il 2030 almeno il 10% dell’estrazione, il 40% della trasformazione e il 25% del riciclaggio delle materie prime strategiche necessarie. I progetti, situati in 13 Stati membri (Belgio, Francia, Italia, Germania, Spagna, Estonia, Repubblica Ceca, Grecia, Svezia, Finlandia, Portogallo, Polonia e Romania), serviranno a favorire la transizione verde e digitale, oltre a sostenere le industrie della difesa e aerospaziale europee. Su dieci progetti di riciclo, quattro sono in Italia: in Veneto, Toscana, Lazio e Sardegna. Il vicepresidente Stéphane Séjourné ha definito l’iniziativa un passo storico per la sovranità industriale dell’Europa. Secondo Séjourné, «Non ci sono abbastanza miniere in Europa» ed è quindi necessario «aprirne di più»: per questo, più della metà dei progetti riguardano attività di estrazione, soprattutto nella penisola iberica, ricca di litio, rame e tungsteno. Dei 47 progetti selezionati, 24 riguardano l’attività di lavorazione, dieci di riciclaggio e due di sostituzione di materie prime.

I progetti mirano all’approvvigionamento di quasi tutte le materie prime critiche indicate dalla Commissione europea nel 2024: una particolare attenzione sarà data a litio (22 progetti), nichel (12), grafite (11), cobalto (10) e manganese (7), elementi fondamentali per la produzione di batterie, alla base della transizione energetica soprattutto nel settore automobilistico. A riguardo, la Commissione ha annunciato recentemente che, al fine di mantenere una solida base di produzione europea ed evitare dipendenze strategiche, saranno messi a disposizione 1,8 miliardi di euro per creare una catena di fornitura sicura e competitiva per le materie prime delle batterie, che contribuirà a sostenere la crescita dell’industria automobilistica europea, fortemente in ritardo sulle tecnologie chiave. I progetti su magnesio e tungsteno, invece, serviranno ad alimentare l’industria della difesa, basata sull’uso di questi materiali. Il vicepresidente della Commissione ha specificato che il litio non sarà importato dalla Cina, in quanto ha asserito che «non vogliamo sostituire la nostra dipendenza dai combustibili fossili con una dipendenza dalle materie prime. Il litio cinese non sarà il gas russo di domani».

L’UE aveva aperto un bando per la presentazione dei progetti strategici nel maggio del 2024: delle 170 candidature pervenute, di cui 49 da Paesi extra UE, quelle selezionate rispondono a tre criteri: contribuiscono alla sicurezza dell’approvvigionamento dell’Uerispettano i criteri ambientali, sociali e di governance e sono tecnicamente fattibili.  Dal punto di vista economico, per realizzare i 47 progetti selezionati, è necessario un investimento complessivo di 22,5 miliardi di euro. Secondo una fonte riportata da Eunews, l’esecutivo europeo vorrebbe che la maggior parte dei progetti si finanziasse autonomamente reperendo le risorse sui mercati, beneficiando, solo qualora risultasse necessario, di «prestiti, o partecipazioni azionarie, o garanzie sui prestiti» da parte di Bruxelles e degli Stati membri. Séjourné ha spiegato che nel 2025 due miliardi di euro sono stati messi a disposizione dalla Banca europea per gli investimenti. Rimangono escluse, in ogni caso, le sovvenzioni.

L’UE mostrerebbe così ancora una volta la sua “fede” nel libero mercato lasciando che i privati sviluppino da soli ciò di cui c’è bisogno e reperiscano autonomamente le risorse affidandosi alla speculazione finanziaria: un approccio che ha ritardato molto lo sviluppo di concreti piani industriali per attuare la transizione energetica nel Vecchio continente, soprattutto rispetto ai suoi principali competitor, tra cui la Cina. Nonostante, infatti, Séjourné abbia affermato che sulle materie prime critiche «l’Europa è in vantaggio rispetto a Cina e Stati Uniti», perché si è già dotata di una base legale e di una strategia, la Cina è avanti di almeno un decennio negli investimenti in questo settore. Basti pensare che, già a partire dal 2009, il partito comunista ha stanziato per i produttori dell’elettrico ben 231 miliardi di dollari e che tra le prime dieci aziende produttrici di batterie a livello mondiale, sei sono cinesi. Inoltre, Pechino controlla circa il 33% del litio nei progetti globali che attualmente producono il minerale o in quelli in costruzione e ha sviluppato partenariati strategici con le nazioni più ricche di minerali e terre rare, soprattutto in Africa Subsahariana e in America Latina.

Al contrario, i primi progetti concreti a livello comunitario nel settore dei minerali chiave in Europa sono stati lanciati solo negli ultimi anni ed è previsto che soddisferanno una buona parte della domanda europea non prima del 2030. Inoltre, solo a partire dalla fine del 2026, Bruxelles dovrebbe lanciare un centro comune d’acquisto sulle materie prime, per poter fare acquisti congiunti «un po’ sul modello che abbiamo usato per i vaccini ai tempi del Covid», come annunciato dal vicepresidente esecutivo dell’UE.

[di Giorgia Audiello]

AGM‑114R9X: il “missile ninja” dell’esercito USA che uccide a colpi di spada

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Il Comando centrale degli Stati Uniti (CENTCOM) ha reso pubblico, per la prima volta, un video inedito che mostra in azione il missile AGM‑114R9X, una variante del razzo Hellfire, meglio conosciuta come “Ninja Missile” o “Flying Ginsu”. A differenza delle versioni tradizionali, l’R9X abbandona la classica testata esplosiva per affidarsi esclusivamente all’energia cinetica. Questo effetto letale viene dunque amplificato da un sistema di sei lame che, dispiegandosi in volo poco prima dell’impatto, permettono di eliminare il bersaglio con una precisione “chirurgica”, riducendo su carta il rischio di vittime collaterali.

Il video, diffuso il primo marzo sui social network, documenta l’operazione condotta il 23 febbraio, durante la quale è stato eliminato Muhammed Yusuf Ziya Talay, capo dell’organizzazione terroristica Hurras al-Din, affiliata ad Al-Qaeda. Le immagini, riprese sia in modalità termica sia a colori, mostrano chiaramente come al momento dell’impatto il missile non generi l’enorme onda d’urto tipica delle munizioni convenzionali. Invece, l’azione produce un bagliore a forma di croce e una pioggia di scintille, testimonianza dell’effetto “tagliente” delle lame che si schiantano contro la lamiera del veicolo bersagliato.

Sviluppato in gran segreto dalla CIA durante l’amministrazione Obama, il missile R9X è stato sottoposto a missioni in contesti operativi di alta tensione a partire dal 2017. Pur mantenendo dimensioni simili a quelle dei suoi omologhi (circa 163 cm di lunghezza e un peso compreso tra 45 e 49 kg), l’R9X sostituisce la carica esplosiva con un sistema di lame cinetiche, focalizzandosi sulla precisione piuttosto che sull’estensione dei danni. Il missile impiega sistemi di puntamento la cui natura non è stata mai ufficializzata per “bloccare” il bersaglio in tempo reale, perseguendo un impatto mirato in scenari dove la presenza di civili e infrastrutture rende più rischioso l’uso di munizioni convenzionali.

Fin dai suoi primi utilizzi, il cosiddetto “missile ninja” ha dimostrato i suoi tratti caratteristici in missioni ad alto valore strategico. Tra i casi più eclatanti si ricordano l’operazione del 2017, in cui il sistema fu impiegato per eliminare Abu al-Khayr al‑Masri, vice leader di Al-Qaeda, e l’azione del 2022 che portò alla morte di Ayman al‑Zawahiri, leader dell’organizzazione terroristica. 

L’efficacia dimostrata del missile R9X ha suscitato un notevole interesse anche all’estero. Un esempio emblematico è rappresentato dal Governo spagnolo, il quale ha voluto investire oltre 13 milioni di euro per dotare i propri droni Predator B dei missili Hellfire, compresa la variante R9X. Tale scelta, che ha visto la preferenza per sistemi statunitensi già collaudati rispetto ad alternative europee come il Brimstone, evidenzia come la tecnologia R9X stia rapidamente diventando un punto di riferimento per le forze armate internazionali alla ricerca di soluzioni operative a basso impatto collaterale.

Nonostante la notorietà crescente del R9X tra gli “addetti ai lavori”, l’esercito statunitense ha sempre mantenuto un approccio estremamente riservato a proposito dell’arma, preferendo enfatizzare il risultato operativo – ovvero la significativa riduzione dei danni collaterali – piuttosto che discutere i dettagli tecnici. Il fatto che il R9X agisca per puro impatto fisico, senza generare un’enorme onda d’urto esplosiva, consente in effetti di operare in ambienti dove la presenza di civili e infrastrutture rende rischioso l’uso di munizioni convenzionali. Tuttavia, la natura segreta e il modus operandi di questa arma hanno sollevato interrogativi importanti in termini di trasparenza e controllo.

[di Walter Ferri]

Russia e Ucraina hanno raggiunto un accordo per una tregua sul Mar Nero

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Gli Stati Uniti hanno annunciato ieri di aver raggiunto accordi separati con Ucraina e Russia per garantire la sicurezza della navigazione nel Mar Nero e per attuare il divieto di attacchi da parte dei due Paesi ai reciproci impianti energetici. Gli accordi, se attuati, rappresenterebbero il progresso più chiaro finora verso un cessate il fuoco più ampio che Washington vede come un trampolino di lancio verso i colloqui di pace per porre fine alla guerra tra Russia e Ucraina, che si protrae da tre anni. Il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov ha dichiarato: «Avremo bisogno di garanzie chiare. E data la triste esperienza degli accordi solo con Kiev, le garanzie possono essere solo il risultato di un ordine di Washington a Zelensky perché rispetti l’accordo».

In merito agli accordi, la Casa Bianca ha rilasciato due annunci separati. Per quanto riguarda le negoziazioni con la Russia, Washington riferisce che è stato trovato il modo di «garantire la sicurezza della navigazione, di eliminare l’uso della forza e di impedire l’uso di navi commerciali per scopi militari nel Mar Nero». Gli Stati Uniti, inoltre, si sono impegnati a contribuire a «ripristinare l’accesso della Russia al mercato mondiale per le esportazioni di prodotti agricoli e fertilizzanti, a ridurre i costi delle assicurazioni marittime e a migliorare l’accesso ai porti e ai sistemi di pagamento per tali transazioni». Inoltre, USA e Russia hanno trovato il modo di «sviluppare misure per l’attuazione dell’accordo del presidente Trump e del presidente Putin per vietare gli attacchi contro le infrastrutture energetiche di Russia e Ucraina». Secondo una lista pubblicata sul sito del Cremlino, queste comprendono: raffinerie di petrolio, oleodotti e impianti di stoccaggio di petrolio e gas, infrastrutture per la generazione e la trasmissione di energia elettrica, centrali nucleari, dighe idroelettriche. Il Cremlino riferisce che la moratoria è valida per 30 giorni a partire dal 18 marzo e che «potrà essere prorogata di comune accordo». Il divieto di attacchi alle infrastrutture energetiche viene confermato anche nell’ambito degli accordi con l’Ucraina, oltre all’impegno a «garantire la sicurezza della navigazione, di eliminare l’uso della forza e di impedire l’uso di navi commerciali per scopi militari nel Mar Nero». Inoltre, gli USA manterranno l’impegno con Kiev di «contribuire allo scambio di prigionieri di guerra, al rilascio di detenuti civili e al ritorno dei bambini ucraini trasferiti con la forza».

Entrambe le parti, tuttavia, hanno espresso reciproca diffidenza. Dal canto suo, il ministro degli Esteri russo Lavrov, citato dalla TASS, ha dichiarato che Mosca avrà bisogno di «garanzie ben definite», le quali «possono essere solo il risultato di un ordine da Washington» nei confronti di Zelensky e del suo team. Già nel corso dei colloqui per implementare l’iniziativa del Mar Nero (concordata tra il 2022 e il 2023 tra Russia, Turchia e Ucraina per l’esportazione di milioni di tonnellate di grano ucraino e altri prodotti alimentari necessari per la sopravvivenza di altri Paesi – soprattutto quelli ricchi), Zelensky si sarebbe dimostrato inaffidabile, cambiando idea all’ultimo minuto in merito ai termini dell’accordo. Secondo il ministro Lavrov, già quegli accordi avrebbero dovuto prevedere l’abolizione delle «misure discriminatorie» contro la reintroduzione di fertilizzanti e prodotti agricoli russi nei mercati globali, ma l’allora segretario delle Nazioni Unite Guterres avrebbe «cercato scappatoie» per imporre comunque le sanzioni. Con queste premesse, per la Russia «solo Washington può ottenere risultati positivi» nel fermare gli attacchi di Kiev. Per quanto riguarda le posizioni dei leader europei, queste «contraddicono direttamente» l’amministrazione Trump, che ha detto che «sono in corso discussioni preliminari sui parametri di una soluzione finale» e che «la NATO dovrebbe essere dimenticata».

Dal canto suo, Zelensky ha riferito che il comportamento della Russia nei prossimi giorni mostrerà le sue vere intenzioni di giungere o meno a un accordo di pace. «Se ci saranno di nuovo allarmi di raid aerei, se ci sarà una rinnovata attività militare nel Mar Nero, se continueranno le manipolazioni e le minacce russe, allora dovranno essere prese nuove misure, specificamente contro Mosca» ha dichiarato.

Nel frattempo, il presidente statunitense Trump ha per la prima volta ammesso che la Russia potrebbe cercare di tirare per le lunghe il raggiungimento di un accordo di pace con l’Ucraina. «Credo che la Russia voglia vedere la fine [del conflitto, ndr], ma probabilmente stanno “trascinando i piedi”» ha dichiarato il presidente statunitense, aggiungendo poi che «la Russia vorrebbe vederla finita, come anche il presidente Zelensky a questo punto».

I colloqui tra le parti sono cominciati a Riyad, in Arabia Saudita, lo scorso lunedì 24 marzo. Le delegazioni russa e ucraina hanno discusso separatamente con l’inviato speciale USA Steve Witkoff, senza tuttavia incontrarsi mai. Nel frattempo, entrambe hanno continuato a lanciarsi accuse di reciproci attacchi con droni.

[di Valeria Casolaro]