lunedì 17 Novembre 2025
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Al porto di Trieste il “governo dei migliori” mostra il suo volto

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Lacrimogeni, idranti, cariche e manganelli: questo il modo in cui questa mattina il potere pubblico ha scelto di liquidare il presidio contro l’obbligo di green pass in atto da venerdì al porto di Trieste. Oltre tre ore di assedio contro lavoratori e cittadini che si sono limitati a cercare di resistere passivamente, sedendosi e tenendosi per mano di fronte all’avanzata delle forze dell’ordine in tenuta antisommossa. Nessun atto di reazione violenta, nonostante questo la brutalità della repressione è progressivamente cresciuta fino a raggiungere l’obiettivo.

Quanto accaduto questa mattina non riguarda tanto il tema del green pass, ma delle garanzie democratiche per tutti in un Paese dove l’abituarsi ai governi tecnici sembra stia aprendo le porte alla tecnocrazia, intesa come forma di esercizio del potere che non tollera nessun dissenso usando contro di esso ogni arma, dalla delegittimazione sui media fino alla repressione più feroce. Il “governo dei migliori” procede come un carrarmato nel proseguimento degli scopi, inclusa l’introduzione del regolamento sul green pass più severo d’Europa, spazzando via ogni forma di opposizione sociale possa frapporsi tra i suoi ingranaggi.

Bene precisare che il presidio dei portuali non aveva compromesso il regolare svolgimento delle attività lavorative. Gli operai avevano scelto di non cercare di bloccare l’attività, garantendo il passaggio alle merci, ai camion ed ai portuali che intendevano non aderire alla protesta e continuare a lavorare. Quello dei manifestanti era quindi semplicemente un presidio, volto a dar voce a chi fosse contrario alle politiche messe in atto dal Governo.

Contro questa espressione pacifica di dissenso questa mattina si è alzata la violenza repressiva dello stato. Il Governo tecnocratico, che punta all’efficienza dei suoi meccanismi, prosegue dritto per la propria strada, non tollerando intoppi né disservizi, gli oppositori sono letteralmente spazzati via a colpi di idrante. Non vi è accenno nemmeno all’apertura di un dialogo: la voce di chi si oppone (migliaia nel porto di Trieste) è silenziata a forza di botte. Un modo di procedere che dovrebbe provocare la pronta e ferma protesta di tutti (a prescindere da come la vedano sul tema green pass) e a cominciare da quei giornali, partiti e sindacati che in questi giorni si sono sollevati contro “tutti i fascismi”.

Nel frattempo i manifestanti a Trieste non si arrendono, dopo essere stati dispersi, sono riusciti a improvvisare un corteo che si è diretto verso il centro di Trieste. Ma la polizia non è rimasta a guardare nemmeno in questo caso: i poliziotti hanno cercato di disperdere i manifestanti all’interno della città e un video mostra come i lacrimogeni siano finiti addirittura all’interno del cortile di una scuola media. I dimostranti sono comunque riusciti a ritrovarsi in piazza Unità d’Italia, di fronte all’edificio del Comune, dove prosegue la protesta. La piazza al momento è strapiena, con migliaia di cittadini accorsi per unirsi alla voce dei portuali.

 

Migranti: naufraga imbarcazione in Tunisia, 4 morti e 19 dispersi

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Il bilancio attuale del naufragio di un’imbarcazione con a bordo almeno 30 migranti, verificatosi nella giornata di ieri al largo di Mahdia, in Tunisia, è di 4 morti, mentre altre 19 persone risultano disperse. Sette migranti, invece, sono stati tratti in salvo: a riportarlo è l’agenzia di stampa Ansa, che cita le parole di Farid Ben Jha, portavoce del tribunale di Mahdia e Monastir. Quest’ultimo ha sottolineato che i migranti sono in gran parte giovani ed ha inoltre aggiunto che quattro persone sono state arrestate per aver preso parte all’organizzazione della traversata.

Corsa agli armamenti: la Cina stupisce gli Usa con un nuovo missile ipersonico

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A fine agosto la Cina ha testato un veicolo ipersonico capace grazie ai razzi Long March di circumnavigare il pianeta. Lo ha fatto mantenendo un basso profilo, tuttavia la cosa è stata adeguatamente seguita dal Pentagono, il quale si è trovato improvvisamente a dover riconoscere una disarmante realtà: i suoi avversari sono ben armati. Stando a cinque agenti dell’Intelligence americana consultati dal Financial Times l’evento avrebbe infatti stupito, se non addirittura scioccato, i militari statunitensi, con i generali a stelle e strisce che non si sarebbero mai aspettati che Beijing potesse essere già in grado di realizzare simili prodezze tecnologiche.

Per comprendere appieno lo stupore del Pentagono è opportuno chiarire un fattore rilevante: il mezzo in questione non è solamente dotato di una gittata notevole, ma è anche caratterizzato dalla capacità di caricare testate nucleari ed è particolarmente difficile da intercettare. Lo strumento ipersonico messo in mostra è stato peraltro in grado di raggiungere il proprio obiettivo dopo aver circumnavigato l’intero globo e lo ha fatto sfruttando un sistema che, diversamente dai normali missili balistici, è particolarmente insidioso da prevedere perché non segue una tradizionale traiettoria parabolica.

Pare che il mezzo non si sia dimostrato particolarmente preciso – si parla di un errore di circa 30 o 40km -, tuttavia gli USA ritenevano che gli omologhi orientali non fossero ancora in grado di avvicinarsi a un simile risultato. I razzi ipersonici possono essere manovrati agilmente, cosa che di fatto rende inaffidabili gli attuali sistemi di difesa antimissilistica, inoltre la loro gittata mondiale permetterebbe alla Cina di colpire virtualmente da qualsiasi direzione, infiltrandosi attraverso le aree meno protette.

Detto questo, la situazione è meno disperata di quanto potrebbe sembrare, se non altro perché risulta altamente improbabile che Beijing abbia intenzione di sferrare un attacco. Anzi, il Ministro degli Esteri cinese Zhao Lijian ha prontamente assicurato che il test in questione sia legato all’esplorazione di moduli spaziali riciclabili e non a esercitazioni belliche.

Come abbiamo imparato nei lunghi anni della Guerra Fredda, però, il confine tecnologico tra missioni spaziali e lanci missilistici è estremamente sottile, pertanto è lecito pensare che l’intenzione cinese sia comunque quella di tenere in scacco l’hubris militarista di Washington. Gli USA stanno infatti già sviluppando da tempo degli strumenti ipersonici del tutto affini a quelli esibiti recentemente da Beijing, quindi a scioccare l’Occidente non è tanto lo sviluppo di un’ennesima arma di distruzione di massa, quanto il fatto che questa non sia esclusiva agli statunitensi.

[di Walter Ferri]

 

Haiti, gruppo armato rapisce 17 missionari stranieri

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La polizia di Haiti riferisce che il 16 ottobre il gruppo armato 400 Mawozo ha sequestrato 17 persone. Si tratta di missionari cristiani statunitensi e un canadese dell’associazione Christian Aid Ministers, che si trovavano sul luogo con le famiglie: tra gli ostaggi vi sono 5 bambini, il più piccolo ha 2 anni. I fatti si sono svolti a Ganthier, nella zona a est della capitale: il gruppo si trovava a bordo di un autobus quando è avvenuto l’attacco. Dopo l’assassinio del presidente Jovenel Moise, avvenuto il 7 luglio, ad Haiti vi è stata un’impennata nei rapimenti, alcuni dei quali già attributi alla banda 400 Mawozo.

La città di Firenze firma un trattato di alleanza con i nativi del Nord America

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I discendenti di Toro Seduto e Cavallo Pazzo, i cui veri nomi erano Bisonte che si siede e Il suo cavallo è pazzo, hanno fatto visita in Italia, tra tradizioni, cultura, spiritualità ma anche politica e relazioni internazionali. Una delegazione del popolo Lakota, i famosi guerrieri delle praterie che abbiamo conosciuto nei film ed erroneamente conosciuto come Sioux, ha passato una settimana nel nostro Paese, più precisamente a Firenze. Grazie al lavoro svolto dalla’Associazione Wambli Gleska (Aquila Chiazzata), ufficialmente riconosciuta dal Consiglio Tribale Sicangu e Oglala – rispettivamente di Rosebud e Pine Ridge, Sud Dakota, USA – come loro rappresentante in Italia e Europa, ha preso corpo l’evento Wolakota 2021.  Un mese di eventi, dal 4 al 28 ottobre, per sugellare l’amicizia toscana e italiana con il popolo Lakota, tra lo storico Palazzo Medici-Riccardi, sede della mostra antropologico-etnografica, e il Grand Hotel Mediterraneo in cui sono state svolte, e si svolgono, conferenze e seminari.

I giorni clou dell’evento sono stati il 4 e il 10 ottobre. Nel primo caso, in occasione della cerimonia di aperura, presso Palazzo Medici Riccardi, sono stati firmati accordi e trattati internazionali di amicizia, riconoscimento e collaborazione tra le tribù della Nazione Lakota, la Città di Firenze, il Comune di Berceto (Parma) e l’UNESCO. Presente anche Ragini Gupta, Console Generale presso il Consolato degli Stati Uniti d’America a Firenze, la quale, sebbene non previsto dal protocollo, ha deciso di sottoscrivere gli accordi intrapresi.

In data 10 Ottobre è stata ufficialmente istituita la Giornata del Ricordo, in memoria e onore di tutte le vittime del genocidio dei popoli che abitavano l’Isola della Tartaruga (come da loro chiamato il Centro-Nord America). Per l’occasione, decine di cavalieri appartenenti alla parte Guelfa di Firenze hanno scortato la delegazione Lakota in una storica cavalcata che ha portato alla cerimonia istitutiva avvenuta in Piazza della Signoria, davanti alle cariche politiche e religiose della città.

 

Durante i vari cerimoniali, seminari e conferenze previsti al Wolakota 2021 si è parlato della traumatica storia che ha riguardato i popoli che abitavano il continente prima dell’arrivo dei colonizzatori europei, delle violenze perpetrate sui loro corpi e le loro menti e di come questo abbia colpito i lori spiriti. I componenti della delegazione, accompagnati da Alessandro Martire, Presidente di Wambli Gleska e Rappresentate delle tribù Sicangu e Oglala presso l’Alto Commissariato dei Diritti Umani delle Nazioni Unite, sono stati: Moses Brings Plenty, discendente diretto di Brings Plenty – guerriero Oglala Lakota che ha combattuto nella famosa battaglia di Little Big Horn del 1876, leader spirituale, attore e attivista, insieme alla compagna Sara Ann Haney-Brings Plenty, della Nazione Cheyenne; Marla e Charles Bull Bear, del Lakota Youth Developement; Wayne Weston, docente del Lakota Youth Develpoment; Roy Yellow Howk, delegato del Presidente del Consiglio Tribale di Rosebud.

Tra le varie cose, Brings Plenty ha condannato l’isterica ipocrisia di chi, nell’impeto del politically correct,  adesso chiama nativo-americani chi fino a poco tempo fa chiamava Indiani d’America, nel tentativo imbonitorio dell’apparenza del cambiamento in assenza di cambiamento. La delegazione ha più volte parlato della sistematica violazione dei diritti umani che queste popolazioni continuano a subire ancora oggi, dell’iniquità, del razzismo, della povertà e dal degrado sociale ed ecologico cui queste persone senza identità sono sottoposte. La delegazione ha quindi parlato anche di spiritualità, di tradizioni e cultura. Marla Bull Bear, direttrice del Lakota Youth Developement, ha raccontato le terribili sofferenze delle giovani generazioni, senza una precisa identità, a cui non è permesso di essere indiani ma nemmeno di essere americani. Bull Bear ha parlato delle difficoltà dei più giovani e quali sono i progetti rivolti a loro che permettono di recuperare la propria storia, cultura, tradizioni e soprattutto quella spiritualità ormai persa o in decadenza.

[di Michele Manfrin]

Trieste, tentativo di sgombero del presidio al Porto (aggiornamenti in diretta)

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[Protesta dei portuali di Trieste al Molo 17]

La polizia sta usando gli idranti per disperdere i manifestanti radunati nel porto di Trieste (qui le immagini e qui la diretta). I manifestanti si trovano davanti al Varco 4 e stanno protestando da diversi giorni contro la misura di obbligo del green pass obbligatorio a partire dal 15 ottobre.

I mezzi della polizia sono giunti di fronte al Varco 4 ed hanno aperto gli idranti contro i manifestanti, che stanno manifestando pacificamente. I poliziotti si sono mostrati in tenuta antisommossa, e i manifestanti, seduti per terra e in piedi, hanno risposto con cori come “la gente come noi non molla mai”. Dai video si vede la folla non reagire e un manifestante chiedersi “ma chi sta provocando?”.

Aggiornamento 9.57: I poliziotti usano gli idranti per disperdere la folla, ci sono i primi scontri tra poliziotti e manifestanti. I poliziotti avanzano poi lentamente, in tenuta antisommossa. I manifestanti rispondono con cori come “pace, amore e libertà” e “la gente come noi non molla mai”.

Aggiornamento 10.10: secondo quanto riportato dall’Agi, un dirigente delle Forze dell’Ordine avrebbe confermato il fermo di alcuni manifestanti dopo gli scontri con la polizia.

Aggiornamento 10.34: le Forze dell’Ordine continuano ad avanzare lentamente, costringendo i manifestanti ad indietreggiare. Molti manifestanti siedono in terra tenendosi per mano, molti di loro in lacrime. Altri rimangono in piedi con le braccia sollevate. I poliziotti chiedono a tutti di spostarsi nel parcheggio: in caso contrario, sembra che le Forze dell’Ordine avrebbero riferito che passeranno alla carica. Vengono nuovamente messi in funzione gli idranti contro la folla.

Aggiornamento 10.40: le Forze dell’Ordine avanzano contro i manifestanti. Un manifestante ha un malore e si accascia a terra.

Aggiornamento 10.58: le Forze dell’Ordine continuano con l’uso degli idranti, e lanciano gas lacrimogeni sulla folla. Parte poi la carica contro i manifestanti. Il Varco 4 viene sgomberato.

Aggiornamento 11.19: la polizia continua ad avanzare contro il muro di manifestanti, costringendoli ad indietreggiare sul Passeggio di Sant’Andrea. Continua il lancio di lacrimogeni, sul posto interviene anche un’ambulanza.

I manifestanti, dopo essersi dispersi in seguito alle cariche della polizia, hanno improvvisato un corteo e si sono diretti verso il centro di Trieste. Qui si sono fermati di fronte al Comune, protestando contro le violenze della polizia avvenute poco prima, intonando ancora lo slogan “La gente come noi non molla mai”.

Birmania, oltre 5000 detenuti rilasciati

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La giunta birmana rilascerà 5636 detenuti che erano stati incarcerati per aver protestato contro il colpo di stato che, a febbraio, aveva deposto il governo civile. La decisione è giunta dopo che L’Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico (ASEAN) ha deciso di escludere l’attuale primo ministro birmano Min Aung Hlaing da un summit che si terrà dal 26 al 28 ottobre. Il governo di Min Aung Hlaing giustificò il colpo di stato accusando il partito di Aung San Suu Kyi di brogli elettorali (mai dimostrati). Nelle carceri birmane sono rinchiusi ancora 7300 prigionieri politici tra i quali il giornalista statunitense Danny Foster.

64 anni fa nasceva Cosa Nostra: una storia “troppo” italiana

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Esattamente 64 anni fa veniva alla luce Cosa Nostra palermitana, la più famosa e potente organizzazione mafiosa del 20’ secolo, ancora oggi in piena attività. Una creatura che ha attraversato la storia repubblicana, evolvendosi e trasformandosi dal punto di vista strutturale, politico, economico e strategico. La cornice della sua fondazione è costituita da una serie di incontri, avvenuti tra il 12 e il 16 ottobre 1957 all’hotel delle Palme di Palermo, fra uomini d’onore di alto calibro provenienti dagli Stati Uniti d’America, tra cui Lucky Luciano, Frank Carrol e Joseph Bonanno, ed i mafiosi c...

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Indonesia: 11 ragazzi annegano durante gita scolastica

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In Indonesia, undici studenti di una scuola media sono annegati nelle acque del fiume Cileueur, situato nella provincia di Giava Occidentale. Lo riportano alcuni media locali, i quali precisano che 150 studenti stavano partecipando alla bonifica del fiume e che ad un certo punto 21 di loro, per motivi ancora non totalmente chiari, sono caduti in acqua. Di questi ultimi, 11 hanno appunto perso la vita, mentre altri 10 sono stati tratti in salvo dai soccorritori. Le autorità, inoltre, hanno fatto sapere che nessuno di loro indossava dispositivi salvagente.

Yemen, una petroliera abbandonata è a rischio sversamento

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Nel mar Rosso, non lontano dalle coste dello Yemen, c’è una petroliera abbandonata dal 2015. Contiene 1,1 milioni di barili di greggio e si sta progressivamente corrodendo. Se lo sversamento dovesse avvenire, l’85% della pesca yemenita sarebbe a rischio, così come il commercio a causa dell’inevitabile chiusura dei porti. Inoltre, circa 10 milioni di persone potrebbero trovarsi senza acqua potabile. A lanciare l’allarme, uno studio pubblicato su Nature Sustainability. La petroliera in questione ha anche un nome: Safer. Esattamente, si trova a poco meno di 9 km dalla costa yemenita ed è lì, oltre a tenerci sulle spine, anche per ricordare quello che è stato definito uno dei peggior disastri umanitari della storia. La nave cisterna, infatti, è lasciata a se stessa nel Mar Rosso proprio come diretta conseguenza della Guerra Civile yemenita del 2015.

La possibilità di una fuoriuscita è sempre più probabile. La Safer, visibilmente in rovina – avvertono i ricercatori – è a scafo singolo, il che significa che anche una singola rottura causerà lo sversamento del combustibile direttamente in mare. Gli scienziati hanno quindi simulato come potrebbe evolvere un’eventuale fuoriuscita, nonché i suoi possibili impatti. Premesso che lo Yemen importa tra il 90 e il 97% del suo carburante e il 90% delle sue scorte di cibo, in primo luogo, la vicinanza delle petroliera ai principali porti di Hudaydah e Salif comprometterebbe il 68% degli aiuti umanitari destinati al paese. Se il greggio dovesse sversarsi, infatti, sarebbe inevitabile la loro chiusura. Pertanto, l’ingresso di rifornimenti verrebbe gravemente limitato. La fuoriuscita prevista, inoltre, minaccia anche l’approvvigionamento di acqua potabile. Il petrolio potrebbe infatti contaminare gli impianti di desalinizzazione allineati lungo la costa a nord della Safer, interrompendo così la fornitura di acqua all’intera regione.

Ma anche la pesca yemenita, da cui dipendono oltre 1,7 milioni di persone, sarebbe a rischio. Il settore ittico, fino a prima dell’inizio del conflitto, era la seconda maggiore esportazione dello Yemen. Ed ancora oggi, per un paese sull’orlo della carestia, continua a rappresentare una fonte di reddito e sicurezza alimentare. Inoltre, l’inquinamento che ne deriverebbe, minaccerebbe l’ecosistema marino, oltreché la salute pubblica. Gli sversamenti di petrolio, direttamente e indirettamente, causano infatti una serie di complicazioni, variabili dai sintomi psichiatrici a quelli respiratori. Un ulteriore fattore aggravante, in particolare, considerando le risorse insufficiente del sistema sanitario yemenita. Inutile dire poi che tale sempre più probabile fuoriuscita causerebbe un vero e proprio disastro ecologico. Già nel 2020, un altro gruppo di ricerca, aveva sottolineato come lo sversamento della Safer, se si verificasse, riverserebbe 4 volte più greggio della petroliera Exxon Valdez. Ovvero, più di quanto accaduto nel peggior disastro ambientale legato a perdite di petrolio. In questo caso a preoccupare, in particolare, è la vulnerabilità cui sono esposte le barriere coralline del Mar Rosso settentrionale e del Golfo di Aqaba: tra gli ultimi ecosistemi di questo tipo che potrebbero prosperare oltre la metà del secolo. Per scongiurare il peggio urge un coordinamento globale ma, come al solito, la politica internazionale sembra fare orecchie da mercante.

[di Simone Valeri]