venerdì 15 Novembre 2024

Le carceri italiane scoppiano: 10.000 detenuti oltre il limite

L’anno che sta volgendo al termine si chiude con ben 10mila persone detenute in più rispetto a quelle che, secondo le regole sulla normale capienza, gli istituti penitenziari italiani potrebbero contenere. La situazione, negli ultimi mesi, non ha fatto che peggiorare: a fine ottobre, a fronte di una capienza di 51.285 posti, i detenuti distribuiti in 189 penitenziari erano 59.715, mentre a novembre è stata addirittura sforata la soglia delle 60 mila persone in carcere (60.116). A guidare la triste classifica sono, nello specifico, la Lombardia (che conta 8.733 persone per 6.152 posti regolamentari, sforando del 29,5%), il Lazio (6.465 reclusi per 5.334 posti, +17,5%) e la Campania (7.303 individui per 6.171 posti, +15,5%), ovvero le tre regioni più popolose dello Stivale. Estremamente critica anche la situazione della Puglia, regione in cui, a fronte di 2.912 posti disponibili, sono presenti 4.475 detenuti (+53,6%), e quella del Veneto, nei cui istituti sono recluse 2.602 persone per soli 1.947 posti (+25,5%).

I posti sono conteggiati sulla base del criterio di 9 mq per singolo detenuto + 5 mq per gli altri, che è il parametro per cui, nel nostro Paese, viene concessa l’abitabilità alle abitazioni, più favorevole rispetto ai 6 mq + 4 stabiliti dal CPT + servizi sanitari. Nel dato sono compresi anche i detenuti sottoposti a semilibertà, mentre non si tiene conto di eventuali situazioni transitorie che provocano scostamenti temporanei. “Sovraffollamento non vuol dire solo carenza di spazi, significa anche che ogni risorsa del carcere, risorse che raramente sono abbondanti, va ‘divisa’ per un numero crescente di detenuti, a partire dal personale”, ha denunciato pochi mesi fa l’associazione Antigone, che nel primo semestre del 2022 ha registrato una presenza media di 1,7 persone detenute per ogni agente di polizia penitenziaria e, nello stesso periodo del 2023, un valore ancora più alto, pari a 1,8. Le statistiche riportate all’interno dell’edizione 2023 del Libro Bianco – rapporto indipendente che descrive come il Testo Unico sugli stupefacenti impatta sul sistema penale, sui servizi, sulla salute delle persone che usano sostanze e sulla società, realizzato da vari sindacati e associazioni – dimostrano come il 34% dei detenuti entra in carcere per possesso di droga, pari a quasi il doppio della media dei Paesi dell’Unione europea (18 per cento). Nel rapporto è stato dunque evidenziato come la decarcerizzazione passi “attraverso la decriminalizzazione delle condotte legate alla circolazione delle sostanze stupefacenti, così come le politiche di tolleranza zero e di controllo sociale coattivo si fondano sulla loro criminalizzazione”. Infatti, se al computo totale delle persone recluse si togliesse il numero dei detenuti per art. 73 o di quelli dichiarati ‘tossicodipendenti’, “non vi sarebbe il problema del sovraffollamento carcerario”.

La Corte Europea dei diritti umani chiede al nostro Paese di mettere mano al dramma del sovraffollamento carcerario dall’estate del 2009, quando partorì la prima condanna ai danni dell’Italia a causa della violazione dell’art. 3, che proibisce la tortura e il trattamento o pena disumano o degradante. Nel corso del tempo, centinaia di detenuti hanno presentato ricorso alla CEDU – che da tempo suggerisce all’Italia di ridurre il numero dei detenuti ampliando il novero delle pene alternative al carcere – per le inaccettabili condizioni in cui vivono all’interno delle prigioni. Il governo, però, sembra ragionare in ottica esattamente uguale e contraria, mostrando mediaticamente il suo “pugno di ferro” attraverso la costante creazione di nuove fattispecie di reato, come testimoniano le norme contenute nel “decreto Rave”, nei decreti immigrazione e in molti altri provvedimenti varati nel suo primo anno di vita. Tra questi c’è il “decreto Caivano”, con cui la maggioranza ha inasprito le sanzioni per reati “di lieve entità” relativi alla produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti.

[di Stefano Baudino]

L'Indipendente non riceve alcun contributo pubblico né ospita alcuna pubblicità, quindi si sostiene esclusivamente grazie agli abbonati e alle donazioni dei lettori. Non abbiamo né vogliamo avere alcun legame con grandi aziende, multinazionali e partiti politici. E sarà sempre così perché questa è l’unica possibilità, secondo noi, per fare giornalismo libero e imparziale. Un’informazione – finalmente – senza padroni.

Ti è piaciuto questo articolo? Pensi sia importante che notizie e informazioni come queste vengano pubblicate e lette da sempre più persone? Sostieni il nostro lavoro con una donazione. Grazie.

Articoli correlati

Iscriviti a The Week
la nostra newsletter settimanale gratuita

Guarda una versione di "The Week" prima di iscriverti e valuta se può interessarti ricevere settimanalmente la nostra newsletter

Ultimi

Articoli nella stessa categoria