venerdì 21 Novembre 2025
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Gli effetti della pandemia sulla salute mentale e l’impreparazione della Sanità italiana

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È in corso un’altra epidemia. Un’epidemia silenziosa che corre sottotraccia. Meno appariscente e forse meno tangibile di quella da covid-19, è in arrivo una pericolosa ondata di disagio psichico, in molte delle sue forme. Dall’inizio della pandemia di coronavirus ad oggi la ricerca scientifica ha accumulato una quantità molto rilevante di evidenze empiriche riguardo all’aumento della sintomatologia che rileva di un aggravarsi di disturbi di tipo psicologico e psichiatrico. Che ci siano e ci saranno gravi ripercussioni sull’equilibrio psico-emotivo della popolazione mondiale a causa dell’impatto della situazione pandemica è ormai accertato. L’ultimo dato in ordine di tempo proviene dal Rapporto Nazionale Osmed 2020 sull’uso dei farmaci in Italia, pubblicato dall’Agenzia Italiana del Farmaco. Il report rivela che nel 2020 il consumo degli antidepressivi rappresenta il 3,7% del consumo totale di farmaci in Italia, con un aumento, rispetto al 2019, dell’1,7%. Per ora, tuttavia, l’incremento sembra in linea con il trend degli ultimi anni. Il dato che balza maggiormente agli occhi è l’aumento dell’11,6% rispetto al 2019 del tasso di prescrizione di antidepressivi e antipsicotici nella popolazione di età pediatrica.

Uno studio condotto su gemelli italiani ha mostrato che «i livelli di ansia, depressione e stress, misurati durante il periodo di lockdown, sono risultati superiori a quelli stimati nella popolazione generale prima dell’emergenza sanitaria»; tra le principali determinanti dell’aumento del disagio psichico si contano «la giovane età, la presenza di un familiare con sintomi, i problemi finanziari e la solitudine». Il Centro di riferimento per le Scienze comportamentali e la Salute mentale dell’Istituto Superiore di Sanità in uno studio coordinato dal Dipartimento di salute mentale dell’Università della Campania ha evidenziato un incremento della presenza di sintomi dello spettro ansioso-depressivo, ossessivo-compulsivo e post-traumatico da stress, soprattutto nella popolazione femminile. Inoltre si è studiato come una maggiore durata dell’esposizione al lockdown «ha rappresentato un fattore predittivo significativo del rischio di presentare peggiori sintomi ansioso-depressivi». Un ulteriore studio pubblicato su Frontiers in Psychiatry ci fa vedere come, su 1639 intervistati il benessere psicologico minore si riscontra tra le donne di meno di 50 anni con salute a rischio e tra i soggetti che sono stati esposti all’infezione o conoscevano persone infette. La maggior parte del campione ha segnalato un generale peggioramento delle condizioni demografiche, economiche, sociali e relazionali. Aumentato il tempo passato sui social, in cucina e a vedere film e diminuito il tempo dedicato ad attività fisica.

Tra i giovani i sintomi più frequenti sono stati: difficoltà di concentrazione (76,6%), noia (52%), irritabilità (39%), irrequietezza (38,8%), nervosismo (38%), sentimenti di solitudine (31,3%), disagio (30,4%) e preoccupazioni (30,1%). Il Telefono Azzurro ha segnalato un aumento delle richieste per problemi di salute mentale del 14,4% e un aumento del 22,6% dei contatti via chat. Incremento significativo anche dei casi di abusi e violenze, problemi in rete, disturbi del comportamento alimentare, e atti di autolesionismo e tentativi di suicidio.

Ora la domanda è: a fronte di indicatori così drammaticamente chiari, il Sistema Sanitario Nazionale (SSN) è preparato ad affrontare l’emergenza psicologica montante? Ad oggi, la risposta parrebbe negativa. In Italia la spesa per la salute mentale è pari al 3,5% del Fondo Sanitario Nazionale. Il Report sul personale del Servizio Sanitario Nazionale del Ministero della Salute relativo all’anno 2018 parla di uno psichiatra pubblico ogni circa 10mila cittadini adulti e uno psicologo pubblico circa ogni 12mila cittadini, con una età media di 52 anni per i medici e di 56 per gli psicologi. Inoltre, la debolezza del servizio pubblico emerge anche dal fatto che solo il 5% dei 130.000 psicologi operanti in Italia lavori in strutture del SSN. Dunque, l’accesso alle cure per soggetti che non possono ricorrere a servizi privati è gravemente compromesso.

In conclusione, va segnalato un primo passo importante: è stata approvata la mozione concernente iniziative in materia di salute mentale a prima firma della deputata Pd ed ex ministro della Salute Beatrice Lorenzin. Essa impegna il governo ad ampliare l’accesso alle terapie psicologiche, a garantire fino a 10 sedute di psicoterapia ai giovani depressi a causa della pandemia, e a mettere su un piano nazionale per la salute mentale.

[di Jacopo Pallagrosi]

Migranti: 1192 in hotspot Lampedusa, struttura al collasso

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L’hotspot di Lampedusa è al collasso: la capienza massima della struttura, infatti, è di 250 posti, ma sono 1192 i migranti presenti al suo interno. Tutto ciò nonostante i diversi trasferimenti effettuati nelle ultime ore: 6 tunisini sono stati trasferiti sulla nave quarantena “Adriatico” diretta a Porto Empedocle, mentre altri 115 sulla “Azzurra”, che li porterà a Siracusa. Inoltre, altri viaggi sono previsti per oggi: in base alle disposizioni della prefettura di Agrigento, 110 persone saranno trasferite dal traghetto di linea a Porto Empedocle ed altri 50 tunisini da una motovedetta della Capitaneria a Pozzallo.

Overshoot Day: da oggi consumiamo risorse che la Terra non ci ha dato

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Quando mancano ancora 5 mesi abbondanti alla fine dell’anno gli esseri umani hanno già consumato tutte le risorse che la Terra riesce a generare in un anno. Il consumo di risorse riprende a galoppare segnando un nuovo record dopo lo stop dello scorso anno (quando l’overshoot era giunto il 22 agosto a causa del lockdown). Il 1970 fu il primo anno in cui consumammo più risorse di quelle concesse, terminandole il 29 dicembre, poi un costante e rapido peggioramento. E se fosse per i paesi occidentali tutto andrebbe decisamente peggio. L’Italia, ad esempio, ha terminato le risorse che il suo suolo può generare già il 13 maggio scorso e da allora è in debito con la Terra per l’alimentazione (frutta, verdura, carne, pesce, acqua), l’energia (legna, combustibili) e altri prodotti.

Plastica da rifiuto a risorsa: dei batteri possono trasformarla in vanillina

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Tantissimi scienziati di tutto il mondo sono alla perenne ricerca di metodi di riciclaggio innovativi per la plastica. Uno dei più recenti viene dall’Università di Edimburgo dove, un gruppo d ricercatori, è riuscito a trasformare la plastica in vanillina, grazie all’utilizzo di batteri geneticamente modificati. La vanillina è una sostanza ampiamente utilizzata dalle industrie alimentari e cosmetiche, ma anche una sostanza chimica sfusa che viene impiegata nella produzione di prodotti farmaceutici e per uso domestico. Dato che la vaniglia è molto richiesta e anche molto costosa, da tempo vengono prodotti aromi artificiali la cui base di partenza sono derivati del petrolio, proprio come la plastica delle bottigliette.

La plastica più diffusa e utilizzata è il polietilene tereftalato – comunemente noto come PET e impiegato nella produzione di bottiglie – il quale, si è scoperto, può essere decomposto da alcuni microrganismi, come quelli presenti nello stomaco delle muccheGli scienziati, infatti, hanno modificato geneticamente l’Escherichia Coli per far sì che trasformasse l’acido tereftalico, unità di base del polietilene tereftalato, in vanillina. Hanno quindi preso una bottiglia in plastica, l’hanno trattata chimicamente e poi sottoposta al metabolismo dei batteri, riuscendo ad ottenere una conversione al 79%. Un risultato significativo che fa sperare di poter presto trasformare i rifiuti plastici – nocivi per il nostro pianeta – in un bene di largo consumo. A tal proposito, gli esperti hanno affermato non solo che l’aroma ottenuto sia adatto al consumo umano e che provvederanno ad effettuare ulteriori test per certificarlo, ma anche l’intenzione di modificare ulteriormente i batteri per aumentare il tasso di conversione.

[di Eugenia Greco]

L’Ecuador abbandona Julian Assange al suo destino

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Piove sempre sul bagnato, almeno per Julian Assange. L’Ecuador ha infatti deciso di prendere le distanze dall’editore australiano, revocandogli la cittadinanza con quelle che il suo avvocato, Carlos Poveda, reputa delle scappatoie prive di legittimità.

La naturalizzazione ecuadoregna di Assange è stata ufficialmente annullata poiché, stando a quanto sostiene l’Amministrazione del Paese sudamericano, i carteggi relativi conterrebbero incongruenze, firme differenti, possibili falsi e, persino, alcuni difetti nel versamento degli oneri burocratici.

Elementi che sono stati discussi in tribunale senza che l’accusato potesse dire la sua, visto che l’attivista fondatore di WikiLeaks è attualmente detenuto nel carcere londinese di massima sicurezza di Belmarsh in relazione alla fuga di informazioni che nel 2010 aveva esposto crudamente alcuni degli abusi e dei misfatti perpetrati dal Governo statunitense.

Facile intuire che Guillermo Lasso, Capo di Stato dell’Ecuador insediatosi appena lo scorso maggio, stia cercando di smarcarsi da Assange, una zavorra diplomatica ereditata dal predecessore che potrebbe causare non poche noie politiche, visto che gli USA stanno facendo di tutto per assicurarsi di mettere personalmente le mani sull’uomo.

Assange si era avvicinato a Quito nel 2012 quando, ricercato dalla Svezia a causa di alcune accuse di stupro, aveva deciso di rifugiarsi proprio nell’ambasciata londinese dell’Ecuador, nel disperato tentativo di evitare un’estradizione che, accusa l’attivista, sarebbe stata orchestrata al fine di consegnarlo al potente alleato d’oltreoceano.

Il governo ecuadoregno aveva preso in considerazione di garantirgli l’immunità diplomatica, ma nel mentre i giudici svedesi hanno lasciato cadere il caso e i rapporti tra il fondatore di WikiLeaks e l’ambasciata si sono incrinati pesantemente, con il risultato che nel 2019 l’uomo è stato letteralmente buttato fuori e consegnato di fatto alle Forze di polizia britanniche.

Allora la sua cittadinanza era stata solamente sospesa, ma il nuovo Governo ha infine deciso di recidere definitivamente ogni legame con Assange, personaggio che sta sempre più divenendo il fulcro di scomodissime tensioni internazionali.

[di Walter Ferri]

I Canadair italiani sono in mano a un monopolio

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canadair

La Sardegna è in fiamme. I media generalisti stanno rimbalzando le immagini “mematiche” di cani pastore ustionati dal fuoco, altrove si discute di come la Regione, ma anche l’Italia intera, si stia dimostrando impreparata a gestire un’emergenza cronica che nel prossimo futuro potrebbe progressivamente intensificarsi.
Inadeguato, il Bel Paese ha infatti dovuto chiedere all’Europa una mano per gestire gli incendi, con Francia e Grecia che hanno provveduto a inviare una manciata di Canadair per assistere la flotta aerea italiana. La cosa ha scatenato polemiche, con testate quali Il Manifesto che ...

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Iraq: abbattuto elicottero militare, morti 5 soldati

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Un elicottero militare iracheno è precipitato nella giornata di oggi a nord di Baghdad causando la morte di cinque soldati, i quali si trovavano a bordo dello stesso. In base a quanto reso noto da una fonte della sicurezza irachena, però, il velivolo è stato abbattuto: nello specifico, esso è stato colpito da razzi lanciati da terra. L’elicottero era impegnato in una missione iniziata due giorni fa a sud della provincia di Kirkuk: si tratta dello stesso territorio in cui le truppe irachene in passato hanno effettuato diverse operazioni contro cellule dell’Isis.

Pfizer rivede le stime sui profitti al rialzo: 33,5 miliardi dai vaccini anti-Covid

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Pfizer, la nota azienda farmaceutica statunitense, ha rivisto al rialzo le stime dei ricavi per il 2021 derivanti dalla vendita dei vaccini anti-Covid: lo si apprende da un comunicato della società che riporta i risultati finanziari del secondo trimestre di quest’anno. Nello specifico, le entrate da vaccino attualmente previste per il 2021 sono pari a 33,5 miliardi di dollari, mentre in precedenza la cifra stimata corrispondeva a 26 miliardi. Ciò, si legge nel comunicato, è una conseguenza dei «2,1 miliardi di dosi che dovrebbero essere consegnate quest’anno». Inoltre, Pfizer si attende ricavi compresi tra 78 ed 80 miliardi di dollari per l’intero anno, ovvero tra i 3,95 e i 4,05 dollari per azione.

Detto ciò, nel secondo trimestre Pfizer ha registrato profitti e ricavi superiori rispetto a quelli previsti, con un utile netto pari a 5,56 miliardi di dollari, ossia a 98 centesimi per azione. In più, l’azienda statunitense ha registrato 19 miliardi di entrate. Esse «riflettono una crescita operativa dell’86%», tuttavia «escludendo il vaccino anti-Covid, i ricavi sono cresciuti del 10% a livello operativo: 11,1 miliardi di dollari».

Tali risultati sono stati commentati dal Albert Bourla, Presidente e Amministratore Delegato dell’azienda statunitense, il quale ha dichiarato:« Il secondo trimestre è stato notevole sotto diversi aspetti. In tal senso, la velocità e l’efficienza dei nostri sforzi con BioNTech per aiutare a vaccinare il mondo contro il Covid sono state senza precedenti, con ora più di un miliardo di dosi somministrate a livello globale». Inoltre ha aggiunto:« Guardando al futuro, rimaniamo molto fiduciosi nella nostra capacità di raggiungere un tasso di crescita annuo  pari almeno al 6% fino al 2025». Ma di questa forte speranza non c’è da meravigliarsi dato che, come dichiarato da Frank D’Amelio, direttore finanziario nonché vicepresidente esecutivo di Pfizer per la fornitura a livello globale, il Covid rappresenta una grande occasione per fare business. Secondo quest’ultimo, infatti, col tempo si passerà da una situazione pandemica ad una situazione endemica e le normali condizioni di mercato inizieranno a manifestarsi, il che costituisce «un’opportunità significativa per il nostro vaccino dal punto di vista della domanda e dal punto di vista dei prezzi».

Ad ogni modo, Pfizer non è di certo l’unica azienda farmaceutica ad aver registrato risultati positivi nel secondo trimestre. Infatti anche AstraZeneca, la multinazionale biofarmaceutica anglo-svedese, ha pubblicato una nota da cui si apprende che nel primo semestre vi è stato un aumento dei ricavi del 23% mentre nel solo secondo trimestre del 31%. Ed escludendo il contributo derivante dal siero anti Covid, il fatturato è aumentato del 14% nel semestre e del 17% nel trimestre.

[di Raffaele De Luca]

Cosa sta succedendo in Tunisia: rinnovamento democratico o colpo di stato?

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La sera di domenica 25 luglio, il presidente tunisino Kais Saied ha sospeso i lavori del parlamento e licenziato il primo ministro Mechichi, dichiarando l’intenzione di assumerne uno nuovo di sua scelta. La mossa è stata percepita dall’opposizione come un colpo di stato, mirato a colpire una democrazia ancora giovane e fragile, e ha scatenato una serie di proteste. Sostenitori e oppositori del presidente si sono scontrati nei pressi del parlamento in quella che sembrerebbe la più grave crisi politica che la Tunisia abbia attraversato dalla rivoluzione del 2011.

Kais Saied, presidente dal 2019, è una figura popolare in Tunisia: è conosciuto come colui che non spese nulla in campagna elettorale, indipendente e quindi simbolo di integrità. Molto presto ha iniziato a manifestare il desiderio di rinnovare la costituzione tunisina, lamentando gli scarsi poteri del presidente, che ha influenza in maniera diretta solo sugli affari esteri e la difesa, dovendo invece sottostare al parlamento in quanto alle ordinarie questioni amministrative. Con un vastissimo appoggio popolare, alimentato dall’insofferenza verso il governo, Saied si è autonominato capo dell’esecutivo, sciogliendo il parlamento e radunandovi intorno l’esercito per impedire l’ingresso. Il gesto è stato accolto con entusiamo dai sostenitori, che sono scesi in piazza ad esprimere il loro sostegno.

Ad opporsi molto vocalmente alla mossa e a gridare al colpo di stato è stato invece Rachid Ghannouchi, presidente del parlamento e leader del partito islamico moderato Ennahda, il quale ha invitato i cittadini tunisini a protestare e a richiedere la restaurazione dell’ordine democratico. Nonostante Saied si sia giustificato facendo appello all’articolo 80 della costituzione tunisina, secondo cui il parlamento può essere congelato, in casi di emergenza, per un periodo di massimo 30 giorni, Ghannouchi ha dipinto il gesto come una svolta autoritaria. Anche la Turchia ha espresso dissenso, probabilmente per i suoi legami con il partito islamista di Ghannouchi.

La Tunisia è stato l’unico paese ad aver costruito una democrazia relativamente stabile in seguito alla Primavera araba. Da diversi anni, però, si trova in una crisi politica sempre più impellente: il parlamento è estremamente frammentato (nessun partito ha più del 25% dei voti) e le tensioni tra i partiti sono molto forti. A tutto ciò si aggiunge il fatto che l’economia è stagnante e che la pandemia ha colpito duramente, facendo della Tunisia uno dei paesi con il tasso di mortalità da covid più alto del continente.

Non è ancora chiaro se le decisioni prese dal presidente siano dettate dalla volontà di approfittare dell’emergenza per accentrare i poteri nelle proprie mani o se si tratti di un genuino tentativo di migliorare il funzionamento della democrazia del paese. Sicuramente la decisione di Saied di imporre il coprifuoco, anticipare le elezioni e chiudere la sede tunisina di Al-Jazeera, vicina ai partiti islamici, sono eventi a cui guardare con una sana dose di sospetto.

[di Anita Ishaq]

Tunisia: presidente Kais Saied licenzia direttore televisione pubblica

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Il presidente tunisino Kaies Saied ha licenziato il direttore della televisione pubblica nazionale, Mohamed Lassaad Dahech, ed ha assegnato il suo posto al giornalista Awatef Dali. Tale scelta, resa nota tramite un comunicato della presidenza, è stata presa poiché ad un attivista dei diritti umani e ad una rappresentante del sindacato dei giornalisti, che erano state invitate ad una trasmissione, è stato impedito l’accesso alla sede dell’emittente. Si tratta dell’ennesimo licenziamento stabilito da Saied, che da domenica è anche a capo dell’esecutivo: in quel giorno, infatti, ha licenziato il primo ministro, Hichem Mechichi, ed ha sospeso il Parlamento.