venerdì 3 Maggio 2024

La schizofrenia USA verso Israele: sanzioni contro i crimini di guerra e armi per continuarli

Gli Stati Uniti stanno conducendo una politica schizofrenica nei confronti di Israele. Dopo aver già sanzionato alcuni cittadini israeliani, coloni della Cisgiordania, per le violenze e le violazioni dei diritti umani a danno della popolazione civile palestinese, si apprestano adesso a sanzionare un intero battaglione dell’esercito israeliano di stanza nei territori occupati. Al contempo, gli USA forniscono ad Israele 17 miliardi di dollari in armamenti. Dunque, da una parte vengono sanzionati individui, o gruppi di individui, che hanno commesso violenze nei riguardi di civili palestinesi in Cisgiordania, mentre dall’altra si rifornisce lo Stato di sistemi sofisticati per uccidere decine di migliaia di persone nella Striscia. Come se non bastasse, al cortocircuito si aggiungono gli aiuti per la popolazione palestinese di Gaza. Insomma, sanzioni contro i crimini di guerra e armi per continuarli. La banalità del male, o genialità, a seconda di come la si guardi, degli Stati Uniti si trova in questo schema: riforniscono di armi coloro che conducono un massacro e mandano aiuti a coloro che sono massacrati, oltre a sanzionare chi commette gli stessi crimini, ma in entità minore, in un’altra regione occupata dai medesimi.

Il segretario di Stato americano Antony Blinken dovrebbe annunciare entro pochi giorni sanzioni contro il battaglione delle forze di difesa israeliane Netzah Yehuda per violazioni dei diritti umani nella Cisgiordania occupata. Sarebbe la prima volta che gli Stati Uniti impongono sanzioni a un’unità militare israeliana. Le sanzioni vieteranno al battaglione e ai suoi membri di ricevere qualsiasi tipo di assistenza o addestramento militare degli Stati Uniti, in base alla legge del 1997, redatta dall’allora senatore Patrick Leahy, la quale proibisce agli aiuti esteri degli Stati Uniti e ai programmi di addestramento del Dipartimento della Difesa di essere forniti alle unità di sicurezza, militari e di polizia straniere credibilmente accusate di aver commesso violazioni dei diritti umani. ProPublica ha riferito che una commissione speciale del Dipartimento di Stato ha indagato su presunte violazioni dei diritti umani sulla base della legge Leahy, raccomandando nel dicembre  scorso a Blinken di classificare come “non idonee agli aiuti” diverse unità militari e di polizia israeliane che operano in Cisgiordania. Le accuse di violazioni dei diritti umani che vengono imputate al battaglione Netzah Yehuda si riferiscono tutte ad eventi antecedenti al 7 ottobre scorso, data di inizio delle operazioni militari.

Il battaglione Netzah Yehuda è stato formato come unità speciale per i soldati sionisti ultra-ortodossi. Tutti i suoi membri sono uomini. Nel corso degli anni, l’unità di stanza in Cisgiordania è diventata una destinazione per molti Hilltop Youth, ovvero giovani coloni della destra radicale che non sono stati accettati in nessun’altra unità di combattimento dell’IDF. Queste sanzioni seguirebbero quelle emanate la scorsa settimana, quando le autorità statunitensi hanno sanzionato Ben-Zion Gopstein, un colono estremista che è il fondatore e il leader di Lehava, un’organizzazione che si è impegnata in azioni violenze nella Cisgiordania occupata, come sostenuto dallo stesso Dipartimento di Stato USA. Gopstein è uno stretto confidente del Ministro della Sicurezza Nazionale israeliano, l’ultranazionalista Itamar Ben Gvir, ed è una figura chiave della destra radicale in Israele. Il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti ha poi sanzionato anche due entità, Mount Hebron Fund e Shlom Asiraich, per aver violato le sanzioni statunitensi emanate nel febbraio scorso contro due coloni israeliani. Il fondo Mount Hebron ha istituito una campagna di raccolta fondi per conto di Yinon Levi, sanzionato il 1° febbraio, raccogliendo 140.000 dollari. Shlom Asiraich, un’entità che ha ricevuto servizi legali per il capo di gabinetto di Ben Gvir, ha raccolto 31.000 dollari per David Chai Chasdai, anch’egli sanzionato il 1° febbraio scorso.

Il Primo Ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, ha definito la possibilità che l’amministrazione Biden imponga tali sanzioni «il picco dell’assurdità e un basso livello morale» mentre stanno «combattendo mostri terroristi». In effetti sembra tutto quanto molto assurdo se si pensa che la notizia sulle imminenti sanzioni al battaglione dell’IDF è uscita appena il giorno dopo che la Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti ha approvato un pacchetto legislativo da 95 miliardi di dollari con un ampio sostegno bipartisan che fornisce assistenza all’Ucraina, a Taiwan e a Israele. In merito a quest’ultimo, la cifra destinata è di circa 26 miliardi di dollari. Nello specifico, 17 miliardi di dollari in aiuti militari ad Israele e circa 9 miliardi di dollari per fornire aiuti umanitari a Gaza e in altre regioni dilaniate dalla guerra (quindi non solo per Gaza). Degli aiuti a Israele, circa 5,2 miliardi di dollari saranno destinati al rifornimento e all’espansione del sistema di difesa missilistica di Israele, altri 3,5 miliardi di dollari saranno destinati all’acquisto di sistemi d’arma avanzati, 1 miliardo di dollari per migliorare la produzione di armi, 4,4 miliardi di dollari per altre forniture e servizi di difesa forniti a Israele e circa 2,4 miliardi di dollari per le operazioni statunitensi nella regione durante la guerra di Gaza. Dunque da una parte si sanzionano individui – o gruppi di individui – per violazioni dei diritti umani, spesso anche antecedenti a quanto sta avvenendo oggi, dall’altra si forniscono armi a chi tali crimini li commette, oltre a fornire aiuti umanitari a chi quei crimini li subisce.

Nel frattempo, nella Cisgiordania occupata, i pogrom dei coloni sionisti nei confronti dei palestinesi sono ormai cosa quotidiana e aumentano sempre di più in numero ed intensità. Secondo il gruppo per i diritti umani Yesh Din, coloni israeliani hanno attaccato 11 villaggi e città palestinesi nella sola giornata di sabato. Hanno lanciato pietre, incendiato più di 100 veicoli, danneggiato decine di case e attività commerciali e massacrato centinaia di capi di bestiame. Nel villaggio di Beitin, vicino a Ramallah, i coloni hanno ucciso a colpi d’arma da fuoco il diciassettenne Omar Hamed. Ad Al-Mughayyir, un po’ più a nord, il 25enne Jihad Abu Aliya è stato ucciso in circostanze ancora poco chiare. Un altro incidente ripreso da una telecamera di sicurezza mostra soldati israeliani di guardia mentre coloni danno fuoco a un’auto nella città di Deir Dibwan, sempre vicino a Ramallah, senza che facciano alcunché. I pogrom sono continuati fino a lunedì, quando coloni israeliani hanno ucciso a colpi di arma da fuoco due pastori palestinesi. Tutto questo viene favorito e sostenuto, direttamente e indirettamente, dall’IDF. Nella Striscia di Gaza, dove i morti superano le 35.000 persone, nel cortile del Nasser Medical Complex, nella città di Khan Younis, è stata trovata una fossa comune con circa 200 cadaveri. L’Organizzazione della Cooperazione Islamica (OIC) ha dichiarato che “centinaia di sfollati, feriti, malati e squadre mediche sono stati sottoposti a torture e abusi prima di essere giustiziati e sepolti collettivamente”.

[di Michele Manfrin]

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