martedì 8 Ottobre 2024

In Italia ci sono meno disoccupati (ma le paghe rimangono basse)

L’occupazione, in Italia, continua ad aumentare sia su base annuale che, anche se in maniera meno cospicua, su base mensile. Secondo i dati diffusi dall’Istat, a novembre 2023 il numero di occupati, attualmente di 23,7 milioni, è risultato infatti superiore di 520 mila unità rispetto allo stesso periodo del 2022. In confronto al mese precedente, si è invece alzato dello 0,1%. Dall’Istituto arrivano buone notizie anche in merito al tasso di disoccupazione, che a novembre è sceso al 7,5% dal 7,7% di ottobre, portando il numero dei disoccupati a 1 milione 909mila. A crescere sono sia i contratti a tempo indeterminato che quelli a termine, con un notevole balzo in avanti dell’occupazione femminile: il dato di 10,5 milioni di donne occupate rilevato a novembre, infatti, è il più alto di sempre. Ottime notizie se non fosse per il solito neo: le paghe nella Penisola sono basse, con 1,3 milioni di lavoratori che prendono meno di 8 euro lordi l’ora.

Nello specifico, a novembre, la crescita dell’occupazione ha coinvolto soltanto i lavoratori dipendenti – compresi quelli a termine -, il cui numero è salito a più di 18 milioni e 700 mila, con l’aumento di 15 mila unità. L’occupazione è aumentata di 30mila unità tra le donne, mentre quella maschile è rimasta più o meno stabile. Risultato positivo anche per i dipendenti e gli over 34, mentre il tasso è calato tra gli autonomi e i soggetti di età compresa tra i 14 e i 34 anni. Sulla base delle serie storiche elaborate dall’Istituto, a ottobre gli occupati erano in tutto 23.712.000, mentre in riferimento a novembre si contano 23.743.000 unità. La tendenza positiva riguarda, nel complesso, anche gli altri Paesi del continente europeo. Eurostat ha infatti rilevato che lo scorso novembre è scesa sotto il 6% la media dei senza lavoro nella zona Ue, segnando un nuovo minimo storico. La Germania ha segnato uno dei risultati migliori, con la disoccupazione ferma al 3,1%, mentre la Francia ha registrato il 7,3% e la Spagna l’11,9% (in calo rispetto ai mesi precedenti).

Sulle statistiche riferite all’Italia non mancano, però, anche alcuni punti critici. Sempre l’Istat, fornendo dati relativi al 2021, ha infatti documentato che ben 1,3 milioni di lavoratori del settore privato (il 6,6% del totale) vengono retribuiti meno di otto euro lordi all’ora. In termini percentuali, il numero dei componenti della categoria dei lavoratori a bassa retribuzione – fascia in cui l’Inps inserisce i lavoratori la cui retribuzione lorda è inferiore ai due terzi della mediana calcolata sul totale delle posizioni private analizzate – è rimasto invariato rispetto al 2019, mentre è cresciuto dello 0,6% rispetto al 2016 ed è in calo dello 0,3% rispetto al 2020, anno in cui si è verificato lo scoppio della pandemia. Altro dato preoccupante è quello recentemente evidenziato all’interno delle statistiche sulle dimissioni convalidate dall’Ispettorato nazionale del lavoro presentate nei primi tre anni di vita del figlio, in cui è stato appurato come stia crescendo a dismisura il numero delle neo mamme costrette a lasciare il lavoro. Nel 2022 le dimissioni convalidate sono state ben 61.391, con un aumento del 17,1% rispetto all’anno precedente. Il 72,8% del totale dei provvedimenti riguarda le donne, coinvolte in 44.669 dimissioni convalidate, il 63% delle quali motivate con l’impossibilità di armonizzare il lavoro di cura e la vita lavorativa.

[di Stefano Baudino]

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