Ieri, nella zona di Castaic Lake, nella contea di Los Angeles, è scoppiato un nuovo incendio, costringendo 31.000 persone all’evacuazione. Alimentato dai forti venti, l’incendio si è diffuso rapidamente, arrivando a coinvolgere un’area di oltre 9.400 acri (38 km quadrati), circa i due terzi dell’Eaton Fire, uno dei due incendi più devastanti degli ultimi giorni. Le autorità hanno lanciato un’allerta per altre 23.000 persone nell’area meridionale dello Stato e hanno chiuso l’intero parco nelle montagne di San Gabriel, di 700.000 acri (2.800 km quadrati). Nel frattempo, gli altri incendi ancora attivi risultano sotto controllo: rispettivamente, l’incendio di Eaton è contenuto al 91%, mentre l’incendio di Palisades al 68%.
Vasto, incendio su una piattaforma petrolifera: salvi gli operai
Nel pomeriggio di oggi è scoppiato un incendio sulla piattaforma petrolifera Rospo Mare, a circa 20 chilometri al largo della costa tra Termoli e Vasto. Le fiamme sono divampate intorno alle 14, quando a bordo si trovavano 26 persone. Sul posto sono intervenute la motovedetta CP878 della Guardia Costiera di Termoli, con a bordo personale dei Vigili del Fuoco, e la motovedetta CP538 della Guardia Costiera di Vasto. Tutti i passeggeri sono stati portati in salvo, e l’incendio è stato estinto verso le 18. La piattaforma è gestita dalla società greca Energean, che produce 22 barili al giorno; ignote le cause dell’incendio.
Con i primi decreti Trump sta ringraziando le oligarchie Tech per l’appoggio elettorale
Tra i vari provvedimenti presi immediatamente all’avvio della nuova amministrazione guidata da Donald Trump ce ne sono un paio che fanno certamente piacere alle multinazionali statunitensi e ai loro padroni. Molti di questi hanno sostenuto la candidatura di Trump alla Casa Bianca e sembrano quindi ottenere un pegno in cambio per tale sostegno. Il primo dei provvedimenti in questione riguarda l’uscita degli Stati Uniti dal Global Tax Deal, all’interno del quale era prevista una tassa minima da applicare ai grandi colossi per evitare il cosiddetto dumping fiscale, quindi l’elusione del pagamento delle tasse da parte delle multinazionali. Il secondo provvedimento riguarda il grande piano di investimento nel settore dell’intelligenza artificiale dal valore complessivo di 500 miliardi di dollari.
La nuova amministrazione di Donald Trump appena insediata fa subito un bel regalino agli oligarchi che hanno sostenuto la sua candidatura. Infatti, con un memorandum indirizzato al nuovo Segretario al Tesoro, Trump ritira gli Stati Uniti dal Global Tax Deal. L’accordo negoziato nel 2021 dall’amministrazione Biden, sottoscritto da quasi 140 Paesi, prevede la Global Minimum Tax, ovvero un regime fiscale mondiale con un’aliquota minima di imposizione effettiva del 15% che si applica alle società multinazionali con fatturato superiore a 750 milioni di dollari. Secondo l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), la misura ha come obiettivo la limitazione del dumping fiscale, ovvero la migrazione delle multinazionali in Paesi con aliquote basse, instaurando un fenomeno di competizione al ribasso tra i Paesi e di elusione fiscale delle multinazionali stesse rispetto ai Paesi in cui operano. «L’Accordo fiscale globale dell’OCSE sostenuto dalla precedente amministrazione non solo consente la giurisdizione extraterritoriale sul reddito americano, ma limita anche la capacità della nostra nazione di emanare politiche fiscali che servano gli interessi delle aziende e dei lavoratori americani. A causa dell’Accordo fiscale globale e di altre pratiche fiscali estere discriminatorie, le aziende americane potrebbero dover affrontare regimi fiscali internazionali di ritorsione se gli Stati Uniti non rispettassero gli obiettivi della politica fiscale estera. Questo memorandum riconquista la sovranità e la competitività economica della nostra nazione chiarendo che l’Accordo fiscale globale non ha forza o effetto negli Stati Uniti», si legge nella nota della Casa Bianca. Con una giustificazione sovranista si permette quindi alle multinazionali statunitensi di poter continuare ad operare il dumping fiscale a discapito degli altri Paesi. Non solo. Il memorandum spiega che gli USA si riserveranno il diritto di agire contro quei Paesi che applicheranno il Global Tax Deal nei confronti delle aziende statunitensi. In altre parole, gli USA minacciano ritorsioni verso coloro che intendo rispettare gli accordi presi in ambito OCSE e G20.
Se l’uscita degli Stati Uniti dal trattato sopracitato rende felici molti oligarchi statunitensi e le loro multinazionali, un altro provvedimento rende molto contenti alcuni di questi che operano nel settore tecnologico, nello specifico in quello dell’intelligenza artificiale. Con il piano di investimento dal valore di 500 miliardi di dollari, denominato Stargate, verrà data vita ad una joint venture tra OpenAI, Oracle e SoftBank per la costruzione di infrastrutture necessarie allo sviluppo dell’IA. Stargate permetterà la costruzione di una «infrastruttura fisica e virtuale per alimentare la prossima generazione di intelligenza artificiale», ha detto Trump, annunciando che tale progetto potrebbe creare 100 mila posti di lavoro nei prossimi anni. L’annuncio è stato dato alla Casa Bianca dopo un incontro tra Trump e i proprietari di tali aziende: Masayoshi Son, di SoftBank Group Corporation, Larry Ellison di Oracle e Sam Altman di Open AI, fondata insieme a Elon Musk. Quest’ultimo quindi, dopo aver visto volare le proprie aziende in borsa grazie alla vittoria di Trump, che ha ampiamente sostenuto, vede adesso arrivare un’altra ricompensa per la sua azienda nel settore dell’intelligenza artificiale. Inoltre, è bene ricordare e sottolineare come Musk abbia ricevuto un incarico ufficiale di governo all’interno del neoistituito Department of Government Efficiency, con un evidente conflitto di interesse. Gli altri partner del progetto includono Microsoft, l’investitore MGX e i produttori di chip Arm e NVIDIA.
Insomma, questi due provvedimenti sono un mix di conflitto d’interesse e di ricompense per coloro che hanno permesso a Donald Trump di tornare a sedersi sulla poltrona della stanza ovale della Casa Bianca. Così, con la giustificazione di difendere l’interesse nazionale viene, ancora una volta, difeso l’interesse degli oligarchi statunitensi.
[di Michele Manfrin]
Russia e Uzbekistan, firmato un accordo militare
Russia e Uzbekistan hanno firmato un accordo di partenariato strategico militare per tutto l’anno corrente assieme a un generale piano di collaborazione per il periodo 2026-2030. I documenti sono stati firmati dal ministro della Difesa russo Andrey Belousov e dal suo omologo uzbeko Shukhrat Halmukhamedov. Secondo quanto comunicato dall’agenzia militare russa, citata dall’agenzia di stampa governativa russa TASS, il piano di cooperazione per la difesa per il 2025 tra i ministeri della Difesa di Russia e Uzbekistan prevede «50 eventi congiunti su tutti i percorsi di attività delle agenzie militari di entrambi i Paesi».
La forma dei frammenti degli Appennini aiuta gli scienziati a scriverne la storia
La storia degli Appennini è scritta nell’orientamento e nella forma delle particelle che formano le sue rocce e, al contrario di quanto accaduto per altre catene montuose, è studiabile persino da piccoli frammenti prelevati da alcuni sedimenti, i quali si dimostrano un innovativo indicatore geologico: è quanto emerge da uno nuovo studio condotto dalle Università Sapienza e Roma Tre in collaborazione con l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), sottoposto a revisione paritaria e pubblicato sulla rivista scientifica Tectonics. I ricercatori hanno spiegato che il nuovo indicatore aiuterà a definire l’età e le trasformazioni geologiche dei bacini sedimentari e, al contrario dei metodi standard, lo farà con maggiore precisione, dimostrando che l’innovazione e i metodi alternativi sono in grado di superare i limiti di quelli classici.
Gli Appennini, che considerati la vera e propria spina dorsale dell’Italia, sono un esempio straordinario di catena montuosa a pieghe e sovrascorrimenti, formatasi attraverso complessi processi geologici e tettonici. Da decenni si pensa che comprendere la loro evoluzione non sia solo una sfida scientifica, ma anche una necessità per valorizzare e preservare il patrimonio naturale e le risorse energetiche del territorio. In questo caso, lo studio si è concentrato sull’analisi della maturità termica dei sedimenti, un parametro fondamentale per comprendere le condizioni di temperatura e pressione a cui le rocce sono state sottoposte nel tempo geologico. Questo parametro, strettamente legato ai processi di deposizione e diagenesi, è stato indagato negli Appennini settentrionali utilizzando una proprietà nota come anisotropia della suscettibilità magnetica (AMS): «Le nostre analisi si prefiggono di rispondere alla domanda “fino a che profondità sono stati sepolti i sedimenti analizzati prima di essere riportati in superficie dalla formazione degli Appennini?”, ovvero “a quali massime temperature sono stati sottoposti?”. L’AMS è una proprietà che si misura nei laboratori di paleomagnetismo con strumentazione dedicata e che mette in relazione la variabilità della suscettività magnetica con la direzione in cui essa viene misurata, che dipende – a sua volta – dall’orientazione preferenziale dei minerali che costituiscono il sedimento», spiega Leonardo Sagnotti, ricercatore dell’INGV e coautore dello studio.
I risultati ottenuti hanno mostrato correlazione diretta tra l’AMS e i processi di deposizione e compattazione dei sedimenti, permettendo così di indagarne la maturità termica, il grado di evoluzione della materia organica e le trasformazioni dei minerali argillosi durante la diagenesi da seppellimento. «Questa osservazione ci ha permesso di calibrare un modello basato su una correlazione lineare tra il parametro AMS e gli indicatori paleotermici che può essere applicato con successo per definire i livelli di maturità termica nei bacini sedimentari, superando le limitazioni dei metodi classici e vincolando su scala temporale le condizioni di diagenesi delle successioni sedimentarie», ha continuato Massimo Mattei, ricercatore dell’Università Roma Tre e anche lui coautore dell’articolo. Infine, gli scienziati hanno concluso spiegando l’importanza dell’approccio utilizzato, il quale rappresenterebbe un passo avanti significativo nello studio delle catene montuose e potrebbe avere applicazioni importanti nella ricerca sulle risorse naturali e nella comprensione dei processi geologici che hanno modellato il paesaggio italiano.
[di Roberto Demaio]
L’Italia ha rilasciato il torturatore capo della polizia giudiziaria libica
Chi aveva il compito di ricercare i trafficanti di migranti «per tutto il globo terracqueo» non si è apparentemente accorto che proprio uno di questi si nascondeva in casa sua. E quando finalmente è stato messo in manette, l’arresto è durato appena 24 ore. Colpa di un errore procedurale dei pm, pare. Il fatto è che Najeem Osema Almasri Habish, conosciuto semplicemente come Almasri, arrestato dalle autorità italiane e rilasciato subito dopo, è anche un personaggio di alto profilo, ricercato niente meno che dalla Corte Penale Internazionale: membro dell’Apparato di Deterrenza per il Contrasto al Crimine Organizzato (DACTO), organizzazione libica accusata di indicibili crimini contro i migranti e la popolazione civile, dal 2021 dirigeva l’Istituto di Riforma e Riabilitazione della polizia giudiziaria di Tripoli, con l’incarico di supervisionare le prigioni quali quelle di Mitiga, Jdeida, Ruwaimi e Ain Zara.
Almasri, soprannominato «il torturatore di Tripoli» dalle organizzazioni che investigano la situazione dei migranti in Libia, si trovava a Torino quando, su segnalazione dell’Interpol, è stato arrestato dalle forze dell’ordine italiane. Su di lui pendeva un ordine di arresto segreto (ovvero della cui esistenza vengono informate solamente le autorità) della Corte Penale Internazionale (CPI). Il generale è accusato di crimini di guerra e contro l’umanità, principalmente per quanto accade all’interno delle prigioni libiche – realtà messa nero su bianco dalle testimonianze di coloro che vi sono sopravvissuti, da anni a questa parte. La DACTO, in particolare, è oggetto di numerose indagini internazionali per le violenze commesse tanto contro i migranti quanto contro la società civile libica. Nel 2023, ha preso parte agli scontri tra le milizie che hanno avuto luogo nei quartieri residenziali di Tripoli, culminati con l’uccisione di 45 persone e il ferimento di 164 civili. Nei centri di detenzione sotto il suo controllo sono decine i migranti che hanno perso la vita o sono scomparsi, sequestrati dalle “autorità” senza che se ne sia più saputo nulla. Alla base della scarcerazione di Almasri ci sarebbero, secondo quanto riferito dalla Corte d’Appello, delle procedure non corrette, che avrebbero a che vedere con la mancata comunicazione del prossimo arresto al ministro della Giustizia Nordio, incaricato dei rapporti con la CPI.
Nonostante l’evidenza di quanto accade in Libia sia oggetto di numerosi processi e indagini internazionali, l’Italia ha negli anni siglato rapporti di collaborazione sempre più stretti con il Paese nordafricano. Nel 2017 (lo stesso anno in cui le torture nei lager libici divenivano realtà processuale nel nostro Paese, con la condanna del Tribunale di Milano di Osman Matammud, aguzzino accusato di sequestro di persona, omicidi e stupri nel centro di detenzione di Sabrata), mentre la Libia si trovava ancora nel caos post-Gheddafi, l’allora primo ministro Gentiloni siglò un Memorandum d’Intesa con Tripoli. Il rinnovo di tale Memorandum è stato uno dei primi atti del governo Meloni, insediatosi nel 2022. L’obiettivo principale era e rimane il controllo della migrazione, tramite l’addestramento di personale per la formazione di una “guardia costiera libica” (composta per lo più da membri delle ex milizie) e il rifornimento di mezzi e supporto di vario genere, con un esborso da parte del nostro Paese di milioni di euro. Il tutto si è presto tradotto nell’aumento delle violenze da parte delle “autorità” libiche contro chiunque cerchi di lasciare le coste nordafricane verso l’Europa.
I rapporti tra i due Paesi sono buoni quanto basta perchè l’Italia sia stato l’unico Stato europeo a riprendere, pochi giorni fa, i collegamenti aerei con Tripoli. E il modello libico funziona talmente bene che Roma lo sta riproducendo anche con la Tunisia. Nel frattempo, i «torturatori» del partner italiano trovano rifugio sicuro nel nostro Paese.
[di Valeria Casolaro]
Lo strumento italiano diretto alla Luna segna un nuovo record
Il sistema LuGRE, progettato da una azienda italiana e da ricercatori del Politecnico di Torino in collaborazione con scienziati della NASA, ha stabilito un nuovo record nella navigazione satellitare, ricevendo segnali da 5 satelliti GPS e Galileo a 331.000 km di distanza, circa 53 raggi terrestri. Lo riporta l’Agenzia Spaziale Italiana, la quale spiega che il risultato apre la strada all’utilizzo dei satelliti terrestri per guidare le future missioni lunari grazie alla combinazione di più sistemi di navigazione. Installato su un lander della NASA, il dispositivo è riuscito a misurare con precisione i segnali satellitari e calcolare in tempo reale posizione e velocità.
Francia, emesso un mandato di arresto contro Assad
I magistrati francesi hanno emesso un mandato di arresto contro Bashar al-Assad, il leader siriano destituito lo scorso dicembre. Assad è accusato di crimini di guerra nell’ambito di un’indagine sul caso di Salah Abou Nabour, un cittadino franco-siriano ucciso il 7 giugno 2017 in un bombardamento in Siria. Si tratta del secondo mandato d’arresto emesso dalla Francia per l’ex leader siriano: nel novembre 2023, infatti, i giudici francesi lo avevano accusato di crimini di guerra e contro l’umanità, rilasciando un altro mandato d’arresto.
Deficit, Pubblica Amministrazione e PNRR: Bruxelles detta l’agenda all’Italia
Ancora una volta, l’Italia è, di fatto, commissariata dall’UE. Il Consiglio Economia e finanza (ECOFIN), responsabile della politica europea in materia economica, questioni relative alla fiscalità e regolamentazione dei servizi finanziari, ha emanato un documento con cui detta l’agenda politica del nostro Paese per i prossimi anni. L’Italia dovrà tornare a rispettare la soglia del 3% del rapporto deficit/PIL entro due anni e portare a termine diverse riforme che l’UE chiede da tempo entro quattro anni, soprattutto per quanto concerne giustizia, pubblica amministrazione e catasto. Se il governo di Giorgia Meloni non rispetterà l’agenda dettata dall’organismo europeo, l’Italia subirà procedure d’infrazione che comportano sanzioni pecuniarie.
«Il Consiglio raccomanda all’Italia di porre fine alla situazione di disavanzo eccessivo entro il 2026», si legge nel documento redatto da ECOFIN. Ciò vuol dire riportare la spesa entro il 3% rispetto al rapporto deficit/PIL così da poter chiudere la procedura d’infrazione già avviata nei confronti dell’Italia nel giugno scorso. Nello specifico, come dettato dall’ECOFIN, per fare questo «l‘Italia dovrebbe garantire che il tasso di crescita nominale della spesa netta non superi l’1,3 per cento nel 2025 e l’1,6 per cento nel 2026». Anche il debito pubblico italiano è stato messo nel mirino dall’organismo europeo, che lo giudica troppo elevato. Per rispondere ai criteri imposti da Bruxelles, la spesa pubblica nominale italiana non dovrà aumentare oltre l’1,9% nel 2027, l’1,7% nel 2028 e l’1,5% nel 2029.
Non solo questioni economiche e di spesa pubblica: l’UE vuole anche la realizzazione di riforme che chiede ormai da tempo, come nel ramo della giustizia. In questo caso si chiede all’Italia di accelerare la durata dei processi entro il 2028. Per quanto riguarda la pubblica amministrazione, invece, entro il 2026, l’Italia dovrà dare piena attuazione a una riforma che garantisca la piena mobilità orizzontale e verticale della forza lavoro pubblica. Infine la questione catasto. In questo caso, l’ECOFIN chiede che il nostro Paese aggiorni i valori catastali generali fermi agli anni Settanta, che effettui una mappatura di tutte le proprietà non registrate e che riveda i valori catastali degli immobili che hanno effettuato, dal 2019 in poi, interventi di ristrutturazione o di efficientamento energetico finanziati, in tutto o in parte, da fondi pubblici. In questo ultimo caso vi rientrano senz’altro gli interventi effettuati con il “superbonus”.
«Il Consiglio raccomanda all’Italia di attuare pienamente l’insieme di riforme e impegni di investimento per preservare l’estensione del periodo di aggiustamento», dice il documento ECOFIN. Qui ci si riferisce alla richiesta avanzata dall’Italia di poter ottenere un percorso di aggiustamento dei conti di sette anni anziché di quattro. Gli organismi europei vigileranno sull’operato politico italiano per decidere come intervenire nel caso in cui le riforme non vengano effettuate. Insomma, l’Italia è ancora una volta è commissariata dall’UE. Il punto non è che alcune riforme non vadano effettivamente effettuate per una questione di giustizia sociale e di efficienza, quanto piuttosto che il Paese non è sovrano nel decidere il proprio corso politico. Ma questo lo sapevamo ormai da tempo.
[di Michele Manfrin]