martedì 8 Ottobre 2024

Gli studenti di Harvard si schierano con i palestinesi, facendo infuriare la politica USA

«Il regime israeliano è interamente responsabile di tutte le violenze in corso» e «Negli ultimi vent’anni, milioni di palestinesi di Gaza sono stati costretti a vivere in una prigione a cielo aperto», e ancora «Il regime di apartheid è l’unico con cui prendersela». Sono solo alcune delle frasi contenute nella lettera scritta dall’organizzazione studentesca Harvard Palestine Solidarity Committee e co-firmata da altri 33 gruppi appartenenti alla nota università privata statunitense. Parole che hanno fatto infuriare ex allievi e politici americani, che hanno invitato l’università di Harvard ad agire contro i firmatari.

La richiesta di «fermare il continuo annientamento dei palestinesi» non è piaciuta per esempio a Larry Summers, ex Direttore del Consiglio economico nazionale degli Stati Uniti ed ex Presidente della stessa università, che su X (precedentemente Twitter), ha scritto di essere «disgustato», condannando la direzione dell’istituto per non essersi schierata apertamente contro la lettera pro-Palestina, sostenuto dalle ulteriori critiche arrivate da alcuni legislatori repubblicani. Tra loro c’è Ted Cruz, senatore per lo Stato del Texas ed ex studente di Harvard, che ha esclamato «che diavolo c’è che non va in Harvard?».

Che personaggi di spicco si siano espressi a riguardo non deve sorprendere, per due motivi. Primo: quella di Harvard è infatti l’università che più di tutte ha a che fare con la politica e le dinamiche nazionali, avendo per esempio formato in giovane età alcuni di quegli individui che sarebbero poi diventati Presidenti degli Stati Uniti e giudici della Corte Suprema. Secondo: gli USA e il Presidente Joe Biden hanno dato la propria benedizione a Israele, condannando fermamente gli attacchi palestinesi e dichiarandosi pronti a sostenere il governo e il popolo dello Stato ebraico «con ogni mezzo appropriato».

In linea con questo pensiero, Claudine Gay, a capo dell’istituto, ha sottolineato che «la scuola condanna le atrocità terroristiche perpetrate da Hamas, qualunque sia la visione individuale sulle origini dei conflitti» e soprattutto che se da una parte gli studenti «possono esprimere un’opinione personale», dall’altra non hanno alcun diritto di parlare a nome di Harvard.

Se agli istituti scolastici spetti o meno dire la propria su una certa questione, è un interrogativo che ci si pone da molto tempo. In una dichiarazione del 1967 dell’Università di Chicago si legge che le istituzioni devono rimanere neutrali su questioni politiche e sociali, ma negli anni, invece, decine di migliaia di studenti di tutto il mondo hanno spesso chiesto alla propria scuola di prendere una posizione su argomenti significativi come la guerra o il surriscaldamento globale. Nella maggior parte dei casi con scarsi risultati (e, anzi, ottenendo l’effetto contrario).

In Italia, per esempio, mentre in tutto il mondo si stanno svolgendo manifestazioni di solidarietà a sostegno del popolo palestinese il ministro dell’Istruzione Valditara ha inviato degli ispettori in due scuole di Milano (l’Educandato statale Setti Carraro e il liceo Manzoni) per punire degli studenti che si sono espressi a favore delle sigle della resistenza palestinese. Augurandosi, tra l’altro, che i responsabili vengano arrestati per un reato di opinione che in Italia non esiste.

Il pugno di ferro del Governo, dunque, inizia ad abbattersi contro la causa palestinese partendo proprio dalle scuole e dall’attivismo giovanile. Come nel caso degli Stati Uniti. «Farò partire immediatamente nostre ispezioni nelle scuole coinvolte, chiedendo alla Procura di promuovere un’azione penale per odio razziale», ha detto Valditara, mentre si trovava in visita alla Scuola della comunità ebraica di via Sally Mayer a Milano per portare solidarietà dopo gli attacchi di Hamas. «Queste persone devono essere perseguite dalla Procura della Repubblica e spero finiscano in prigione, sono di mentalità nazista, personaggi che devono essere isolati e condannati senza se e senza ma».

A offrire sostegno alla causa palestinese si sono uniti anche gli studenti del movimento Osa di Roma, i quali hanno dichiarato che «terrorista è Israele» e che il movimento «si batterà nelle scuole» organizzando un’agitazione studentesca nei territori di tutto lo Stivale «in solidarietà al popolo palestinese».

[di Gloria Ferrari]

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4 Commenti

  1. Chiunque sia intelligente e a Harvard lo sono, è dalla parte dei Palestinesi anche se condanna gli estremisti tra loro, di Israele invece non vanno condannati gli estremisti, ma i capi persino peggio di quelli Italiani, meriterebbero tutti la galera.

  2. Nessuno giustifica l atto terroristico , ma la situazione non è bianca o nera , una cosa è combattere i terroristi un altra è chiedere giustizia e diritti per migliaia di persone intrappolate in un rettangolo di 40 km x 10 , poi lasciare le persone senza acqua e corrente è combattere il terrorismo ? Vi ricordo che le persone malate negli ospedali hanno bisogno di corrente a volte per restare in vita . Se Israele lancia i missili è guerra se lo fanno gli altri è terrorismo , prima di tutto bisogna far tacere le armi se possibile non inasprire il conflitto.

    • Esatto, mentre per quelli da lei elencati e alcuni altri (ad esempio Nethanyahu e la sua cricca, oltre a quelli che lo sostengono “senza se e senza ma”) pare non ci sia un limite a quello che possono permettersi di fare e di dire…

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