L’occupazione, in Italia, continua ad aumentare sia su base annuale che, anche se in maniera meno cospicua, su base mensile. Secondo i dati diffusi dall’Istat, a novembre 2023 il numero di occupati, attualmente di 23,7 milioni, è risultato [1] infatti superiore di 520 mila unità rispetto allo stesso periodo del 2022. In confronto al mese precedente, si è invece alzato dello 0,1%. Dall’Istituto arrivano buone notizie anche in merito al tasso di disoccupazione, che a novembre è sceso al 7,5% dal 7,7% di ottobre, portando il numero dei disoccupati a 1 milione 909mila. A crescere sono sia i contratti a tempo indeterminato che quelli a termine, con un notevole balzo in avanti dell’occupazione femminile: il dato di 10,5 milioni di donne occupate rilevato a novembre, infatti, è il più alto di sempre. Ottime notizie se non fosse per il solito neo: le paghe nella Penisola sono basse, con 1,3 milioni di lavoratori che prendono meno di 8 euro lordi l’ora.
Nello specifico, a novembre, la crescita dell’occupazione ha coinvolto soltanto i lavoratori dipendenti – compresi quelli a termine -, il cui numero è salito a più di 18 milioni e 700 mila, con l’aumento di 15 mila unità. L’occupazione è aumentata [2] di 30mila unità tra le donne, mentre quella maschile è rimasta più o meno stabile. Risultato positivo anche per i dipendenti e gli over 34, mentre il tasso è calato tra gli autonomi e i soggetti di età compresa tra i 14 e i 34 anni. Sulla base delle serie storiche elaborate dall’Istituto, a ottobre gli occupati erano in tutto 23.712.000, mentre in riferimento a novembre si contano 23.743.000 unità. La tendenza positiva riguarda, nel complesso, anche gli altri Paesi del continente europeo. Eurostat ha infatti rilevato [3] che lo scorso novembre è scesa sotto il 6% la media dei senza lavoro nella zona Ue, segnando un nuovo minimo storico. La Germania ha segnato uno dei risultati migliori, con la disoccupazione ferma al 3,1%, mentre la Francia ha registrato il 7,3% e la Spagna l’11,9% (in calo rispetto ai mesi precedenti).
Sulle statistiche riferite all’Italia non mancano, però, anche alcuni punti critici. Sempre l’Istat, fornendo dati relativi al 2021, ha infatti documentato [4] che ben 1,3 milioni di lavoratori del settore privato (il 6,6% del totale) vengono retribuiti meno di otto euro lordi all’ora. In termini percentuali, il numero dei componenti della categoria dei lavoratori a bassa retribuzione – fascia in cui l’Inps inserisce i lavoratori la cui retribuzione lorda è inferiore ai due terzi della mediana calcolata sul totale delle posizioni private analizzate – è rimasto invariato rispetto al 2019, mentre è cresciuto dello 0,6% rispetto al 2016 ed è in calo dello 0,3% rispetto al 2020, anno in cui si è verificato lo scoppio della pandemia. Altro dato preoccupante è quello recentemente evidenziato all’interno delle statistiche sulle dimissioni convalidate dall’Ispettorato nazionale del lavoro presentate nei primi tre anni di vita del figlio, in cui è stato appurato [5] come stia crescendo a dismisura il numero delle neo mamme costrette a lasciare il lavoro. Nel 2022 le dimissioni convalidate sono state ben 61.391, con un aumento del 17,1% rispetto all’anno precedente. Il 72,8% del totale dei provvedimenti riguarda le donne, coinvolte in 44.669 dimissioni convalidate, il 63% delle quali motivate con l’impossibilità di armonizzare il lavoro di cura e la vita lavorativa.
[di Stefano Baudino]