domenica 21 Settembre 2025
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Filippine, il figlio del dittatore Marcos si candida alla presidenza

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Ferdinand Marcos Jr, figlio dell’ultimo dittatore filippino, ha comunicato la sua candidatura alla presidenza dopo l’annuncio del ritiro di Duterte al termine del mandato. La mossa di Marcos Jr. è audace, dal momento che il Paese si sta ancora riprendendo dalle conseguenze della dittatura del padre negli anni ’70. La sua famiglia sta da molto tempo cercando di ricostruire la propria immagine e nega le violazioni dei diritti umani e gli abusi commessi durante la dittatura. Il gruppo per la difesa dei diritti umani Karapatan ha scritto che Marcos Jr. “sta sputando su centinaia di assassinati, arrestati illegalmente e detenuti, torturati, stuprati e fatti sparire con la forza durante la dittatura”.

Concorsi universitari truccati: indagato il virologo Massimo Galli

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Il virologo e ormai volto noto della tivù Massimo Galli è indagato per turbativa d’asta e falso ideologico dalla Procura di Milano. La star della narrazione pandemica si sarebbe reso protagonista del più tipico dei reati che vedono spesso finire alla ribalta i “baroni” delle Università italiane: assieme a 23 colleghi avrebbe favorito alcuni candidati per l’assegnazione di posti di professore di ruolo all’Università degli Studi di Milano, penalizzandone altri non graditi. I fatti contestati si riferiscono ai concorsi universitari di Medicina ritenuti truccati all’Università degli Studi di Milano nel 2020.

Secondo quanto appreso in ambienti investigativi e riportato dal Corriere della Sera: “L’ipotesi di reato mossa al primario dell’ospedale Sacco è che, nella veste di presidente della commissione giudicatrice della selezione bandita nel giugno 2019 per un posto di professore di ruolo di seconda fascia all’Università Statale in malattie cutanee, infettive e dell’apparato digerente nel Dipartimento di scienze biomediche e cliniche dell’ospedale Sacco, avrebbe condizionato l’intera procedura allo scopo di penalizzare un candidato (Massimo Puoti, direttore di struttura complessa di malattie infettive dell’ospedale Niguarda di Milano) attraverso criteri di valutazione dei punteggi che nel febbraio 2020 favorissero invece il candidato poi risultato vincente, Agostino Riva, legato a Galli da stima professionale e fiducia personale”.

A Galli viene contestato un secondo episodio analogo: nel giugno 2020, durante la procedura di selezione per assumere quattro dirigenti biologi da assegnare all’Unità malattia infettive del Sacco, avrebbe concordato con il direttore generale dell’Azienda sociosanitaria territoriale Fatebenefratelli-Sacco, Alessandro Visconti, la preparazione di un avviso pubblico ritagliato sulle caratteristiche di due candidate che intendeva a favorire (di cui una poi vincente).

L’altra accusa che pende sul capo del virologo è quello di turbativa d’asta: l’imputazione in questione si riferisce a un concorso per un posto come professore di ruolo di prima fascia in Igiene generale e applicata sempre alla Statale di Milano, bandito nell’aprile 2020 e vinto da Gianguglielmo Zehender. In questo caso Galli avrebbe “ritagliato il profilo del concorso sul ritratto di Zehender” per farlo vincere.

L’impero di Facebook è andato in cortocircuito, e non sarà l’ultima volta

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Lunedì 4 ottobre 2021 le app e le pagine web sotto all’ombrello di Facebook Inc. sono risultate irraggiungibili per almeno sei ore. Niente Facebook, niente WhatsApp, niente Instagram, niente Messenger e niente OculusVR. Un evento che ha del cataclismatico, tenendo conto che viviamo in un’era in cui i social rappresentano il nucleo delle interazioni, del marketing e del commercio. Un evento tanto straniante che alcuni hanno teorizzato sin da subito l’intervento invasivo di hacker dalla deriva anarchica, ma che sembra spiegarsi in tecnicismi tutt’altro che accattivanti.

In coda alla crisi, Facebook Inc. ha infatti pubblicato sul suo blog una dichiarazione con cui ha chiesto scusa ai suoi utenti, assicurando che i tecnici stiano lavorando per riportare a pieno regime il sistema e spiegando che le cause del disservizio sarebbero legate a una non meglio specificata «variazione di configurazione» dei router. L’azienda assicura inoltre che nessun dato sia stato compromesso.

Non è chiaro quali siano state le modifiche scatenanti, tuttavia il traffico tra i vari centri dati è stato temporaneamente annichilito, dettaglio che ha portato alcuni analisti a pensare che la Big Tech stesse ricalibrando il suo Border Gateway Protocol (BGP), il protocollo di routing che ottimizza i percorsi del traffico dati, o che abbia toccato il Domain Name System (DNS), il sistema usato per assegnare i nomi ai nodi di Rete. L’intoppo ricorda comunque da vicino quanto già accaduto lo scorso 19 marzo e non è da escludere che la nostra crescente dipendenza dalla digitalizzazione ci porterà sempre più a vivere episodi di crisi affini a quello appena terminato, se non altro perché i sistemi di comunicazione tradizionali faticano a reggere il passo delle Big Tech.

L’incidente non ha comunque posto in buona luce Facebook Inc., il quale ha dovuto appoggiarsi a Twitter, social network della concorrenza, per comunicare con la propria utenza, il tutto mentre il sistema di messaggistica Telegram si è trovato a dover reggere il traffico di tutti coloro che normalmente fanno affidamento su WhatsApp e Messenger. Il risultato è stato comunque un effetto a catena che ha parzialmente sovraccaricato i canali di comunicazione internettiani, da Zoom a Gmail tutti sembrano infatti aver registrato disservizi di qualche tipo.

Passata la tempesta, molti fanno notare che il titolo in Borsa di Facebook sia immediatamente crollato del 5% e che il valore attribuito al CEO Mark Zuckerberg sia calato in un solo colpo di più di 6 miliardi di dollari. Una volatilità che, a ben vedere, non sarebbe però da attribuire tanto all’inciampo tecnico, quanto alla funesta settimana che attende l’azienda: proprio oggi Frances Haugen, ex ingegnere informatico di Facebook, porterà al Senato statunitense documenti e testimonianze che dovrebbero dimostrare la deliberata decisione della ditta digitale di peggiorare la società pur di garantirsi un ritorno economico.

[di Walter Ferri]

 

Nobel per la Fisica, è l’italiano Giorgio Parisi il vincitore

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È il fisico italiano Giorgio Parisi ad aggiudicarsi il premio Nobel per la fisica, insieme a Syukuro Manabe e Klaus Hasselmann. Il loro merito è di “aver fornito contributi rivoluzionari per la nostra comprensione dei sistemi fisici complessi”. Parisi è un fisico teorico dell’Università Sapienza di Roma e dell’Infn ed è vicepresidente dell’Accademia dei Lincei. Le sue scoperte riguardano il campo della cromodinamica quantistica e lo studio dei sistemi disordinati complessi.

Elezioni amministrative: chi ha vinto e chi ha perso, spiegato in modo imparziale

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Nel fine settimana si è votato per eleggere i sindaci in molte importanti città italiane, incluse Roma, Milano, Torino, Napoli e Bologna. In sintesi i risultati più significativi sono i seguenti: nella capitale si andrà al ballottaggio con il candidato di centro-destra Michetti in vantaggio di tre punti (30,1% contro 27%) su quello di centro-sinistra Gualtieri. Fuori dai giochi l’ex sindaca dei 5 Stelle Virginia Raggi, addirittura quarta, dietro a Carlo Calenda, con il 19,1%. Ballottaggio anche a Torino e anche qui l’amministrazione dei 5 stelle finisce senza gloria, dato il modesto 9% raccolto dalla candidata Valentina Sganga (la sindaca uscente Chiara Appendino non si è ricandidata). A giocarsi la poltrona di primo cittadino saranno il candidato di centro-sinistra Lo Russo e quello di centro-destra Damilano, con il primo in vantaggio di 5 punti percentuali. Vittorie al primo turno per il centro-sinistra invece a Milano, Napoli e Bologna. Nel capoluogo lombardo Sala è stato confermato con il 57,7%, mentre Napoli e Bologna hanno eletto con maggioranze schiaccianti i candidati Manfredi (62,9%) e Lepore (61,9%), entrambi appoggiati anche dal Movimento 5 Stelle. Si è votato anche per le regionali in Calabria, dove ha vinto come previsto il candidato di centro-destra, Roberto Occhiuto, con il 54,5%.

Questi in somma sintesi i dati, mentre sui giornali come sempre è già cominciata l’analisi del voto. Chiaramente ognuno tira acqua al proprio mulino, ma per sommi capi si è concordi nel vedere nei risultati una vittoria per il Partito Democratico che quasi ovunque ha aumentato i voti e una sconfitta per il centro-destra (soprattutto per quanto riguarda i risultati ottenuti dalla Lega di Salvini) e per i 5 Stelle che sono praticamente scomparsi, rimanendo addirittura sotto il 4% a Bologna e Milano e fermandosi sotto al 10% a Napoli, considerata una delle roccaforti del movimento.

È una lettura che in grossa parte ci può stare. Ma da par nostro facciamo notare come il vincitore assoluto delle elezioni sia in verità un altro: il partito dell’astensione. I dati sull’affluenza sono infatti disastrosi, in calo in ogni città e complessivamente i più bassi degli ultimi dieci anni. In tutti i grandi comuni sono andati a votare meno della metà degli aventi diritto. Unica eccezione la tradizionalmente partecipativa Bologna, dove ad ogni modo si è arrivati appena al 51% contro il 60% di cinque anni fa. Sulle cause ovviamente il dibattito è aperto e ogni analista propone la propria soluzione, ma il dato in sé è innegabile. Se è vero quindi che la maggioranza degli elettori recatisi alle urne ha premiato i partiti tradizionali è altrettanto innegabile che una maggioranza ancor più grande non ha ritenuto nessun partito degno di essere votato, evidentemente non trovando apprezzabili i partiti di governo né le possibili alternative presenti sulla scheda elettorale.

Tenendo a mente quanto appena detto, i risultati mostrano un altro dato innegabile: queste elezioni segnano il forte ritorno del bipolarismo tra centro-sinistra e centro-destra, in uno schema nuovamente dominante nel quale nessuna ipotesi di alternativa è riuscita a fare breccia. In tutte le città rilevanti nessun candidato che si opponesse alla dicotomia che appoggia il governo Draghi è riuscito a rompere lo schema. A Milano è stato fragoroso, anche considerate le aspettative e la discreta forza mediatica, il fallimento di Italexit di Gianluigi Paragone che ha preso la miseria di 14mila voti (il 3%). Sul fronte opposto rimangono al palo anche le alternative di sinistra: sia Potere al Popolo! (risultato migliore il 2,8% di Bologna) che il Partito Comunista di Marco Rizzo non superano le già magre attese. Unico risultato buono il 16,2% raccolto dal candidato indipendente ed ex sindaco di Napoli De Magistris alle regionali in Calabria. Vagamente significativo anche il risultato del movimento 3V in alcune città di seconda fascia come Trieste e Rimini, dove si attesta oltre il 4%. Ma pure il movimento che più ha cercato di cavalcare il movimento contro il green pass nelle gradi città rimane ben lontano dal rappresentare un’alternativa, con risultati spesso da prefisso telefonico.

Algeria, crisi diplomatica con la Francia

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L’Algeria ha imposto il divieto di sorvolo del proprio territorio agli aerei militari francesi, corridoio da questi sfruttato per raggiungere il Sahel, nel quale la Francia è impegnata militarmente. Il risentimento seguiva alcune dichiarazioni fatte da Macron, che ha accusato l’Algeria di aver “riscritto totalmente” la sua storia ufficiale alla luce dell’odio provato verso la Francia. Macron ha anche annunciato una drastica riduzione dei visti concessi ai cittadini algerini. Il portavoce del governo Gabriel Attal riferisce che tale decisione è stata presa poiché Algeria, Marocco e Tunisia “si rifiutano di riprendere i cittadini che non vogliamo o non possiamo ospitare in Francia”.

Maxi incendio a Roma nella rimessa Atac di Tor Sapienza

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Almeno trenta autobus sono stati distrutti nell’incendio che nella notte si è sviluppato nella rimessa Atac di Tor Sapienza, nella periferia est della capitale. Non si riscontrano feriti, ma la conta dei danni è salata per il comune. Stando ai primi rilievi fatti dai pompieri e dalle forze dell’ordine, l’incendio sarebbe stato innescato da un autobus guasto e si sarebbe poi esteso a diverse altre autovetture di vecchia generazione. Atac ha subito avviato un’indagine per capire le cause dell’accaduto.

Piombo, PFAS e ftalati: la moda a basso costo si paga con la salute

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Un campione di 38 capi di abbigliamento per bambini, adulti e premaman, acquistati su siti popolari quali Shein, AliexpressZaful è stato analizzato nel contesto di un’indagine del programma televisivo canadese CBC Marketplace. Il risultato: un campione ogni cinque contiene quantità di sostanze chimiche tossiche di molto superiori ai limiti consentiti per legge.

Le sostanze incriminate sono piombo, ftalati e PFAS: le quantità rilevate superano di molto i limiti consentiti dalla legislazione canadese, ma non sarebbero accettabili nemmeno per quella europea. Ciascuna di queste sostanze, se presente in grandi quantità, può causare danni anche molto gravi all’organismo umano. Ad essere colpiti sono soprattutto cervello, cuore, fegato, reni e sistema endocrino ed immunitario. I soggetti più a rischio sono le donne incinte e i bambini molto piccoli, per la loro abitudine a succhiare gli abiti che indossano.

Alcune analisi fatte nel corso dell’indagine rilevano quanto segue. Una giacca per bambini comprata sulla piattaforma Shein conteneva più di venti volte la quantità di piombo considerata non rischiosa per un bambino. Una borsa rossa, in vendita sul medesimo sito, superava la soglia limite di cinque volte. Un impermeabile da donna in vendita su Aliexpress per soli 13 dollari conteneva alti livelli di PFAS, un gruppo di sostanze chimiche usate per rendere il tessuto idrorepellente, dette forever chemicals in quanto non lavabili dal corpo e non degradabili in natura. Esposizioni ad alte quantità di PFAS possono comportare conseguenze quali alcuni tipi di cancro e il diabete. I ricercatori sostengono che queste sostanze non siano necessarie nel processo di produzione tessile e che possano facilmente essere sostituite con sostanze alternative quali la cera (idrorepellente) o prodotti chimici degradabili di nuova generazione.

Si tratta solamente di alcuni esempi di quanto emerso dall’indagine. A seguito delle segnalazioni fatte dai laboratori di analisi, le piattaforme hanno ritirato dal commercio i prodotti incriminatiShein ha comunicato via mail al programma Marketplace di aver interrotto la collaborazione con i fornitori interessati fino a che non si fosse risolta la questione.

Il fast fashion rappresenta un contesto in costante espansione. I capi venduti sono di qualità medio-bassa, ma economici e immediatamente disponibili e, grazie a tecnologie quali i big data e l’intelligenza artificiale, queste collezioni arrivano ad anticipare le tendenze stagionali (alcuni parlano già di super fast fashion). Se questo da una parte ha comportato la democratizzazione della moda, dall’altro la velocizzazione del processo produttivo può comportare una minore attenzione per i processi di controllo. Inoltre non sempre fast fashion è sinonimo di risparmio: la durata media dei capi, infatti, è molto breve, fattore cui si rapporta direttamente il prezzo. Miriam Diamond, ricercatrice dell’Università di Toronto che ha collaborato con l’inchiesta di Marketplace, afferma: “Ciò che stiamo facendo oggi è cercare divertimenti di breve durata tra articoli di abbigliamento che costano molto in termini di salute futura nostra e dell’ambiente. È un sacrificio che non vale la pena”.

Un modo per i consumatori di verificare che i marchi siano conformi ai criteri di sicurezza, in Europa, è fare riferimento ai limiti di sostanze basati su regolamenti internazionali, come l’europeo REACH.

[di Valeria Casolaro]

I “Pandora Papers” stanno facendo tremare i potenti di tutto il mondo

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Domenica 3 ottobre l’International Consortium of Investigative Journalists (ICIJ) ha reso nota l’esistenza di un dossier investigativo di portata colossale, un’indagine di stampo finanziario tanto poderosa da far impallidire anche le già imponenti rivelazioni dei Panama Papers del 2016. Si tratta dei Pandora Papers, una raccolta di 11,9 milioni di carteggi attentamente analizzati da più di 600 giornalisti provenienti da ogni angolo del globo.

Come il personaggio mitologico da cui adotta il nome, il frutto di questo sforzo giornalistico promette di “scoperchiare il vaso” delle posizioni economiche di 35 leader mondiali e di più di 300 ufficiali pubblici, rivelando l’esistenza e la portata dei loro conti off-shore, legali o illegali che siano. Stiamo parlando di traffichi monetari portati avanti a Panama, Dubai, Monaco, Svizzera, Hong Kong, le Isole Vergini e le Isole Cayman, a nome proprio o attraverso prestanomi, che mostrano senza filtri quale sia l’atteggiamento dei potenti nei confronti delle nazioni che amministrano. Stando all’ICIJ, Pakistan, Messico, Spagna, Brasile, Sri Lanka, Repubblica Ceca, Australia e Panama starebbero già reagendo alle rivelazioni promettendo repentine indagini interne.

Tra i grandi nomi finiti sotto la lente di ingrandimento compaiono il Primo Ministro ceco Andrej Babis, il Re giordano Abdullah II, la famiglia del Presidente dell’Azerbaijan Ilham Aliyev, il Presidente cipriota Nicos Anastasiades, il Presidente ucraino Volodymyr Zelenskiy, l’ex Primo Ministro inglese Tony Blair e consorte, il Presidente kenyota Uhuru Kenyatta, nonché molti soggetti estremamente vicini a Vladimir Putin.

I Pandora Papers non si concentrano esclusivamente sulle figure istituzionali, ma fanno le pulci anche a personaggi pop quali la cantante Shakira o la modella Claudia Schiffer, arrivando a toccare la criminalità organizzata citando in causa il camorrista Raffaele Amato. L’indagine non si ferma inoltre ai conti bancari, piuttosto si estende alle proprietà in senso esteso, analizzando l’acquisto di immobili, jet privati, yacht e opere d’arte di ogni tipologia e forma.

Le informazioni raccolte dal consorzio stanno venendo progressivamente metabolizzate, ma già ora si possono notare alcuni elementi che non mancheranno di alterare gli equilibri politici. In tal senso, risulta particolarmente incisiva la rivelazione che gli USA, i quali si sono fatti portavoce della transizione a un sistema finanziario globale trasparente, siano in testa alla lista dei “Tax Haven”, con il Dakota del Sud che si dimostra particolarmente clemente nell’accettare i soldi di coloro che sono accusati di riciclaggio ed evasione fiscale.

Come sempre capita in contesti simili, la pubblicazione dei Pandora Papers spinge a domandarsi se sia deontologicamente corretto pubblicare le informazioni finanziarie di coloro che, pur detenendo un conto off-shore, non si sono concretamente macchiati di crimini, ma si sono limitati a sfruttare cavilli e scappatoie concesse loro dai vari sistemi legislativi.

Un dubbio lecito, ma che rischia di depistare l’attenzione dal fatto rilevante: quei cavilli non dovrebbero esistere. Complice l’impatto della pandemia, è sempre più evidente che la distanza tra i super-ricchi e il resto del mondo sia ormai abissale, cosa che porterà forse a soppesare con maggiore attenzione i contenuti dell’indagine.

[di Walter Ferri]

 

Blackout Facebook, Instagram e Whatsapp

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Nella giornata di ieri un malfunzionamento ha reso impossibile l’utilizzo delle app Facebook, Whatsapp e Instagram. In serata si sono registrati problemi anche con Twitter, TikTok e Telegram. Dopo quasi sei ore di stop (il più lungo mai registrato), le app hanno ripreso lentamente a funzionare nella nottata. Il blackout ha avuto un imponente effetto domino, rendendo impossibile per gli utenti usare devices collaterali come le smart-tv. Facebook ha poi dichiarato che il malfunzionamento era dovuto a un cambiamento dell’infrastruttura internet che ne coordina il traffico.