venerdì 26 Aprile 2024

In Italia i numeri dei pesticidi nei cibi continuano a migliorare

Il 19 dicembre è stato presentato a Roma il dossier Stop pesticidi nel piatto, redatto da Legambiente in collaborazione con Alce Nero. Dal nuovo report annuale emergono dati positivi, che confermano la tendenza di riduzione nell’uso di pesticidi già in atto negli ultimi anni e avvicinano l’Italia alle soglie di utilizzo fissate dall’Unione Europea. Gli studi sono stati condotti su un campione di 6085 alimenti provenienti da agricoltura convenzionale e biologica, da cui risulta una percentuale molto bassa di alimenti irregolari. Questi dati confermano la posizione di capofila che l’Italia detiene nel settore agroalimentare, grazie a una superficie di 2,3 milioni di ettari coltivati a biologico e con una SAU (Superficie Agricola Utilizzata) pari al 18,7%. Tra le rassicurazioni, Legambiente avvisa comunque che i passi da fare sono ancora tanti e, a tal proposito, lancia qualche suggerimento per superare le criticità e andare incontro alle esigenze della salute dei cittadini e del benessere dell’ambiente.

Dai dati raccolti da Legambiente risulta in diminuzione tanto la percentuale di campioni irregolari, che si ferma a quota 1,62%, quanto quella delle tracce presenti negli alimenti nei limiti di legge, scesa dal 44,1% dello scorso anno al 39,21%, mentre è in aumento la percentuale degli alimenti regolari e senza residui, che cresce dal 54,8% al 59,18%. Come ogni anno, la categoria più colpita risulta la frutta, di cui il 67,96% di campioni presenta uno o più residui di pesticidi, e nello specifico la frutta esotica come banane, kiwi e mango, in cui è stata trovata la più alta percentuale di irregolarità, che tocca il 7,41%. Per ciò che concerne la verdura, i dati sono in miglioramento, tanto che il 68,55% risulta senza residui. Tra gli alimenti trasformati, cereali e vino si confermano quelli con il più alto tasso di residuo permesso (rispettivamente 71,21% e 50,85%), mentre tra i prodotti di origine animale, l’88,17% è risultato privo di residui.

I pesticidi principalmente rilevati dagli studi di Legambiente, nonché quelli di cui si parla quando si tratta dell’argomento, sono fungicidi e insetticidi, ormai appurati essere fonte di notevoli danni all’ecosistema, oltre che alla salute dei consumatori. Per tale motivo, la Commissione Europea ha proposto il regolamento SUR (Sustainable use of pesticides Regulation), in cui rientra il progetto Farm to fork, un programma decennale che mira a disegnare un sistema alimentare più sostenibile ponendo come obiettivo la riduzione del 50% dei pesticidi entro il 2030. I miglioramenti rilevati da Legambiente sono in linea con quelli condivisi dalla stessa Commissione Europea: nella classifica dei paesi che usano meno pesticidi in Europa, l’Italia si colloca infatti al quinto posto, dietro solo a Lussemburgo, Repubblica Ceca, Irlanda e Romania, e risulta essere uno dei paesi più vicini all’obiettivo del 2030. Diverso il risultato che riguarda l’utilizzo di pesticidi ad alto rischio, in cui l’Italia si colloca perfettamente nella media Europea, ma non registra alcun miglioramento dal 2019.

I miglioramenti registrati nel Belpaese sono notevoli, ma Legambiente tiene a puntualizzare che i problemi da risolvere sono ancora parecchi, e che la contaminazione risulta ancora essere troppo alta. È per tale motivo che l’associazione ambientalista ha lanciato con forza un appello a Italia ed Europa “chiedendo interventi concreti sotto il profilo legislativo”, e nello specifico provvedimenti più solidi in sostegno della SUR e del PAN, il Piano d’Azione Nazionale sull’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari. Nello specifico, secondo Legambiente serve portare avanti una dura battaglia al glifosato, ed è inoltre necessaria una legge specifica sul multiresiduo che vieti la compresenza di più principi attivi negli alimenti. Quest’ultima regolamentazione è particolarmente urgente secondo l’associazione, perché la presenza di più residui in uno stesso alimento “può provocare effetti additivi e sinergici negativi per la salute umana” e attualmente la percentuale di multiresiduo negli alimenti dotati di tracce è del 23,54%. Ad agire devono essere le istituzioni. Servono norme più capillari che aiutino concretamente il settore dell’agroalimentare e che guardino a un futuro più sostenibile. In Italia le amministrazioni locali hanno più volte dato prova di essere in grado di gestire queste richieste, tanto che ben 70 comuni hanno condiviso regolamenti in materia di fitofarmaci, ma serve un sostegno dall’alto. Non si può dire quale sia il destino del settore agoralimentare, ma vista la situazione nella sua interezza, almeno nel nostro Paese, i miglioramenti degli ultimi anni e il modello virtuoso dei sindaci italiani, lasciano ben sperare.

[di Dario Lucisano]

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