venerdì 9 Maggio 2025
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Gaza, protezione civile: “10mila cadaveri ancora sotto le macerie”

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L’agenzia di protezione civile a Gaza stima che almeno 10mila cadaveri siano ancora sotto le macerie degli edifici distrutti dopo mesi di attacchi da parte dell’esercito israeliano. «Abbiamo davanti a noi un compito difficile e arduo: cercare i corpi di oltre 10mila martiri, soprattutto a Gaza City e nella parte settentrionale della Striscia – ha detto Mahmud Basal, portavoce della protezione civile – i loro corpi sono ancora sotto le macerie delle case distrutte mentre parliamo». Gli equipaggi del Servizio di Protezione Civile sostengono di aver recuperato oltre 38.300 cadaveri e soccorso 97mila feriti dalle aree attaccate da Israele.

PFAS nell’acqua minerale in bottiglia: un test conferma l’allarme

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La maggior parte dei consumatori tende di norma a pensare all’acqua minerale in bottiglia come a un prodotto puro e sicuro per antonomasia, ideale per la salute quotidiana. Tuttavia, un recente studio condotto dall’associazione ambientalista Pesticide Action Network Europe (PAN Europe) ha lanciato un preoccupante allarme, attestando come molte marche di acqua minerale provenienti da diversi Paesi europei contengano PFAS, sostanze perfluoroalchiliche associate a numerose patologie. Il test ha confermato la presenza di questi composti, resistenti alla degradazione ambientale, in oltre la metà delle 19 marche oggetto di analisi, nessuna delle quali viene però venduta in Italia.

Nella ricerca, effettuata nell’estate del 2024 e recentemente pubblicata, sono state analizzate varie marche di acqua minerale provenienti da sette Paesi europei: Austria, Belgio, Francia, Germania, Lussemburgo, Paesi Bassi e Ungheria. I risultati hanno rivelato la presenza di acido trifluoroacetico (TFA), un composto appartenente alla famiglia dei PFAS, in 10 campioni sui 19 complessivamente esaminati. In sette casi, i livelli di contaminazione superavano i limiti stabiliti per l’acqua potabile per i metaboliti dei pesticidi, (100 ng/l). L’acqua minerale belga Villers conteneva tra i 3.200 e i 3.400 ng/l di TFA, un livello che supera abbondantemente la soglia massima per i PFAS totali (500 ng/l) indicata dalla Direttiva europea per l’acqua potabile, che entrerà in vigore nel 2026. Anche altri marchi, come Gesteiner e Waldquelle (Austria), Ordal (Belgio) e Vittel (Francia), presentavano contaminazioni significative

Il TFA è un sottoprodotto della degradazione di pesticidi, gas fluorurati e altre sostanze chimiche industriali. Questa molecola è particolarmente preoccupante per la sua elevata persistenza ambientale e la capacità di accumularsi negli organismi viventi, con effetti tossici documentati sul sistema riproduttivo e sul fegato. Inoltre, il TFA è estremamente mobile nell’ambiente, il che rende difficile la sua rimozione sia dall’acqua che dal suolo. Le analisi condotte in altre aree del mondo confermano la portata globale del problema. In Belgio, il TFA è stato rilevato nel 93% di oltre 600 campioni di acqua analizzati, con concentrazioni particolarmente elevate nelle regioni agricole. In Svizzera, questa sostanza è onnipresente nelle acque sotterranee, mentre negli Stati Uniti è stata trovata in tutti i campioni di acqua piovana analizzati in Michigan. La Commissione europea sta già valutando il divieto di pesticidi contenenti TFA e altri composti simili, ma il processo normativo è lento e complesso. Nel frattempo, molte organizzazioni ambientaliste chiedono interventi più rapidi e mirati per proteggere la salute pubblica.

In Italia, le acque minerali coinvolte nello studio non sono commercializzate. Secondo Mineracqua, la Federazione Italiana delle Industrie delle Acque Minerali Naturali, tutte le marche in vendita nel nostro Paese rispettano i limiti stabiliti dal Decreto ministeriale del 10 febbraio 2015. Tuttavia, l’Italia non è affatto immune al pericolo PFAS: un rapporto pubblicato lo scorso giugno da Greenpeace, dal titolo “La contaminazione da PFAS in Italia”,  ha registrato la presenza di PFAS nei corsi d’acqua di 16 Regioni italiane, segnalando una contaminazione presente nel 17% dei risultati ottenuti dai controlli. Nel frattempo, si attende che arrivi a sentenza il processo penale istruito sullo scandalo PFAS in Veneto, che vede dirigenti della Miteni e delle società a essa legate accusati a vario titolo di avvelenamento di acque, inquinamento ambientale, disastro innominato aggravato e bancarotta fraudolenta. La vicenda processuale ha avuto origine dalla scoperta, nel 2013, del grave inquinamento da sostanze perfluoroalchiliche di una vasta falda acquifera che avrebbe coinvolto 350mila cittadini nelle aree di Vicenza, Verona e Padova. Lo scorso anno, uno studio dell’Università di Padova aveva calcolato l’aumento della mortalità dal 1985 al 2018 all’interno dell’“area rossa”, attestando come a causa dei PFAS siano morte quasi 4mila persone, con la media di un decesso in più ogni tre giorni.

[di Stefano Baudino]

Russia, bombe di Kiev su villaggio di Bekhteri: morti e feriti

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Un attacco ucraino sul villaggio russo di Bekhteri, in Kherson, ha provocato la morte di diverse persone e il ferimento di almeno altre dieci. Lo ha dichiarato alla stampa il portavoce del governatore locale. Le truppe di Kiev hanno lanciato munizioni a grappolo sul villaggio, alcune delle quali sono esplose nei pressi di una scuola. Due bambini sono infatti in gravi condizioni. La Difesa russa ha inoltre riferito di avere abbattuto 31 droni ucraini diretti contro industrie nel Tatarstan. L’esercito russo ha nel frattempo rivendicato la conquista, nella parte Est dell’Ucraina, dei villaggi di Shevechenko (Donetsk) e Novoyegorovka (Lugansk).

Voci e immagini da Ramallah, tra gli ostaggi palestinesi liberati

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RAMALLAH, CISGIORDANIA – Sono migliaia le persone radunate in Al Midan square, a Beitunia, alle porte di Ramallah. È qui che si aspettano i 90 prigionieri e prigioniere liberate nella notte grazie all’accordo di cessate il fuoco entrato in vigore ieri mattina. I due pullman arrivano intorno all’1 di notte, dopo ore di attesa, di canti e di cori. «Israele non vuole che si festeggi. È per questo che li rilasciano a quest’ora, per evitare che si creino manifestazioni di sostegno e momenti di festa» dice Islam, uno dei giovani radunati nella piazza. Le famiglie che erano radunate fuori alla prigione di Ofer, il carcere dove tutte le 69 detenute e i 21 minorenni erano stati radunati, sono state colpite da lanci di lacrimogeni e di proiettili di gomma, che hanno ferito diverse persone. Per evitare celebrazioni gli israeliani avevano infatti dichiarato i dintorni del carcere «zona militare». Intanto, alcune case di detenuti di Gerusalemme in fase di rilascio sono state perquisite e alle famiglie è stato intimato di non effettuare nessuna celebrazione pubblica per i loro cari. Almeno due feriti anche a Beitunia, dove i militari israeliani, che precedevano fino alla cittadina i due bus di prigionieri, hanno sparato proiettili di gomma e bombe stordenti.

«È una vittoria. Nei prossimi giorni libereranno anche mio cugino, dopo 21 anni di prigione», dice un altro degli uomini radunati a L’Indipendente. «Ricordo ancora il giorno in cui sono venuti a casa nostra per arrestarlo. Sono entrati con i fucili puntati, quando l’hanno portato via hanno picchiato e detenuto anche me per 8 giorni», riporta. «Dovrà stare fuori dal Paese per tre anni, in Qatar, Egitto o Turchia. Ma poi potrà tornare in Palestina. Non vediamo l’ora di riabbracciarlo». Sono decine infatti i prigionieri che saranno costretti all’esilio in cambio del loro rilascio. Ma la felicità non viene scalfita.

L’arrivo dei bus scatena un’enorme gioia collettiva: alcuni giovani salgono sul tetto dei mezzi tra cori e grida. Le donne e i ragazzini scendono accolti dalle famiglie in lacrime di felicità, mentre alcuni vengono issati sulle spalle dei solidali in attesa. Molte e molti i giovanissimi, che erano stati letteralmente presi in ostaggio da Israele e incarcerati senza accuse, in quella che viene definita detenzione amministrativa. Che può durare anni, senza alcun processo.

Il momento è storico: per la prima volta in Cisgiordania si festeggia davvero la fine della guerra a Gaza, nonostante Israele abbia fatro di tutto per impedirlo. Dal 7 di ottobre sono stati oltre 25 mila i palestinesi detenuti nelle prigioni israeliane, in condizioni di vita che associazioni e reclusi hanno confermato equiparabili alla tortura. In questi 15 mesi almeno 55 detenuti sono morti nelle carceri di Tel Aviv, e i loro corpi non sono ancora stati restituiti alle famiglie. Anche i corpi sono oggetto di scambio con i cittadini israeliani detenuti da Hamas.

I festeggiamenti continueranno nelle case e nelle città di provenienza delle donne e dei giovani appena rilasciati. Intanto, si aspettano le altre centinaia di prigionieri che dovrebbero essere rilasciati nelle prossime settimane.

[testo e immagini di Moira Amargi, corrispondente dalla Palestina]

PFAS: una inchiesta svela il peso delle lobby nei permissivi regolamenti europei

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I provvedimenti per limitare l’uso di PFAS, composti tossici soprannominati “sostanze chimiche eterne”, sarebbero ostacolati dalle pressioni dei lobbisti dell’industria chimica e, anche se si fermasse improvvisamente la produzione, servirebbero comunque fino a 100 miliardi di euro l’anno per cancellarne gli effetti: è quanto emerge da una nuova inchiesta chiamata Forever Lobbying Project, un’indagine che ha coinvolto 18 esperti in 16 paesi e 46 giornalisti, i quali hanno dettagliato costi, risultati di stress test e documenti interni del settore in un rapporto digitale da diverse decine di pagine. Secondo l’indagine, durata oltre un anno e resa disponibile solo recentemente, i lobbisti utilizzerebbero «tattiche di influenza» tipiche nel mondo aziendale di altri settori come i combustibili fossili o i pesticidi per diffondere argomenti «allarmistici, falsi, fuorvianti o potenzialmente disonesti»: «Questa indagine rivela fino a che punto i lobbisti sono disposti a spingersi per contrastare le normative di buon senso», ha commentato Hélène Duguy, dell’ente di beneficenza legale ClientEarth.

I PFAS sono sostanze perfluoroalchiliche e polifluoroalchiliche, sviluppate negli anni ’40, usate in settori strategici grazie alla loro stabilità e resistenza. Tuttavia, nei decenni successivi la ricerca scientifica ha svelato effetti tossici che sono ormai noti: sono stati associati a cancro, disturbi ormonali e altre malattie tutt’altro che indifferenti e anche per questo, nel 2020, Danimarca, Germania, Paesi Bassi, Norvegia e Svezia hanno proposto all’Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA) di adottare un divieto non solo su alcuni specifici PFAS, ma su tutti i composti appartenenti a questa categoria chimica. Il provvedimento avrebbe così impedito il riproporsi di un problema spesso ricorrente nelle regolamentazioni: quando una sostanza chimica viene vietata, spesso l’industria la sostituisce con un’altra simile per struttura chimica e caratteristiche, che può essere altrettanto nociva ma richiede anni per essere regolamentata a sua volta, visto che attualmente il sistema europeo gestisce tali sostanze una per una.

Secondo Forever Lobbying Project, però, non ci sarebbero solo lacune dal punto di vista giuridico: una squadra di 46 giornalisti e 18 esperti ha redatto un’inchiesta secondo la quale ci sarebbero diverse pressioni sui funzionari europei e sulle campagne di pubbliche relazioni per minimizzare i rischi legati ai PFAS. Il team ha raccolto oltre 14.000 documenti – oltre la metà tramite richieste di libertà di informazione (FOI) – inerenti a tali sostanze e, dopo aver selezionato 1.178 argomenti spesso usati in contrapposizione ai divieti, è stata evidenziata «una massiccia campagna di lobbying e disinformazione orchestrata che ha attirato l’attenzione dei principali decisori in Europa, come la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e personaggi dei governi regionali e federali tedeschi. Dimostra che l’industria della plastica ricorre a tattiche di influenza tipiche del mondo aziendale, utilizzate nel corso dei decenni per difendere il tabacco, i combustibili fossili e altri prodotti chimici e pesticidi, come il glifosato della Monsanto. Il dibattito pubblico sui PFAS è stato ora inquinato da questi “mercanti di dubbi”» . Inoltre, sono stati stimati gli impatti delle attività che coinvolgono tali sostanze ed i relativi costi per la bonifica ambientale – che superano i 100 miliardi di euro l’anno in Europa – e i costi sanitari, corrispondenti a circa 84 miliardi di euro.

Nonostante gli effetti dei PFAS siano noti da decenni, la battaglia a riguardo è ancora alle fasi iniziali ma una cosa sembra certa: l’esito di future regolamentazioni a riguardo potrebbe segnare un momento cruciale per la tutela della salute pubblica in Europa e soprattutto in Italia. Nel Belpaese, infatti, sono emerse numerose controversie a riguardo, come la grave contaminazione di acqua potabile scoperta in Lombardia, gli esami effettuati ad Alessandria che hanno riscontrato una positività totale di PFAS nel sangue e anche come l’incredibile ammissione della Regione Veneto, che ha sospeso indagini epidemiologiche a riguardo per risparmiare.

[di Roberto Demaio]

Tregua a Gaza: liberati 93 prigionieri, i palestinesi tornano tra le case in rovina

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Ieri, domenica 18 gennaio, è entrato in vigore il cessate il fuoco a Gaza tra Israele e Hamas. Dopo un ritardo di tre ore, in cui Israele ha continuato i propri attacchi uccidendo 19 persone, lo Stato ebraico ha effettivamente cessato le aggressioni, dando a tutti gli effetti inizio alla tregua. Durante la giornata è stato effettuato il primo scambio di prigionieri, che ha visto tre israeliani e 90 palestinesi tornare nelle proprie case, mentre migliaia di cittadini gazawi hanno ricevuto aiuti e numerosi altri hanno iniziato gli spostamenti verso nord, per rientrare in quello che resta delle loro case. Nel frattempo, la politica israeliana è sull’orlo di una crisi: i cittadini hanno protestato contro il cessate il fuoco, il ministro della sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir ha annunciato le proprie dimissioni e quelle dei membri del suo partito dal governo, e il ministro delle finanze Bezalel Smotrich minaccia di fare lo stesso da giorni.

La tregua tra Israele e Hamas doveva iniziare ieri alle 8:30 locali, ma l’entrata in vigore del cessate il fuoco è stata ritardata, e l’esercito israeliano ha continuato a lanciare attacchi per circa tre ore. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha giustificato tali azioni con la mancata pubblicazione da parte della controparte della lista degli ostaggi che sarebbero stati rilasciati durante il giorno, e Hamas ha spiegato che il ritardo era dovuto a ragioni tecniche. Nella tarda mattinata, il gruppo palestinese ha riconsegnato tre ostaggi a Israele, mentre lo Stato ebraico ha consegnato in serata 90 prigionieri provenienti dalla prigione militare di Ofer. Nel corso della giornata, scrivono i media arabi, Israele avrebbe impedito i festeggiamenti in Cisgiordania e ritardato la consegna dei prigionieri. In Cisgiordania, comunque, gli scontri sembrano destinati a continuare, come testimoniato anche dagli stessi cittadini palestinesi. Ieri un adolescente palestinese è stato ucciso a colpi di arma da fuoco durante un raid delle forze israeliane nella città di Sebastia, a nord-ovest di Nablus.

Nel corso del primo giorno di cessate il fuoco, migliaia di civili sfollati sono tornati nelle proprie case e sono entrati i primi aiuti umanitari. Ieri il valico di Rafah, nel sud della Striscia, è stato riaperto dopo oltre sette mesi dalla sua chiusura. Decine di ambulanze e più di 630 camion che trasportavano forniture umanitarie sono entrati nella Striscia di Gaza, di cui almeno 300 diretti verso il nord assediato e bombardato. Dall’altra parte del confine meridionale, sono parcheggiati migliaia di mezzi che attendono di entrare. L’accordo, nella sua prima fase di quattro giorni, prevede infatti l’entrata di 600 camion di aiuti umanitari al giorno e lo scambio quotidiano di prigionieri. In totale, nella prima fase, Hamas riconsegnerà 33 ostaggi israeliani, mentre Israele dovrebbe rilasciare 600 palestinesi, tutti con condanne superiori a 15 anni.

Intanto, in Israele, la situazione è sull’orlo di una crisi. Gruppi di cittadini protestano da giorni contro l’entrata in vigore del cessate il fuoco, criticando lo scambio di prigionieri previsto dall’accordo. I media riportano una manifestazione tenutasi ieri per bloccare il convoglio di prigionieri da riportare in Palestina. Un’organizzazione per le “vittime del terrorismo” ha firmato una petizione contro la tregua, che è stata respinta dalla Corte Suprema israeliana. Questo moto di dissenso si sta facendo sentire anche nelle più importanti aule della politica dello Stato ebraico: Ben Gvir, insieme agli altri due ministri del suo partito Potere Ebraico, ha lasciato il governo criticando duramente Netanyahu, che intanto sta subendo le pressioni degli alleati di estrema destra, primo fra tutti Smotrich. Netanyahu, dal canto suo, prova a difendersi dalle accuse portando avanti una retorica bellicista, come testimoniato dal discorso rilasciato ieri in occasione dell’entrata in vigore della tregua. Trump, ha sottolineato Netanyahu, «ha accolto con favore l’accordo e ha giustamente evidenziato che la prima fase dell’accordo è un cessate il fuoco temporaneo». Il primo ministro israeliano sta facendo leva proprio su quest’ultimo punto per calmare le acque, rivendicando «il diritto di Israele a tornare a combattere, se Israele giunge alla conclusione che la seconda fase dei negoziati è inefficace», per cui ha il pieno sostegno di Trump.

[di Dario Lucisano]

Birmania: “28 morti per un attacco della giunta”

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Un attacco aereo della giunta militare della Birmania in un’area di detenzione situata nello Stato occidentale di Rakhine avrebbe ucciso 28 persone ferendone altre 25. La notizia arriva dall’Esercito Arakan (AA), uno dei maggiori gruppi armati del Paese. Secondo quanto comunicato dall’AA, i bombardamenti sarebbero stati portati avanti da un jet militare in una struttura controllata dallo stesso gruppo ribelle presso la municipalità di Mrauk-U. «Le vittime erano familiari di soldati dell’esercito del Myanmar, arrestati durante i combattimenti», ha dichiarato l’AA. «Mentre stavamo preparando un piano per rilasciarli, sono stati bombardati». L’esercito della Birmania non ha ancora rilasciato dichiarazioni.

Gli italiani tornano ad ascoltare sempre più musica

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Gli italiani ascoltano sempre più musica. A certificarlo è l'ultimo rapporto Engaging with Music di IFPI per il 2023, che rileva come in Italia non si sia mai ascoltata così tanta musica. Secondo lo studio, gli italiani hanno speso in media 21,9 ore a settimana nell'ascolto di musica, registrando così un aumento del 6,5% rispetto all'anno precedente. A trainare questo trend sul versante delle modalità, le piattaforme di streaming, seguite dalle piattaforme video e dalla radio. Un dato che viaggia di pari passo con la crescita del mercato discografico italiano, come rilevato dall'ultimo rapport...

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Cessate il fuoco in Palestina: 19 morti dall’entrata in vigore

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Stamattina alle 8:15 italiane è entrato in vigore il cessate il fuoco a Gaza tra Israele e Hamas. Nel corso delle prime ore della mattinata, Israele ha continuato i propri attacchi, giustificandoli dicendo che la controparte non aveva ancora pubblicato la lista degli ostaggi che sarebbero stati liberati; nell’arco di tre ore, le IDF hanno ucciso 19 persone. I tre ostaggi israeliani del giorno sono già stati liberati, mentre Gaza attende il rientro di 90 palestinesi. Migliaia di cittadini stanno tornando nelle proprie case, e sono entrati i primi 100 camion con aiuti umanitari e le prime 50 ambulanze dal valico di Rafah, chiuso da maggio; nel frattempo, altre migliaia di veicoli attendono alla frontiera.

USA e Filippine lanciano un’esercitazione navale congiunta

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Le Filippine e gli Stati Uniti hanno effettuato esercitazioni marittime congiunte nel Mar Cinese Meridionale per la quinta volta dal 2023. A dare la notizia è lo stesso esercito filippino, che ha affermato in un comunicato di aver tenuto una “attività di cooperazione marittima” con gli Stati Uniti venerdì e sabato, rilanciando le attività di cooperazione con gli alleati in un’ottica anticinese. Negli ultimi anni, USA e Filippine si sono avvicinati sempre di più dal punto di vista militare, con la concessione da parte di Manila di espandere l’accesso statunitense alle proprie basi militari, tra cui quelle che si affacciano su Taiwan.