giovedì 12 Dicembre 2024

Nel CPR di Potenza è esplosa la rivolta dopo la morte di un migrante

Aveva solo 19 anni Oussama Belmaan, l’ennesima vittima dei CPR made in Italy. «Arresto cardiaco», dicono dalla struttura. Alcuni testimoni hanno riferito invece di un pestaggio da parte degli agenti di polizia, e di cure mai arrivate. «La mia cella è davanti alla sua» sostiene un giovane recluso nella stessa struttura, intervistato dalle TV locali. «Quello che abbiamo visto è disumano. Il ragazzo è rimasto là fino alla fine. Neanche i soccorsi sono venuti subito». Oussama era stato fermato il 24 maggio in mancanza di documenti e portato al Centro di permanenza per il rimpatrio di palazzo San Gervasio, vicino a Potenza. Di origini algerine, non gli era stato possibile ottenere un permesso di soggiorno. Era in attesa di espulsione. Nel caldo atroce della struttura, dove vengono trattenuti per essere rimpatriati per lo più migranti senza documenti, aveva provato a suicidarsi pochi giorni fa ingerendo dei pezzi di vetro. Dopo il ricovero in ospedale, era stato riportato nel CPR. Lunedì sera è morto. Questo ha immediatamente scatenato una rivolta all’interno della struttura, con un centinaio di reclusi che hanno dato fuoco a quattro dei moduli prefabbricati che ospitano le celle.

«L’ennesima morte di stato all’interno dei CPR, anche questa totalmente oscura come molte altre dal punto di vista dei fatti avvenuti e delle cause della morte stessa. È sintomo della necessità di arrivare all’abolizione di questi strumenti di tortura che sono i CPR Chissà cosa potrebbe accadere nei CPR in Albania visto quello che accade in Italia» dice Igor Zecchini del comitato No Cpr – Mai più Lager. La versione del pestaggio è stata smentita dal procuratore della repubblica di Potenza Francesco Curcio, che si occuperà dell’indagine. Per Curcio, Oussama «non è stato picchiato ma ciò non esclude alcuna fattispecie di reato», compresi «l’omicidio doloso, colposo e un atto autolesionistico». L’autopsia proverà a chiarire i fatti, anche se i dubbi rimangono.

Le proteste in realtà non si sono mai fermate nel CPR potentino: pochi mesi fa, i reclusi erano saliti sul tetto, denunciando condizioni di vita insostenibili, cibo marcio e trattamenti inumani. Proteste, atti di autolesionismo, e tentativi di fuga sono quasi quotidiani. In tutta Italia i Centri di detenzione sono sotto inchiesta per abusi dei diritti umani, psicofarmaci utilizzati per sedare i trattenuti, servizi mai erogati. Migranti trattati «come scimmie», pestaggi, violenze di vario tipo risultano all’ordine del giorno. A Milano, il CPR di via Corelli è stato sequestrato perché la gestione della società Martinina srl è finita nel mirino della procura per frode e turbativa d’asta, oltre che per i trattamenti riservati agli “ospiti”, ossia mancanza di cure, psicofarmaci imposti e cibo scaduto. A Ponte Galeria, a Roma, è morto suicida pochi mesi fa Ousmane Sylla, guineano. Non ha retto all’idea di dover passare 18 mesi in detenzione nonostante non fosse nemmeno deportabile, grazie alla nuova legge del governo Meloni. Ekene, l’ente che gestisce i CPR di Macomer e Gradisca d’Isonzo, dove negli ultimi quattro anni sono morte già quattro persone, è sotto inchiesta da anni. Anche lì servizi mai erogati e trattamenti inumani verso i reclusi.

Il CPR di Palazzo San Gervasio è nato nel 2011 come tendopoli per ospitare i migranti della cosiddetta “Emergenza Nordafrica”. Le tende sono poi diventate celle, la rete è diventata un muro di cinta sorvegliato da militari dell’Operazione Strade Sicure. I reclusi non possono uscire all’aperto, non ci sono spazi di socialità, nemmeno una mensa. Il cibo viene portato da un catering esterno direttamente nelle celle e in molti denunciano piatti scaduti e marci. La salute – mentale e fisica – è completamente dimenticata. Pochissimi gli infermieri a disposizione per gli oltre 100 trattenuti, mentre sempre abbondante il numero delle forze di polizia presenti. Proprio questa struttura era finita sotto inchiesta qualche mese fa, quando la società che la gestiva fino all’anno scorso – Engel Italia srl – è stata accusata di somministrare a forza psicofarmaci e farmaci tranquillanti, oltre che di 35 casi di maltrattamenti. Vari i poliziotti e i rappresentanti dell’ente a essere finiti con misure cautelari.

Nonostante i morti, le continue proteste e le inchieste che si susseguono contro “il sistema CPR”, il governo continua a spingere sui rimpatri e sulla costruzione di nuove prigioni per senza-documenti, ormai anche fuori dal territorio italiano. I CPR albanesi dovrebbero entrare in funzione tra poco, mentre nei prossimi mesi dovrebbe riaprire anche il centro di detenzione di Torino, chiuso a seguito delle rivolte ormai da quasi un anno e mezzo. Nonostante gli appelli e le richieste di abolizione di queste strutture, le rivolte sembrano l’unico modo per diminuire i posti nelle prigioni per migranti. Mentre il governo cerca di aumentare le pene per qualsiasi forma di protesta all’interno di carceri e CPR.

[di Moira Amargi]

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3 Commenti

  1. Provo solo vergogna di appartenere ad un paese tanto inumano con i più deboli e derelitti già oggetto di tratta degli umani da parte di organizzazioni malavitose che coinvolgono anche Ong. come più volte ha denunciato Africa express . Lo spirito è evidentemente lo stesso che utilizzavano i fascisti nei lagher in Istria e Nord Italia per cui avevo già provato la stessa vergogna . Dove sono coloro che denunciavano indignati le disumane condizioni delle carceri ungheresi come l’effetto di un regime autoritario e disumano? Anche loro strabici , o forse ribellarsi per dei migranti senza documenti non è produttivo?

  2. Ovviamente una cosa è governare la demenza imperialista filo USA, altra cosa molto più capillare è governare una società ed una economia in crescita in ambito BRICS.
    La fine del fascismo vedrà la fine delle prigioni filo USA in cui tutti sono potenzialmente incarcerabili ( si salvano solo gli amici che possono uccidere e stuprare a piacere ) per mantenerne un decimo aumentando invece i servizi sociali e di sviluppo economico e scientifico.

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