mercoledì 7 Maggio 2025
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«L’umanesimo prima degli algoritmi»: il Brasile limita l’uso dei cellulari a scuola

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Il presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva ha firmato un disegno di legge che impone delle limitazioni all'uso degli smartphone nelle scuole, aderendo a una tendenza globale che sta guadagnando terreno in molti Paesi. «Non possiamo permettere che l'umanesimo venga sostituito dagli algoritmi», ha dichiarato durante una cerimonia a porte chiuse nel palazzo presidenziale di Brasilia, annunciando che la legge avrà effetto a partire da febbraio e riguarderà gli studenti delle scuole elementari, medie e superiori in tutta la nazione.
Gli alunni potranno utilizzare i dispositivi mobili, inclu...

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USA, è morto il regista e sceneggiatore David Lynch

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È morto oggi a Los Angeles, all’età di 78 anni, il regista e sceneggiatore statunitense David Lynch. Ne hanno dato notizia i suoi familiari su Facebook. Il cineasta rivoluzionò il cinema americano attraverso una visione artistica oscura e surreale in film come “Blue Velvet” e “Mulholland Drive”. Lynch era molto conosciuto anche per la serie tv “Twin Peaks”. Nella sua carriera aveva vinto un Leone d’Oro e un premio Oscar alla carriera. Il regista aveva annunciato l’anno scorso di soffrire di una grave forma di enfisema e che non avrebbe più potuto lasciare casa per dirigere nuovi prodotti cinematografici.

Calabria e Sicilia, domani allerta rossa per forti venti e temporali

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La Protezione civile ha emesso per domani, venerdì 17 gennaio, un’allerta meteo rossa per alcune aree della Calabria e della Sicilia. Lo ha fatto sulla base delle previsioni disponibili, che parlano di forti piogge e temporali e di un’intensificazione dei venti, e d’intesa con le regioni coinvolte, cui spetta l’attivazione dei sistemi di protezione civile nei territori interessati. In queste regioni, molti comuni hanno optato per la chiusura delle scuole per garantire la sicurezza. Sulla Sardegna, invece, è stato diramato un avviso di allerta arancione, con previsioni di piogge, temporali e un aumento dell’intensità dei venti, dovuti all’arrivo di un nucleo di aria fredda in quota.

 

USA, Bayer deve pagare 100 milioni di dollari per l’inquinamento causato in una scuola

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Una giuria dello Stato di Washington ha condannato Bayer a risarcire quattro persone con 100 milioni di dollari per danni alla salute causati dall’esposizione a sostanze tossiche note come PCB (bifenili policlorurati) in una scuola vicino a Seattle. Secondo l’accusa, la contaminazione che ha provocato malattie a studenti e personale scolastico sarebbe derivata dall’utilizzo di vecchi dispositivi di illuminazione fluorescente contenenti il composto. La divisione Monsanto del gruppo tedesco ha smesso di produrre i tossici PCB ormai mezzo secolo fa, eppure le conseguenze legali continuano a pesare sulla società, nonostante molti dei materiali da costruzione contenenti queste sostanze non siano più utilizzati in case, scuole e fabbriche statunitensi.

La causa, intentata da studenti e personale dello Sky Valley Educational Center, riguarda l’esposizione ai PCB contenuti in vecchi apparecchi di illuminazione. Questi composti chimici, vietati negli Stati Uniti dal 1979, sono stati infatti collegati a gravi problemi di salute come cancro, patologie tiroidee e danni neurologici. Monsanto, divisione acquisita da Bayer nel 2018 per 63 miliardi di dollari, aveva prodotto PCB fino al 1977, e la responsabilità legale continua a pesare sulla nuova proprietaria. Secondo gli avvocati dei querelanti, Monsanto sapeva da decenni dei rischi legati ai PCB, ma avrebbe intenzionalmente nascosto le informazioni. La giuria ha stabilito la quota di 25 milioni di dollari come danni compensativi e ulteriori 75 milioni come danni punitivi per l’azienda. Nonostante Bayer sostenga che i livelli di PCB rilevati nella scuola fossero considerati sicuri dall’Agenzia per la Protezione Ambientale (EPA), la giuria ha ritenuto che l’azienda non abbia adottato misure adeguate per prevenire l’esposizione alle sostanze tossiche. Il processo si era ufficialmente aperto nel settembre 2021. Poco prima, la multinazionale aveva risarcito tre insegnanti – sempre parte dell’istituto Sky Valley – i quali affermavano di avere subito lesioni neurologiche e problemi di salute (come grave affaticamento e difficoltà cognitive) per l’esposizione ai PCB dal 2011 al 2015.

Lo scorso dicembre, Monsanto, aveva accettato di versare 698 milioni di dollari allo stato dell’Oregon come risarcimento per decenni di inquinamento ambientale causato dai PCB. Lo aveva reso noto il sito ufficiale del Dipartimento di Giustizia dell’Oregon, aggiungendo che si trattava del più grande risarcimento per danni ambientali nella regione. La causa, intentata nel 2018, accusava l’azienda di essere consapevole della pericolosità dei PCB fin dal 1937, ma di aver continuato a produrli fino al 1977. Secondo il procuratore generale dell’Oregon Ellen Rosenblum, queste sostanze hanno contaminato fiumi, laghi e foreste, accumulandosi nei pesci e nella fauna selvatica.

Da quando ha acquisito Monsanto, Bayer si trova a fronteggiare una mole crescente di cause legali legate non solo ai PCB ma anche al diserbante Roundup, accusato di essere cancerogeno. La combinazione di questi contenziosi ha già comportato perdite significative per la società, con una riduzione dell’80% del valore azionario dal 2018. Per quanto riguarda i PCB, Bayer ha già accettato di pagare quasi 2 miliardi di dollari in accordi con municipalità e governi locali per risolvere accuse di contaminazione idrica. Tuttavia, analisti di Bloomberg Intelligence stimano che i costi complessivi dei contenziosi potrebbero raggiungere i 3,9 miliardi di dollari, ben oltre le previsioni iniziali di 2,5 miliardi.

[di Stefano Baudino]

Tajani getta la maschera: “l’Italia non arresterà Netanyahu”

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Il governo italiano ha rassicurato Israele: se il premier Benjamin Netanyahu dovesse visitare il Paese, non verrà arrestato, nonostante il mandato spiccato a novembre dalla Corte penale internazionale (CPI) per i crimini contro l’umanità e i crimini di guerra che hanno segnato la carneficina a Gaza. La notizia di questa decisione è arrivata durante una visita a Roma del ministro degli Esteri israeliano Gideon Sa’ar, che ha affermato di aver ricevuto garanzie in tal senso dal ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani, e dal ministro della Giustizia, Carlo Nordio. A confermarla è stato lo stesso Tajani, che ha citato la Convenzione di Vienna come base legale per questa posizione. Il tema aveva sin da subito diviso l’esecutivo italiano: se da un lato Tajani e il vicepremier Matteo Salvini avevano espresso pieno sostegno a Netanyahu, definendolo “benvenuto in Italia”, il ministro della Difesa Guido Crosetto aveva assunto una posizione più cauta, ribadendo il rispetto del diritto internazionale.

«Ho parlato con Tajani e Nordio. Io non riferisco mai quello che dicono le altre parti, ma posso dire che non c’è nessun problema per chiunque voglia venire a Roma, neanche per Netanyahu», ha dichiarato Sa’ar durante un incontro con la comunità ebraica della Capitale. «Le immunità vanno rispettate», ha sottolineato il ministro degli Esteri Antonio Tajani, liquidando le richieste di esecuzione del mandato come «irrealizzabili». Secondo fonti del Times of Israel, il governo italiano avrebbe infatti ricevuto una consulenza legale che assicura l’immunità di cui godrebbero i capi di Stato durante le visite ufficiali, sulla base del dettato della Convenzione di Vienna. La scelta del governo Meloni di non procedere all’arresto del premier israeliano rappresenta un segnale politico di grande rilevanza, soprattutto considerando che l’Italia è uno dei Paesi firmatari dello Statuto di Roma, che ha istituito la CPI. Quest’ultima ha già criticato gli Stati che non collaborano con le sue decisioni e il caso Netanyahu è destinato a sollevare ulteriori interrogativi sulla capacità della comunità internazionale di far rispettare le decisioni della Corte in un quadro sempre più polarizzato. A sollevare interrogativi è anche il differente approccio con cui vengono trattati il caso Netanyahu e quello del presidente russo Putin, anch’egli colpito da un mandato di arresto della CPI per l’accusa di deportazione di bambini ucraini. Rispetto al quale nessuno, nel nostro Paese, ha mai brandito il testo della Convenzione di Vienna al fine di evidenziare la presunta immunità di cui godrebbe se giungesse in territorio italiano.

A livello giuridico, appare difficile trovare il bandolo della matassa: secondo molti giuristi, la Convenzione di Vienna è subalterna allo Statuto di Roma, che regola la CPI, e i crimini imputati a Netanyahu non sarebbero tecnicamente coperti dall’immunità prevista dalla Convenzione, non rientrando nelle sue funzioni di governo. Tuttavia, la questione si complica: Israele non riconosce lo Statuto di Roma, quindi non si sente vincolato dalle decisioni della CPI, mentre l’Italia, che ha contribuito alla nascita della Corte, rischia di mettere in discussione il diritto penale internazionale se decide di ignorare il mandato d’arresto. A ogni modo, in tale contesto, il nostro Paese sembra voler rafforzare la propria posizione come alleato strategico di Israele in Europa. Non a caso, Tajani ha annunciato una prossima missione in Israele e Palestina per promuovere il processo di pace e valutare una possibile partecipazione italiana a una missione di sicurezza ONU nella Striscia di Gaza. «Siamo pronti ad assicurare una presenza militare, in previsione di un’amministrazione modello Unifil per unificare Gaza e Cisgiordania», ha dichiarato il ministro.

La pronuncia della Corte Penale Internazionale era arrivata lo scorso 21 novembre. Nello specifico, Netanyahu e l’ex ministro della Difesa del suo governo, Yoav Gallant, sono stati accusati per i «crimini contro l’umanità e crimini di guerra» commessi nella Striscia di Gaza tra l’8 ottobre 2023 e «almeno il 20 maggio 2024». Nelle ore successive, il ministro della Difesa italiano Guido Crosetto, intervistato a Porta a Porta su Rai 1, aveva criticato una sentenza definita «sbagliata», affermando però che, se Netanyahu e Gallant approdassero in Italia, «dovremmo arrestarli, perché rispettiamo il diritto internazionale». Una posizione che riecheggia quella della gran parte dei Paesi europei, subito esplicata – e recentemente ribadita – dall’Alto rappresentante dell’Unione Europea per gli affari esteri Joseph Borrell, il quale aveva sottolineato che la pronuncia è da considerare valida in tutto il territorio dell’UE. Ma su cui l’esecutivo italiano ha ufficialmente fatto marcia indietro.

[di Stefano Baudino]

Ucraina e UK firmano un accordo di partenariato di 100 anni

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Ucraina e Regno Unito hanno firmato un accordo di partenariato della durata di cent’anni per rafforzare i legami di sicurezza e le relazioni tra i Paesi. La firma è avvenuta in occasione di una visita del primo ministro britannico Keir Starmer a Kiev, dopo la quale Starmer ha anche segnalato che sarebbe pronto a prendere in considerazione l’invio di forze britanniche in Ucraina per contribuire a «garantire» la pace dopo la guerra. Anche il ministro della Difesa italiano si trova a Kiev per svolgere incontri bilaterali con le autorità ucraine. In occasione della visita dei ministri, sono state avvertite delle esplosioni a circa 700 metri di distanza dalla sede dei colloqui.

In Inghilterra è stato rinvenuto un antico cammino dei dinosauri con centinaia di impronte

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È il più grande sito del genere nel Regno Unito, risale a 166 milioni di anni fa ed è stato iperbolicamente soprannominato “autostrada dei dinosauri”: è l’insieme di centinaia di impronte e sentieri lasciati da dinosauri del Giurassico medio, rinvenute per caso nella cava di Dewars Farm nell’Oxfordshire, in Inghilterra. I resti, che si estendono su un percorso di oltre 150 metri di lunghezza, comprendono segni appartenenti sia ad erbivori che a carnivori lunghi fino a 9 metri come il Megalosaurus e, secondo i ricercatori, svelano interazioni tra diverse specie che gettano nuova luce sul modo di vivere di questi giganti preistorici. «Abbiamo questi modelli 3D per la prima volta, il che significa che chiunque, non appena li pubblicheremo, potrà vedere il sito e la sua eredità. È come un’istantanea della vita dei dinosauri e di quello che facevano», ha commentato Kirsty Edgar, professoressa di micropaleontologia presso l’Università di Birmingham in Inghilterra coinvolta negli scavi.

La scoperta è stata effettuata per puro caso: un lavoratore della cava, Gary Johnson, ha avvertito urti insoliti durante il lavoro di rimozione dell’argilla e ha portato alla luce le impronte conservate sotto il fango. Da lì è partita la collaborazione tra minatori e un team di oltre 100 esperti, tra cui i paleontologi delle Università di Oxford e Birmingham. Dopo aver esplorato il sito per una settimana, sono state rivelate circa 200 impronte, tra cui quelle mostranti tracce di dinosauri erbivori sauropodi, come il Cetiosaurus, e quelle di carnivori teropodi, come il Megalosaurus. I resti sono stati datati al Giurassico medio, un periodo in cui il clima era tropicale e i dinosauri dominavano il paesaggio, anche se i particolari che hanno attirato maggiormente l’attenzione degli esperti sono altri: tra le tracce rinvenute ce ne sono alcune che testimoniano l’incontro tra erbivori e carnivori e ciò, secondo gli esperti, crea una finestra unica sulla convivenza tra predatori e prede.

Infine, da 20.000 immagini di impronte sono stati creati modelli 3D che dovrebbero permettere studi futuri per comprendere in dettaglio il comportamento e l’ambiente di vita di questi dinosauri, migliorando potenzialmente la nostra comprensione del Giurassico medio e quella relativa alla convivenza tra diverse categorie di giganti preistorici. «La conservazione è così dettagliata che possiamo vedere come il fango si è deformato mentre i piedi del dinosauro entravano e uscivano. Insieme ad altri fossili come tane, conchiglie e piante, possiamo riportare in vita l’ambiente della laguna fangosa in cui camminavano i dinosauri», ha commentato il dott. Duncan Murdock, collega della dottoressa Emma Nicholls – paleontologa presso l’Oxford University Museum of Natural History – la quale ha dichiarato che «gli scienziati conoscono e studiano i Megalosauri da più tempo di qualsiasi altro dinosauro sulla Terra, eppure queste recenti scoperte dimostrano che ci sono ancora nuove prove di questi animali là fuori, in attesa di essere trovate», spiegando inoltre che le nuove tracce si collegano a quelle scoperte nella zona nel 1997, dove precedenti cave di calcare non più accessibili hanno rivelato più di 40 serie di impronte. La speranza, quindi, è che tali informazioni possano consentire ai ricercatori di svelare in futuro ulteriori segreti riguardanti le specie presenti all’epoca e la loro convivenza, cosa tutt’altro che infondata se si pensa che a causa del tempo limitato c’è ancora una vasta porzione del sito che è rimasta inesplorata.

[di Roberto Demaio]

Strage di Bologna: Cassazione conferma ergastolo per Cavallini

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La Cassazione ha confermato l’ergastolo per l’ex NAR Gilberto Cavallini, già condannato alla massima pena in primo e secondo grado, per la strage del 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna, in cui morirono 85 persone. Cavallini, 72 anni, era in regime di semilibertà a Terni, dove sta scontando diversi ergastoli per omicidi e banda armata. In questo processo, Cavallini era accusato di aver fornito un alloggio a Francesca Mambro, Giuseppe Valerio Fioravanti e Luigi Ciavardini nella fase immediatamente precedente alla strage, aver falsificato il documento intestato a Flavio Caggiula, consegnato da Ciavardini a Fioravanti, e aver messo a disposizione un’auto per raggiungere il luogo della strage.

Per la Cisgiordania niente tregua: nuovo massacro israeliano a Jenin

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Corteo funebre in seguito ad uno dei tanti massacri commessi dall'esercito israeliano. Jenin [foto di Moira Amargi]

JENIN, TERRITORI OCCUPATI PALESTINESI- Non c’è pace in Cisgiordania, dove la guerra silenziosa di Israele continua a mietere vittime. Per Jenin sono state 24 ore di sangue: in due distinti attacchi aerei i droni di Tel Aviv hanno ucciso 12 persone e ferito numerose altre. Ieri, martedì 14 gennaio, tre missili israeliani hanno preso di mira un gruppo di giovani palestinesi riuniti fuori da una casa, nella città già stretta da oltre quaranta giorni nell’assedio dell’Autorità Palestinese. Solamente nella giornata di ieri sono sei i palestinesi uccisi, tra i quali un ragazzino di 15 anni e tre fratelli colpiti davanti alla loro casa. Al nostro passaggio, il sangue era ancora fresco sul cemento, i buchi dei missili ben visibili a due metri dalla porta della famiglia stretta in lutto. Centinaia di persone si sono radunate per accompagnare i corpi al cimitero del campo rifugiati di Jenin, mentre la città si è chiusa in uno sciopero generale, una protesta silenziosa contro l’ennesimo massacro. Nemmeno si era finito di piangere i sei morti che, ieri sera, un altro attacco aereo ha centrato due case nel campo rifugiati, mentre tutti aspettavano l’annuncio imminente del cessate il fuoco. Sono almeno altri sei i morti, numerosi i feriti tuttora in condizioni critiche.

Il funerale di ieri è stato l’ennesimo corteo funebre nella città forse più colpita dalla violenza dell’esercito di Tel Aviv, che ne ha distrutto sistematicamente le strade e le infrastrutture nelle decine di raid di questi ultimi due anni. Vari cori si sono levati contro le atrocità israeliane in corso in Cisgiordania, che hanno ucciso oltre 840 persone nel territorio occupato in poco più di un anno, mentre le incursioni proseguono senza sosta. Ma ben presente al funerale è anche la rabbia contro l’Autorità Palestinese, accusata di essere complice di Israele nell’attaccare la resistenza e i campi profughi del Nord. Dal 5 dicembre, infatti, Jenin, capitale della resistenza armata in Cisgiordania, è stretta nel più lungo assedio mai vissuto, e non da parte di Israele: sono i militari dell’Autorità Palestinese a bloccare gli accessi del campo rifugiati e sono palestinesi i poliziotti che in poco più di un mese hanno ucciso 8 abitanti della città, la maggior parte civili. L’Autorità palestinese ha anche sabotato le infrastrutture del campo per forzare la popolazione ad andarsene, ricordando le stesse pratiche portate avanti dai militari di Tel Aviv.

Anwar Rajab, portavoce delle forze di sicurezza dell’Autorità Palestinese, ha dichiarato che l’attacco israeliano ha lo scopo di «disturbare gli sforzi» dell’autorità per raggiungere la sicurezza e la stabilità a Jenin. Secondo Rajab, Israele non dovrebbe interferire sul territorio e lasciare l’Autorità continuare il suo sforzo di perseguire i «fuorilegge», ossia la resistenza. Le forze di resistenza riunite nella cosiddetta Brigata Jenin hanno dichiarato più volte che il loro nemico non era l’Autorità Palestinese, ma che i loro fucili erano puntati contro l’occupazione israeliana. Avvisano però che se le violenze contro gli abitanti del campo profughi non cesseranno, aumenteranno il livello di risposta armata. Intanto ribadiscono che l’assedio deve cessare immediatamente.

Hassan Khraisheh, membro del Consiglio legislativo palestinese, ha affermato che questi attacchi dimostrano la volontà di Israele di uccidere indiscriminatamente i palestinesi. «Questo è un chiaro messaggio dell’occupazione israeliana: ogni palestinese è un bersaglio», ha dichiarato Khraisheh, il quale chiede che l’Autorità Palestinese si ritiri immediatamente dai confini del campo profughi, ricordando le intenzioni e le grosse ambizioni israeliane sulla Cisgiordania. «Il nostro nemico è uno solo – che si tratti di combattenti della resistenza o di forze di sicurezza [dell’AP]», ha detto. «Nessuno è protetto dagli attacchi israeliani». Ha dichiarato che i membri dell’Autorità Palestinese dovrebbero tornare nelle loro caserme e stare con la loro gente, non contro di essa. «Quello che è richiesto ora è di opporsi all’occupazione israeliana, non di combattere gli uni contro gli altri», ha aggiunto. Le dichiarazioni del consigliere Khraisheh sembrano in contrapposizione con la politica repressiva portata avanti dall’Autorità, che negli ultimi mesi ha intensificato gli arresti e i raid contro i fighters e i critici di Abu Mazen.

Poche settimane fa, l’ANP ha anche sospeso l’emittente Al Jazeera nella Cisgiordania occupata, in quello che è considerato un ulteriore silenziamento del dissenso e della libertà di espressione – avvenuto proprio per la copertura dell’agenzia del Qatar di quello che stava succedendo a Jenin. I nuovi bombardamenti sul campo profughi potrebbero a questo punto spingere l’Autorità Palestinese a rompere l’accerchiamento e a mettere in discussione la politica repressiva attuata. Nel frattempo, la guerra silenziosa in Cisgiordania continua, mentre il tutti i territori occupati si festeggia (per lo più silenziosamente) il cessate il fuoco a Gaza. Le bombe, tuttavia, non smettono di cadere e uccidere, nè sulla Striscia nè in Cisgiordania.

[testo e immagini di Moira Amargi, corrispondente dalla Palestina]

Roma, 59 persone denunciate per gli scontri al corteo per Ramy

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59 persone sono state denunciate per gli scontri verificatisi durante il corteo dell’11 gennaio a Roma in solidarietà a Ramy Elgaml, 19enne di origine egiziana morto a Milano a novembre durante un inseguimento dei carabinieri. Due sono minorenni. Tra le ipotesi di reato, a vario titolo, manifestazione non preavvisata, radunata sediziosa, violenza e resistenza a pubblico ufficiale, istigazione a disobbedire alle leggi e il getto pericoloso di cose, in concorso e con le modalità aggravate. 39 persone sono state identificate dalla Digos, 20 dai carabinieri. Nel frattempo, sfruttando come pretesto tali disordini, il governo spinge per approvare al più presto il dibattuto DDL Sicurezza.