giovedì 12 Dicembre 2024

USA e Cina alla prova del dialogo: Biden e Xi Jinping si sono incontrati

A distanza di un anno dall’ultimo incontro, avvenuto in occasione del G20 di Bali del 2022, i due capi di Stati Uniti e Cina, Joe Biden e Xi Jinping, si sono incontrati ieri a San Francisco nella cornice hollywoodiana della tenuta di Filoli, in un momento in cui le relazioni diplomatiche tra i due governi sono ai minimi livelli dagli anni Ottanta a oggi, con l’obiettivo di rilanciare il dialogo, accantonare la competizione e la rivalità strategica puntando invece sulla cooperazione in vari campi. «Capirsi reciprocamente da leader a leader in modo chiaro e fare in modo che la competizione non sfoci in conflitto» è il proposito di Biden, seguito sulla stessa linea da Xi, che ha asserito che «il mondo è abbastanza grande per la convivenza e per il successo di Cina e Stati Uniti, due paesi che non possono voltarsi le spalle». Molti i dossier sul tavolo affrontati dai due presidenti e – nonostante le buone intenzioni – altrettante le divergenze su alcuni di essi, soprattutto in ambito geopolitico, tra cui la questione ucraina, i rapporti tra Russia e Cina e la posizione di Pechino nel quadrante mediorientale e nell’indopacifico. Secondo il presidente cinese, la questione di Taiwan rimane la più importante e delicata da affrontare nelle relazioni sino-americane. Buoni risultati tra le parti si sono ottenuti per quanto riguarda la cooperazione sulla questione climatica, la regolamentazione per l’Intelligenza artificiale, il controllo della droga tra le due nazioni e la ripresa delle comunicazioni militari, interrotte nell’estate del 2022 quando l’allora speaker della Camera, Nancy Pelosi, si era recata in visita istituzionale a Taiwan. Il piano economico rimane, invece, un punto dolente nella relazione tra i due Paesi, con Xi che ha lamentato insoddisfazione per le misure di controllo sulle esportazioni e per le sanzioni unilaterali. Nonostante ciò, l’obiettivo è la ripresa del dialogo e della cooperazione per evitare il rischio di pericolosi malintesi a livello militare, specialmente ora che Washington e Pechino si trovano ad affrontare momenti di tensione in diverse aree strategiche.

Al fine di promuovere questa nuova fase di dialogo e cooperazione, Xi Jinping ha detto che è necessario adottare una «nuova visione» che si traduce nel consolidamento dei cinque pilastri su cui dovrebbero fondarsi le relazioni sino-americane, ossia stabilire un corretto riconoscimento reciproco, gestire le differenze in modo efficace, promuovere una cooperazione reciprocamente vantaggiosa, sostenere congiuntamente la responsabilità delle grandi potenze e promuovere gli scambi culturali. Ha quindi posto l’accento sull’importanza del rispetto reciproco, della coesistenza pacifica e della cooperazione vantaggiosa per tutti: in questo senso, le due super potenze hanno già stabilito l’instaurazione di un dialogo intergovernativo sull’intelligenza artificiale per valutarne pericoli e opportunità relativamente alla sua applicazione alle armi, la creazione di un gruppo di lavoro di cooperazione per il controllo della droga, l’aumento significativo dei voli all’inizio del prossimo anno, per espandere gli scambi nel campo dell’istruzione, della cultura, dello sport e degli affari. Particolarmente importante è stata la ripresa delle comunicazioni militari, che comprende i colloqui sul coordinamento della politica di difesa e l’accordo sulle comunicazioni militari marittime. Sono troppe le tensioni sul campo, infatti, per non tornare ad aprire questo canale di comunicazione: da Taiwan al Mar Cinese Meridionale, dalla questione nordcoreana alla questione commerciale.

Per quanto riguarda Taiwan, l’inquilino della Casa Bianca ha ribadito che gli Stati Uniti considerano valida la politica dell’“Unica Cina” (One China Policy) e che non intendono favorire l’indipendenza dell’isola, ma conservare lo status quo. Xi ha quindi fatto notare che i propositi statunitensi dovrebbero tradursi in azioni concrete, smettendo di armare Taipei e promuovendo una riunificazione pacifica. Sugli altri temi di politica estera, invece, permane una distanza e una certa vaghezza, a cominciare dalla situazione in Medioriente – rispetto a cui Pechino non ha apertamente condannato Hamas e, al contrario degli Stati Uniti, ha chiesto un immediato cessate il fuoco – a quella in Ucraina. Nessuna discussione è stata avviata, invece, sulle armi nucleari perché la Repubblica popolare si rifiuta di discutere il loro controllo non avendo un numero di testate equiparabile a quello di Usa e Russia. Anche in ambito commerciale le due potenze, pur essendo ancora distanti da un allentamento delle tensioni, hanno cercato di riavviare i colloqui: Xi ha sottolineato che «la continua implementazione da parte degli Stati Uniti di misure di controllo delle esportazioni, revisioni degli investimenti e sanzioni unilaterali ha gravemente danneggiato gli interessi legittimi della Cina» e che «La soppressione della tecnologia cinese mira a contenere il suo sviluppo di alta qualità e a privare il popolo cinese del diritto allo sviluppo».

Una buona intesa, invece, si è avuta sul fronte della questione climatica: i due leader hanno approvato azioni per ridurre le emissioni nazionali negli anni 2020, già promossi dai rispettivi inviati speciali per il clima, John Kerry e Xie Zhenhua, hanno inoltre espresso il loro impegno congiunto nel promuovere il successo della Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici a Dubai (COP28) e hanno annunciato il lancio del gruppo di lavoro Cina-USA Enhancing Climate Action per accelerare azioni specifiche sul clima.

Il dialogo tra le due potenze è, dunque, ripartito, ma le divergenze rimangono diverse e strutturali, soprattutto nell’ambito della politica estera, dove gli interessi di Washington e Pechino restano distanti se non opposti. Inoltre, rispondendo alla domanda di una giornalista che chiedeva se chiamerebbe ancora Xi un dittatore, Biden ha risposto: «lo è. È un dittatore, nel senso che è un individuo che governa un paese che è un paese comunista, basato su una forma di governo totalmente diversa dalla nostra». Tuttavia, la riapertura dei canali diplomatici e della cooperazione dovrebbe servire quantomeno a cercare di conciliare visioni e interessi divergenti attraverso la comunicazione, per evitare che le tensioni possano sfociare in una competizione aggressiva o, peggio, direttamente in un conflitto militare.

[di Giorgia Audiello]

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2 Commenti

  1. Manca, in questo articolo, una considerazione non di poco conto: quando il leader cinese, nel suo tour, ha incontrato i rappresentanti delle più grandi società informatiche e finanziarie americane, è stato accolto da una grande ovazione. Poco mancava che tutti gli esponenti del c.d. “deep state” americano si alzassero in piedi e facessero una genuflessione. Cosa vuol dire tutto questo? A mio avviso che la finanza americana è probabilmente molto preoccupata di perdere il suo ruolo nel mondo e di vedersi messa da parte dal gigante cinese. Sì, un fatto anche positivo per certi aspetti perchè evita, se non altro, una guerra aperta tra le due superpotenze. Ma un fatto anche negativo: per gli affari e per i soldi si può far di tutto, piegarsi e anche smentire il proprio governo che, almeno fino a ieri, sembrava ben schierato contro la Cina.

  2. Grazie G.A. Articolo che fissa un momento importante. Difficile valutare gli effetti sui popoli di una maggiore intesa tra le due superpotenze. Maggiore controllo, in senso orwelliano?
    Bella anche la foto: “Allegoria Della Falsità”

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