martedì 8 Ottobre 2024

La lotta dei lavoratori della Furukawa contro la schiavitù moderna in Ecuador

Dopo quasi quattro anni di lotte e udienze in Tribunale, i lavoratori e le lavoratrici dell’azienda giapponese Furukawa S.A. dovrebbero vedere i primi risultati. Il 9 aprile si terrà un’udienza alla Corte Costituzionale dell’Ecuador, in cui l’impresa è chiamata a rispondere delle pesanti accuse di “tratta di persona a scopo di sfruttamento lavorativo”, espressione giuridica per definire la schiavitù moderna, la servitù della gleba. La Corte è anche chiamata a visionare le sentenze emesse finora e a esaminare, confermare o ristabilire le riparazioni per i lavoratori e le lavoratrici danneggiate. Il Comitato di Solidarietà Furukawa Mai Più! sta attivando una campagna pubblica e mediatica per dare visibilità al caso e convincere la Corte a obbligare i risarcimenti, che ancora non si sono visti nonostante le precedenti condanne.

Condizioni di lavoro disumane. Baracche per vivere senza acqua potabile, elettricità e servizi igienici. Orari di lavoro superiori alle 10 ore senza contratto né previdenza sociale. Paghe bassissime. Sovraffollamento. Lavoro minorile. Malattie facilitate dall’ambiente insalubre. Mutilazioni dovute all’uso non sicuro di macchinari agricoli. Questi sono solo alcuni degli abusi subiti da centinaia di contadini, per lo più di origine africana, nelle fattorie di Furukawa Plantaciones C.A. in Ecuador, il secondo produttore di fibra di abaca (nota anche come canapa di Manila) del mondo. Nel diritto internazionale questa forma di sfruttamento viene chiamata anche “servitù della gleba”, ossia la condizione in cui una persona è obbligata per legge, consuetudine o accordo a vivere e lavorare su terreni appartenenti a un’altra persona e a fornire servizi, dietro compenso o gratuitamente, senza libertà di cambiare il proprio status. In Ecuador la schiavitù esiste ancora e tocca soprattutto la popolazione di origini africane, da sempre tra le più povere nel Paese.

La multinazionale giapponese dispone di 32 stabilimenti che occupano approssimativamente un territorio pari a 2.300 ettari nelle regioni di Esmeraldas, Los Rios e Santo Domingo de los Tsachilas. Ma le responsabilità degli abusi sono anche statali. L’azienda, infatti, opera nel Paese dal 1963, con pratiche “coloniali” di “schiavitù moderna” che sono andate avanti per sei decenni. Le prime denunce della Defensoria del Pueblo sono arrivate nel 2019 e nel 2021 un giudice costituzionale ha condannato l’azienda produttrice di abaca a risarcire 123 dei suoi ex dipendenti, anche se le persone che lavoravano e vivevano nelle tenute della Furukawa erano quasi 1250. Poco più di un centinaio di essi – seguito a ruota da qualche altra decina di dipendenti – hanno infatti avuto il coraggio e la possibilità di denunciare la multinazionale, sapendo che avrebbero probabilmente perso il lavoro.

La sentenza è storica in quanto è stata la prima volta che un’azienda è stata condannata per il reato di “servitù della gleba” in Ecuador, pratica non isolata nel Paese ma che non finisce mai sotto processo. Ma ha anche creato un precedente contro le istituzioni ecuadoriane, in quanto ha ritenuto lo Stato responsabile per non aver agito per prevenire gli abusi. Eppure, per ora, i risultati non si sono ancora visti. “La responsabilità principale per la violazione dei diritti delle vittime è attribuita a Furukawa per tutte le azioni che ha commesso”, si legge nella sentenza di 246 pagine. “Tuttavia, il ministero del Lavoro deve essere ritenuto responsabile di tutte le violazioni descritte”, aggiunge, rimarcando che se il ministero del Lavoro avesse adempito ai suoi obblighi di controllo dei luoghi di attività, queste violazioni sarebbero state evitate. “Per questo motivo, ritiene il ministero del Lavoro responsabile della totalità delle violazioni dei diritti delle vittime descritte in questa sentenza, perché l’omissione delle sue attribuzioni ha permesso che questi atti venissero commessi”. Nel 2005 l’azienda aveva perfino ricevuto un premio al merito dal ministero del Lavoro stesso.

Il Comitato di solidarietà Furukawa afferma che la collusione tra lo Stato e il settore agro-esportativo è ancora in corso. «C’è un interesse da parte dello Stato a promuovere le aziende che forniscono loro un reddito interessante», afferma Patricia Carrión, avvocato della Commissione ecumenica per i diritti umani e sostenitore degli ex lavoratori di Furukawa a BBC Mundo. Secondo Carrión, questo porta le autorità a proteggere – «per azione o per omissione» – le grandi aziende agro-esportatrici come Furukawa. L’avvocato sostiene che ancora oggi gli «interessi economici e politici» del governo e di questo settore si incontrano. «Il direttore di produzione di Furukawa (2021) è stato viceministro dell’Agricoltura durante il governo di Lenín Moreno», afferma. L’Ecuador esporta ogni anno circa 7.000 tonnellate di fibra di abaca negli Stati Uniti, in Europa e in Asia, generando oltre 17 milioni di dollari di guadagni. Gli interessi economici sono molti.

Nonostante la sentenza storica contro la Furukawa Plantaciones C.A ecuatoriana, l’azienda ha potuto continuare a operare come sempre. Oltre a una multa di 42.880 dollari e a una chiusura di 90 giorni ordinata dal ministero del Lavoro all’inizio del 2019, dopo che la Defensoría ha presentato il suo rapporto sugli abusi, l’abacalera non ha subito chiusure o ricevuto altre sanzioni. Nel gennaio del 2021 si è ripresa l’udienza del caso Furukawa, dove è stato denunciato anche lo Stato dell’Ecuador per non essersi mosso in modo corretto ed evitare che il caso fosse insabbiato. Nell’ottobre dello stesso anno sono state processate tre persone della dirigenza, accusate di tratta di persone e sfruttamento lavorativo, condannate all’obbligo di firma e a non lasciare il territorio ecuatoriano.

Ora, si spera che il 9 aprile la Corte Costituzionale confermi le condanne e obblighi l’impresa a dare i risarcimenti in soldi e in terra che spettano ai lavoratori e alle lavoratrici.

[di Monica Cillerai]

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