martedì 25 Novembre 2025
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India, cariche della polizia sui contadini in protesta

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Decine di migliaia di contadini indiani hanno invaso New Delhi con trattori, cavalli, moto o a piedi durante una manifestazione di protesta contro una riforma agricola voluta dal governo di Narendra Modi sulla liberalizzazione del mercato agricolo. La polizia è intervenuta su più fronti, sostenendo che quello fatto dai manifestanti non era il percorso concordato. Gli agenti hanno allontanato i contadini con cariche, idranti e lacrimogeni, generando caos e scontri.

 

Blitz antimafia a Palermo: 16 arresti

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Dopo un blitz della Polizia al mandamento mafioso di Tommaso Natale, 16 persone sono state arrestate. Le accuse, a vario titolo, riguardano associazione a delinquere di tipo mafioso, tentato omicidio, estorsioni e minacce.

Documentata la formazione della famiglia Zen-Pallavicino, dotata di esplosivo e armi. Emersa anche la gestione della distribuzione alimentare a favore delle famiglie più bisognose nel quartiere Zen, da parte del capo Giuseppe Cusimano, soprattutto durante il lockdown di marzo scorso.

Libia: raggiunto l’accordo di pace, ma le potenze straniere rifiutano di andarsene

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Dopo una guerra decennale in Libia è stato raggiunto un accordo di pace. La situazione però rimane complessa: alcune potenze straniere, giunte in Libia per intervenire sugli scontri, rifiuterebbero infatti di lasciare il Paese. Il conflitto risalente al 15 febbraio 2011 porta alla caduta del regime dittatoriale di Muammar Gheddafi, senza però realizzare una transizione democratica. Da allora imperversa una guerra civile tra le due principali forze politiche, sostenute da opposti schieramenti stranieri: da un lato il GNA di Tripoli, il governo ufficialmente riconosciuto dall’Onu e sostenuto da Italia, Qatar e Turchia; dall’altro la Camera dei Rappresentanti di Tobruk, fiancheggiata dall’Esercito Nazionale Libico (LNA) sotto il generale Khalifa Haftar e sostenute da Egitto, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Giordania, Francia e Russia. Nel vertice di Bouznika le due fazioni hanno raggiunto un accordo sulle modalità di candidatura alle future posizioni sovrane: avverranno in Svizzera, sotto la vigilanza di vertici anti-corruzione.

Nella prospettiva della pacifica risoluzione, le milizie straniere sono state invitate ad abbandonare il territorio libico entro il 23 febbraio: scadenza non rispettata, poiché l’Onu rileverebbe ancora 20.000 soldati stranieri. Alcune immagini satellitari trasmesse dalla CNN mostrerebbero anzi nuove trincee riconducibili a mercenari russi in prossimità di Sirte, la città dove si era arrestato il conflitto. Un membro dell’intelligence americana ha altresì affermato che Russia e Turchia, sostenitrici rispettivamente di Haftar e del GNA, non sembrerebbero disposte ad allontanarsi.

Effetto Biden, gli Usa potrebbero non ritirarsi dall’Afghanistan

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Il consigliere nazionale per la sicurezza degli Stati Uniti, Jake Sullivan, il 22 gennaio, ha informato la sua controparte afghana, Hamdullah Mohib, che Washington vuole rivedere l’accordo di pace concluso con i talebani dall’amministrazione di Trump, il 29 febbraio 2020. La portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale degli Usa, Emily Horne, ha dichiarato che la revisione dell’intesa “prevedrà una valutazione del rispetto da parte dei talebani degli impegni presi con gli Usa nell’interrompere i propri legami con gruppi terroristici, ridurre le violenze in Afghanistan e intraprendere negoziati significativi con il governo di Kabul e altre parti interessate”.

Secondo quanto stabilito dall’intesa dello scorso 29 febbraio, gli Usa si sono impegnati a ritirare tutti i propri soldati presenti in Afghanistan, mentre i talebani – dopo aver richiesto uno scambio di prigionieri al governo di Kabul – hanno accettato di partecipare ai negoziati di pace intra-afghani e hanno fornito garanzie di sicurezza agli Usa, quali l’interruzione dei rapporti con i terroristi. Il 2 dicembre scorso, i rappresentanti di Kabul e dei talebani avevano raggiunto un accordo sulle regole procedurali per avviare i negoziati di pace. Dall’11 gennaio però, è emerso un nuovo stallo sui temi da trattare: il governo di Kabul ha richiesto che il cessate il fuoco sia il tema prioritario da trattare ma, i talebani ritengono che questo tema debba essere affrontato solamente dopo aver raggiunto un accordo su un futuro governo, che includa i militanti islamisti afghani.

A che punto siamo con l’Intelligenza Artificiale?

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Nel bel mezzo dell’era tecnologica, una delle domande più frequenti riguarda l’esistenza dall’Intelligenza Artificiale. Sembra che gli scienziati siano ancora un po’ lontani, ma sulla strada giusta. Per comprendere a che punto questi siano con l’AI, è necessario fare riferimento al senso più letterale del termine, un’Intelligenza Artificiale Generale. Non sarà un sostituto dell’uomo, ma una tecnologia in grado di passare con facilità da un compito all’altro. Le sperimentazioni in questo senso sono molte, tra cui il metodo Transfer Learning. Questo permette alle AI, di memorizzare parte dell’addestramento utilizzato per la comprensione di un compito, per apprenderne uno nuovo. Inoltre, si mira a fare in modo che queste tecnologie, non si limitino solo a trovare delle correlazioni – come accade oggi – ma comprendano il rapporto causa – effetto.

Due sono i centri di ricerca che stanno lavorando alla progettazione dell’intelligenza artificiale generale: la londinese DeepMind, e la statunitense OpenAi. Questa ha recentemente messo a punto il sistema Dall-E, in grado di disegnare correttamente delle immagini, basandosi solo sulla loro descrizione testuale. Un passo in avanti verso una vera intelligenza artificiale. Sullo sfondo rimane il sogno (o l’incubo) di riuscire a creare una IA realmente capace di apprendere e progredire, potenzialmente in grado di superare l’uomo. Un obiettivo che però appare ancora lontanissimo, prima occorrerrerà riuscire a replicare la complessità del cervello umano.

Ultima chiamata per evitare un futuro orribile: ultimatum degli scienziati per il clima

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Il 13 gennaio scorso un gruppo di scienziati di livello internazionale ha pubblicato un articolo sulla crisi planetaria che si può definire “ultimativo”. Del resto, i dati di partenza riportati nel testo sono catastrofici.

Dall’inizio dell’agricoltura, circa 11.000 anni fa, la biomassa della vegetazione terrestre è stata dimezzata; il 70% della superficie terrestre è stato alteratoNegli ultimi 500 anni, a causa dell’uomo, si sono estinte almeno 700 specie di vertebrati e 600 specie di piante. Complessivamente, circa un milione di specie sono minacciate di estinzione nel prossimo futuro e circa il 40% delle piante sono considerate in pericolo. In 200 anni, più di due terzi degli oceani sono stati compromessi dalle attività umane e la copertura di coralli vivi sulle barriere si è dimezzata. La biomassa terrestre è rappresentata dal bestiame (59%) e dagli esseri umani (36%). Solo il 5% di questa biomassa è costituita da mammiferi selvatici, uccelli, rettili e anfibi: la biodiversità si sta riducendo velocemente.

A tutto questo vanno aggiunti i 300 milioni di tonnellate di plastica che vengono prodotte all’anno e i 165 milioni di tonnellate presenti negli oceani. Di questo passo nel 2050 si conterranno più plastiche che pesci.

Secondo Paul Ehrlich, uno degli scienziati autori dell’articolo, la sovrappopolazione mondiale ed il consumismo eccessivo sono due dei principali problemi dell’uomo. Non solo. Lo studio ha sottolineato come la comunità internazionale si dia degli obiettivi che sistematicamente non raggiunge (biodiversità, riscaldamento globale). 

 

Misure anti-Covid: scontri in Olanda e in Israele

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Le proteste contro le restrizioni anti-Covid, sono degenerate in scontri con la polizia in Olanda e in Israele. Nelle città di Amsterdam ed Eindhoven, nel sud dei Paesi Bassi, centinaia di manifestanti sono scesi in piazza e la polizia ha arrestato un totale di 30 persone.

In Israele, dopo gli scontri dei giorni scorsi, il caos è scoppiato a Gerusalemme, Ashdod e Beni Brak dove gli Haredim, ebrei ortodossi con regole molto stringenti, si sono scontrati con la polizia.

Da oggi stop a gran parte dei viaggi Europa-Usa

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Il presidente americano, Joe Biden, imporrà nuovamente da domani (oggi in Italia) il divieto di entrare negli Stati Uniti alla maggior parte dei cittadini non statunitensi provenienti da Regno Unito, Brasile, Irlanda e gran parte dell’Europa. Lo ha confermato la Casa Bianca. Inoltre, estenderà il blocco anche a chi arriva dal Sudafrica. Tale decisione si inserisce nel piano per combattere l’epidemia che sta dilagando nel Paese più colpito al mondo dal Covid-19 (contagi: 25,14 milioni; morti 419 mila).

Google minaccia l’Australia: “ritirate la tassa sui contenuti o blocchiamo il servizio”

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“Ritirate la tassa sui contenuti o blocchiamo il servizio”: ecco la minaccia mossa di recente al governo australiano, che corona un’escalation di messaggi e misure legislative. La dichiarazione al sapore di ricatto proviene da Google: il gruppo statunitense bloccherà il suo motore di ricerca in Australia in caso di approvazione delle nuove regole relative all’utilizzo dei contenuti prodotti dai media. Come già riferito ai 19 milioni di utenti australiani, un’ipotetica approvazione delle stesse comporterebbe ulteriori limiti anche sulla piattaforma YouTube, proprietà della casa madre di Google Alphabet. La legge centro della polemica obbligherebbe i giganti della tecnologia a negoziare il prezzo dei contenuti prodotti da editori ed emittenti locali per includerli nei risultati di ricerca o nei feed di notizie. Nel caso in cui l’accordo si riveli inconcludente, sarebbe un arbitro nominato del governo a stabilirne il prezzo. Le obiezioni mosse da Google, peraltro supportate dagli Stati Uniti, sono state percepite come comportamento minaccioso ed anti-democratico dalle autorità australiane, che rivendicano il diritto a stabilire le proprie leggi.

L’iniziativa australiana, nata per bilanciare lo squilibrio contrattuale tra i mass media tradizionali e le grandi piattaforme digitali, è seguita con attenzione su scala mondiale perché comune è la condizione in cui vertono i media dell’informazione: nel nuovo sistema digitale, le entrate pubblicitarie non sono più incassate interamente, ma vanno spartite con le grandi aziende.

Covid, i dati Istat sui tassi di mortalità 2020 aiutano a far luce sui numeri

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baby and mom during a coronavirus pandemic

Tra marzo e novembre 2020, in Italia si è visto un incremento dei decessi di 85mila persone rispetto alla media del quadriennio precedente: 547.369 morti rispetto alla media di 461.746. Quanto ha inciso la pandemia da Covid-19 nell’aumento dei decessi? Nel giro di un anno, la mortalità è cresciuta del 19%. Le rilevazioni pubblicate dall’Istat mostrano però come la pandemia abbia colpito alcune zone più di altre. La provincia di Bergamo è stata la più colpita, soprattutto nella prima ondata. Ha registrato un incremento di morti dell’86%, con una variazione del +574,7% solo a marzo.

In una nota dell’Istat di maggio, si legge che «l’ammontare totale dei decessi nel 2020 è il risultato dell’interazione di diverse componenti: la mortalità direttamente imputabile a Covid-19 e la mortalità per altre cause non direttamente ad esso correlata. Quest’ultima componente, a sua volta, è stata in parte modificata dagli effetti indiretti dell’epidemia». Soprattutto nelle regioni più colpite dalla pandemia, c’è una forbice ampia tra morti per coronavirus ed eccesso di morti. Una prima ipotesi per questa discrepanza è che ci siano stati decessi non registrati come pazienti Covid, soprattutto durante la prima ondata, quando i tamponi processati non erano sufficienti. Ma l’altra questione da tenere in considerazione è che diverse malattie hanno risentito degli effetti indiretti della pandemia, soprattutto quelle per cui non è stato possibile fare prevenzione e offrire cure adeguate.