sabato 7 Dicembre 2024

Negli USA industria della carne e Fbi collaborano per controllare gli animalisti

Secondo i documenti ottenuti dall’organizzazione no-profit Animal Partisan grazie al Freedom of Information Act, FBI e industria della carne hanno creato un sodalizio con l’intento di reprimere l’attivismo ecologista e antispecista, designandolo come terrorismo. Dai documenti si evince infatti che l’Agenzia Federale vorrebbe incriminare gli attivisti che irrompono negli allevamenti intensivi in base alle norme previste dallo statuto che vieta l’utilizzo delle armi biologiche, coinvolgendo anche il proprio ufficio interno dedicato alle armi di distruzione di massa. Il tentativo potrebbe essere quello di incolpare gli attivisti del dilagare dei virus all’interno degli allevamenti intensivi, con ipotesi di reato per le quali è previsto anche l’ergastolo. Avvocati e i difensori degli animali hanno fortemente criticato il tentativo di legittimare l’azione penale federale contro gli attivisti, sottolineando come la diffusione delle malattie all’interno degli stabilimenti intensivi sia una problematica che dipende dal loro stesso funzionamento.

Tutto nasce nel 2019, dopo un’azione diretta di membri di Meat the Victims, un movimento globale e decentralizzato che intende abolire lo sfruttamento degli animali. Gli attivisti erano entrati in un allevamento intensivo in Texas, fotografando le condizioni di un capannone in cui erano stipati quasi 30.000 pulcini. Foto raccapriccianti sulle condizioni esistenziali ed igieniche di questi esseri viventi, decine dei quali già morti e in vari stati di decomposizione, erano poi state pubblicate su internet. Almeno da allora, l’FBI ha iniziato a collaborare a stretto contatto con i produttori di carne, chiedendo loro di inviare le segnalazioni delle intrusioni dei gruppi animalisti e ambientalisti così da poter indagare e perseguire gli attivisti. Agenti del FBI hanno anche iniziato a partecipare a iniziative organizzate e promosse dall’industria zootecnica.

Due documenti del FBI rivelano una fiorente relazione tra l’industria della carne e l’ufficio del Bureau sulle armi di distruzione di massa, incaricato di contrastare le più gravi minacce biologiche, chimiche, radiologiche e nucleari. Ciascuno dei 56 uffici sul campo del FBI ha un agente designato incaricato di indagare sui sospetti usi di armi di distruzione di massa. Uno dei due documenti designa l’attivismo ecologista e antispecista come terrorismo interno, definendolo “agroterrorismo”. Un altro documento interno del FBI, del Sacramento Field Office, prende di mira Direct Action Everywhere (DxE), un gruppo per i diritti degli animali con sede a Berkeley, definendolo una minaccia di bio-terrorismo. Il documento del FBI afferma che il DxE, con l’intrusione dei suoi attivisti negli allevamenti intensivi, aveva incautamente aumentato il rischio di diffusione di agenti patogeni virali.

«L’inquadramento stesso della disobbedienza civile contro gli allevamenti intensivi come terrorismo è una forma di repressione governativa», ha detto Justin Marceau, professore di diritto che gestisce una clinica legale per attivisti animalisti presso l’Università di Denver. Marceau ha spiegato anche che questa attenzione all’agroterrorismo può non solo servire per una severa repressione degli attivisti ma anche come un tentativo di incolparli per le dilaganti epidemie negli allevamenti intensivi e quindi di deresponsabilizzare un sistema che, inevitabilmente, crea le condizioni per il diffondersi di virus e malattie.

[di Michele Manfrin]

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