venerdì 13 Dicembre 2024

Minacce reciproche e sabotaggio delle strade: riesplode la tensione tra le due Coree

Negli ultimi giorni, si è assistito a un intensificarsi delle tensioni tra le due Coree, in un contesto in cui da mesi i governi di Seul e Pyongyang si scontrano lanciandosi avvertimenti reciproci e esibendosi in dimostrazioni di forza militare. Questa settimana il confronto si è ulteriormente esacerbato: la Corea del Nord (Repubblica popolare democratica di Corea, RPDC) ha fatto saltare i collegamenti stradali lungo il confine ed è arrivata a indicare ufficialmente la Corea del Sud (Repubblica di Corea) come “Stato ostile”, confermando la modifica costituzionale apportata dalla recente sessione dell’Assemblea suprema del popolo, il parlamento locale, coerentemente con l’intenzione del capo Kim Jong-un di abbandonare l’unificazione come obiettivo nazionale. I contrasti tra i due Stati della penisola coreana si sono acuiti, in particolare, dopo che la Corea del Nord ha denunciato, lunedì 14 ottobre, la violazione dello spazio aereo nazionale per ben tre volte da parte di droni senza pilota sudcoreani carichi di volantini con un chiaro messaggio di propaganda anti-Corea del Nord. Secondo l’agenzia di stampa sudcoreana Yonhap News Agency, l’esercito sudcoreano ha dichiarato di non poter confermare se le affermazioni del Nord sui droni siano vere. Ciò ha innescato una serie di minacce e reazioni allarmanti da parte di Pyongyang causando la preoccupazione della Cina, che nell’area ha importanti interessi strategici. La Russia, invece, ha garantito il suo aiuto militare nel caso in cui il Nord fosse attaccato.

La potente sorella del leader nordcoreano Kim Jong-un, Kim Yo-jong, ha avvertito che la Corea del Sud andrà incontro a un «terribile disastro» nel caso in cui i droni sudcoreani venissero nuovamente lanciati verso il Nord. Allo stesso tempo, l’esercito ha ordinato alle unità di artiglieria lungo il confine con la Corea del Sud di tenersi pronte ad aprire il fuoco. Secondo fonti di intelligence, sarebbero otto le brigate di artiglieria spostate verso la DMZ, la zona smilitarizzata che rappresenta il confine tra le due coree. In risposta agli avvertimenti di Pyongyang, il Ministero della Difesa di Seul ha avvertito che il Nord affronterà “la fine del suo regime” se causerà danni al popolo sudcoreano. Il che ha innescato ulteriori azioni ostili da parte del Nord che ha fatto esplodere i collegamenti stradali e ferroviari a nord del confine che collegavano le due parti della penisola. Un gesto più simbolico che pratico che conferma la volontà di voler interrompere le relazioni con il Sud. In risposta, la Repubblica di Corea ha dato ordine di sparare alcuni colpi lungo la linea di demarcazione.

Le ostilità tra le due Coree, oltre ad affondare le loro origini lontano nel tempo, si inseriscono nel contesto più ampio di alleanze internazionali che caratterizzano l’attuale scenario geopolitico. Una delle cause degli scontri, infatti, è la stretta e storica vicinanza di Seul agli Stati Uniti, che rende sempre più pervasiva la presenza statunitense nell’area. Tanto che lo scorso giugno la Corea del Nord ha espresso la necessità di un’alleanza formale anti-Occidentale e anti-Americana con il fine di contrastare quella che secondo Pyongyang è la strategia egemonica di Washington per accerchiare e sopprimere Stati sovrani indipendenti attraverso l’istituzione di una versione asiatica della NATO. La proposta era arrivata in seguito a un’esercitazione militare congiunta – denominata “Freedom Edge” – tra la Corea del Sud, gli Stati Uniti e il Giappone, vicino alla RPDC. Secondo il governo nordcoreano, l’intenzione strategica degli Stati Uniti è quella di utilizzare «il blocco militare triangolare USA-Giappone-Corea del Sud come una carrozza a tre cavalli per guidare la loro strategia egemonica non solo nel nord-est asiatico, ma anche su scala globale».

In risposta a quella che il Nord ha definito Nato asiatica, Pyongyang ha stretto i suoi legami con la Russia arrivando a siglare, il 20 giugno scorso, un patto storico con Mosca, in base al quale i due Stati si forniranno assistenza militare reciproca e altri generi di aiuti nel caso uno dei due Paesi venisse attaccato da uno o più Stati ostili. Non a caso, il 15 ottobre scorso, il viceministro degli Esteri russo Andrey Rudenko ha dichiarato che la Russia fornirà assistenza militare alla Corea del Nord se il paese verrà attaccato. In tale quadro internazionale, il confronto acceso tra le due Coree rischia di trasformarsi in un ulteriore tassello di quella che è stata definita “guerra mondiale a pezzi”, aggiungendosi alla crisi ucraina, a quella mediorientale e alla questione di Taiwan.

La tensione tra i due governi della penisola non si è mai davvero risolta dal 1945, quando URSS e Stati Uniti la liberarono dall’occupazione giapponese, occupando temporaneamente rispettivamente la parte nord e la parte sud. Allora l’idea era quella di riunificare il Paese con l’intenzione di renderlo neutrale. Tuttavia, con l’inizio della Guerra Fredda, le due parti della Corea dichiararono la propria sovranità fondando di fatto due Stati. Nel 1951, il governo comunista di Kim Il-Sung decise di invadere il Sud arrivando a conquistare Seul. Solo l’intervento di Washington riuscì a respingere l’esercito nordcoreano, mentre la Cina di Mao Zedong dovette intervenire in favore di Pyongyang. Le ostilità cessarono solo nel 1953, quando i due Stati accettarono di rispettare una linea di confine che corre nei pressi del 38° parallelo.

I recenti avvenimenti hanno suscitato la reazione della Cina che ha invitato le due parti alla calma. Colpisce invece l’assenza di Washington nella gestione della crisi tra i due Stati, proprio mentre la possibilità che le tensioni sfocino in una guerra aperta preoccupano sempre di più i principali attori della regione.

[di Giorgia Audiello]

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