È arrivata la firma finale delle istituzioni dell’Unione europea sul regolamento con cui viene istituito il digital green pass. Il testo è stato siglato questa mattina al Parlamento europeo dal primo ministro portoghese Antonio Costa (in rappresentanza degli Stati membri), dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e dal presidente del Parlamento europeo, David Sassoli. Si tratta di un certificato che attesterà l’avvenuta vaccinazione anti Covid o la negatività ad un recente test oppure la guarigione dal virus. Esso servirà a facilitare gli spostamenti all’interno dell’Unione europea e la sua entrata in vigore è prevista per il primo luglio.
Covid, crescono i contagi nel Regno Unito: 12 morti su 42 tra i vaccinati
Nel Regno Unito, precisamente in Inghilterra, sono morte finora 42 persone a causa della variante Delta (ex variante indiana) del Covid-19: 12 di loro avevano ricevuto la doppia dose di vaccino da almeno 14 giorni, 7 si erano sottoposte alla prima iniezione da almeno 21 giorni e le restanti 23 non erano state vaccinate. È quanto si apprende dai dati diffusi da Public Health England (Phs), dai quali emerge infatti che tale variante sia leggermente più resistente al siero, soprattutto nel caso in cui al soggetto sia stata somministrata una sola dose, e che si diffonda più facilmente rispetto alla Alpha B.1.1.7 (ex variante inglese). A tal proposito, i dati sottolineano che più del 90% dei contagi nel Regno Unito (che ha attualmente una media settimanale di quasi 7000 casi al giorno) è ora riconducibile alla variante Delta ed il numero totale di quelli confermati è di oltre 42.000. Per rendere meglio l’idea circa il modus operandi di questa mutazione del virus, basterà ricordare che in Inghilterra a partire dal mese di febbraio, fino al 7 giugno, ci sono stati 33.206 casi di variante Delta: 19.573 contagiati non erano stati vaccinati, 1.785 avevano completato il ciclo e 7.559 avevano ricevuto una sola dose, mentre lo stato di vaccinazione del resto dei soggetti è poco chiaro. Inoltre, tra i contagiati, 383 individui sono stati ricoverati in ospedale: 42 di loro avevano ricevuto entrambe le iniezioni, 86 solo la prima e 251 non erano stati vaccinati.
L’aumento del numero dei casi nel Regno Unito è stato confermato anche dai dati emersi dal sondaggio dell’Ufficio per le statistiche nazionali (Ons), i quali si basano su tamponi effettuati nei confronti di famiglie selezionate casualmente: secondo le ultime stime, in Inghilterra 96.800 persone (1 su 560) hanno avuto il Covid nella settimana terminata il 5 giugno, un numero maggiore rispetto agli 85.600 individui (1 su 640) che lo avevano contratto la settimana precedente. Un incremento dei casi è stato osservato anche in Scozia ed in Galles. In più, i dati dell’Ons confermano anche che la variante Delta sia attualmente dominante nel Regno Unito.
Le autorità sono ovviamente preoccupate per questa situazione, nei confronti della quale però le soluzioni proposte sono quelle ormai note. Boris Johnson, il primo ministro britannico, ha recentemente dichiarato che il governo sarà «cauto» nell’allentare le restrizioni. Inoltre, la dottoressa Jenny Harries, amministratrice delegata dell’Agenzia per la sicurezza sanitaria del Regno Unito, ha invitato le persone a vaccinarsi anche se, come emerso dai dati sopracitati, «la vaccinazione riduce il rischio di malattie gravi, ma non lo elimina».
[di Raffaele De Luca]
Città del Messico sta sprofondando a velocità impressionante
In alcune aree si parla di un record di 50 centimetri all’anno. Edifici, monumenti e impianti fognari ne stanno risentendo. Città del Messico sta infatti sprofondando ad una velocità preoccupante e le cause sono tante. Innanzitutto il fenomeno, chiamato subsidenza, è da ricondurre all’antico fondale lacustre sul quale è stata costruita la città. Un’area dal terreno di natura argillosa, anticamente occupata dal lago salato Texcoco, il quale negli anni è stato drenato sempre più. Col passare del tempo poi, anche l’acqua delle falde è stata man mano pompata in superficie per usufruirne, e questo ha reso il terreno più instabile e asciutto. Di conseguenza, le lastre di argilla hanno iniziato a comprimersi ad un ritmo ingestibile, portando costruzioni e infrastrutture a sprofondare. Oltre a questo, ci sono altri fattori, sia naturali – le scosse sismiche – sia artificiali, ovvero l’estrazione dei minerali e dell’acqua. Come dimostrano le immagini satellitari, negli ultimi 24 anni, l’altezza della metropoli è visibilmente diminuita, anche nelle zone che prima erano considerate meno a rischio.
Secondo una ricerca condotta da Estelle Chaussard, geoscienziata dell’Università dell’Oregon, tra quattro anni Città del Messico potrebbe essere sprofondata di oltre due metri, provocando problemi non di poco conto e a lungo termine, considerando le dimensioni e la popolazione di circa venti milioni di abitanti. Difatti, nelle aree in cui il fenomeno è più accentuato, potrebbero prodursi delle vere e proprie fratture nel terreno con danni notevoli agli edifici, alle strade, alle fognature e alle condutture del gas. Non solo le strutture pubbliche sono in pericolo, il rischio riguarda anche le abitazioni private, che a Città del Messico sono in piccolissima parte assicurate. Negli anni passati, le politiche mirate a limitare nelle falde il drenaggio dell’acqua, e i tentativi di integrare con l’introduzione di questa, sembravano avessero apportato un miglioramento, tanto che lo sprofondamento era diminuito a 9 centimetri l’anno. Purtroppo però, successivamente è tornato a 40 / 50 centimetri anche nel centro storico, a causa principalmente del peso degli edifici, ultimamente aumentato significativamente.
[di Eugenia Greco]
La Cina accusa il G7 di manipolazione politica e interferenza
La Cina ha accusato il G7 di manipolazione politica nonché di interferenza nei propri affari interni. Tali accuse arrivano in seguito alle critiche mosse dal gruppo contro Pechino sulla questione dei diritti umani nello Xinjiang ed a Hong Kong. «Il G7 sfrutta le questioni relative allo Xinjiang per dedicarsi alla manipolazione politica ed interferire negli affari interni della Cina, ci opponiamo fermamente a questo», ha affermato tramite una nota un portavoce dell’ambasciata cinese nel Regno Unito.
Sparatoria vicino Roma: morti due bambini un anziano, suicida l’attentatore
Si è suicidato l’uomo che questa mattina aveva sparato a due fratellini di tre e otto anni e a un anziano, uccidendoli tutti e tre, in un parco ad Ardea, piccolo Comune alle porte di Roma. L’uomo che ha sparato, un trentaquattrenne della zona, dopo l’attentato si era barricato in una casa. Non rispondeva ai tentativi di negoziato avviati dai Gruppi di intervento speciale i quali, dopo aver fatto irruzione, lo hanno trovato privo di vita.
Tunisia: quinta notte di proteste a Sidi Hassine
Non si placano le proteste e gli scontri a Sidi Hassine, piccola città nella provincia di Tunisi. Per la quinta notte consecutiva centinaia di giovani hanno attaccato le forze dell’ordine dopo la morte di un giovane, in circostanze ancora da chiarire, avvenuta all’inizio della settimana in una stazione di polizia.
Val di Susa: migliaia di nuovo in marcia contro il Tav
Un nuovo grande corteo è in corso in Val di Susa contro la linea la linea Tav Torino-Lione. Secondo gli organizzatori sono ventimila i manifestanti che stanno partecipando al corteo partito da Bussoleno e diretto verso l’ultimo cantiere dell’Alta Velocità Torino-Lione aperto, quello di San Didero. Presenti alla marcia no-tav anche i sindaci dei comuni della Val di Susa oltre ad attivisti sia locali sia giunti da diverse regioni italiane.
Nella pandemia l’Occidente scivola verso l’autoritarismo: l’esempio inglese
Si susseguono le proteste in tutta la Gran Bretagna contro quello che è stato definito “disegno di legge anti-protesta” introdotto a marzo dal governo di Boris Johnson e intitolato Police, Crime, Sentencing and Courts Bill. Si tratta di un mastodontico atto legislativo che mira a scuotere il sistema di giustizia penale in Inghilterra e Galles.
La legge conferisce alla polizia nuovi poteri, consentendo loro di decidere se una protesta è giustificata o meno, imporre un orario di inizio e di fine e chiudere una protesta sul posto. I criteri proposti per chiudere una protesta includono formulazioni imprecise e arbitrarie come essere “troppo forte” o un “fastidio”, neutralizzando di fatto qualsiasi protesta pubblica significativa. Persino il troppo rumore è considerato una ragione sufficiente per intervenire.
Teoricamente, lo scopo del disegno di legge è quello di prevenire, ridurre e punire la violenza per la tutela dell’ordine pubblico, ma si tratta di un proposito chiaramente vago e quindi suscettibile delle interpretazioni più varie. Cosa è violenza? Cos’è l’ordine pubblico? La proposta di legge ha infatti messo all’erta numerosi attivisti e già da maggio 2021 nel Regno Unito si è creato un movimento di protesta detto “Kill the Bill.” Le numerose voci critiche hanno osservato che la legge porrebbe seri limiti alle libertà civili, tra queste soprattutto alla libertà di protesta e di associazione, e che di fatto si tratta di una mossa autoritaria, in quanto attribuisce alla polizia la discrezione di stabilire se una manifestazione è o meno un pericolo per l’ordine pubblico.
Sembra che durante la pandemia il Regno Unito di Boris Johnson abbia preso la via dell’autoritarismo. A cominciare dal Coronavirus Act, bollato da molti come draconiano, che di fatto normalizzava una serie di misure straordinarie per il contenimento del virus che conferivano poteri straordinari alle autorità. Sempre nel 2020, Johnson ha anche introdotto una legge che etichetta l’anti-capitalismo come ideologia estrema, escludendolo dai programmi scolastici.
Ma il Regno Unito è in buona compagnia. Altri paesi del continente hanno infatti preso una inaspettata svolta autoritaria proprio in un momento delicato e caotico come quello della pandemia. Ad aprile, in Francia è stata approvata una legge che conferisce poteri speciali alla polizia, impedendo di diffondere immagini “diffamanti” che possano portare all’identificazione di un agente.
[di Anita Ishaq]
L’Indonesia proteggerà le foreste di mangrovie: sono fondamentali per l’ambiente
L’Indonesia è la terra che possiede più foreste di mangrovie al mondo. Le 17.500 isole del paese ne ospitano circa 3,2 milioni di ettari, ovvero un quinto della superficie terrestre. Le mangrovie sono molto preziose per l’ambiente, perché non solo sono in grado di proteggere dalle inondazioni, ma anche di assorbire ingenti quantità di carbonio. Per questo motivo, il presidente Joko Widodo ha annunciato di voler rivitalizzare, entro il 2024, 600mila ettari di costa degradata con la piantumazione di mangrovie. Un obiettivo impegnativo, il quale ha subito scatenato molto scetticismo. Infatti, per attuare un progetto del genere, il governo ha riconosciuto fondamentale il contributo dei cosiddetti “guardiani delle mangrovie” i quali, per decenni, hanno lavorato senza sosta al fine di ripristinare questi habitat, riconoscendone i benefici.
Iwan Winarto, nel villaggio di Pengudang al largo della costa orientale di Sumatra, nel tempo ha imparato come le mangrovie svolgano un ruolo fondamentale nel mantenere l’acqua limpida. Così, ha deciso di proteggere i 22 ettari di piante presenti nel villaggio, continuando a piantarne di nuove e insegnando ai giovani figli dei pescatori locali, il rispetto della preziosa vegetazione. Anche Aziil Anwar, per quasi trent’anni, ha lavorato instancabilmente per preservare e continuare a piantare le mangrovie nella provincia di West Sulawesi. Non solo. Aziil è fondatore del Mangrove Learning Center, con cui ha piantato circa 60 ettari di foresta di mangrovie che oggi ospita molte specie di uccelli migratori. Il guardiano Rika Rumadas era invece su una barca quando, nel 2002, un terremoto di magnitudo 7.6 ha colpito l’area vicino al villaggio di Wamesa, a Manokwari (Papua occidentale), scatenando uno tsunami con onde alte un metro, le quali hanno raso al suolo mille case e ucciso sei persone. È stata questa tragedia a far comprende a Rika e ad alcune donne del villaggio, che le mangrovie che loro continuavano a tagliare per ottenere legna da ardere, avrebbero potuto proteggerli. Nei successivi due anni e mezzo infatti, Rika e il suo gruppo hanno iniziato a piantare e coltivare 32mila piantine su 6 ettari. Purtroppo però, il terreno su cui vivevano e lavoravano non era di loro proprietà, e gran parte della foresta è stata distrutta a causa di un piano di sviluppo deciso dal governo.
Questi sono tre esempi di guardiani indonesiani di mangrovie, solo alcuni dei tanti individui e gruppi locali che hanno faticato – e faticano tutt’oggi – per preservare questi habitat fondamentali e preziosi per il benessere delle comunità del paese.
[di Eugenia Greco]








