sabato 7 Giugno 2025

La vendetta dello Stato contro Alfredo Cospito, l’anarchico seppellito al 41-bis

Ventuno ore al giorno rinchiuso in una cella di tre metri per due, scavata quasi sotto terra. La luce elettrica va sempre tenuta accesa, nelle celle della sezione 41-bis del carcere di Bancali, frazione di Sassari. Perché quella naturale quasi non c’è. Alfredo Cospito, l’anarchico condannato a 23 anni di detenzione per una “strage” in cui non ci sono stati morti né feriti, vive ancora come sepolto vivo. «Nell’ultimo mese ad Alfredo hanno negato anche l’acquisto di libri» dice il suo avvocato, Flavio Rossi Albertini, a L’Indipendente. «Un libro sui vangeli apocrifi, uno sulla fisica quantistica e due libri di fantascienza. Più un CD musicale». Ha tutta l’aria di essere una vendetta di Stato quella contro Alfredo Cospito. E sembra manifestarsi in maniera ancora più decisa ora, dopo che alcuni esponenti della classe politica sono stati messi in discussione per il loro operato durante il lunghissimo sciopero della fame dell’anarchico contro il 41-bis e l’ergastolo ostativo.

Effetti personali ridotti al minimo, un’ora di socialità con altri tre detenuti e due ore dove può uscire all’aperto, sempre solo e circondato da muri, grate, agenti. Una visita di un’ora al mese con la sorella, separati da un vetro divisorio in un colloquio che avviene tramite telefono sotto l’attenzione dei secondini. Quasi nessuna possibilità di comunicare con il mondo esterno, dato che tutta la sua posta viene trattenuta e censurata. Anche l’ingresso in biblioteca gli è stato negato, nonostante sia autorizzato ad accedervi. E un pacco inviatogli dalla sorella è stato rispedito al mittente perché il carcere non ha provveduto a ritirarlo. Per mesi, non ha potuto nemmeno tenere la foto dei genitori, entrambi deceduti, appesa in cella. 

Il 20 febbraio 2025,  Andrea Delmastro, sottosegretario alla giustizia, è stato condannato a 8 mesi per rivelazione di segreto d’ufficio, per aver riferito al collega di partito Donzelli le chiacchiere scambiate da Cospito con le uniche persone con cui gli era permesso parlare (secondo la decisione delle autorità carcerarie), ovvero due condannati per mafia. Chiacchiere che poi Donzelli ha usato per attaccare esponenti di altri partiti politici in Parlamento. E mentre il ministro della Giustizia Nordio – uno dei principali fautori della linea dura contro Cospito – ribadisce la sua «più totale e incondizionata fiducia» al sottosegretario condannato e Giorgia Meloni grida allo scandalo, rifiutandosi di chiedere le dimissioni di Delmastro, Alfredo Cospito vede peggiorare ancora di più le proprie condizioni di reclusione. È difficile pensare che si tratti di un caso. 

«Alfredo dice che c’è stato un irrigidimento, una sclerotizzazione, cioè una maggiore difficoltà ad accedere a ciò che in qualche modo prima gli veniva consentito», riporta ancora l’avvocato Rossi Albertini, precisando che «tutte le sue ultime richieste sono state rigettate». Vendetta? O normale non-vita da 41-bis? 

A fine dicembre il capo del DAP (Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria), Giovanni Russo, si è dimesso dal suo incarico. Voci di corridoio parlano di forti frizioni con Delmastro, che l’avrebbe “dimissionato”. Frizioni dovute alla testimonianza di Russo sul sottosegretario proprio nel processo legato alla questione Cospito: l’ex capo del DAP aveva infatti sottolineato come quei documenti riservati non sarebbero mai dovuti uscire dall’amministrazione. Altra strana coincidenza, che forse ha favorito un ulteriore indurimento della linea contro Alfredo, è il ritorno al comando della sezione 41-bis di Bancali del graduato del gruppo operativo mobile che era stato trasferito proprio per il suo coinvolgimento nella vicenda delle intercettazioni.

Il prezzo della lotta  

Alfredo Cospito sta scontando una condanna a 23 anni dopo essere stato giudicato colpevole di aver piazzato due bombe a basso potenziale in un cassonetto nei pressi della scuola dei carabinieri di Fossano, in provincia di Cuneo. Le bombe erano state fatte detonare di proposito in un orario in cui non passasse nessuno e infatti non vi furono feriti nell’esplosione. Tuttavia, i giudici hanno condannato l’anarchico per strage ai danni dello Stato, il reato più grave del nostro ordinamento, che – tanto per dare un metro di paragone – non venne contestato nemmeno agli autori delle stragi di Capaci e via D’Amelio, dove vennero uccisi i giudici Falcone e Borsellino. Date le condizioni di detenzione, è legittimo chiedersi se stia pagando la sua condanna o anche l’aver messo in crisi una parte del regime penitenziario italiano, accendendo i riflettori sulle inumane condizioni di detenzione del 41-bis. Un sistema che attualmente vede detenute 720 persone e che è finito ripetutamente nel mirino della CEDU, la Corte Europea dei Diritti Umani. 

Una delle molteplici manifestazioni a favore di Alfredo Cospito, il cui caso ha riacceso i riflettori sulle condizioni di detenzione inumane previste dal regime del 41-bis.

I sei mesi di sciopero della fame dell’anarchico avevano suscitato un acceso dibattito riguardo queste sezioni “speciali” e in molti avevano iniziato a mettere in discussione la legittimità di questo modello carcerario. «Il 41-bis serve per evitare che una persona possa continuare ad avere collegamenti con il proprio circuito criminale di appartenenza», spiega l’avvocato Rossi Albertini, «sempre che esista un’associazione tra gli anarchici». «Ma comunque quella è la finalità: l’interruzione di quel rapporto. Tutto il resto è mera afflizione. Poi se la vuole chiamare vendetta, se lo vuole chiamare un insegnamento, un messaggio, un monito che si invia a tutti gli altri che possano pensare di seguire le orme di Cospito, io non lo so, però certamente è gratuito, certamente non trova più alcuna copertura giuridica». 

Il 41-bis, di fatto, ha un altro ruolo, che non è quello di impedire le connessioni tra prigioniero e gruppo “criminale” esterno. Ed è quel ruolo che lo Stato non vuole perdere, nonostante le diverse condanne all’Italia della CEDU per aver più volte violato l’articolo 3 della Convenzione dei Diritti dell’Uomo, per il quale «nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti disumani o degradanti». «Non sembra che effettivamente poter svolgere l’ora d’aria all’interno di un cubicolo di cemento armato con le grate sopra la testa, con la mancanza di prospettiva, senza un fiore, senza un filo d’erba, un albero, cozza e contrasta con l’esclusiva necessità di impedire la comunicazione all’esterno. Se ci fosse un parco dove poter trascorrere l’ora d’aria, ugualmente sarebbe impedita la comunicazione all’esterno, quindi forse tutte queste forme, così come pensate e attuate, nascondono altre finalità. Gli avvocati da sempre sono abbastanza schietti nell’individuare una finalità impropria nel 41-bis che è quella di spingere, di spronare alla collaborazione», commenta il legale. Dal 41-bis, infatti, si esce quasi solo collaborando. «Le condizioni del 41-bis sono insopportabili e non trovano alcuna giustificazione con la ratio». 

Alfredo, così come tutti i detenuti costretti in quelle condizioni, dopo tre anni di 41-bis inizia a soffrire le conseguenze a livello fisico e mentale. «Questa ripetitività, questi spazi angusti, questa assenza di prospettiva anche visiva, incide sulla capacità cognitiva, ovvero su forme di memoria breve che tendono a dissiparsi e a svanire» continua l’avvocato. Conseguenze delle quali non soffre solamente Cospito, ma che si riscontrano in tutti i detenuti in quel regime.

Un modello sempre più esportato nell’UE

Il ministro della giustizia Carlo Nordio

Il “carcere duro”, dopo quei pochi mesi di attenzione pubblica dati dallo sciopero della fame di Cospito, è tornato nell’ombra. E a oggi sembra che altri Paesi vogliano portarlo all’interno del loro sistema carcerario. Il ministro degli Interni francese Darmanin si è recentemente recato in visita in Italia per impararne da Nordio il funzionamento e anche il Cile di Boric si è detto interessato a introdurlo nel proprio ordinamento. «È la tendenza dell’Occidente, dei nostri sistemi giuridici, cosiddetti democratici», commenta Rossi Albertini. «Una tendenza di trasformazione sempre più autoritaria delle democrazie occidentali, secondo me, è evidente ed è chiaro che lì dove sono stati utilizzati degli strumenti ritenuti efficaci nella loro asprezza, vengano ripresi». 

Il decreto applicativo di 4 anni alla detenzione di Cospito in 41-bis scadrà a maggio del 2026. Se vorranno prorogarlo, sarà necessario emetterne uno nuovo e darne motivazione. Anche se la questione, per Cospito, è molto più politica che giuridica: due anni fa, la stessa Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo aveva dichiarato che il 41-bis per l’anarchico non fosse più necessario. Ma il ministro, pur di tenerlo in regime duro, aveva utilizzato le dure argomentazioni della Procura generale di Torino, manifestando un cortocircuito anche tra i soggetti che avrebbero titolo a esprimere effettivamente una qualificata valutazione in ordine alla pericolosità di un soggetto. «Tra un anno, il ministro si dovrà nuovamente esprimere – dichiara Rossi Albertini – e contro le eventuali decisioni di proroga si potrà riattivare quel circuito che interessò anche l’opinione pubblica per il lungo sciopero della fame di Cospito». 

Avatar photo

Monica Cillerai

Laureata in Scienze Internazionali a Torino, con un master in Risk Analysis and Management all'Università di Scienze Politiche di Bordeaux. Per L'Indipendente è corrispondente dal Medio Oriente oltre a scrivere di immigrazione e frontiere, estrattivismo e tematiche ambientali.

Ti è piaciuto questo articolo? Pensi sia importante che notizie e informazioni come queste vengano pubblicate e lette da sempre più persone? Sostieni il nostro lavoro con una donazione. Grazie.

L'Indipendente non riceve alcun contributo pubblico né ospita alcuna pubblicità, quindi si sostiene esclusivamente grazie agli abbonati e alle donazioni dei lettori. Non abbiamo né vogliamo avere alcun legame con grandi aziende, multinazionali e partiti politici. E sarà sempre così perché questa è l’unica possibilità, secondo noi, per fare giornalismo libero e imparziale. Un’informazione – finalmente – senza padroni.

Articoli correlati

3 Commenti

  1. Eh ma sai tipicamente l’italiano è forte coi deboli e debole coi forti. Brusca lo faccio uscire, lo assisto, magari gli trovo ancvhe un lavoro perchè è pur sempre un mafioso e un poco mi faccio la acca di sopra, e dico che per legge bisognava farlo uscire, Cospito è un povero disgraziato e allora faccio il pugno duro, 41 BIS, TER e QUATER perchè io faccio rispettare la laegge, caz<zo!!! Questa è l'Italia!!!

Iscriviti a The Week
la nostra newsletter settimanale gratuita

Guarda una versione di "The Week" prima di iscriverti e valuta se può interessarti ricevere settimanalmente la nostra newsletter

Ultimi

+ visti